Studio Usa: Teenager sempre più incollati allo smartphone

(ANSA) – Stare “incollati” allo smartphone non rende i giovani felici, anzi: i teenager che abitualmente trascorrono ore e ore sugli schermi dei telefonini sarebbero “decisamente infelici”. A tracciare questo ritratto dei giovanissimi è uno studio guidato da Jean Twenge, professoressa della San Diego State University, pubblicato sulla rivista Emotion.

Per capire il rapporto tra benessere psicologico degli adolescenti e utilizzo degli smartphone, il team ha elaborato i dati raccolti da “Monitoring the future”, un’indagine nazionale su un campione rappresentativo di oltre un milione di studenti americani di 14, 16 e 18 anni. I teenager hanno risposto a domande su quanto tempo passano su telefoni, tablet, computer e a quesiti sulle interazioni sociali reali e sul loro grado di felicità.

Dai risultati è emerso che gli adolescenti che hanno trascorso più tempo davanti agli schermi di vari dispostivi – per videogiochi, social media, inviare messaggi o fare video chat – sono meno felici dei compagni che invece hanno trascorso più tempo in attività lontano da schermi. Come la pratica di uno sport, la lettura di giornali e riviste, interazioni “faccia a faccia” con altre persone. Per Jean Twenge, studiosa di lungo corso di trend generazionali, è il tempo trascorso sui display a trascinare i giovani nell’infelicità, e non il contrario.

Tuttavia, secondo i ricercatori, anche l’eccesso opposto non è salutare: l’astinenza completa dal telefonino comunque non porterebbe alla felicità. I teenager più felici risultano coloro che in media usano i mezzi digitali un po’ meno di un’ora al giorno.

Inoltre, allargando lo sguardo ai trend storici degli stessi gruppi d’età dagli anni ’90, il team evidenzia che il crollo della felicità tra i teenager americani è coinciso con la proliferazione dei dispositivi digitali con schermi. A partire in particolare dal 2012, anno spartiacque in cui la percentuale di americani con uno smartphone si è portata oltre il 50%.(ANSA).

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Eurostat: 68% utenti internet Ue compra on line, Italia al 43%

(ANSA) – Italia agli ultimi posti in Europa per utenti di internet che comprano on line: se in media circa il 68% di chi usa internet in Ue dichiara di aver comprato servizi o prodotti on line negli ultimi 12 mesi in Italia la percentuale si abbassa superando di poco il 40% (43%). Secondo i dati Eurostat pubblicati oggi l’Italia supera per commercio on line solo Romania, Bulgaria, Cipro e Croazia mentre è largamente superata dal Regno Unito (l’86% degli utenti internet usa la rete per comprare), la Svezia (84%) e la Germania (82% insieme alla Danimarca, l’Olanda e il Lussemburgo). Gli acquirenti sulla rete nella fascia tra i 16 ei 24 anni comprano soprattutto abbigliamento e merci legate allo sport. Gli acquirenti nella fascia tra i 25 e i 54 anni puntano ai beni per la famiglia mentre nella fascia di età successiva (55-74 anni) si punta soprattutto sui viaggi e i pernottamenti in hotel (il 57% di quanto acquistato).

La percentuale degli acquirenti in rete è più alta in media Ue nelle fasce 16-24 e 25-54 anni con il 71% degli utenti di internet che ha comprato nell’ultimo anno qualcosa in rete. Il 64% dei compratori on line punta su abbigliamento e oggetti legati allo sport mentre il 53% usa la rete per comprare viaggi e vacanze. Coprano abbigliamento e merci legate allo sport soprattutto i giovani (il 71% dei compratori in questa fascia di età). Il 40% degli acquirenti on line ha comprato merci e servizi per una cifra tra i 100 e i 499 euro. Se si guarda all’intera popolazione tra i 16 e i 74 anni (e non solo a quella che usa internet) la percentuale di coloro che comprano su internet è al 57% in media e al 32% in Italia (nel nostro Paese solo il 73% della popolazione ha usato internet negli ultimi 12 mesi contro l’85% della media Ue e il 95% del Regno Unito). Di fatto nel Regno unito compra su internet l’82% della popolazione, una percentuale di poco superiore alla Svezia (81%) e alla Germania (75%), a una distanza siderale dall’Italia (32%). (ANSA).

Respinto il ricorso al Tar de Il Velino contro il bando sulle agenzie stampa

(ANSA) – E’ legittimo il bando di gara per l’affidamento dei servizi giornalistici per le Amministrazioni dello Stato alle agenzie di stampa con rete di servizi esteri e diffusione all’estero, pubblicato il 16 giugno dello scorso anno. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto da Fcs Communications, editrice dell’Agenzia giornalistica Il Velino. Con il bando contestato (ad avviso di Fcs lo stesso avrebbe violato i principi della massima partecipazione, della par condicio, e della non discriminazione), il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della presidenza del Consiglio dei ministri ha indetto una procedura aperta suddivisa in 5 lotti e per un valore totale di 40.830.000 euro per complessivi tre anni e valore dell’appalto iniziale 6.805.000 euro per sei mesi. Il Tar preliminarmente ha dichiarato due dei motivi di ricorso “improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse”, rilevando inoltre che Fcs “avendo partecipato alla procedura ed essendo risultata aggiudicataria, si trova in conflitto di interesse con il richiesto annullamento del bando di gara, il quale travolgerebbe, in caso di accoglimento del ricorso, anche la sua aggiudicazione”. (ANSA).

Il mercato delle app vale 60 miliardi di dollari

In base ad un report recentemente pubblicato dalla società specializzata Sensor Tower, nel 2017 il mercato delle app per smartphone e tablet è cresciuto del 35% raggiungendo i 60 miliardi di dollari. La cifra comprende la spesa per l’acquisto delle app a pagamento, gli abbonamenti e gli acquisti che vengono effettuati all’interno delle app, e riguarda sia l’App Store dell’ambiente iOS che il Google Play dell’ambiente Android.

Più in dettaglio, il fatturato complessivo dell’ambiente Apple è stato stimato in 38,5 miliardi di dolalri, in aumento del 34,7%, mentre il fatturato dell’ambiente Android è stato pari a 20,1 miliardi, in crescita del 34,2%.

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Prosegue a novembre il calo della diffusione dei quotidiani

È in lieve calo a novembre, secondo le rilevazioni ADS, la diffusione dei quotidiani italiani. La diffusione complessiva carta-digitale è stata infatti pari a 2.567.467 copie medie giornaliere, in calo dello 0,6% rispetto a ottobre e del 6,7% rispetto al mese di novembre 2016. La diffusione cartacea è stata pari a 2.224.234 copie giornaliere (-0,7% su ottobre, -9,2% su novembre 2016), mentre la diffusione digitale è stata mediamente di 343.234 copie giornaliere (+0,4% su ottobre, +13,5% su novembre 2016).

Per quanto riguarda le singole testate, si conferma al primo posto il corriere della Sera con 300.301 copie complessive (+0,5% su ottobre, -6,9% su novembre 2016), seguito da Repubblica con 212.061 copie (+0,2% su ottobre, -13,2% su novembre 2016) e dal Sole 24 Ore con 172.293 copie (+0,9% su ottobre, -7,6% su novembre 2016).

Rispetto ad un anno fa, i quotidiani che hanno avuto le performance migliori sono stati Il Quotidiano di Sicilia (14.851 copie giornaliere, +172%) seguito dal Dolomiten (42.145 copie, +18,2%), dal Fatto quotidiano (42.999 copie, +8,4%) e da Avvenire (116.454 copie, +8%). Quelli che hanno perso maggiormente sono stati il Quotidiano del Sud (5.823 copie, -15%), Tuttosport (46.448 copie, -13,9%), La Repubblica, Il Centro (12.030 copie, -12,7%) e Il Giornale (58.007 copie, -12,2%).

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Il Washington Post in utile per il secondo anno di fila

Il quotidiano Washington Post chiuderà l’esercizio 2017 in utile per il secondo anno di fila e prevede di espandere le proprie attività anche nell’area delle tecnologie. In una nota inviata a tutti i dipendenti prima delle festività natalizie, l’editore del quotidiano Washington Post, Fred Ryan, ha rivelato che la sede del quotidiano nel centro di Washington verrà ampliata per poter sostenere la crescita prevista delle attività e dei dipendenti nel prossimo futuro. Ryan ha inoltre rivelato che il numero degli abbonamenti digitali è raddoppiato rispetto al mese di gennaio e triplicato rispetto alla media del 2016, e che il team tecnologico, denominato “Arc”, supporta ben 50 siti internet in aggiunta a quello del quotidiano. Risultati positivi sono stati raggiunti anche nell’area delle tecnologie di stampa tradizionali: nella nota Ryan ha comunicato infatti che praticamente tutte le più importanti pubblicazioni dell’area di Washington vengono stampate nell’impianto del Post.

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Anche il governo francese decide di intervenire contro le fake news

Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato l’intenzione di ripulire internet dalle fake news, preannunciando una serie di provvedimenti che obbligheranno i social media ad essere più trasparenti circa i finanziatori di contenuti sponsorizzati, in modo che gli utenti possano verificare chi tenta di diffondere opinioni di parte o propaganda politica spacciata per informazione.

L’intenzione del governo francese non ha lasciato indifferenti gli editori tradizionali, che da un lato approvano l’idea che i social media si assumano maggiori responsabilità rispetto a ciò che pubblicano, ma d’altro canto temono che si possa giungere a forme di limitazione della libertà di espressione o addirittura di censura. “E’ molto pericoloso che lo Stato intervenga sul tema dell’informazione, soprattutto perché chi diffonde fake news spesso è già convinto della collusione tra i media tradizionali, i governi e le grandi corporation” – ha detto Samuel Laurent, responsabile del team di fact-checking del quotidiano Le Monde – “Questo tipo di annuncio probabilmente rafforzerà le loro convinzioni sull’esistenza di una censura di stato”.

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Google AMP sta vincendo la battaglia contro Facebook Instant Articles

I due standard per il caricamento rapido delle news sui display degli smartphone, Instant Articles di Facebook e Accelerated Mobile Pages (AMP) di Gogle, sono stati lanciati a cavallo di pochi mesi tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016. A due anni dalla loro nascita, il magazine online Digiday ha realizzato una inchiesta sulla loro diffusione presso gli editori, dalla quale emerge che mentre lo standard di Facebook sta vivendo una stagnazione, quello di Google ha progressivamente accresciuto la sua importanza, permettendo a Google di superare Facebook come prima fonte di traffico esterno sui siti degli editori con il 42% del totale.

La prima ragione del successo dello standard AMP risiede nel fatto che Google lo ha sviluppato per il web aperto, mentre Facebook ha pensato il proprio standard per un utilizzo all’interno del proprio ambiente chiuso. Altra ragione del maggior successo di AMP è il maggior controllo che gli editori hanno sulla vendita di abbonamenti e sul traffico pubblicitario.

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Il 2018 potrebbe essere “l’inizio della fine” per i giganti dei social media?

Il 2018 potrebbe essere l’anno nel quale Facebook e gli altri giganti dei social media “rischiano di dover scegliere se aprirsi o dissolversi”: è l’opinione espressa da Damian Tambini, direttore del progetto “media policy” della London School of Economics, uno dei maggiori esperti britannici in materia di regolamentazione dei media nonché consulente del Governo e del Parlamento britannico.

Secondo Tambini, “Per queste società super-giganti le cose si sono fatte molto pericolose. Esse devono rendersi conto che stanno affrontando problemi esistenziali per le democrazie liberali . Esse dovrebbero almeno chiarire i principi alla base del modo in cui i loro algoritmi classificano le notizie, perché quando lo modificano diventano effettivamente qualcosa a metà tra un editore e un censore, vista anche la loro posizione di monopolio”.

Tambini ha sottolineato come il problema non riguardi tanto le pratiche di questa o quella società, quanto piuttosto lo scivolamento progressivo delle preferenze degli utenti verso il concetto di social media, che mina alla base il concetto stesso di giornalismo e crea nuovi modelli di business: gli utenti, infatti, sono sempre più portati a preferire la notizia “virale” alla notizia “verificata”.

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USA: in arrivo dazi per la carta da giornale canadese?

Entro il mese di gennaio il Dipartimento del Commercio USA esprimerà un parere preliminare sulla richiesta di introduzione di dazi compensativi e di misure anti-dumping sull’importazione di carta da giornale dal Canada. La richiesta è stata fatta nello scorso mese di agosto dalla North Pacific Paper Company, una cartiera dello stato di Washington che ha lamentato il fatto che il governo canadese sussidia l’industria forestale.

Se il Dipartimento del Commercio stabilirà che la carta non patinata proveniente dal Canada viene venduta sottocosto nel mercato statunitense e / o riceve sussidi governativi ingiusti, e se la International Trade Commission (ITC) degli Stati Uniti determinerà che le importazioni statunitensi di carta venduta sottocosto e/o ingiustamente sovvenzionata dal Canada provocano danni all’industria statunitense, il Dipartimento del Commercio imporrà dazi su tali importazioni.

Nel 2016, le importazioni di carta in legno grezzo non patinata dal Canada sono state valutate nell’ordine di 1,27 miliardi di dollari.

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