Una dieta ristretta di informazione, basata su una lettura superficiale e veloce, non è soddisfacente né per la nostra economia, né per le economie emergenti

di Rich Rindo, General Manager, Offset Print e Vice President, Print Systems Division, Kodak

Al giorno d’oggi fin troppi dibattiti sono impostati sulla scelta tra due alternative opposte e inconciliabili, dibattiti di quel genere che offre false scelte che non soddisfano mai del tutto e che finiscono solo per inasprire le divisioni. Lo stesso si può dire a proposito delle opinioni più diffuse sul consumo delle informazioni in formato cartaceo rispetto a quelle digitali. O riceviamo tutte le informazioni in modalità digitale e all’istante, ma spesso provenienti da fonti non verificate e aventi dubbia veridicità e spessore…o le leggiamo su carta stampata, dopo un intervallo di tempo naturale e mettendo in conto lo “sforzo muscolare” necessario per girare le pagine.

E se prendessimo in considerazione una pacifica coesistenza quale terza via? Da recenti sondaggi condotti da diversi giornali del Paese è emerso che, almeno la domenica, quando sono più rilassate, le persone trovano piacevole l’esperienza fisica di tenere tra le mani un giornale per consultarne le diverse sezioni alla ricerca di articoli interessanti ai quali poter dedicare una lettura più approfondita. E poi ci sono i buoni sconto. Chi ha voglia di usare per l’ennesima volta lo smartphone o il laptop per stamparli? Incoraggiati da questa rivelazione, molti editori hanno condotto campagne di marketing di grande successo su questi temi.

Certamente al giorno d’oggi siamo tutti impegnati più che mai. Nella maggior parte dei giorni feriali leggiamo rapidamente gli avvisi che riceviamo sul telefono mentre siamo in movimento oppure rubiamo agli impegni di lavoro qualche minuto per leggere sul computer le ultime notizie online. I sostenitori dell’informazione digitale asseriscono, giustamente, di essere meglio informati grazie a queste opportunità e di poter essere aggiornati sugli eventi del mondo in tempo reale, anziché apprenderli solo quando tornano a casa a fine giornata.

Tuttavia, fare troppo affidamento sui contenuti digitali ha implicazioni neurologiche, psicologiche e intellettuali. Ad esempio, gli oculisti manifestano una certa preoccupazione a proposito dello stress visivo digitale, causato dalla prolungata esposizione degli occhi agli schermi dei computer e dei dispositivi digitali.

Tuttavia, che si tratti di un danno alla retina a lungo termine o semplicemente di una mancanza di sonno dovuta al cosiddetto “effetto della luce blu”, è certo che non elimineremo, né dovremmo eliminare, dalla nostra vita questi dispositivi assolutamente vitali. Ciò nondimeno, possiamo mitigarne gli effetti. Considerate quanto lontano si sia spinta in tempi recenti la qualità di stampa e pensate al ruolo che i giornali ancora svolgono in un’era informatica in continua evoluzione.

Integrando il “consumo di contenuti” online con la lettura dei materiali stampati tradizionali che ora vengono prodotti più rapidamente e con un livello mai raggiunto prima di chiarezza tattile, vividezza e rilevanza puntuale, possiamo anche trarre vantaggio da quello che gli studi rilevano essere un miglioramento nell’assimilazione e focalizzazione sulle informazioni che leggiamo e in base alle quali agiamo in quanto cittadini responsabili.

Che si tratti delle economie emergenti, presso cui l’alfabetizzazione e l’impegno civico sono fortunatamente in crescita, o dei mercati dei giornali più maturi, l’importanza dei progressi conseguiti nei sistemi di stampa di facile utilizzo, come, ad esempio, la piattaforma NEXPRESS di Kodak, le lastre Process Free e la tecnologia di esposizione termica per sistemi CTP, non può essere sottolineata a sufficienza. Queste nuove tecnologie contribuiscono a ridurre la quantità di prodotti chimici, energia, acqua, oltre che di scarti, impiegati per produrre contenuti stampati, mantenendo il settore della stampa redditizio e sostenibile. Inoltre, offrono agli stampatori nuove opportunità di differenziare i prodotti stampati, grazie alla disponibilità di nuovi inchiostri metallizzati e degli inchiostri Dimensional, nonché alla possibilità di stampare su una più ampia varietà di supporti. Questo essenzialmente migliora la lettura grazie all’ampliamento della texture e della gamma cromatica e, inoltre, alle infinite possibilità di quello che si può stampare oggigiorno.

Secondo il rapporto “Global Entertainment and Media Outlook 2016-2020” presentato da PwC, colosso di servizi di revisione contabile e consulenza, a livello mondiale la tiratura dei giornali, per numero di copie stampate, è di fatto in aumento, nonostante i numeri in calo nel mondo occidentale. Questo dato è da attribuire soprattutto alla popolarità di cui godono i giornali tra le “classi aspirazionali” in certe parti dell’Asia pacifica e dell’America Latina. Come sottolinea il rapporto di PwC, “l’aumento della tiratura dei giornali nei mercati emergenti offre chiare possibilità in termini di crescita futura della spesa in quei mercati via via che il pubblico di lettori raggiunge livelli critici”.

Ma lasciamo da parte, per un momento, le opportunità finanziarie e concentriamoci sull’“esperienza di lettura” dei nostri lettori finali, ossia quelle persone che amano leggere i giornali della domenica seduti al tavolo della cucina. Un recente studio europeo citato dal quotidianoThe Guardian ha misurato il grado di assimilazione delle informazioni dopo la lettura di un racconto in versione cartacea e in formato elettronico. L’esito della ricerca è stato che coloro che avevano letto il racconto sul tablet hanno reso “significativamente” peggio di chi lo aveva letto dal libro, quando è stato chiesto loro di ricostruire la trama del racconto.

Secondo lo studio, uno dei fattori principali che spiegano questo risultato potrebbe avere a che fare con il concetto di “lettura profonda” che si attua con la carta stampata. Il concetto di lettura profonda si riferisce al livello di impegno che assorbe una persona quando è totalmente concentrata sul testo che legge. Richiede un’attenzione totale, contrariamente al modo in cui si leggono i contenuti su Internet, ossia scorrendo le informazioni molto rapidamente e superficialmente mentre lo sguardo si allontana dai fatti più pertinenti, dai fatti chiave, perché attratto dai titoli deliberatamente accattivanti dei clickbait.

La superficialità e la mancanza di concentrazione che si sono insinuate nella nostra esperienza di lettura presentano diverse implicazioni per le economie emergenti a cui abbiamo accennato. In particolare, e come dappertutto nel mondo, i lettori che si limitano a leggere superficialmente i loro news feed digitali sono più esposti a quel tipo di manipolazione psicologica e politicamente indotta di cui abbiamo appena iniziato a sentire in relazione alle piattaforme social più diffuse.

Questo ci riporta al concetto di lettura profonda a cui si riferiscono Robert P. Waxler e Maureen P. Hall nel loro libro “Transforming Literacy: Changing Lives Through Reading and Writing,” quando affermano che tale concetto “richiede che gli esseri umani attingano e sviluppino la loro capacità di attenzione, per essere ponderati e pienamente consapevoli”. Se c’è una cosa di cui le persone serie hanno bisogno è essere ponderate ed estremamente consapevoli della fonte delle informazioni che ricevono.

Ma non pensiate che i giornali che pubblichiamo richiedano ai lettori un livello di impegno intellettuale tale da rischiare di abbandonarli al loro destino. Al contrario. Un recente studio condotto da TrueImpact, azienda canadese di neuromarketing, ha messo a confronto gli effetti del marketing cartaceo e quelli dei media digitali. Quali sono stati i risultati? “I materiali stampati di marketing richiedono il 21 per cento in meno di impegno cognitivo rispetto a quello necessario per elaborare i materiali dei media digitali”. Inoltre, in un test di supporto effettuato nell’ambito dello studio che non mancherà di richiamare l’attenzione dei nostri clienti inserzionisti, la brand recall (o notorietà spontanea) relativa ai materiali stampati è risultata maggiore del 70 per cento rispetto ai materiali digitali.

Pertanto, la prossima volta che vi sedete a leggere un giornale stampato con le nostre attuali macchine da stampa, moderne e ad alta tecnologia, pensate ai vantaggi che ne trarranno i vostri preziosi occhi, il vostro acuto intelletto e il vostro senso civico.

Non più di 10 newsbrand potranno sostenersi con gli abbonamenti digitali

In una intervista al sito The Drum, il direttore generale di Times Newspapers Chris Duncan ha rivelato che le testate edite dalla società (The Times e Sunday Times) hanno registrato due milioni di nuovi utenti da quando è stato adottata la modalità di due articoli gratuiti per settimana e da quando Google ha modificato la propria politica riguardo alla visualizzazione degli articoli coperti da paywall, grazie anche alla pressione esercitata dal gruppo editoriale di Murdoch.

Nell’intervista Duncan ha tuttavia sottolineato che questo modello di business, poiché necessita di un grande numero di utenti registrati, a livello globale potrà essere utilizzato da un numero assai limitato di newsbrand, non più di dieci, che potranno contare su una vasta base di utenti abbonati a pagamento. In alternativa, ci saranno altri siti gratuiti di dimensioni globali che potranno monetizzare il gran numero di utenti unici.

Più difficile sarà la sopravvivenza per i newsbrand che si trovano in mezzo a questi due estremi: non abbastanza grandi per generare adeguati volumi di traffico e di introiti pubblicitari, e non abbastanza globali per poter avere un numero di abbonati tale da sostenere il costo di una rganizzazione giornalistica.

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USA: la FCC “allenta” le regole sul controllo dei media

La Federal Communication Commission, l’agenzia federale USA che sovrintende al controllo ed alla regolamentazione dell’industria dei media, ha deciso di ammorbidire la normativa sul controllo delle stazioni televisive, di modo che sarà possibile ad un operatore controllare più stazioni televisive in un singolo mercato e raggiungere più abbonati su scala nazionale.

La nuova regolamentazione sembra tagliata su misura per le esigenze del Sinclair Broadcast Group, che grazie alla nuova regolamentazione potrà completare l’acquisizione di Tribune Media ed espandere la propria copertura ai tre quarti delle abitazioni americane. Il presidente della FCC Ajit Pai, repubblicano, ha dichiarato che “Dopo troppi anni di indifferenza e aria fritta, questa agenzia finalmente trasporta le regole sul possesso dei canali tv nell’era digitale”. Di diverso avviso Mignon Clyburn, commissario FCC democratico, che ha dichiarato invece che “la data odierna sarà ricordata come quella nella quale la FCC ha abdicato al suo ruolo di difensore dei valori fondamentali del localismo, della competizione e della diversificazione nell’industria del broadcasting”.

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Il Financial Times supera i 900mila lettori

Con una diffusione cartacea di 190mila copie vendute giornaliere e oltre 700mila abbonati digitali, il quotidiano britannico Financial Times ha raggiunto per la prima volta una diffusione complessiva a pagamento di 900mila copie.

In una nota allo staff, l’amministratore delegato John Ridding ha dichiarato: “Questo è un traguardo importante e un risultato fantastico, e volevo darvi un grande ringraziamento per averci portato a questo storico record. Mai prima d’ora, nei nostri 130 anni di storia, così tante persone avevano pagato per leggere il Financial Times”.

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La stampa può salvare l’informazione vera dalle “fake news”?

di Rich Rindo, General Manager, Offset Print e Vice President, Print Systems Division, Kodak

La fine dell’informazione su carta stampata è stata annunciata molte volte e, secondo certe previsioni, il quotidiano tradizionale sarebbe già dovuto essere scomparso ormai da molto tempo. A questo punto, con la carta stampata presumibilmente a un passo dalla fine, a due decenni dall’avvento dell’informazione digitale, qual è la prognosi?

Di recente mi sono imbattuto in uno straordinario articolo di Iris Chyi, professoressa associata presso la University of Texas, in cui l’autrice sostiene che le dichiarazioni sulla fine definitiva della carta stampata sono state notevolmente esagerate. L’autrice sottolinea che, per quanto riguarda l’informazione digitale, siamo ben oltre la fase di sperimentazione e che la sua crescita si è ampiamente stabilizzata. Basta dare uno sguardo alle cifre:

  • mediamente l’82% del fatturato complessivo di un giornale deriva dalla carta stampata, mentre i domini online generano un profitto molto ridotto;
  • se esaminiamo il numero dei lettori, il 51% di coloro che leggono il giornale lo legge esclusivamente nella versione cartacea, rispetto a soltanto il 5% che lo legge unicamente su un browser Web e un altro 5% che lo legge nella versione per dispositivi mobili.

Per quanto riguarda gli utili provenienti dalle inserzioni pubblicitarie sui giornali, negli Stati Uniti nel 2014 le edizioni stampate dei giornali hanno generato $16,4 miliardi in introiti pubblicitari, contro soltanto $3,5 miliardi ricavati dalle edizioni online.

A molti anni dall’inizio della trasformazione digitale, nel mondo ci sono ancora circa 2,7 miliardi di persone che leggono i giornali, a dispetto di significative flessioni registrate dal 2007 dalle 51 maggiori testate giornalistiche delle aree metropolitane statunitensi. Allo stesso tempo il numero dei lettori delle corrispondenti edizioni online ha smesso di aumentare, tanto che più della metà di queste testate riferisce di aver osservato un calo a partire dal 2011.

Così, in questo periodo di trasformazione, sui giornali è ricaduto l’onere di convogliare risorse nelle piattaforme digitali, uno sforzo che, come dimostrano le cifre, non ha sempre portato a dei risultati. Vi sono case editrici di giornali che sono riuscite a crescere sia nel mondo della stampa che in quello digitale. Se la maggior parte delle case editrici di giornali operano dei tagli, Il Washington Post ha recentemente aumentato il proprio staff di 60 giornalisti in un anno di traffico e ritorni pubblicitari digitali da record. Ma ciò richiede risorse ingenti. Il Washington Post, ad esempio, ha tratto vantaggio dai $50 milioni investiti nell’azienda dal nuovo proprietario e fondatore di Amazon Jeff Bezos. Purtroppo lo stesso non avviene per la maggior parte dei giornali statunitensi.

I media digitali hanno anche cambiato radicalmente il modo in cui consumiamo l’informazione, in certi casi in meglio. L’informazione online si diffonde più rapidamente rispetto ai media tradizionali e possiamo ascoltare più voci da più parti del mondo in modo relativamente semplice. D’altro canto, però, questa stessa rapidità e globalizzazione ha messo in discussione la credibilità delle informazioni e del giornalismo. Molti ritengono che il medium, ossia la stampa piuttosto che il digitale, abbia effettivamente iniziato a influire negativamente sull’affidabilità delle informazioni che leggiamo.

Abbiamo assistito agli effetti peggiori di questo fenomeno proprio di recente, con il clamore delle “fake news” sollevatosi durante la campagna del 2016 per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti. Con la pubblicazione di così tanti contenuti digitali su testate online, blog, social media e così via, il giornalismo autentico e del “fact checking” è stato spazzato via.

La percezione dell’opinione pubblica è stata talmente distorta che una buona parte delle persone è stata completamente colta di sorpresa dai risultati delle urne, via via che venivano confermati, la sera delle elezioni, e dalla notizia definitiva della vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton.

Ma qual è la soluzione? Ebbene, in parte occorre che i dirigenti delle case editrici dei giornali, investiti del potere decisionale, riconoscano l’importanza di assegnare risorse alle redazioni, le vere responsabili della credibilità delle testate, anziché soltanto alle piattaforme online che, in realtà, non riescono neanche a tenersi a galla. Il settore non può avere un’identità unica, ossia definita esclusivamente dalla carta stampata o dal digitale, ma, piuttosto, deve operare, nell’ambito di quella che è una fase di trasformazione, attraverso canali misti. Un ambiente con canali misti è un vantaggio per il settore nel suo complesso e avere la possibilità di scegliere tra digitale e analogico è importante per il mondo multicanale di oggi.

Per iniziare a far sì che questo diventi realtà occorre garantire che la tecnologia di stampa sia in grado di rendere efficienti le case editrici di giornali, e non che diventi un ostacolo. In Kodak abbiamo speso decenni a sviluppare una tecnologia capace di ottimizzare l’efficienza del processo di stampa dei giornali, processo che, in ultima analisi, possa consentire alle case editrici di risparmiare e, di conseguenza, liberare risorse a vantaggio di altre aree dell’attività. Nel momento in cui le case editrici di giornali sono in grado di produrre contenuti stampati alla velocità consentita dalle odierne macchine da stampa, potranno offrire ai consumatori un prodotto migliore in modo più rapido e, addirittura, promuovere il loro “business case” nell’ottica di attirare gli investimenti degli inserzionisti.

Nel panorama dei media che si occupano di informazione vi sono diversi elementi mobili che negli ultimi 20 anni hanno dovuto adattarsi ai cambiamenti e alla rivoluzione digitale. Iniziamo a vedere gli effetti della rivoluzione digitale soltanto ora, nel momento in cui essa raggiunge la maturazione nel settore dell’informazione. Il digitale ci ha dato più accessibilità e velocità, ma vi sono rischi molto concreti che possa compromettere la qualità del giornalismo. Non solo la stampa avrà ancora un ruolo nel futuro digitale dell’informazione, ma potrebbe essere necessario intervenire per garantire che disponiamo di un’informazione affidabile e autentica nell’immediato futuro. A questo punto il passo più importante che il nostro settore possa compiere è lasciarsi alle spalle punti di vista univoci, cioè stampa o digitale, e intraprendere una discussione più trasparente su quale combinazione delle due sia la migliore per le redazioni, le case editrici di giornali, e così via, per garantire che il giornalismo autentico non vada definitivamente perduto.

Meredith Corp. e i fratelli Koch rilevano Time Inc.

Meredith Corporation, gruppo editoriale con un fatturato di 1,6 miliardi di dollari e 3.600 dipendenti, che pubblica numerosi periodici specializzati in lifestyle e una quindicina di stazioni televisive in dodici stati, ha raggiunto un accordo con il gruppo Time Inc, editore dell’omonimo settimanale oltre che di altre riviste come People e Sports Illustrated, per la cessione totale di tutte le testate per un controvalore di 1,84 miliardi di dollari.

Parte della provvista (650 milioni) per l’acquisizione di Time sarà fornita a Meredith dal Koch Equity Development, fondo di private equity controllato dai fratelli Charles e David Koch, i due imprenditori che controllano la conglomerata Koch Industries, la seconda più grande società USA non quotata con 115 miliardi di dollari di fatturato, che sono noti per le loro posizioni politiche di sostegno alla destra più libertaria e conservatrice e che già in passato avevano cercato di entrare nel mondo dell’editoria tentando di entrare nell’azionariato del Los Angeles Times e del Chicago Tribune.

Il gruppo che nascerà dalla fusione tra Meredith e Time potrà contare su 60 milioni di copie vendute, 135 milioni di lettori, 170 milioni di utenti unici mensili e 10 miliardi di visualizzazioni video l’anno. E’ possibile che, una volta completata l’acquisizione, la società potrebbe scorporare la divisione televisiva per valorizzarla al meglio.

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Axel Springer conferma la crescita nel terzo trimestre 2017

Il gruppo Axel Springer, editore tra l’altro del tabloid  Bild, ha confermato la crescita in atto per l’intero anno dopo aver riportato un aumento del 7 per cento dei profitti  del terzo trimestre, in linea con le aspettative degli analisti.

L’incremento è stato guidato dalle attività digitali , che rappresentano ormai più dei tre quarti dei suoi profitti e che il gruppo sta separando dalle attività di stampa tradizionali nell’ambito di una riorganizzazione strategica che ha raggruppato tutte le attività in tre divisioni: Classified Media, News Media, Marketing Media.

I ricavi del Gruppo sono stati pari a 860 milioni di euro, in crescita del 7,3% rispetto all’anno precedente, con un margine operativo lordo di 156 milioni (+6,9% sull’anno precedente) e un risultato netto di 75 milioni (+19,5%).

Mathias Döpfner, Amministratore Delegato di Axel Springer, ha dichiarato: “Ancora una volta siamo cresciuti in tutti i settori operativi. Classified Media ha continuato ad essere il più forte driver di questa crescita, ma siamo particolarmente soddisfatti anche dell’incremento dei ricavi e dei guadagni di News Media. Il successo continuo di Business Insider e lo straordinario  sviluppo del mercato pubblicitario, in particolare con Bild, hanno svolto un ruolo determinante. Sulla base degli sviluppi dei primi nove mesi, siamo ottimisti per le ultime settimane di quest’anno”.

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Francia: a ottobre le Figaro in testa tra i siti di informazione

Alliance pour les chiffres de la presse et des médias (ACPM) ha rilevato i 20 siti di informazione francesi più visitati nel mese di ottobre. In testa, Le Figaro con 108,1 milioni di visitatori unici, il 51% attraverso il sito mobile. A seguire Le Monde (105,4 milioni, il 50% attraverso il sito fisso e il 50% attraverso il sito mobile), e L’Equipe (80,3 milioni, di cui il 54% attraverso il sito fisso). Al quarto posto, Télé-Loisirs (79.1M) è in vantaggio su BFMTV (72.1M), 20 Minuti (70.2M) e franceinfo (65.4M).

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Risultati migliori delle attese per News Corp

Il trimestre chiuso al 30 settembre di News Corp, il gruppo editoriale che pubblica tra l’altro The Times e il Wall Street Journal, si è chiuso con risultati migliori delle attese degli analisti finanziari. Il fatturato èì stato di 2,06 miliardi di dollari, contro 1,96 miliardi dello stesso trimestre del 2016. Il margine operativo lordo è stato di 249 milioni, contro i 130 del 2016, con un risultato netto positivo di 87 milioni contro lo zero dell’anno precedente.

I ricavi pubblicitari sono rimasti stabili, mentre i ricavi da diffusione e abbonamenti sono cresciuti del 3%, grazie soprattutto ai positivi risultati di Dow Jones, che ha visto crescere dell’11% gli abbonamenti. Il Wall Street Journal al 30 settembre 2017 aveva 1,318 milioni di abbonati digitali, contro i 967mila di un anno prima. I ricavi digitali rappresentano il 27% dei ricavi complessivi, contro il 24% di un anno prima.

Nel commentare i dati, il CEO del gruppo Robert Thomson ha sottolineato come grazie anche alle pressioni di News Corp Google abbia accettato di apportare profondi cambiamenti alle modalità con le quali vengono gestite le news da parte del motore di ricerca, rendendo più agevole gli abbonamenti e la condivisione dei dati personali degli utenti.

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Facebook: in crescita utenti e fatturato, in calo…le tasse pagate

Sono poco meno di 1,4 miliardi gli utenti medi giornalieri di Facebook, che salgono a 2,1 miliardi se si conteggiano gli utenti medi mensili, con una crescita del 16% rispetto ad un anno fa: sono i dati che emergono dalla trimestrale al 30 settembre della società di Menlo Park. Ancora più significativa la crescita del fatturato, che nel trimestre conclusosi il 30 settembre 2017 ha superato per la prima volta i 10 miliardi di dollari (per l’esattezza 10,328 miliardi), con un balzo del 47% rispetto al terzo trimestre 2016. Stessa percentuale di crescita per il fatturato complessivo dei primi mesi del 2017, che ha raggiunto i 27,7 miliardi.

Tra gli utenti, l’11,5% risiede in Nord America, il 17,6% in Europa, il 38,3% in Asia e Oceania, il 32,6% nel resto del mondo. Gli utenti nord-americani sono tuttavia quelli che generano la maggior parte del fatturato, 5 miliardi su 10,3, pari a poco meno del 50%. In pratica, ogni utente americano “vale” circa 7 dollari al mese, contro i 2,3 dell’utente europeo, gli 0,75 dollari dell’utente asiatico, gli 0,55 dollari dell’utente del resto del mondo.

L’aliquota fiscale media effettiva comunicata da Facebook agli analisti finanziari è infine in significativo e costante calo: nel terzo trimestre del 2017 si è attestata al 10%, contro il 17% del terzo trimestre del 2016 e il 37% del terzo trimestre 2015. In pratica, le tasse di competenza del terzo trimestre 2017, pari a 529 milioni di dollari, sono state inferiori a quanto pagato (536 milioni) nel terzo trimestre 2015, nonostante che il fatturato del periodo sia più che raddoppiato.

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