Il Wall Street Journal interrompe la stampa a Hong Kong

Dal 7 ottobre prossimo il Wall Street Journal non sarà più distribuito nella versione stampata a Hong Kong. Il quotidiano, edito dalla News Corp di Rupert Murdoch, ha inviato una lettera agli abbonati comunicando che quella del 6 ottobre sarà l’ultima edizione recapitata, ed offrendo il passaggio all’abbonamento digitale. Il costo del quotidiano attualmente è di 23 dollari di Hong Kong (circa 2,5 euro), mentre l’abbonamento digitale per 12 settimane costa 93,6 dollari (circa dieci euro).

La cessazione delle pubblicazioni ad Hong Kong rientra in un piano di taglio dei costi intrapreso dal quotidiano , che prevede la riduzione delle edizioni stampate in Europa e in Asia, delle copie gratuite e degli accordi di distribuzione con le catene alberghiere. Secondo le notizie raccolte dal New York Times, il Wall Street Journal manterrà una edizione stampata a Tokio ma prevede di ridurre le altre edizioni a stampa in Asia.

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Axel Springer guida la “via tedesca” alla tutela della privacy

Si chiama “Verimi” – neologismo formato dalle due parole inglesi “Verify” e “me” – la nuova piattaforma di autenticazione realizzata da nove grandi società tedesche, tra cui Axel Springer, Daimler, Allianz, Deutsche Bank, Lufthansa, Deutsche Telekom, Bundesdruckerei. Obiettivo di Verimi è quello di fornire un login unico a tutti i siti dei partner dell’iniziativa, in conformità con le nuove regolamentazioni della privacy che entreranno in vigore in Germania nel maggio 2018.

Verimi sarà strutturata come società a se stante, con uno staff di 30 persone, e si propone come open standard, il che vuol dire che potranno aggiungersi altri partner sia in Germania che in altri paesi europei. Obiettivo ultimo dell’alleanza è quello di contrastare il dominio sui dati degli utenti attualmente detenuto da giganti come Google, Facebook e Amazon. Timotheus Höttges, CEO di Deutsche Telekom, ha dichiarato “Il nostro obiettivo con Verimi è quello di offrire una chiave di accesso pratica ed ultra-sicura. Garantiremo che le identità digitali dei nostri clienti rimangano all’interno della giurisdizione dell’Unione Europea e godano della sicurezza offerta dalle norme tedesche sulla protezione dei dati”.

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Giornalismo non profit: la sfida del Guardian

L’editore del quotidiano The Guardian e del settimanale The Observer ha annunciato ufficialmente la costituzione di una struttura non profit all’interno del gruppo, con l’obiettivo di raccogliere fondi da privati e da società destinati a finanziare iniziative giornalistiche. Tra le prime iniziative finanziate da quando la struttura è informalmente operativa, dalla fine del 2016, un progetto sui cambiamenti climatici, uno sulla schiavitù e uno sullo sviluppo della prima infanzia.

Rachel White, responsabile dei progetti filantropici del gruppo e delle partnership strategiche e presidente di theguardian.org, ha dichiarato che la creazione di una struttura non profit renderà più agevoli le donazioni da tutte quelle fondazioni, grandi e piccole, che possono fare donazioni solo a organizzazioni esenti da tassazione. La stessa struttura proprietari del Guardian favorisce l’iniziativa: il quotidiano è infatti esso stesso posseduto da una organizzione non profit, la Scott Trust.

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Google al lavoro con gli editori per favorire gli abbonamenti

Dopo le analoghe iniziative intraprese da Apple e da Facebook, anche Google ha iniziato a studiare dei sistemi che possano aiutare gli editori a vendere gli abbonamenti online alle proprie pubblicazioni. Secondo Bloomberg, che ha dato la notizia per prima, sono tre gli strumenti che vengono attualmente testati in collaborazione con New York Times e Financial Times:

  • La funzione “primo click gratis” che consente a chi è arrivato tramite una ricerca Google ad un contenuto coperto da paywall, di leggerlo gratuitamente;
  • Lo sviluppo di sistemi di pagamento online per gli editori
  • Lo sviluppo di sistemi che aiutino gli editori ad individuare potenziali abbonati.

La mossa di Google segue quella di Apple, che l’anno scorso ha ridisegnato il proprio Apple News con la possibilità per gli utenti di abbonarsi – o di rinnovare l’abbonamento – direttamente dall’interno dell’app. Anche Facebook sta lavorando ad una funzionalità simile, anche se i dettagli non sono ancora noti.

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Gatehouse fa shopping di quotidiani nel sud degli USA

Per un controvalore di 120 milioni il New Media Investment Group, più noto come Gatehouse Media, ha acquistato gli 11 quotidiani, i 30 settimanali e vari siti web di Morris Publishing, tra i quali l’Augusta Chronicle, il Savannah Morning News e il Florida Times-Union, per una diffusione totale giornaliera di circa 700mila copie.

La Morris publishing è una società familiare. William S. “Billy” Morris rimarrà come editore dell’Augusta Chronicle e come supervisore per i quotidiani dello stato della Georgia. Gatehouse, società quotata in borsa, con questa acquisizione porta a 120 le testate quotidiane controllate ed a 990 milioni di dollari la spesa sostenuta negli ultimi anni per l’acquisizione di testate quotidiane, quasi identica all’importo (un miliardo di dollari) che il gruppo aveva annunciato di voler investire in queste operazioni.

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Gazeta do Povo “digital only” durante la settimana

Il gruppo editoriale GRPCOM, che pubblica il maggior quotidiano dello stato brasiliano del Paranà, la Gazeta do Povo, ha deciso che la pubblicazione sarà disponibile soltanto in formato digitale durante i giorni feriali, mentre si continuerà a pubblicare una edizione cartacea nei fine settimana.

Nonostante l’edizione stampata fosse ancora economicamente sostenibile, il trend indicava chiaramente la crescita di importanza delle edizioni online. “Di giorno si leggono le notizie su uno schermo, sporgendosi in avanti – ha dichiarato Guilherme Cunha Pereira, presidente di GRPCOM – nel fine settimana, quando si ha pù tempo, si legge appoggiandosi all’indietro”.

Tra gli abbonati al quotidiano il cambio è stato abbastanza ben accolto: solo l’8% infatti, quando ad Aprile è stato comunicato il cambiamento, hanno deciso di non passare all’abbonamento digitale. In conseguenza della interruzione della stampa delle edizioni settimanali, il centro stampa è stato chiuso e la stampa dell’edizione del fine settimana è stata data in appalto esterno.

Il gruppo GRPCOM ha una consolidata storia di innovazione di processo e di prodotto nell’industria editoriale brasiliana. Tre anni fa, in coincidenza con il passaggio di tutte le proprie pubblicazioni sulla piattaforma Méthode di EidosMedia, decise di utilizzare un’architettura cloud in sostituzione dei server dedicati, e sta attualmente facendo uso intensivo delle app mobili che il sistema EidosMedia mette a disposizione dei giornalisti, con i quali possono lavorare in mobilità e produrre articoli completi di foto e video direttamente dal luogo dove si svolgono gli eventi.

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News Corp svaluta gli asset e perde 643 milioni di dollari

News Corp, il gruppo editoriale controllato da Rupert Murdoch che pubblica tra gli altri The Times, The Sun, The Australian, The Wall Street Journal, ha chiuso il bilancio dell’anno fiscale 2017 con una perdita netta di 643 milioni di dollari USA, contro un utile 2016 di 235 milioni.

La perdita è imputabile principalmente alle svalutazioni, effettuate nel corso dell’esercizio, sul valore patrimoniale dei quotidiani in Gran Bretagna ed Australia e sul valore della Pay-tv australiana Foxtel. Nel complesso, le svalutazioni hanno inciso sul bilancio per circa 930 milioni di dolalri.

Il fatturato complessivo del gruppo è stato di 8,14 miliardi di dollari, in calo del 2% rispetto al 2016. Il margine operativo lordo è stato pari a 885 milioni contro i 684 del 2016, che erano stati zavorrati da costi straordinari per 280 milioni dovuti alla risoluzione della causa con News America Marketing.

I ricavi pubblicitari sono stati pari a 2,61 miliardi di dollari, in calo del 7%, mentre i ricavi diffusionali sono stati di 2,01 miliardi, in calo del 5%. In forte crescita (938 milioni, +4%) i ricavi derivanti dai servizi immobiliari digitali. Gli abbonamenti digital only sono in sostenuta crescita sia in Australia, dove sono passati in un anno da 271.000 a 363.000, sia in Gran Bretagna, dove il Times ha superato i 200.000 abbonati, sia infine negli Stati Uniti, dove gli abbonati digitali del Wall Street Journal sono ormai 1,27 milioni. La pubblicità digitale rappresenta ormai il 25% del fatturato complessivo, contro il 22% dell’anno passato.

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Dopo sei anni il Financial Times ritorna sull’App Store

A sei anni di distanza dal clamoroso abbandono, il Financial Times torna disponibile per gli utenti di iPhone e iPad; una nuova app sarà infatti disponibile a breve in Gran Bretagna e USA sull’App Store di iOS, il sistema operativo utilizzato dai dispositivi mobili di Apple.

Nel giugno 2011 il Financial Times decise di ritirare la propria app dal negozio iTunes, in disaccordo con la politica di Apple, che prelevava il 30% su ogni abbonamento e soprattutto non forniva i dati degli abbonati. Le nuove app saranno accessibili soltanto a coloro che sono già abbonati ai servizi di FT, e non sarà possibile abbonarsi attraverso l’app: per farlo, l’utente dovrà andare sul sito web del giornale.

In pratica, con questo nuovo modello di abbonamento il quotidiano britannico potrà evitare di cedere una parte dell’importo dell’abbonamento a Apple, e soprattutto potrà raccogliere i dati del pagamento e altre utili informazioni commerciali e di marketing direttamente dall’abbonato.

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Google segnala i siti a rischio per gli ad blocker

In vista dell’introduzione a partire dal 2018 sul proprio browser Chrome di un sistema di “ad blocking”, che blocca cioè i messaggi pubblicitari ritenuti fastidiosi o troppo invasivi, Google ha rilasciato un elenco di siti considerati “a rischio”, che potrebbero cioè essere bloccati dal sistema di ad block.

Google ha individuato circa 700 siti, sui 100.000 finora verificati, con lo stato “failing”, cioè che verrebbero bloccati dal nuovo software. Il problema più diffuso (96% dei casi nel caso dei siti desktop, 54% per quelli mobili) è la pubblicità pop-up, seguito dai video che si avviano da soli e gli annunci pubblicitari che si aprono prima dell’apertura della pagina richiesta.

Tra i siti a rischio, vi sono numerosi siti di giornali quotidiani e di organizzazioni editoriali. Tra gli altri, Forbes; The Orlando Sentinel, The Sun-Sentinel, Los Angeles Times, Chicago Sun-Times, The Jerusalem Post, The San Diego Union-Tribune, Baltimore Sun, Chicago Tribune, The Christian Science Monitor, the U.K. Independent,  New York Daily News, Salt Lake Tribune.

Google ha annunciato che, una volta che il nuovo browser con il sistema di ad block verrà rilasciato nel 2018, ritirerà le inserzioni pubblicitarie dai siti che entro 30 giorni dalla notifica della violazione non saranno rientrati nei parametri fissati dalla cosiddetta Coalition for Better Ads, una alleanza tra operatori della pubblicità della quale fanno parte tra gli altri Unilever, GroupM, The Washington Post, della quale Google è membro fondatore, che si propone di “ripulire” la pubblicità digitale.

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