(ANSA) – E’ legittimo il bando di gara per l’affidamento dei servizi giornalistici per le Amministrazioni dello Stato alle agenzie di stampa con rete di servizi esteri e diffusione all’estero, pubblicato il 16 giugno dello scorso anno. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto da Fcs Communications, editrice dell’Agenzia giornalistica Il Velino. Con il bando contestato (ad avviso di Fcs lo stesso avrebbe violato i principi della massima partecipazione, della par condicio, e della non discriminazione), il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della presidenza del Consiglio dei ministri ha indetto una procedura aperta suddivisa in 5 lotti e per un valore totale di 40.830.000 euro per complessivi tre anni e valore dell’appalto iniziale 6.805.000 euro per sei mesi. Il Tar preliminarmente ha dichiarato due dei motivi di ricorso “improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse”, rilevando inoltre che Fcs “avendo partecipato alla procedura ed essendo risultata aggiudicataria, si trova in conflitto di interesse con il richiesto annullamento del bando di gara, il quale travolgerebbe, in caso di accoglimento del ricorso, anche la sua aggiudicazione”. (ANSA).
Il mercato delle app vale 60 miliardi di dollari
In base ad un report recentemente pubblicato dalla società specializzata Sensor Tower, nel 2017 il mercato delle app per smartphone e tablet è cresciuto del 35% raggiungendo i 60 miliardi di dollari. La cifra comprende la spesa per l’acquisto delle app a pagamento, gli abbonamenti e gli acquisti che vengono effettuati all’interno delle app, e riguarda sia l’App Store dell’ambiente iOS che il Google Play dell’ambiente Android.
Più in dettaglio, il fatturato complessivo dell’ambiente Apple è stato stimato in 38,5 miliardi di dolalri, in aumento del 34,7%, mentre il fatturato dell’ambiente Android è stato pari a 20,1 miliardi, in crescita del 34,2%.
Prosegue a novembre il calo della diffusione dei quotidiani
È in lieve calo a novembre, secondo le rilevazioni ADS, la diffusione dei quotidiani italiani. La diffusione complessiva carta-digitale è stata infatti pari a 2.567.467 copie medie giornaliere, in calo dello 0,6% rispetto a ottobre e del 6,7% rispetto al mese di novembre 2016. La diffusione cartacea è stata pari a 2.224.234 copie giornaliere (-0,7% su ottobre, -9,2% su novembre 2016), mentre la diffusione digitale è stata mediamente di 343.234 copie giornaliere (+0,4% su ottobre, +13,5% su novembre 2016).
Per quanto riguarda le singole testate, si conferma al primo posto il corriere della Sera con 300.301 copie complessive (+0,5% su ottobre, -6,9% su novembre 2016), seguito da Repubblica con 212.061 copie (+0,2% su ottobre, -13,2% su novembre 2016) e dal Sole 24 Ore con 172.293 copie (+0,9% su ottobre, -7,6% su novembre 2016).
Rispetto ad un anno fa, i quotidiani che hanno avuto le performance migliori sono stati Il Quotidiano di Sicilia (14.851 copie giornaliere, +172%) seguito dal Dolomiten (42.145 copie, +18,2%), dal Fatto quotidiano (42.999 copie, +8,4%) e da Avvenire (116.454 copie, +8%). Quelli che hanno perso maggiormente sono stati il Quotidiano del Sud (5.823 copie, -15%), Tuttosport (46.448 copie, -13,9%), La Repubblica, Il Centro (12.030 copie, -12,7%) e Il Giornale (58.007 copie, -12,2%).
Il Washington Post in utile per il secondo anno di fila
Il quotidiano Washington Post chiuderà l’esercizio 2017 in utile per il secondo anno di fila e prevede di espandere le proprie attività anche nell’area delle tecnologie. In una nota inviata a tutti i dipendenti prima delle festività natalizie, l’editore del quotidiano Washington Post, Fred Ryan, ha rivelato che la sede del quotidiano nel centro di Washington verrà ampliata per poter sostenere la crescita prevista delle attività e dei dipendenti nel prossimo futuro. Ryan ha inoltre rivelato che il numero degli abbonamenti digitali è raddoppiato rispetto al mese di gennaio e triplicato rispetto alla media del 2016, e che il team tecnologico, denominato “Arc”, supporta ben 50 siti internet in aggiunta a quello del quotidiano. Risultati positivi sono stati raggiunti anche nell’area delle tecnologie di stampa tradizionali: nella nota Ryan ha comunicato infatti che praticamente tutte le più importanti pubblicazioni dell’area di Washington vengono stampate nell’impianto del Post.
Anche il governo francese decide di intervenire contro le fake news
Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato l’intenzione di ripulire internet dalle fake news, preannunciando una serie di provvedimenti che obbligheranno i social media ad essere più trasparenti circa i finanziatori di contenuti sponsorizzati, in modo che gli utenti possano verificare chi tenta di diffondere opinioni di parte o propaganda politica spacciata per informazione.
L’intenzione del governo francese non ha lasciato indifferenti gli editori tradizionali, che da un lato approvano l’idea che i social media si assumano maggiori responsabilità rispetto a ciò che pubblicano, ma d’altro canto temono che si possa giungere a forme di limitazione della libertà di espressione o addirittura di censura. “E’ molto pericoloso che lo Stato intervenga sul tema dell’informazione, soprattutto perché chi diffonde fake news spesso è già convinto della collusione tra i media tradizionali, i governi e le grandi corporation” – ha detto Samuel Laurent, responsabile del team di fact-checking del quotidiano Le Monde – “Questo tipo di annuncio probabilmente rafforzerà le loro convinzioni sull’esistenza di una censura di stato”.
Google AMP sta vincendo la battaglia contro Facebook Instant Articles
I due standard per il caricamento rapido delle news sui display degli smartphone, Instant Articles di Facebook e Accelerated Mobile Pages (AMP) di Gogle, sono stati lanciati a cavallo di pochi mesi tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016. A due anni dalla loro nascita, il magazine online Digiday ha realizzato una inchiesta sulla loro diffusione presso gli editori, dalla quale emerge che mentre lo standard di Facebook sta vivendo una stagnazione, quello di Google ha progressivamente accresciuto la sua importanza, permettendo a Google di superare Facebook come prima fonte di traffico esterno sui siti degli editori con il 42% del totale.
La prima ragione del successo dello standard AMP risiede nel fatto che Google lo ha sviluppato per il web aperto, mentre Facebook ha pensato il proprio standard per un utilizzo all’interno del proprio ambiente chiuso. Altra ragione del maggior successo di AMP è il maggior controllo che gli editori hanno sulla vendita di abbonamenti e sul traffico pubblicitario.
Il 2018 potrebbe essere “l’inizio della fine” per i giganti dei social media?
Il 2018 potrebbe essere l’anno nel quale Facebook e gli altri giganti dei social media “rischiano di dover scegliere se aprirsi o dissolversi”: è l’opinione espressa da Damian Tambini, direttore del progetto “media policy” della London School of Economics, uno dei maggiori esperti britannici in materia di regolamentazione dei media nonché consulente del Governo e del Parlamento britannico.
Secondo Tambini, “Per queste società super-giganti le cose si sono fatte molto pericolose. Esse devono rendersi conto che stanno affrontando problemi esistenziali per le democrazie liberali . Esse dovrebbero almeno chiarire i principi alla base del modo in cui i loro algoritmi classificano le notizie, perché quando lo modificano diventano effettivamente qualcosa a metà tra un editore e un censore, vista anche la loro posizione di monopolio”.
Tambini ha sottolineato come il problema non riguardi tanto le pratiche di questa o quella società, quanto piuttosto lo scivolamento progressivo delle preferenze degli utenti verso il concetto di social media, che mina alla base il concetto stesso di giornalismo e crea nuovi modelli di business: gli utenti, infatti, sono sempre più portati a preferire la notizia “virale” alla notizia “verificata”.
USA: in arrivo dazi per la carta da giornale canadese?
Entro il mese di gennaio il Dipartimento del Commercio USA esprimerà un parere preliminare sulla richiesta di introduzione di dazi compensativi e di misure anti-dumping sull’importazione di carta da giornale dal Canada. La richiesta è stata fatta nello scorso mese di agosto dalla North Pacific Paper Company, una cartiera dello stato di Washington che ha lamentato il fatto che il governo canadese sussidia l’industria forestale.
Se il Dipartimento del Commercio stabilirà che la carta non patinata proveniente dal Canada viene venduta sottocosto nel mercato statunitense e / o riceve sussidi governativi ingiusti, e se la International Trade Commission (ITC) degli Stati Uniti determinerà che le importazioni statunitensi di carta venduta sottocosto e/o ingiustamente sovvenzionata dal Canada provocano danni all’industria statunitense, il Dipartimento del Commercio imporrà dazi su tali importazioni.
Nel 2016, le importazioni di carta in legno grezzo non patinata dal Canada sono state valutate nell’ordine di 1,27 miliardi di dollari.
Mediobanca: l’editoria ha perso in cinque anni un quarto del fatturato
(ANSA) – Rallenta la flessione del giro d’affari nell’editoria italiana. I ricavi aggregati dei nove principali gruppi del Paese nel 2016 si sono attestati a 3,7 miliardi: ancora in netto calo (-25,7% dal 2012), ma con un rallentamento nell’ultimo anno (-5%). Tra il 2012 e il 2016, emerge poi, si sono persi 3.422 posti di lavoro, con un calo del 20,8% nel quinquennio. Nel complesso i maggiori gruppi editoriali hanno registrato perdite per 2 miliardi. E’ quanto emerge dallo studio condotto da R&S Mediobanca.
Sempre rispetto ai conti, tra i maggiori gruppi editoriali italiani solo Cairo Editore e L’Espresso hanno sempre chiuso in utile nel quinquennio, rileva R&S Mediobanca. Nel periodo 2012-2016 anche la redditività industriale è stata negativa. La classifica per ebit margin 2016 vede al primo posto Cairo Editore (14,3%), al secondo Mondadori (5,2%) e al terzo L’Espresso (4,7%). In coda Il Sole 24 Ore (-15,4%) e Class Editori (-21,8%). Nel 2016 la struttura finanziaria resta mediamente solida, ma molto eterogenea, con i mezzi propri che rappresentano in media 1,4 volte i debiti finanziari. I più solidi nel 2016 sono Cairo Editore (senza debiti finanziari) e Caltagirone Editore, mentre i più fragili sono Il Sole 24 Ore e Rcs MediaGroup. Mentre sul fronte investimenti si registra un forte ridimensionamento: i 24 miliardi del 2016 segnano infatti un calo del 69% sul 2012. Rispetto alla diffusione cartacea, nel 2016 in Italia è diminuita di 300 mila unità passando da 2,9 a 2,6 milioni di copie medie al giorno (-33,3% dal 2012). In Europa nello stesso periodo ha visto un calo del 20,5%, in Nord America dell’11,6% e in America Latina del 12,1%. In Asia è invece aumentata, soprattutto grazie all’apporto dell’India, e segna un +40,1% nel quinquennio. La variazione della diffusione mondiale risulta così in crescita del 21%. Considerando anche i primi nove mesi 2017 emerge una nuova flessione dei ricavi per tutte le società: si va dal -13% de Il Sole 24 ORE fino al risultato migliore registrato dalla Gedi, che depurato dell’acquisizione della Itedi (consolidata nell’ultimo trimestre luglio-settembre) segna una diminuzione irrilevante (-0,2%). Nei nove mesi del 2017, poi, risulta in sensibile miglioramento la redditività sia industriale e sia netta del gruppo Rcs (consolidato da Cairo Communication a partire dal settembre 2016), in gran parte come conseguenza di un’incisiva operazione di risparmio sui costi. Da segnalare il risultato netto negativo della Gedi (-144 milioni) che recepisce però un significativo onere fiscale di natura straordinaria derivante dalla definizione di un contenzioso relativo ad esercizi precedenti per 154,5 milioni. Considerando più in generale l’industria dei quotidiani nel mondo, il giro d’affari mondiale dell’industria dell’informazione nel 2016 si attesta a 153 miliardi di dollari, in calo dell’8,4% sul 2012. La riduzione, però, riguarda esclusivamente i ricavi da pubblicità cartacea (-26,9%), mentre aumentano quelli da diffusione cartacea (+3,4%), da diffusione digitale (un notevole +254,4%) e da pubblicità digitale (+32%). Il 91,6% del giro d’affari mondiale nell’editoria nel 2016, comunque, proviene ancora dalla carta stampata, segno di come a livello globale la gran parte degli investimenti pubblicitari e delle vendite si concentri ancora sui canali tradizionali. Come trend, prosegue l’inversione di tendenza iniziata nel 2014, quando i proventi da diffusione hanno superato quelli pubblicitari: nel 2016 il 56% del giro d’affari mondiale dell’industria dei quotidiani proviene dai ricavi diffusionali. In questo contesto la pubblicità digitale garantisce all’industria dell’editoria margini di guadagno esigui: su ogni euro speso in pubblicità digitale, ben 61 centesimi vanno alle cosiddette “advertising tech companies”, soprattutto alle ‘BigWeb’ companies: Google, con 75 miliardi nel 2016, si accaparra la maggiore quota di ricavi da pubblicità digitale (principalmente attraverso Google Search e YouTube), seguita da Facebook, con 26 miliardi; al terzo e quarto posto le cinesi Baidu (9 miliardi) e Tencent (4 miliardi).(ANSA).
Dal 15 febbraio Chrome bloccherà la pubblicità molesta
Lo scorso giugno, Google aveva rivelato che il browser Chrome avrebbe interrotto la visualizzazione di tutti gli annunci (compresi quelli gestiti dalla stessa Google) sui siti web che visualizzano annunci non conformi “a partire dall’inizio del 2018”. Ora l’azienda ha dato una data precisa: l’ad blocker di Chrome inizierà a funzionare il 15 febbraio 2018.
Google ha aderito quest’anno alla Coalition for Better Ads, un gruppo di aziende che offre standard specifici su come il settore dovrebbe migliorare gli annunci pubblicitari digitali, vietando per esempio gli annunci interstiziali a pagina intera o gli annunci che riproducono in modo inaspettato audio e video. Nei giorni scorsi la coalizione ha annunciato il Better Ads Experience Program, che fornisce linee guida per le aziende che vogliono uniformarsi agli standard definiti dal gruppo.
La strategia di Google è semplice: utilizzare Chrome per tagliare le entrate pubblicitarie dei siti web che pubblicano annunci di bassa qualità, come stabilito dagli standard sopra menzionati. Una singola violazione potrebbe comportare un semplice avviso. Se sono presenti più violazioni non risolte, Chrome bloccherà tutti gli annunci sul sito in questione.
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