La Festa di Avvenire/ Ecco papa Francesco visto da vicino

Papa Francesco visto da vicino. È stato questo il suggestivo tema affrontato nell’ultimo incontro della Festa di Avvenire ospitata nella splendida cornice di una affollatissima Piazza Duomo a Matera.

Ospiti di eccezione tre personalità che ben conoscono la figura del primo Pontefice latinoamericano della storia. Due suoi stretti collaboratori, e cioè il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il vescovo di Albano Marcello Semeraro, segretario del C9 (il gruppo di porporati consiglieri del Papa). E padre Mauro Gambetti, Custode del SacroConvento di Assisi, la Città di San Francesco che il Papa ha visitato più volte. Semeraro ha ricordato di averlo conosciuto nel 2001 quando lavorarono insieme al Sinodo sul ministero dei vescovi e ha evidenziato come molti dei temi affrontati nel magistero di Bergoglio, come quello ad esempio delle «periferie», sono già ricorrenti nella sua predicazione di quando era arcivescovo di Buenos Aires.

Il vescovo di Albano ha anche raccontato come è nata la foto “storica” che lo immortala tra i due Papi – Francesco e l’emerito Benedetto XVI – quando si sono incontrati per la prima volta a Castelgandolfo, che si trova nel territorio della sua diocesi. Riferendosi ai lavori del C9, Semeraro ha poi sottolineato che papa Bergoglio «ascolta molto, ha una forte memoria, e ogni tanto puntualizza facendo tesoro proprio di questa memoria».

Baldisseri poi ha raccontato di conoscere il Pontefice dal 2007, quando da nunzio in Brasile assistette all’Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che ebbe proprio nell’allora cardinale di Buenos Aires uno dei protagonisti. E di averlo visto eleggere Papa nel conclave dove ha partecipato – come non votante – in qualità di segretario. E ha spiegato che nel suo lavoro al Sinodo dei Vescovi vede Papa Francesco come «un padre nella sua famiglia, un padre che cerca di capire i suoi figli, di comprenderli, di indirizzarli e farli camminare insieme senza escludere nessuno».

Il Papa, ha aggiunto Baldisseri, «è un uomo che quando dà la fiducia la dà totalmente, e difende fino in fondo la persona» scelta. Padre Gambetti da parte sua ha osservato che visto da vicino Papa Francesco è «l’esempio dell’uomo risorto in Cristo che ci tocca perché si fa prossimo».

L’evento si è aperto con un saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera Antonio Giuseppe Caiazzo, e si è chiuso con un intervento dell’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio. Presenti numerose autorità, tra cui il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.

La Festa di Avvenire che ha accompagnato la preparazione della grande e storica celebrazione della Madonna della Bruna che si terrà domenica a Matera, si chiude domani, sabato alle 21, con un concerto del cardinale Baldisseri, apprezzato pianista, nella cattedrale di Tursi, alla presenza del vescovo Vincenzo Carmine Orofino.

La festa di Avvenire a Matera / Il Papa visto da vicino

Quinta serata della Festa di Avvenire a Matera.

Appuntamento alle 21 in piazza del Duomo per parlare di “Il Papa visto da vicino”.

Tre ospiti d’eccezione: il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi. Conclude monsignor Salvatore Ligorio, arcivescovo di Potenza – Muro Lucano- Marsico Nuovo.

Modera il giornalista di Avvenire Gianni Cardinale.

La Festa di Avvenire/ Ecco papa Francesco visto da vicino

Papa Francesco visto da vicino. È stato questo il suggestivo tema affrontato nell’ultimo incontro della Festa di Avvenire ospitata nella splendida cornice di una affollatissima Piazza Duomo a Matera.

Ospiti di eccezione tre personalità che ben conoscono la figura del primo Pontefice latinoamericano della storia. Due suoi stretti collaboratori, e cioè il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il vescovo di Albano Marcello Semeraro, segretario del C9 (il gruppo di porporati consiglieri del Papa). E padre Mauro Gambetti, Custode del SacroConvento di Assisi, la Città di San Francesco che il Papa ha visitato più volte. Semeraro ha ricordato di averlo conosciuto nel 2001 quando lavorarono insieme al Sinodo sul ministero dei vescovi e ha evidenziato come molti dei temi affrontati nel magistero di Bergoglio, come quello ad esempio delle «periferie», sono già ricorrenti nella sua predicazione di quando era arcivescovo di Buenos Aires.

Il vescovo di Albano ha anche raccontato come è nata la foto “storica” che lo immortala tra i due Papi – Francesco e l’emerito Benedetto XVI – quando si sono incontrati per la prima volta a Castelgandolfo, che si trova nel territorio della sua diocesi. Riferendosi ai lavori del C9, Semeraro ha poi sottolineato che papa Bergoglio «ascolta molto, ha una forte memoria, e ogni tanto puntualizza facendo tesoro proprio di questa memoria».

Baldisseri poi ha raccontato di conoscere il Pontefice dal 2007, quando da nunzio in Brasile assistette all’Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che ebbe proprio nell’allora cardinale di Buenos Aires uno dei protagonisti. E di averlo visto eleggere Papa nel conclave dove ha partecipato – come non votante – in qualità di segretario. E ha spiegato che nel suo lavoro al Sinodo dei Vescovi vede Papa Francesco come «un padre nella sua famiglia, un padre che cerca di capire i suoi figli, di comprenderli, di indirizzarli e farli camminare insieme senza escludere nessuno».

Il Papa, ha aggiunto Baldisseri, «è un uomo che quando dà la fiducia la dà totalmente, e difende fino in fondo la persona» scelta. Padre Gambetti da parte sua ha osservato che visto da vicino Papa Francesco è «l’esempio dell’uomo risorto in Cristo che ci tocca perché si fa prossimo».

L’evento si è aperto con un saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera Antonio Giuseppe Caiazzo, e si è chiuso con un intervento dell’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio. Presenti numerose autorità, tra cui il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.

La Festa di Avvenire che ha accompagnato la preparazione della grande e storica celebrazione della Madonna della Bruna che si terrà domenica a Matera, si chiude domani, sabato alle 21, con un concerto del cardinale Baldisseri, apprezzato pianista, nella cattedrale di Tursi, alla presenza del vescovo Vincenzo Carmine Orofino.

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La Festa di Avvenire/ Ecco papa Francesco visto da vicino

Papa Francesco visto da vicino. È stato questo il suggestivo tema affrontato nell’ultimo incontro della Festa di Avvenire ospitata nella splendida cornice di una affollatissima Piazza Duomo a Matera.

Ospiti di eccezione tre personalità che ben conoscono la figura del primo Pontefice latinoamericano della storia. Due suoi stretti collaboratori, e cioè il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il vescovo di Albano Marcello Semeraro, segretario del C9 (il gruppo di porporati consiglieri del Papa). E padre Mauro Gambetti, Custode del SacroConvento di Assisi, la Città di San Francesco che il Papa ha visitato più volte. Semeraro ha ricordato di averlo conosciuto nel 2001 quando lavorarono insieme al Sinodo sul ministero dei vescovi e ha evidenziato come molti dei temi affrontati nel magistero di Bergoglio, come quello ad esempio delle «periferie», sono già ricorrenti nella sua predicazione di quando era arcivescovo di Buenos Aires.

Il vescovo di Albano ha anche raccontato come è nata la foto “storica†che lo immortala tra i due Papi – Francesco e l’emerito Benedetto XVI – quando si sono incontrati per la prima volta a Castelgandolfo, che si trova nel territorio della sua diocesi. Riferendosi ai lavori del C9, Semeraro ha poi sottolineato che papa Bergoglio «ascolta molto, ha una forte memoria, e ogni tanto puntualizza facendo tesoro proprio di questa memoria».

Baldisseri poi ha raccontato di conoscere il Pontefice dal 2007, quando da nunzio in Brasile assistette all’Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che ebbe proprio nell’allora cardinale di Buenos Aires uno dei protagonisti. E di averlo visto eleggere Papa nel conclave dove ha partecipato – come non votante – in qualità di segretario. E ha spiegato che nel suo lavoro al Sinodo dei Vescovi vede Papa Francesco come «un padre nella sua famiglia, un padre che cerca di capire i suoi figli, di comprenderli, di indirizzarli e farli camminare insieme senza escludere nessuno».

Il Papa, ha aggiunto Baldisseri, «è un uomo che quando dà la fiducia la dà totalmente, e difende fino in fondo la persona» scelta. Padre Gambetti da parte sua ha osservato che visto da vicino Papa Francesco è «l’esempio dell’uomo risorto in Cristo che ci tocca perché si fa prossimo».

L’evento si è aperto con un saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera Antonio Giuseppe Caiazzo, e si è chiuso con un intervento dell’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio. Presenti numerose autorità, tra cui il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.

La Festa di Avvenire che ha accompagnato la preparazione della grande e storica celebrazione della Madonna della Bruna che si terrà domenica a Matera, si chiude domani, sabato alle 21, con un concerto del cardinale Baldisseri, apprezzato pianista, nella cattedrale di Tursi, alla presenza del vescovo Vincenzo Carmine Orofino.

Bassetti e le tre sfide della famiglia

Tre sfide attendono la famiglia in Italia. E al suo fianco ad affrontarle c’è la Chiesa italiana, chiesa di popolo di cui la famiglia è la cellula. Sfide delineate a Matera alla quarta giornata della festa di Avvenire dal neo presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che prima ha dialogato con il direttore Marco Tarquinio sulla Chiesa italiana e quindi, la sera in piazza Duomo, è stato protagonista di un confronto su Giovani, Famiglia e Lavoro con il sottosegretario all’Istruzione Vito de Filippo, il presidente di Alleanza per le cooperative Rosario Altieri, il presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Lorusso e la presidente dei giovani dell’Alleanza internazionale per le cooperative Gabriela Buffa. Ha concluso monsignor Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza.

Bassetti ha parlato del lavoro che manca e ha richiamato a «rimboccarsi le maniche» rievocando la figura di don Lorenzo Milani. «I care, diceva don Milani, e questo vale ancora: mi sta a cuore, mi riguarda”. Ci riguardano i giovani che non hanno lavoro, ha detto Bassetto, ricordando i due italiani morti nel rogo della torre a Londra. «Questo è un Paese che non dà opportunità ai giovani di trovare un lavoro».

Le tre sfide della famiglia

“La prima sfida – ha detto – è esistenziale. Riguarda soprattutto le giovani generazioni. Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che formare una famiglia sia una cosa bella e che, soprattutto, sia possibile formare una relazione per sempre. D’altra parte, le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un contesto dove tutto viene consumato in modalità usa e getta”.

La seconda sfida è sociale e per il prelato tocca i ritmi della vita. Consiste “nel riuscire a rendere su misura per la famiglia una società sempre più complessa e logorante. Pensiamo, per esempio, a cosa significa per una famiglia vivere in una grande metropoli o, peggio, in una sua periferia. Ritmi di vita stressanti, distanze lunghe, tempi contingentati, mancanza di spazi, inquinamento, standardizzazione al ribasso del cibo. Oppure pensiamo alla dimensione lavorativa: a chi è sottoposto a tour de force inauditi e a chi invece non ha lavoro”.

E proprio la precarizzazione del lavoro per Bassetti “ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilità alla famiglia; i ritmi ossessivi lavorativi, invece, producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare alla famiglia; la mobilità sociale, invece, rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra le famiglie, tra nonni e figli”. Il problema più grande lo vive la donna, per il presidente dei vescovi italiani “racchiusa tra una maternità desiderata e un lavoro necessario che rischia di non comprendere più qual è il suo ruolo nella famiglia e nella società”.

La terza sfida si riferisce alla questione antropologica e alla difesa dell’umano. “Una sfida culturale e spirituale – ha sottolineato il cardinale – di grandissima portata che si deve basare sulla valorizzazione della dignità della persona umana. Una questione che oggi bisogna affrontare nelle scuole, nei luoghi di dibattito pubblico e persino in politica. Non è un caso che papa Francesco faccia riferimento continuamente all’umanità ferita alla Chiesa come ospedale da campo”.

Qui per Bassetti è opportuno ricordare una delle eredità del Sinodo sulla Famiglia, ovvero “una pastorale familiare ispirata allo sguardo del Buon Samaritano che, prima di tutto, vede la famiglia nella sua reale e concreta quotidianità senza lasciarsi illudere da una serie di formulazioni ideali o astratte. E poi, in secondo luogo, questo sguardo dà vita a una pastorale che, riuscendo a cogliere le ricchezze e le sofferenze delle famiglie moderne, si prefigge di accogliere, guarire e integrare uomini e donne di oggi all’interno della comunità ecclesiale”. Insomma occorre ripartire dal Sinodo perché nonostante tutte le difficoltà la famiglia continua ad essere la fonte di maggiore speranza per la società e la Chiesa italiana.

“Queste coppie che si promettono un amore «per sempre» – ha concluso – compiono un atto di eroismo incredibile. Forse è il più grande gesto controcorrente della società attuale”.

Festa di Avvenire / Confronto su famiglia, giovani e lavoro

Quarta giornata della Festa di Avvenire a Matera.

Alle 18 nella Sala degli Stemmi dell’Arcivescovado l’incontro con il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti su “La Chiesa d’Italia”. Dopo i saluti del direttore Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo, Bassetti è andato subito al tema, descrivendo una Chiesa di popolo, dove il legame tra fede religiosa e identità è ancora forte. Il cardinale ha tracciato le caratteristiche di una Chiesa in uscita, che ha le periferie nel suo raggio d’azione. Infine un affondo sulla famiglia e le tre sfide che l’attendono: esistenziale, con la difficoltà di pensarsi “per sempre”, sociale (precarizzazione del lavoro, ritmi di vita, spazi e tempi ridotti…) e antropologica, cioè di valori.

«Serve una pastorale familiare ispirata al Buon samaritano, una pastorale che guardi la famiglia nella sua reale quotidianità e che quindi si prefigga di accogliere, guarire, integrare, accompagnare… non per un momento ma per tutta la vita». Le coppie che si «promettono amore per sempre compiono un atto di grandezza incredibile davanti a Dio e alla società. Forse è il più grande atto controcorrente della società italiana».

Un pensiero a Charlie, invitando la platea a un momento di raccoglimento per il piccolo e per la famiglia. “Questa straziante vicenda tocca l’anima di ogni persona e non può lasciare nessuno nell’indifferenza. Ogni azione che pone fine a una vita è una falsa concezione della libertà. Ogni vita dall’inizio alla fine va accolta e difesa”.

Alle 21 segue, in piazza Duomo, un dibattito su “Famiglia, giovani e lavoro”.

Qui la diretta.

Festa di Avvenire / Bassetti: gli sposi sono i veri «controcorrente»

Quarta giornata della Festa di Avvenire a Matera.

Alle 18 nella Sala degli Stemmi dell’Arcivescovado l’incontro con il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti su “La Chiesa d’Italia”. Dopo i saluti del direttore Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo, Bassetti è andato subito al tema, descrivendo una Chiesa di popolo, dove il legame tra fede religiosa e identità è ancora forte. Il cardinale ha tracciato le caratteristiche di una Chiesa in uscita, che ha le periferie nel suo raggio d’azione. Infine un affondo sulla famiglia e le tre sfide che l’attendono: esistenziale, con la difficoltà di pensarsi “per sempre”, sociale (precarizzazione del lavoro, ritmi di vita, spazi e tempi ridotti…) e antropologica, cioè di valori.

«Serve una pastorale familiare ispirata al Buon samaritano, una pastorale che guardi la famiglia nella sua reale quotidianità e che quindi si prefigga di accogliere, guarire, integrare, accompagnare… non per un momento ma per tutta la vita». Le coppie che si «promettono amore per sempre compiono un atto di grandezza incredibile davanti a Dio e alla società. Forse è il più grande atto controcorrente della società italiana».

Un pensiero a Charlie, invitando la platea a un momento di raccoglimento per il piccolo e per la famiglia. “Questa straziante vicenda tocca l’anima di ogni persona e non può lasciare nessuno nell’indifferenza. Ogni azione che pone fine a una vita è una falsa concezione della libertà. Ogni vita dall’inizio alla fine va accolta e difesa”.

Alle 21 segue, in piazza Duomo, un dibattito su “Famiglia, giovani e lavoro”.

Qui la diretta.

Bassetti e le tre sfide della famiglia

Tre sfide attendono la famiglia in Italia. E al suo fianco ad affrontarle c’è la Chiesa italiana, chiesa di popolo di cui la famiglia è la cellula. Sfide delineate a Matera alla quarta giornata della festa di Avvenire dal neo presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che prima ha dialogato con il direttore Marco Tarquinio sulla Chiesa italiana e quindi, la sera in piazza Duomo, è stato protagonista di un confronto su Giovani, Famiglia e Lavoro con il sottosegretario all’Istruzione Vito de Filippo, il presidente di Alleanza per le cooperative Rosario Altieri, il presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Lorusso e la presidente dei giovani dell’Alleanza internazionale per le cooperative Gabriela Buffa. Ha concluso monsignor Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza.

Bassetti ha parlato del lavoro che manca e ha richiamato a «rimboccarsi le maniche» rievocando la figura di don Lorenzo Milani. «I care, diceva don Milani, e questo vale ancora: mi sta a cuore, mi riguarda”. Ci riguardano i giovani che non hanno lavoro, ha detto Bassetto, ricordando i due italiani morti nel rogo della torre a Londra. «Questo è un Paese che non dà opportunità ai giovani di trovare un lavoro».

Le tre sfide della famiglia

“La prima sfida – ha detto – è esistenziale. Riguarda soprattutto le giovani generazioni. Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che formare una famiglia sia una cosa bella e che, soprattutto, sia possibile formare una relazione per sempre. D’altra parte, le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un contesto dove tutto viene consumato in modalità usa e getta”.

La seconda sfida è sociale e per il prelato tocca i ritmi della vita. Consiste “nel riuscire a rendere su misura per la famiglia una società sempre più complessa e logorante. Pensiamo, per esempio, a cosa significa per una famiglia vivere in una grande metropoli o, peggio, in una sua periferia. Ritmi di vita stressanti, distanze lunghe, tempi contingentati, mancanza di spazi, inquinamento, standardizzazione al ribasso del cibo. Oppure pensiamo alla dimensione lavorativa: a chi è sottoposto a tour de force inauditi e a chi invece non ha lavoro”.

E proprio la precarizzazione del lavoro per Bassetti “ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilità alla famiglia; i ritmi ossessivi lavorativi, invece, producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare alla famiglia; la mobilità sociale, invece, rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra le famiglie, tra nonni e figli”. Il problema più grande lo vive la donna, per il presidente dei vescovi italiani “racchiusa tra una maternità desiderata e un lavoro necessario che rischia di non comprendere più qual è il suo ruolo nella famiglia e nella società”.

La terza sfida si riferisce alla questione antropologica e alla difesa dell’umano. “Una sfida culturale e spirituale – ha sottolineato il cardinale – di grandissima portata che si deve basare sulla valorizzazione della dignità della persona umana. Una questione che oggi bisogna affrontare nelle scuole, nei luoghi di dibattito pubblico e persino in politica. Non è un caso che papa Francesco faccia riferimento continuamente all’umanità ferita alla Chiesa come ospedale da campo”.

Qui per Bassetti è opportuno ricordare una delle eredità del Sinodo sulla Famiglia, ovvero “una pastorale familiare ispirata allo sguardo del Buon Samaritano che, prima di tutto, vede la famiglia nella sua reale e concreta quotidianità senza lasciarsi illudere da una serie di formulazioni ideali o astratte. E poi, in secondo luogo, questo sguardo dà vita a una pastorale che, riuscendo a cogliere le ricchezze e le sofferenze delle famiglie moderne, si prefigge di accogliere, guarire e integrare uomini e donne di oggi all’interno della comunità ecclesiale”. Insomma occorre ripartire dal Sinodo perché nonostante tutte le difficoltà la famiglia continua ad essere la fonte di maggiore speranza per la società e la Chiesa italiana.

“Queste coppie che si promettono un amore «per sempre» – ha concluso – compiono un atto di eroismo incredibile. Forse è il più grande gesto controcorrente della società attuale”.

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Bassetti e le tre sfide della famiglia

Tre sfide attendono la famiglia in Italia. E al suo fianco ad affrontarle c’è la Chiesa italiana, chiesa di popolo di cui la famiglia è la cellula. Sfide delineate a Matera alla quarta giornata della festa di Avvenire dal neo presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che prima ha dialogato con il direttore Marco Tarquinio sulla Chiesa italiana e quindi, la sera in piazza Duomo, è stato protagonista di un confronto su Giovani, Famiglia e Lavoro con il sottosegretario all’Istruzione Vito de Filippo, il presidente di Alleanza per le cooperative Rosario Altieri, il presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Lorusso e la presidente dei giovani dell’Alleanza internazionale per le cooperative Gabriela Buffa. Ha concluso monsignor Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza.

Bassetti ha parlato del lavoro che manca e ha richiamato a «rimboccarsi le maniche» rievocando la figura di don Lorenzo Milani. «I care, diceva don Milani, e questo vale ancora: mi sta a cuore, mi riguarda”. Ci riguardano i giovani che non hanno lavoro, ha detto Bassetto, ricordando i due italiani morti nel rogo della torre a Londra. «Questo è un Paese che non dà opportunità ai giovani di trovare un lavoro».

Le tre sfide della famiglia

“La prima sfida – ha detto – è esistenziale. Riguarda soprattutto le giovani generazioni. Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che formare una famiglia sia una cosa bella e che, soprattutto, sia possibile formare una relazione per sempre. D’altra parte, le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un contesto dove tutto viene consumato in modalità usa e gettaâ€.

La seconda sfida è sociale e per il prelato tocca i ritmi della vita. Consiste “nel riuscire a rendere su misura per la famiglia una società sempre più complessa e logorante. Pensiamo, per esempio, a cosa significa per una famiglia vivere in una grande metropoli o, peggio, in una sua periferia. Ritmi di vita stressanti, distanze lunghe, tempi contingentati, mancanza di spazi, inquinamento, standardizzazione al ribasso del cibo. Oppure pensiamo alla dimensione lavorativa: a chi è sottoposto a tour de force inauditi e a chi invece non ha lavoroâ€.

E proprio la precarizzazione del lavoro per Bassetti “ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilità alla famiglia; i ritmi ossessivi lavorativi, invece, producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare alla famiglia; la mobilità sociale, invece, rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra le famiglie, tra nonni e figliâ€. Il problema più grande lo vive la donna, per il presidente dei vescovi italiani “racchiusa tra una maternità desiderata e un lavoro necessario che rischia di non comprendere più qual è il suo ruolo nella famiglia e nella societàâ€.

La terza sfida si riferisce alla questione antropologica e alla difesa dell’umano. “Una sfida culturale e spirituale – ha sottolineato il cardinale – di grandissima portata che si deve basare sulla valorizzazione della dignità della persona umana. Una questione che oggi bisogna affrontare nelle scuole, nei luoghi di dibattito pubblico e persino in politica. Non è un caso che papa Francesco faccia riferimento continuamente all’umanità ferita alla Chiesa come ospedale da campoâ€.

Qui per Bassetti è opportuno ricordare una delle eredità del Sinodo sulla Famiglia, ovvero “una pastorale familiare ispirata allo sguardo del Buon Samaritano che, prima di tutto, vede la famiglia nella sua reale e concreta quotidianità senza lasciarsi illudere da una serie di formulazioni ideali o astratte. E poi, in secondo luogo, questo sguardo dà vita a una pastorale che, riuscendo a cogliere le ricchezze e le sofferenze delle famiglie moderne, si prefigge di accogliere, guarire e integrare uomini e donne di oggi all’interno della comunità ecclesialeâ€. Insomma occorre ripartire dal Sinodo perché nonostante tutte le difficoltà la famiglia continua ad essere la fonte di maggiore speranza per la società e la Chiesa italiana.

“Queste coppie che si promettono un amore «per sempre» – ha concluso – compiono un atto di eroismo incredibile. Forse è il più grande gesto controcorrente della società attualeâ€.

Festa di Avvenire, migranti: «Deroghe ai trattati. Serve solidarietà europea»

È giusto alleggerire la pressione sui porti italiani, ma non deve esser fatto sulla pelle dei più deboli. Il dibattito svoltosi ieri sera a Matera alla festa di Avvenire sui corridoi umanitari ha inevitabilmente toccato la richiesta italiana all’Ue di bloccare gli arrivi dei migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia negli scali italiani. Ne hanno discusso nella splendida cornice della festa del quotidiano in piazza Duomo due uomini che hanno avuto responsabilità di governo in tempi recenti su fronti opposti: l’ex premier Enrico Letta e Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia con Silvio Berlusconi, e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. L’incontro è stato concluso dal vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

Per Letta, primo ministro nei giorni della tragedia di Lampedusa e che – scosso dalla tragedia – ebbe l’intuizione di far partire l’operazione “Mare nostrum” la richiesta italiana va in una direzione comprensibile, data l’emergenza dei giorni scorsi. «Ma non devono farne le spese i più deboli». Tradotto, l’impegno italiano per salvare vite umane in mare non deve mai venire meno.«Anche perché – ha proseguito Letta – il problema vero rimane quello delle regole di Dublino che obbliga i profughi a presentare domanda di asilo allo Stato che per primo li accoglie. Se non scatta la solidarietà europea in questo senso, il quadro non cambierà. Il numero degli sbarchi e dei morti nel Mediterraneo centrale è cresciuto a causa della chiusura della rotta balcanica, il problema dell’accoglienza non deve restare sulle spalle dei Paesi di confine».

Per l’ex premier, dunque, l’impegno dei corridoi umanitari resta strategico. Per Letta occorre cambiare in fretta l’approccio europeo verso l’Africa. «Le cifre non lasciano dubbi, la popolazione africana è destinata a raddoppiare nei prossimi 30 anni, quella europea a diminuire e invecchiare ancor di più, a fronte di un quadro di cambiamenti climatici che potrebbe penalizzare il Sahel. Lo scenario geopolitico obbliga l’Unione a tentare di governare il fenomeno, altrimenti si rischia davvero un’invasione. Come? Spostando risorse in Africa e investendo per portarvi sviluppo. Le migrazioni – e sono d’accordo con il cardinale Parolin che lo ha ribadito di recente – non si fermerà se la politica europea non opererà per fermare la guerra contrastando traffici d’armi, corruzione e mutamenti del clima».

Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, chiede un alleggerimento per il nostro Paese. «In un tempo di emergenza come l’attuale sarebbe opportuno anche concedere alcune deroghe al Trattato di Dublino». E mentre si sta per chiudere la prima fase dell’operazione dei canali umanitari, condotta dalla Comunità con la Federazione delle chiese evangeliche italiani, con l’arrivo tra estate e autunno degli ultimi profughi siriani dai campi libanesi, lancia un appello. «Di fronte ai numerosissimi sbarchi degli ultimi giorni, chiediamo anche gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Francia e, nelle dovute proporzioni, anche Malta, di consentire almeno qualche approdo sulle loro coste».

Per Impagliazzo il modello dei corridoi umanitari è replicabile nella Ue. «Grazie all’ex presidente Hollande e ai vescovi francesi abbiamo concluso un accordo con Parigi per accogliere 500 profughi». Prossimo passo è il piccolo principato di Andorra, sui Pirenei. Mentre per la Germania, nonostante ci siano alcuni Laender disposti a partecipare, occorrerà attendere l’esito delle prossime elezioni. Ma entro fine anno sarà attivo il primo corridoio umanitario dall’Africa voluto dalla Cei e realizzato insieme a Sant’Egidio. Anche in questo caso saranno scelte 1.000 persone rifugiate in Etiopia dal Corno d’Africa privilegiando i casi più difficili.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

La festa di Avvenire a Matera / Il Mediterraneo e il Mondo che cambia

Terza serata della festa di Avvenire a Matera. Dopo “Chiesa e mondo” e “Lo sviluppo del Mezzogiorno”, questa sera tocca a “Il Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio”.

Ospiti d’eccezione in piazza Duomo: intervengono Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo.

Monique Leroux, presidente International Co-operative Alliance, manderà un videomessaggio. Conclude monsignor Giovanni Intini, vescovo di Tricarico.

Modera l’inviato di Avvenire Paolo Lambruschi.

Alle 21 la diretta su questo articolo.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

Festa di Avvenire, migranti: «Deroghe ai trattati. Serve solidarietà europea»

È giusto alleggerire la pressione sui porti italiani, ma non deve esser fatto sulla pelle dei più deboli. Il dibattito svoltosi ieri sera a Matera alla festa di Avvenire sui corridoi umanitari ha inevitabilmente toccato la richiesta italiana all’Ue di bloccare gli arrivi dei migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia negli scali italiani. Ne hanno discusso nella splendida cornice della festa del quotidiano in piazza Duomo due uomini che hanno avuto responsabilità di governo in tempi recenti su fronti opposti: l’ex premier Enrico Letta e Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia con Silvio Berlusconi, e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. L’incontro è stato concluso dal vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

Per Letta, primo ministro nei giorni della tragedia di Lampedusa e che – scosso dalla tragedia – ebbe l’intuizione di far partire l’operazione “Mare nostrum” la richiesta italiana va in una direzione comprensibile, data l’emergenza dei giorni scorsi. «Ma non devono farne le spese i più deboli». Tradotto, l’impegno italiano per salvare vite umane in mare non deve mai venire meno.«Anche perché – ha proseguito Letta – il problema vero rimane quello delle regole di Dublino che obbliga i profughi a presentare domanda di asilo allo Stato che per primo li accoglie. Se non scatta la solidarietà europea in questo senso, il quadro non cambierà. Il numero degli sbarchi e dei morti nel Mediterraneo centrale è cresciuto a causa della chiusura della rotta balcanica, il problema dell’accoglienza non deve restare sulle spalle dei Paesi di confine».

Per l’ex premier, dunque, l’impegno dei corridoi umanitari resta strategico. Per Letta occorre cambiare in fretta l’approccio europeo verso l’Africa. «Le cifre non lasciano dubbi, la popolazione africana è destinata a raddoppiare nei prossimi 30 anni, quella europea a diminuire e invecchiare ancor di più, a fronte di un quadro di cambiamenti climatici che potrebbe penalizzare il Sahel. Lo scenario geopolitico obbliga l’Unione a tentare di governare il fenomeno, altrimenti si rischia davvero un’invasione. Come? Spostando risorse in Africa e investendo per portarvi sviluppo. Le migrazioni – e sono d’accordo con il cardinale Parolin che lo ha ribadito di recente – non si fermerà se la politica europea non opererà per fermare la guerra contrastando traffici d’armi, corruzione e mutamenti del clima».

Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, chiede un alleggerimento per il nostro Paese. «In un tempo di emergenza come l’attuale sarebbe opportuno anche concedere alcune deroghe al Trattato di Dublino». E mentre si sta per chiudere la prima fase dell’operazione dei canali umanitari, condotta dalla Comunità con la Federazione delle chiese evangeliche italiani, con l’arrivo tra estate e autunno degli ultimi profughi siriani dai campi libanesi, lancia un appello. «Di fronte ai numerosissimi sbarchi degli ultimi giorni, chiediamo anche gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Francia e, nelle dovute proporzioni, anche Malta, di consentire almeno qualche approdo sulle loro coste».

Per Impagliazzo il modello dei corridoi umanitari è replicabile nella Ue. «Grazie all’ex presidente Hollande e ai vescovi francesi abbiamo concluso un accordo con Parigi per accogliere 500 profughi». Prossimo passo è il piccolo principato di Andorra, sui Pirenei. Mentre per la Germania, nonostante ci siano alcuni Laender disposti a partecipare, occorrerà attendere l’esito delle prossime elezioni. Ma entro fine anno sarà attivo il primo corridoio umanitario dall’Africa voluto dalla Cei e realizzato insieme a Sant’Egidio. Anche in questo caso saranno scelte 1.000 persone rifugiate in Etiopia dal Corno d’Africa privilegiando i casi più difficili.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

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Festa di Avvenire, migranti: «Deroghe ai trattati. Serve solidarietà europea»

È giusto alleggerire la pressione sui porti italiani, ma non deve esser fatto sulla pelle dei più deboli. Il dibattito svoltosi ieri sera a Matera alla festa di Avvenire sui corridoi umanitari ha inevitabilmente toccato la richiesta italiana all’Ue di bloccare gli arrivi dei migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia negli scali italiani. Ne hanno discusso nella splendida cornice della festa del quotidiano in piazza Duomo due uomini che hanno avuto responsabilità di governo in tempi recenti su fronti opposti: l’ex premier Enrico Letta e Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia con Silvio Berlusconi, e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. L’incontro è stato concluso dal vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

Per Letta, primo ministro nei giorni della tragedia di Lampedusa e che – scosso dalla tragedia – ebbe l’intuizione di far partire l’operazione “Mare nostrum” la richiesta italiana va in una direzione comprensibile, data l’emergenza dei giorni scorsi. «Ma non devono farne le spese i più deboli». Tradotto, l’impegno italiano per salvare vite umane in mare non deve mai venire meno.«Anche perché – ha proseguito Letta – il problema vero rimane quello delle regole di Dublino che obbliga i profughi a presentare domanda di asilo allo Stato che per primo li accoglie. Se non scatta la solidarietà europea in questo senso, il quadro non cambierà. Il numero degli sbarchi e dei morti nel Mediterraneo centrale è cresciuto a causa della chiusura della rotta balcanica, il problema dell’accoglienza non deve restare sulle spalle dei Paesi di confine».

Per l’ex premier, dunque, l’impegno dei corridoi umanitari resta strategico. Per Letta occorre cambiare in fretta l’approccio europeo verso l’Africa. «Le cifre non lasciano dubbi, la popolazione africana è destinata a raddoppiare nei prossimi 30 anni, quella europea a diminuire e invecchiare ancor di più, a fronte di un quadro di cambiamenti climatici che potrebbe penalizzare il Sahel. Lo scenario geopolitico obbliga l’Unione a tentare di governare il fenomeno, altrimenti si rischia davvero un’invasione. Come? Spostando risorse in Africa e investendo per portarvi sviluppo. Le migrazioni – e sono d’accordo con il cardinale Parolin che lo ha ribadito di recente – non si fermerà se la politica europea non opererà per fermare la guerra contrastando traffici d’armi, corruzione e mutamenti del clima».

Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, chiede un alleggerimento per il nostro Paese. «In un tempo di emergenza come l’attuale sarebbe opportuno anche concedere alcune deroghe al Trattato di Dublino». E mentre si sta per chiudere la prima fase dell’operazione dei canali umanitari, condotta dalla Comunità con la Federazione delle chiese evangeliche italiani, con l’arrivo tra estate e autunno degli ultimi profughi siriani dai campi libanesi, lancia un appello. «Di fronte ai numerosissimi sbarchi degli ultimi giorni, chiediamo anche gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Francia e, nelle dovute proporzioni, anche Malta, di consentire almeno qualche approdo sulle loro coste».

Per Impagliazzo il modello dei corridoi umanitari è replicabile nella Ue. «Grazie all’ex presidente Hollande e ai vescovi francesi abbiamo concluso un accordo con Parigi per accogliere 500 profughi». Prossimo passo è il piccolo principato di Andorra, sui Pirenei. Mentre per la Germania, nonostante ci siano alcuni Laender disposti a partecipare, occorrerà attendere l’esito delle prossime elezioni. Ma entro fine anno sarà attivo il primo corridoio umanitario dall’Africa voluto dalla Cei e realizzato insieme a Sant’Egidio. Anche in questo caso saranno scelte 1.000 persone rifugiate in Etiopia dal Corno d’Africa privilegiando i casi più difficili.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

La festa di Avvenire a Matera / Lo sviluppo del Sud, senza mafie

Nella seconda serata della festa di Avvenire a Matera, il tema è “Lo sviluppo del Mezzogiorno”. Dopo l’introduzione di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II a Matera, da cui venne un forte incoraggiamento a proseguire nella rinascita civile, culturale e sociale della città. Dopo il saluto del direttore Marco Tarquinio, ha preso la parola Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, che ha offerto la sua riflessione.

Lo sviluppo del Mezzogiorno

«In Italia si discute molto di prescrizione ma non del motivo per il quale negli armadi dei pubblici ministeri i fascicoli stanno fermi anni; ma è lì che bisogna intervenire». Non si lascia pregare il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, quando i giornalisti che prendono parte alla seconda serata della Festa di Avvenire, a Matera sul tema dello sviluppo del Mezzogiorno, gli chiedono cosa deve fare il Parlamento per migliorare le condizioni di chi lavora in prima linea, come lui, contro le mafie: «Abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo – dice –, soprattutto in materia di custodia e prevenzione, ma il Parlamento può fare tanto di più soprattutto sul piano normativo: per esempio utilizzando l’informatica nel processo penale con la conseguenza di abbattere tempi e costi del processo oltre che il potere discrezionale dell’uomo. È solo un esempio, ma ci aiuterebbe non poco». Poi Gratteri sottolinea anche come «la Chiesa, in Calabria, soprattutto negli ultimi anni, stia facendo molto contro le mafie e in modo netto. Occorre il concorso di tutti e quello della Chiesa è fondamentale in questa lotta».

D’altra parte non può esserci sviluppo del Sud senza un affrancamento dal potere delle mafie. Lo ribadisce il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, per il quale «il Sud ha bisogno di legalità, rispetto delle regole, buona amministrazione e amore per i nostri luoghi; le risorse finanziarie prive dei fattori di contesto, caratterizzati da legalità e buona amministrazione – incalza Bubbico –, producono un effetto perverso».

Commentando le parole di Gratteri, il viceministro sottolinea che «il Sud deve avere una pubblica amministrazione che funzioni e in questo contesto un peso rilevante va attribuito alla giustizia; il Sud può crescere e svilupparsi se l’amministrazione giudiziaria saprà essere efficiente e per questo occorrono uomini e mezzi e una coerente azione tesa a sconfiggere ogni forma di illegalità e ogni forma di organizzazione criminale». Poi, sul petrolio, abbondante risorsa della Basilicata ma sempre al centro di polemiche legate ai rischi del suo sfruttamento, Bubbico osserva che «le risorse naturali devono essere messe a disposizione del Paese ma nel rispetto dei principi di precauzione definiti a livello comunitario, che significa tutela della salute dei cittadini e salvaguardia dell’ambiente».

Puntano al riscatto culturale quale chiave più evoluta e strategica di sviluppo del Mezzogiorno gli amministratori: il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e, in videoconferenza, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, fresco di rielezione e pronto a guidare la sua città quale Capitale italiana della cultura 2018. «Per noi la cultura è un investimento per 365 giorni all’anno – evidenzia Emiliano –. La cultura genera economia, sviluppo e qualità della vita. In Puglia sono oltre 30.000 le imprese del settore che producono il 4,2%. Siamo a Matera non a caso, e crediamo molto nell’appuntamento del 2019 quando la città dei Sassi sarà Capitale europea della cultura».

Le parole dell’amministratore apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco, a conclusione della serata, introducono già la terza giornata della Festa in programma mercoledì sera (IL PROGRAMMA), quando sul palco di piazza Duomo, sul tema del fenomeno migratorio, saliranno Enrico Letta, Giulio Tremonti, Marco Impagliazzo e il vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

La prima serata: Chiesa e Mondo

La festa di Avvenire a Matera / Lo sviluppo del Sud, senza mafie

Nella seconda serata della festa di Avvenire a Matera, il tema è “Lo sviluppo del Mezzogiorno”. Dopo l’introduzione di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II a Matera, da cui venne un forte incoraggiamento a proseguire nella rinascita civile, culturale e sociale della città. Dopo il saluto del direttore Marco Tarquinio, ha preso la parola Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, che ha offerto la sua riflessione.

Lo sviluppo del Mezzogiorno

«In Italia si discute molto di prescrizione ma non del motivo per il quale negli armadi dei pubblici ministeri i fascicoli stanno fermi anni; ma è lì che bisogna intervenire». Non si lascia pregare il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, quando i giornalisti che prendono parte alla seconda serata della Festa di Avvenire, a Matera sul tema dello sviluppo del Mezzogiorno, gli chiedono cosa deve fare il Parlamento per migliorare le condizioni di chi lavora in prima linea, come lui, contro le mafie: «Abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo – dice –, soprattutto in materia di custodia e prevenzione, ma il Parlamento può fare tanto di più soprattutto sul piano normativo: per esempio utilizzando l’informatica nel processo penale con la conseguenza di abbattere tempi e costi del processo oltre che il potere discrezionale dell’uomo. È solo un esempio, ma ci aiuterebbe non poco». Poi Gratteri sottolinea anche come «la Chiesa, in Calabria, soprattutto negli ultimi anni, stia facendo molto contro le mafie e in modo netto. Occorre il concorso di tutti e quello della Chiesa è fondamentale in questa lotta».

D’altra parte non può esserci sviluppo del Sud senza un affrancamento dal potere delle mafie. Lo ribadisce il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, per il quale «il Sud ha bisogno di legalità, rispetto delle regole, buona amministrazione e amore per i nostri luoghi; le risorse finanziarie prive dei fattori di contesto, caratterizzati da legalità e buona amministrazione – incalza Bubbico –, producono un effetto perverso».

Commentando le parole di Gratteri, il viceministro sottolinea che «il Sud deve avere una pubblica amministrazione che funzioni e in questo contesto un peso rilevante va attribuito alla giustizia; il Sud può crescere e svilupparsi se l’amministrazione giudiziaria saprà essere efficiente e per questo occorrono uomini e mezzi e una coerente azione tesa a sconfiggere ogni forma di illegalità e ogni forma di organizzazione criminale». Poi, sul petrolio, abbondante risorsa della Basilicata ma sempre al centro di polemiche legate ai rischi del suo sfruttamento, Bubbico osserva che «le risorse naturali devono essere messe a disposizione del Paese ma nel rispetto dei principi di precauzione definiti a livello comunitario, che significa tutela della salute dei cittadini e salvaguardia dell’ambiente».

Puntano al riscatto culturale quale chiave più evoluta e strategica di sviluppo del Mezzogiorno gli amministratori: il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e, in videoconferenza, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, fresco di rielezione e pronto a guidare la sua città quale Capitale italiana della cultura 2018. «Per noi la cultura è un investimento per 365 giorni all’anno – evidenzia Emiliano –. La cultura genera economia, sviluppo e qualità della vita. In Puglia sono oltre 30.000 le imprese del settore che producono il 4,2%. Siamo a Matera non a caso, e crediamo molto nell’appuntamento del 2019 quando la città dei Sassi sarà Capitale europea della cultura».

Le parole dell’amministratore apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco, a conclusione della serata, introducono già la terza giornata della Festa in programma mercoledì sera (IL PROGRAMMA), quando sul palco di piazza Duomo, sul tema del fenomeno migratorio, saliranno Enrico Letta, Giulio Tremonti, Marco Impagliazzo e il vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

La prima serata: Chiesa e Mondo

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La festa di Avvenire a Matera / Lo sviluppo del Sud, senza mafie

Nella seconda serata della festa di Avvenire a Matera, il tema è “Lo sviluppo del Mezzogiorno”. Dopo l’introduzione di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II a Matera, da cui venne un forte incoraggiamento a proseguire nella rinascita civile, culturale e sociale della città. Dopo il saluto del direttore Marco Tarquinio, ha preso la parola Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, che ha offerto la sua riflessione.

Lo sviluppo del Mezzogiorno

«In Italia si discute molto di prescrizione ma non del motivo per il quale negli armadi dei pubblici ministeri i fascicoli stanno fermi anni; ma è lì che bisogna intervenire». Non si lascia pregare il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, quando i giornalisti che prendono parte alla seconda serata della Festa di Avvenire, a Matera sul tema dello sviluppo del Mezzogiorno, gli chiedono cosa deve fare il Parlamento per migliorare le condizioni di chi lavora in prima linea, come lui, contro le mafie: «Abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo – dice –, soprattutto in materia di custodia e prevenzione, ma il Parlamento può fare tanto di più soprattutto sul piano normativo: per esempio utilizzando l’informatica nel processo penale con la conseguenza di abbattere tempi e costi del processo oltre che il potere discrezionale dell’uomo. È solo un esempio, ma ci aiuterebbe non poco». Poi Gratteri sottolinea anche come «la Chiesa, in Calabria, soprattutto negli ultimi anni, stia facendo molto contro le mafie e in modo netto. Occorre il concorso di tutti e quello della Chiesa è fondamentale in questa lotta».

D’altra parte non può esserci sviluppo del Sud senza un affrancamento dal potere delle mafie. Lo ribadisce il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, per il quale «il Sud ha bisogno di legalità, rispetto delle regole, buona amministrazione e amore per i nostri luoghi; le risorse finanziarie prive dei fattori di contesto, caratterizzati da legalità e buona amministrazione – incalza Bubbico –, producono un effetto perverso».

Commentando le parole di Gratteri, il viceministro sottolinea che «il Sud deve avere una pubblica amministrazione che funzioni e in questo contesto un peso rilevante va attribuito alla giustizia; il Sud può crescere e svilupparsi se l’amministrazione giudiziaria saprà essere efficiente e per questo occorrono uomini e mezzi e una coerente azione tesa a sconfiggere ogni forma di illegalità e ogni forma di organizzazione criminale». Poi, sul petrolio, abbondante risorsa della Basilicata ma sempre al centro di polemiche legate ai rischi del suo sfruttamento, Bubbico osserva che «le risorse naturali devono essere messe a disposizione del Paese ma nel rispetto dei principi di precauzione definiti a livello comunitario, che significa tutela della salute dei cittadini e salvaguardia dell’ambiente».

Puntano al riscatto culturale quale chiave più evoluta e strategica di sviluppo del Mezzogiorno gli amministratori: il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e, in videoconferenza, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, fresco di rielezione e pronto a guidare la sua città quale Capitale italiana della cultura 2018. «Per noi la cultura è un investimento per 365 giorni all’anno – evidenzia Emiliano –. La cultura genera economia, sviluppo e qualità della vita. In Puglia sono oltre 30.000 le imprese del settore che producono il 4,2%. Siamo a Matera non a caso, e crediamo molto nell’appuntamento del 2019 quando la città dei Sassi sarà Capitale europea della cultura».

Le parole dell’amministratore apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco, a conclusione della serata, introducono già la terza giornata della Festa in programma mercoledì sera (IL PROGRAMMA), quando sul palco di piazza Duomo, sul tema del fenomeno migratorio, saliranno Enrico Letta, Giulio Tremonti, Marco Impagliazzo e il vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

La prima serata: Chiesa e Mondo

Galantino: la Chiesa e il mondo, no alle semplificazioni

Pubblichiamo l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla prima giornata della Festa di Avvenire in corso a Matera fino al 1 luglio.

0. Premessa

Aggiungendo “fra ottimismo illusorio e tentazioni di chiusura” al titolo generale della serata (“Chiesa-mondo”), ho voluto specificare l’angolo visuale dal quale cerco di pormi. Mi sembra infatti che – non da ora, ma a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II – nel dialogo/rapporto della Chiesa con il mondo stia succedendo proprio questo: una evidente polarizzazione tra chi auspicaquesto rapporto con grande ottimismo e chi vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria. La parte meno nobile di questa polarizzazione la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “cura da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”!

In questo momento non mi interessa dare valutazioni su questo fenomeno. Mi limito a dire che questi atteggiamenti e atteggiamenti speculari a questi sono il frutto dell’irrisolto tema del rapporto Chiesa-mondo. E irrisolto rimarrà, questo rapporto, finché non si avrà la pazienza di riflettere un po’ su un tema articolato e che presenta la sua complessità!

Purtroppo vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni. All’origine di tutto vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza.

Ripeto. Quello che oggi finisce sul web non è nuovo. È solo la enfatizzazione del clima che, in maniera diversa, si è cominciato a respirare già a ridosso del Concilio Vaticano II. Un clima segnato da due atteggiamenti difficilmente conciliabili: da una parte, l’ottimismo – per certi versi “illusorio” – e, dall’altra, gli atteggiamenti di chiusura, divenuti talvolta vere e proprie …fughe all’indietro, scelte di rifiuto assoluto di dialogo della Chiesa col mondo.

In verità, questi due atteggiamenti hanno riguardato l’approccio a tutto il Concilio. Lo ha ricordato con grande lucidità Papa Benedetto XVI, il 22 Dicembre 2005, nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.

In fin dei conti, l’ottimismo acritico e gli atteggiamenti di chiusura hanno raggiunto un solo risultato: hanno allontanato la possibilità di giungere al cuore del messaggio conciliare, finendo talvolta per falsarne le intenzioni di fondo. E, ancora più immediatamente, estremizzando posizioni basate solo, come dicevo, su una ridotta conoscenza di cose e persone.

L’evidente impasse, che si è creata tra le “due opposte ermeneutiche”, come le ha chiamate papa Benedetto, e, di conseguenza, il contrasto tra i diversi atteggiamenti assunti nella pratica, non si superano polarizzando le une e gli altri. É necessaria invece, come ha affermato lo stesso Papa Benedetto, una «nuova riflessione […] e una comprensione consapevole della verità espressa»dal Concilio e dallo stesso Vangelo di Gesù.

L’auspicata «comprensione consapevole» si basa su due indispensabili premesse. La prima riguarda i significati del termine “mondo”; e la seconda è una lettura, seppure veloce del rapporto Chiesa-mondo, come si è sviluppato lungo la storia.

1. «Mondo»: un termine polisemantico per le scienze umane e per la tradizione cristiana

“Dialogo con il mondo”. Ma di quale “mondo” stiamo parlando, dal momento che non v’è alcun dubbio sulla polisemanticità del termine “mondo”; una polisemanticità registrata sia dalle cosiddette scienze umane sia dalla tradizione cristiana e della quale lo stesso Concilio ha tenuto conto sin dalle prime battute della Gaudium et spes (2b)?

A) Scienze umane

In senso cosmologico, per “mondo” si intende il quadro naturale all’interno del quale si sviluppa l’esistenza umana; distinto dall’uomo e tale da porsi di fronte a lui come oggetto di ammirazione, di utilizzazione o di violenza

Dal punto di vista storico, il “mondo” è il teatro globale dell’attività umana, con le sue persone, i suoi avvenimenti e le sue situazioni. In questo senso, la storia del mondo coincide con la storia dell’umanità

In ambito sociologico, il “mondo” è un particolare e significativo insieme di fatti ed espressioni appartenenti ad un dato momento della storia e della società; si parla, in questo senso, di “mondo medioevale”, “mondo moderno” ecc.

Dal punto di vista antropologico, per “mondo” si intende l’universo globale dei valori umani riconosciuti come costitutivi del progetto e della identità dell’uomo.

B. Nella tradizione cristiana, il «mondo» è presente come

creazione di Dio, cioè come totalità del reale e come manifestazione della potenza e della generosità creatrice di Dio; nel mondo così inteso l’uomo occupa un posto privilegiato (Rm 8,20-30); e con l’uomo anche il “mondo” è chiamato da Dio alla salvezza e a un destino assoluto (Gv 3,16-17).

l’insieme delle forze anti-Regno; è quello che l’evangelista Giovanni chiama mondo dell’iniquità: è il mondo che rifiuta laredenzione (Gv 14,17.17,9;1Gv 2,15-17)

“Mondo”, per Giovanni, è anche una fase storica del progetto di Dio, è il tempo provvisorio della prova: “Vi dico queste cose mentre sono ancora presente in questo mondo” ( Gv 17,13).

E, per ultimo, ricordiamo il modo in cui del “mondo” ha parlato Paolo VI a Betlemme, il 6 gennaio 1964, affermando: «Per mondo noi intendiamo designare tutti coloro che guardano al cristianesimo, come dal di fuori, sia che lo siano effettivamente sia che si sentano stranieri nei suoi confronti». “Mondo”, quindi, in riferimento a tutto ciò che nella storia umana sussiste globalmente in una situazione di esteriorità in rapporto alla Chiesa visibile. Esteriorità che non è necessariamente ostilità o rifiuto, ma che si sente impegnato a realizzare un progetto umano che non coincide o non coincide ancora con quello di cui la Chiesa è espressione

Tra le accezioni qui ricordate, quella che più spesso si incontra nella Gaudium et spes è la concezione antropologica di “mondo”, che abbiamo ritrovato presente tra i significati presenti nelle scienze umane. E’ questo d’altra parte il senso che gli dà la Costituzione conciliare al n. 2, quando afferma : «Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famigliaumana […che] reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie».

2. La storia del rapporto Chiesa-mondo.

Per cogliere fino in fondo il messaggio della Gs sul tema specifico del rapporto Chiesa-mondo non basta però una corretta impostazione terminologica; é necessario ripercorrere, anche se solo per cenni, la storia dei rapporti tra la Chiesa ed il mondo, sia a livello di teorizzazioni esplicite sia in riferimento al modo in cui concretamente questi rapporti sono stati vissuti.

Ripercorrerli aiuta a scoprire quanto di positivo c’è stato e va salvato nella coscienza e nello stile cristiano, ma anche le rotture e le novità che lo spirito del Concilio ha introdotto per una fedeltà più integrale al Vangelo .

Nell’antichità, il problema del rapporto Chiesa–mondo si pone evidentemente solo in termini analogici: non c’è una Chiesa ma c’è un mondo religioso ed un mondo politico. Sono due mondi che vivono un rapporto di compenetrazione. “Questacompenetrazione è per l’uomo antico un modello ovvio del pensare e del sentire, in quanto egli vive in un mondo nel quale gli dèi e lo stato si appartengono vicendevolmente in maniera costitutiva e nel quale è impossibile che esista uno stato senza dio e una divinità senza stato” . In altri termini, nell’antichità è pacifica la identificazione del fatto politico con quello religioso, derivante a sua volta, da una concezione immanentistica del religioso col politico

I primi secoli cristiani presentano elementi per verificare la natura del rapporto Chiesa-mondo in maniera diretta e non solo in un modo analogico. Con la sua concezione trascendente di Dio, il cristianesimo mette in crisi la identificazione tra il politico ed ilreligioso, arrivando ad assumere atteggiamenti che sanno di sfida aperta, ad esempio, attraverso il rifiuto di prestare all’imperatore quegli onori che sono invece dovuti a Dio solo.

Ben presto si stabiliscono – ricordiamo l’opera di Giustino – contatti positivi con la cultura filosofica.; anche se la prospettiva e l’atteggiamento nei confronti del mondo rimangono comunque di tipo apologetico , nel senso che la Chiesa si riconosce inserita nel mondo e l’ama pure, il mondo però rimane provvisorio, caduco e sostanzialmente cattivo. Esso esiste solo per essere salvato dal Vangelo di Cristo. Per quanto riguarda il rapporto Chiesa-mondo, la Chiesa non vede la possibilità di riconoscere al mondo un valore ed una consistenza propri, premesse indispensabili per un rapporto di tipo dialogico.

* Su queste basi nasce il periodo meglio conosciuto come «tempo della cristianità». E’ il periodo in cui la Chiesa assorbe così bene il mondo da non farlo esistere più che come “mondo cristiano”. È il periodo in cui la Chiesa suscita ed orienta la cultura, l’arte, la riflessione, la politica, i divertimenti. La Chiesa prende il monopolio dell’umano, tanto che niente di umano ha diritto all’esistenza, se non in quanto lo riceve dalle istituzioni cristiane o ecclesiastiche. E’ il periodo in cui il cristianesimo rischia terribilmente didivenire una «ideologia» – fino a pretendere di doversi pronunciare su tutto – limitando il libero svolgimento dell’esistenza umana nella sua dimensione profana, per sacralizzarlo con riti, istituzioni e interdetti.

I buoni risultati raggiunti, in questo periodo, non possono far dimenticare il prezzo pagato in termini di confusione di metodi, talvolta, addirittura sospetti. Non mancano comunque in questo periodo tentativi seri,anche se limitati, di incontri col mondo, basta ricordare San Tommaso D’Aquino

* Frutto di evidenti disagi (siamo alla fine del XV secolo) sorti in questo periodo, il mondo moderno rivendica la sua autonomia nei confronti del mondo della «cristianità». A quest’ultimo vengono mossi due rimproveri: l’insufficiente rispetto per l’uomo e per il progetto umanistico ed una scarsa coerenza, malgrado le apparenze, col messaggio evangelico. Ma quello che più conta è che, grazie alle nuove scoperte, si va costituendo progressivamente un nuovo universo di valori. Le nuove idee che guidano questa sorta di riscatto del mondo dalla Chiesa si cristallizzano in altrettanti valori che si fanno strada nella coscienza del mondo moderno: si pensa sempre di più in termini di libertà, progresso, evoluzione, critica, ragione, indipendenza, laicità, libero pensiero, coscienza, fraternità ecc….

Con il crescere del consenso intorno a questo nuovo universo di valori, si fa anche strada un drammatico malinteso: mentre il mondo si presenta come fautore di questi valori, la Chiesa appare sempre più impegnata a metter in rilievo i limiti di queste prospettive, quando non si trova addirittura a denunziarne la negativa pericolosità.

Il malinteso cominciato agli inizi del mondo moderno dura così da più di tre secoli ormai; e c’è da dire che non ne siamo ancora totalmente liberi. Da quello stesso malinteso nacque uno strano comportamento, che può essere così descritto: a misura che il mondo moderno acquistava sicurezza, la Chiesa si aggrappava alla difesa del mondo di ieri e lo faceva difendendo i cristiani contro le nuove correnti e condannando le idee moderne. Se in alcuni casi, questo voleva realmente dire difesa della Rivelazione, in altri casi risultava più difficile cogliere il senso di certe preoccupazioni. L’opposizione si sviluppò soprattutto nei confronti del razionalismo scientifico e filosofico, delle idee nate con la Rivoluzione francese, del socialismo, della democrazia e delle libertà sociali. Col risultato che più ci si opponeva, più la modernità conquistava il mondo e si affermava al di fuori di ogni legame con la Chiesa.

Sintomatico di questo malinteso e dei risultati negativi cui esso condusse è, per quanto riguarda la Chiesa, l’ultima proposizione del Sillabo (1864), nella quale si condannano i cattolici i quali sostengono che: «il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna». C’è da notare comunque che contemporaneamente, nella Chiesa, esistono voci meno negative, anzi orientate nella giusta direzione. Dopo la pubblicazione del Sillabo e dell’enciclica Quanta cura, l’arcivescovo di Parigi, mons. Darboy, scrive a Pio IX: «Voi avete segnalato e condannato i principali errori della nostra epoca. Volgete ora gli occhi a ciò che in essa può esservi di onorevole e buono, e sostenetela nei suoi sforzi generosi… sta a voi riconciliare la ragione con la fede, la libertà con l’autorità» .

In estrema sintesi, si può dire che in questo periodo, a una Chiesa che si dà da fare per svalorizzare il mondo e frenarne il movimento, risponde un mondo impegnato a svalutare e a delegittimare la Chiesa, soprattutto sul piano culturale.

Nunzio Galantino

Segretario generale della CEI

Vescovo emerito di Cassano all’Jonio

Caiazzo: da Matera un messaggio di riscatto civile e spirituale

Pubblichiamo l’introduzione dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo alla prima giornata della Festa di Avvenire, promossa dall’arcidiocesi.

IL PROGRAMMA

Da Lerici a Matera. Dal luglio del 1976 al giugno 2017. Son passati 41 anni, otto feste di Avvenire. Tocca alla nostra città di Matera ospitare questa festa dal più alto e squisito timbro culturale attraverso una serie di incontri e numerosi eventi, con l’apporto di importanti personalità del mondo politico, religioso, sociale e dell’imprenditoria. Mi piace riprendere una frase di San Giovanni Paolo II che definisce la cultura in questi termini: «Cultura è ciò per cui l’uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo».

Vorrei anche ricordare le parole di papa Francesco, intervenendo al Convegno ecclesiale di Firenze, che disse: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, sidisorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».

Diamo inizio a questi nostri incontri, con la presenza del Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, che interverrà sul tema “Chiesa e mondo” e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato. Da Matera, patrimonio Unesco che si proietta verso il 2019 quale Capitale europea della cultura, come Chiesa Cattolica focalizziamo l’umanità intera. È quanto indefinitiva, fin dalle prime battute, dice il Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Sembra di sentire la voce di papa Francesco eppure è stato detto il 7 dicembre del 1965 dai Padri Conciliari. Questa è stata la missione della Chiesa da sempre, la stessa che oggi guida papa Francesco e che ci ricorda: «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente».

È alla luce di queste considerazioni che sento di ringraziare il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, con il quale abbiamo iniziato a parlare di questo evento nel maggio dello scorso anno (dopo poco più di un mese dal mio arrivo nella città dei Sassi) con la collaborazione indispensabile del fondatore di Auxilium, Angelo Chiorazzo e l’apporto del giornalista materano Vito Salinaro.

I primi di dicembre, nelle redazione di Avvenire a Milano, abbiamo concretizzato il programma tematico con il direttore generale del nostro quotidiano cattolico, Paolo Nusiner che ringrazio e saluto insieme a tutti i giornalisti di Avvenire qui convenuti.

Auguro che da questo scenario meraviglioso e unico di Matera possa arrivare a tutti un messaggio di riscatto civile e sociale, culturale e umano, spirituale e mariano: non a caso quest’evento ho voluto che si celebrasse all’interno della festa della Madonna della Bruna. Matera, tra le tante belle definizioni attribuitele, ne ha una in particolare, della quale andiamo orgogliosi: è la città di Maria. Sotto il suo sguardo materno e la sua protezione diamo inizio a queste cinque serate.

* Arcivescovo di Matera – Irsina

La Chiesa e il mondo: «No alle semplificazioni»

Nel rapporto tra Chiesa e mondo bisogna evitare una fuorviante polarizzazione. Da un lato «l’ottimismo illusorio» di chi lo auspica acriticamente. Dall’altro «le tentazioni di chiusura» di chi invece «vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria». È stato il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, a ricordarlo lunedì sera aprendo a Matera la festa di Avvenire, la prima organizzata, su iniziativa della diocesi di Matera-Irsina (e con il supporto di Cooperativa Auxilium, Bawer e Bcc di Alberobello e San Michele di Bari), nella città che nel 2019 sarà Capitale europea della cultura.

Davanti allo scenario illuminato dei sassi, simbolo di una storia cristiana che continua ad attrarre l’interesse dei contemporanei, Galantino ha messo in guardia dagli «opposti estremismi, che hanno cominciato a manifestarsi già a partire dal Concilio». «La parte meno nobile di questa polarizzazione – ha aggiunto il vescovo – la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “curva da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”».

IL DISCORSO INTEGRALE DI MONSIGNOR GALANTINO

Qual è dunque il giusto atteggiamento? Per prima cosa, ha risposto Galantino, prendere coscienza della complessità dei problemi. «Purtroppo – ha fatto notare – vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni». In secondo luogo, ha proseguito, «vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza». Il segretario della Cei ha citato a tal proposito il discorso di Benedetto XVI del 2005 alla Curia Romana, in cui il Papa ora emerito parlava delle due «opposte ermeneutiche» del Concilio e ha invocato «una comprensione consapevole della verità espressa dal Concilio stesso e dal Vangelo».

Un appello, il suo, che è stato prontamente raccolto dall’arcivescovo di Matera-Irsina, monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, nella sua introduzione alla serata e poi sviluppato nel dibattito svoltosi nella piazza attigua alla Cattedrale concluso dal vescovo di Tursi-Lagonegro, Vincenzo Carmine Orofino.

Per padre Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi, proprio l’esempio di un Papa che ha preso il nome del Poverello deve spingerci a riscoprire la sua lezione. «San Francesco – ha ricordato – cambiò il paradigma del rapporto Chiesa-mondo, uscendo dal chiostro, anzi considerando chiostro tutto il mondo, il che significava essere fratello di ogni uomo, compresi i lebbrosi, cioè gli esclusi, che non mancano certo anche nella nostra epoca».

La festa di Avvenire a Matera proseguirà fino a sabato (IL PROGRAMMA). «Siamo una realtà – ha detto il direttore Marco Tarquinio nel suo saluto iniziale – che ha la testa al nord, perché il quotidiano cattolico è stato fondato là, ma il cuore si estende progressivamente al Sud. Ed eventi come questo lo testimoniano».

In occasione della festa di Matera, trasmessa in streaming su www.avvenire.it viene lanciata anche la nuova app “Festa di Avvenire”, scaricabile gratuitamente dagli app store sia di android che di Apple. Aggiornamenti in tempo reale su tutte le feste diAvvenire in programma questa estate.

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La Chiesa e il mondo: «No alle semplificazioni»

Nel rapporto tra Chiesa e mondo bisogna evitare una fuorviante polarizzazione. Da un lato «l’ottimismo illusorio» di chi lo auspica acriticamente. Dall’altro «le tentazioni di chiusura» di chi invece «vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria». È stato il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, a ricordarlo lunedì sera aprendo a Matera la festa di Avvenire, la prima organizzata, su iniziativa della diocesi di Matera-Irsina (e con il supporto di Cooperativa Auxilium, Bawer e Bcc di Alberobello e San Michele di Bari), nella città che nel 2019 sarà Capitale europea della cultura.

Davanti allo scenario illuminato dei sassi, simbolo di una storia cristiana che continua ad attrarre l’interesse dei contemporanei, Galantino ha messo in guardia dagli «opposti estremismi, che hanno cominciato a manifestarsi già a partire dal Concilio». «La parte meno nobile di questa polarizzazione – ha aggiunto il vescovo – la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “curva da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”».

IL DISCORSO INTEGRALE DI MONSIGNOR GALANTINO

Qual è dunque il giusto atteggiamento? Per prima cosa, ha risposto Galantino, prendere coscienza della complessità dei problemi. «Purtroppo – ha fatto notare – vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni». In secondo luogo, ha proseguito, «vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza». Il segretario della Cei ha citato a tal proposito il discorso di Benedetto XVI del 2005 alla Curia Romana, in cui il Papa ora emerito parlava delle due «opposte ermeneutiche» del Concilio e ha invocato «una comprensione consapevole della verità espressa dal Concilio stesso e dal Vangelo».

Un appello, il suo, che è stato prontamente raccolto dall’arcivescovo di Matera-Irsina, monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, nella sua introduzione alla serata e poi sviluppato nel dibattito svoltosi nella piazza attigua alla Cattedrale concluso dal vescovo di Tursi-Lagonegro, Vincenzo Carmine Orofino.

Per padre Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi, proprio l’esempio di un Papa che ha preso il nome del Poverello deve spingerci a riscoprire la sua lezione. «San Francesco – ha ricordato – cambiò il paradigma del rapporto Chiesa-mondo, uscendo dal chiostro, anzi considerando chiostro tutto il mondo, il che significava essere fratello di ogni uomo, compresi i lebbrosi, cioè gli esclusi, che non mancano certo anche nella nostra epoca».

La festa di Avvenire a Matera proseguirà fino a sabato (IL PROGRAMMA). «Siamo una realtà – ha detto il direttore Marco Tarquinio nel suo saluto iniziale – che ha la testa al nord, perché il quotidiano cattolico è stato fondato là, ma il cuore si estende progressivamente al Sud. Ed eventi come questo lo testimoniano».

In occasione della festa di Matera, trasmessa in streaming su www.avvenire.it viene lanciata anche la nuova app “Festa di Avvenire”, scaricabile gratuitamente dagli app store sia di android che di Apple. Aggiornamenti in tempo reale su tutte le feste diAvvenire in programma questa estate.

Galantino: la Chiesa e il mondo, no alle semplificazioni

Pubblichiamo l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla prima giornata della Festa di Avvenire in corso a Matera fino al 1 luglio.

0. Premessa

Aggiungendo “fra ottimismo illusorio e tentazioni di chiusura” al titolo generale della serata (“Chiesa-mondo”), ho voluto specificare l’angolo visuale dal quale cerco di pormi. Mi sembra infatti che – non da ora, ma a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II – nel dialogo/rapporto della Chiesa con il mondo stia succedendo proprio questo: una evidente polarizzazione tra chi auspicaquesto rapporto con grande ottimismo e chi vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria. La parte meno nobile di questa polarizzazione la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “cura da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”!

In questo momento non mi interessa dare valutazioni su questo fenomeno. Mi limito a dire che questi atteggiamenti e atteggiamenti speculari a questi sono il frutto dell’irrisolto tema del rapporto Chiesa-mondo. E irrisolto rimarrà, questo rapporto, finché non si avrà la pazienza di riflettere un po’ su un tema articolato e che presenta la sua complessità!

Purtroppo vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni. All’origine di tutto vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza.

Ripeto. Quello che oggi finisce sul web non è nuovo. È solo la enfatizzazione del clima che, in maniera diversa, si è cominciato a respirare già a ridosso del Concilio Vaticano II. Un clima segnato da due atteggiamenti difficilmente conciliabili: da una parte, l’ottimismo – per certi versi “illusorio” – e, dall’altra, gli atteggiamenti di chiusura, divenuti talvolta vere e proprie …fughe all’indietro, scelte di rifiuto assoluto di dialogo della Chiesa col mondo.

In verità, questi due atteggiamenti hanno riguardato l’approccio a tutto il Concilio. Lo ha ricordato con grande lucidità Papa Benedetto XVI, il 22 Dicembre 2005, nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.

In fin dei conti, l’ottimismo acritico e gli atteggiamenti di chiusura hanno raggiunto un solo risultato: hanno allontanato la possibilità di giungere al cuore del messaggio conciliare, finendo talvolta per falsarne le intenzioni di fondo. E, ancora più immediatamente, estremizzando posizioni basate solo, come dicevo, su una ridotta conoscenza di cose e persone.

L’evidente impasse, che si è creata tra le “due opposte ermeneutiche”, come le ha chiamate papa Benedetto, e, di conseguenza, il contrasto tra i diversi atteggiamenti assunti nella pratica, non si superano polarizzando le une e gli altri. É necessaria invece, come ha affermato lo stesso Papa Benedetto, una «nuova riflessione […] e una comprensione consapevole della verità espressa»dal Concilio e dallo stesso Vangelo di Gesù.

L’auspicata «comprensione consapevole» si basa su due indispensabili premesse. La prima riguarda i significati del termine “mondo”; e la seconda è una lettura, seppure veloce del rapporto Chiesa-mondo, come si è sviluppato lungo la storia.

1. «Mondo»: un termine polisemantico per le scienze umane e per la tradizione cristiana

“Dialogo con il mondo”. Ma di quale “mondo” stiamo parlando, dal momento che non v’è alcun dubbio sulla polisemanticità del termine “mondo”; una polisemanticità registrata sia dalle cosiddette scienze umane sia dalla tradizione cristiana e della quale lo stesso Concilio ha tenuto conto sin dalle prime battute della Gaudium et spes (2b)?

A) Scienze umane

In senso cosmologico, per “mondo” si intende il quadro naturale all’interno del quale si sviluppa l’esistenza umana; distinto dall’uomo e tale da porsi di fronte a lui come oggetto di ammirazione, di utilizzazione o di violenza

Dal punto di vista storico, il “mondo” è il teatro globale dell’attività umana, con le sue persone, i suoi avvenimenti e le sue situazioni. In questo senso, la storia del mondo coincide con la storia dell’umanità

In ambito sociologico, il “mondo” è un particolare e significativo insieme di fatti ed espressioni appartenenti ad un dato momento della storia e della società; si parla, in questo senso, di “mondo medioevale”, “mondo moderno” ecc.

Dal punto di vista antropologico, per “mondo” si intende l’universo globale dei valori umani riconosciuti come costitutivi del progetto e della identità dell’uomo.

B. Nella tradizione cristiana, il «mondo» è presente come

creazione di Dio, cioè come totalità del reale e come manifestazione della potenza e della generosità creatrice di Dio; nel mondo così inteso l’uomo occupa un posto privilegiato (Rm 8,20-30); e con l’uomo anche il “mondo” è chiamato da Dio alla salvezza e a un destino assoluto (Gv 3,16-17).

l’insieme delle forze anti-Regno; è quello che l’evangelista Giovanni chiama mondo dell’iniquità: è il mondo che rifiuta laredenzione (Gv 14,17.17,9;1Gv 2,15-17)

“Mondo”, per Giovanni, è anche una fase storica del progetto di Dio, è il tempo provvisorio della prova: “Vi dico queste cose mentre sono ancora presente in questo mondo” ( Gv 17,13).

E, per ultimo, ricordiamo il modo in cui del “mondo” ha parlato Paolo VI a Betlemme, il 6 gennaio 1964, affermando: «Per mondo noi intendiamo designare tutti coloro che guardano al cristianesimo, come dal di fuori, sia che lo siano effettivamente sia che si sentano stranieri nei suoi confronti». “Mondo”, quindi, in riferimento a tutto ciò che nella storia umana sussiste globalmente in una situazione di esteriorità in rapporto alla Chiesa visibile. Esteriorità che non è necessariamente ostilità o rifiuto, ma che si sente impegnato a realizzare un progetto umano che non coincide o non coincide ancora con quello di cui la Chiesa è espressione

Tra le accezioni qui ricordate, quella che più spesso si incontra nella Gaudium et spes è la concezione antropologica di “mondo”, che abbiamo ritrovato presente tra i significati presenti nelle scienze umane. E’ questo d’altra parte il senso che gli dà la Costituzione conciliare al n. 2, quando afferma : «Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famigliaumana […che] reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie».

2. La storia del rapporto Chiesa-mondo.

Per cogliere fino in fondo il messaggio della Gs sul tema specifico del rapporto Chiesa-mondo non basta però una corretta impostazione terminologica; é necessario ripercorrere, anche se solo per cenni, la storia dei rapporti tra la Chiesa ed il mondo, sia a livello di teorizzazioni esplicite sia in riferimento al modo in cui concretamente questi rapporti sono stati vissuti.

Ripercorrerli aiuta a scoprire quanto di positivo c’è stato e va salvato nella coscienza e nello stile cristiano, ma anche le rotture e le novità che lo spirito del Concilio ha introdotto per una fedeltà più integrale al Vangelo .

Nell’antichità, il problema del rapporto Chiesa–mondo si pone evidentemente solo in termini analogici: non c’è una Chiesa ma c’è un mondo religioso ed un mondo politico. Sono due mondi che vivono un rapporto di compenetrazione. “Questacompenetrazione è per l’uomo antico un modello ovvio del pensare e del sentire, in quanto egli vive in un mondo nel quale gli dèi e lo stato si appartengono vicendevolmente in maniera costitutiva e nel quale è impossibile che esista uno stato senza dio e una divinità senza stato” . In altri termini, nell’antichità è pacifica la identificazione del fatto politico con quello religioso, derivante a sua volta, da una concezione immanentistica del religioso col politico

I primi secoli cristiani presentano elementi per verificare la natura del rapporto Chiesa-mondo in maniera diretta e non solo in un modo analogico. Con la sua concezione trascendente di Dio, il cristianesimo mette in crisi la identificazione tra il politico ed ilreligioso, arrivando ad assumere atteggiamenti che sanno di sfida aperta, ad esempio, attraverso il rifiuto di prestare all’imperatore quegli onori che sono invece dovuti a Dio solo.

Ben presto si stabiliscono – ricordiamo l’opera di Giustino – contatti positivi con la cultura filosofica.; anche se la prospettiva e l’atteggiamento nei confronti del mondo rimangono comunque di tipo apologetico , nel senso che la Chiesa si riconosce inserita nel mondo e l’ama pure, il mondo però rimane provvisorio, caduco e sostanzialmente cattivo. Esso esiste solo per essere salvato dal Vangelo di Cristo. Per quanto riguarda il rapporto Chiesa-mondo, la Chiesa non vede la possibilità di riconoscere al mondo un valore ed una consistenza propri, premesse indispensabili per un rapporto di tipo dialogico.

* Su queste basi nasce il periodo meglio conosciuto come «tempo della cristianità». E’ il periodo in cui la Chiesa assorbe così bene il mondo da non farlo esistere più che come “mondo cristiano”. È il periodo in cui la Chiesa suscita ed orienta la cultura, l’arte, la riflessione, la politica, i divertimenti. La Chiesa prende il monopolio dell’umano, tanto che niente di umano ha diritto all’esistenza, se non in quanto lo riceve dalle istituzioni cristiane o ecclesiastiche. E’ il periodo in cui il cristianesimo rischia terribilmente didivenire una «ideologia» – fino a pretendere di doversi pronunciare su tutto – limitando il libero svolgimento dell’esistenza umana nella sua dimensione profana, per sacralizzarlo con riti, istituzioni e interdetti.

I buoni risultati raggiunti, in questo periodo, non possono far dimenticare il prezzo pagato in termini di confusione di metodi, talvolta, addirittura sospetti. Non mancano comunque in questo periodo tentativi seri,anche se limitati, di incontri col mondo, basta ricordare San Tommaso D’Aquino

* Frutto di evidenti disagi (siamo alla fine del XV secolo) sorti in questo periodo, il mondo moderno rivendica la sua autonomia nei confronti del mondo della «cristianità». A quest’ultimo vengono mossi due rimproveri: l’insufficiente rispetto per l’uomo e per il progetto umanistico ed una scarsa coerenza, malgrado le apparenze, col messaggio evangelico. Ma quello che più conta è che, grazie alle nuove scoperte, si va costituendo progressivamente un nuovo universo di valori. Le nuove idee che guidano questa sorta di riscatto del mondo dalla Chiesa si cristallizzano in altrettanti valori che si fanno strada nella coscienza del mondo moderno: si pensa sempre di più in termini di libertà, progresso, evoluzione, critica, ragione, indipendenza, laicità, libero pensiero, coscienza, fraternità ecc….

Con il crescere del consenso intorno a questo nuovo universo di valori, si fa anche strada un drammatico malinteso: mentre il mondo si presenta come fautore di questi valori, la Chiesa appare sempre più impegnata a metter in rilievo i limiti di queste prospettive, quando non si trova addirittura a denunziarne la negativa pericolosità.

Il malinteso cominciato agli inizi del mondo moderno dura così da più di tre secoli ormai; e c’è da dire che non ne siamo ancora totalmente liberi. Da quello stesso malinteso nacque uno strano comportamento, che può essere così descritto: a misura che il mondo moderno acquistava sicurezza, la Chiesa si aggrappava alla difesa del mondo di ieri e lo faceva difendendo i cristiani contro le nuove correnti e condannando le idee moderne. Se in alcuni casi, questo voleva realmente dire difesa della Rivelazione, in altri casi risultava più difficile cogliere il senso di certe preoccupazioni. L’opposizione si sviluppò soprattutto nei confronti del razionalismo scientifico e filosofico, delle idee nate con la Rivoluzione francese, del socialismo, della democrazia e delle libertà sociali. Col risultato che più ci si opponeva, più la modernità conquistava il mondo e si affermava al di fuori di ogni legame con la Chiesa.

Sintomatico di questo malinteso e dei risultati negativi cui esso condusse è, per quanto riguarda la Chiesa, l’ultima proposizione del Sillabo (1864), nella quale si condannano i cattolici i quali sostengono che: «il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna». C’è da notare comunque che contemporaneamente, nella Chiesa, esistono voci meno negative, anzi orientate nella giusta direzione. Dopo la pubblicazione del Sillabo e dell’enciclica Quanta cura, l’arcivescovo di Parigi, mons. Darboy, scrive a Pio IX: «Voi avete segnalato e condannato i principali errori della nostra epoca. Volgete ora gli occhi a ciò che in essa può esservi di onorevole e buono, e sostenetela nei suoi sforzi generosi… sta a voi riconciliare la ragione con la fede, la libertà con l’autorità» .

In estrema sintesi, si può dire che in questo periodo, a una Chiesa che si dà da fare per svalorizzare il mondo e frenarne il movimento, risponde un mondo impegnato a svalutare e a delegittimare la Chiesa, soprattutto sul piano culturale.

Nunzio Galantino

Segretario generale della CEI

Vescovo emerito di Cassano all’Jonio

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Galantino: la Chiesa e il mondo, no alle semplificazioni

Pubblichiamo l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla prima giornata della Festa di Avvenire in corso a Matera fino al 1 luglio.

0. Premessa

Aggiungendo “fra ottimismo illusorio e tentazioni di chiusura†al titolo generale della serata (“Chiesa-mondoâ€), ho voluto specificare l’angolo visuale dal quale cerco di pormi. Mi sembra infatti che – non da ora, ma a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II – nel dialogo/rapporto della Chiesa con il mondo stia succedendo proprio questo: una evidente polarizzazione tra chi auspicaquesto rapporto con grande ottimismo e chi vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria. La parte meno nobile di questa polarizzazione la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “cura da stadio†(con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fedeâ€!

In questo momento non mi interessa dare valutazioni su questo fenomeno. Mi limito a dire che questi atteggiamenti e atteggiamenti speculari a questi sono il frutto dell’irrisolto tema del rapporto Chiesa-mondo. E irrisolto rimarrà, questo rapporto, finché non si avrà la pazienza di riflettere un po’ su un tema articolato e che presenta la sua complessità!

Purtroppo vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni. All’origine di tutto vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza.

Ripeto. Quello che oggi finisce sul web non è nuovo. È solo la enfatizzazione del clima che, in maniera diversa, si è cominciato a respirare già a ridosso del Concilio Vaticano II. Un clima segnato da due atteggiamenti difficilmente conciliabili: da una parte, l’ottimismo – per certi versi “illusorio†– e, dall’altra, gli atteggiamenti di chiusura, divenuti talvolta vere e proprie …fughe all’indietro, scelte di rifiuto assoluto di dialogo della Chiesa col mondo.

In verità, questi due atteggiamenti hanno riguardato l’approccio a tutto il Concilio. Lo ha ricordato con grande lucidità Papa Benedetto XVI, il 22 Dicembre 2005, nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.

In fin dei conti, l’ottimismo acritico e gli atteggiamenti di chiusura hanno raggiunto un solo risultato: hanno allontanato la possibilità di giungere al cuore del messaggio conciliare, finendo talvolta per falsarne le intenzioni di fondo. E, ancora più immediatamente, estremizzando posizioni basate solo, come dicevo, su una ridotta conoscenza di cose e persone.

L’evidente impasse, che si è creata tra le “due opposte ermeneuticheâ€, come le ha chiamate papa Benedetto, e, di conseguenza, il contrasto tra i diversi atteggiamenti assunti nella pratica, non si superano polarizzando le une e gli altri. É necessaria invece, come ha affermato lo stesso Papa Benedetto, una «nuova riflessione […] e una comprensione consapevole della verità espressa»dal Concilio e dallo stesso Vangelo di Gesù.

L’auspicata «comprensione consapevole» si basa su due indispensabili premesse. La prima riguarda i significati del termine “mondoâ€; e la seconda è una lettura, seppure veloce del rapporto Chiesa-mondo, come si è sviluppato lungo la storia.

1. «Mondo»: un termine polisemantico per le scienze umane e per la tradizione cristiana

“Dialogo con il mondoâ€. Ma di quale “mondo†stiamo parlando, dal momento che non v’è alcun dubbio sulla polisemanticità del termine “mondoâ€; una polisemanticità registrata sia dalle cosiddette scienze umane sia dalla tradizione cristiana e della quale lo stesso Concilio ha tenuto conto sin dalle prime battute della Gaudium et spes (2b)?

A) Scienze umane

• In senso cosmologico, per “mondo†si intende il quadro naturale all’interno del quale si sviluppa l’esistenza umana; distinto dall’uomo e tale da porsi di fronte a lui come oggetto di ammirazione, di utilizzazione o di violenza

• Dal punto di vista storico, il “mondo†è il teatro globale dell’attività umana, con le sue persone, i suoi avvenimenti e le sue situazioni. In questo senso, la storia del mondo coincide con la storia dell’umanità

In ambito sociologico, il “mondo†è un particolare e significativo insieme di fatti ed espressioni appartenenti ad un dato momento della storia e della società; si parla, in questo senso, di “mondo medioevaleâ€, “mondo moderno†ecc.

• Dal punto di vista antropologico, per “mondo†si intende l’universo globale dei valori umani riconosciuti come costitutivi del progetto e della identità dell’uomo.

B. Nella tradizione cristiana, il «mondo» è presente come

• creazione di Dio, cioè come totalità del reale e come manifestazione della potenza e della generosità creatrice di Dio; nel mondo così inteso l’uomo occupa un posto privilegiato (Rm 8,20-30); e con l’uomo anche il “mondo†è chiamato da Dio alla salvezza e a un destino assoluto (Gv 3,16-17).

• l’insieme delle forze anti-Regno; è quello che l’evangelista Giovanni chiama mondo dell’iniquità: è il mondo che rifiuta laredenzione (Gv 14,17.17,9;1Gv 2,15-17)

• “Mondoâ€, per Giovanni, è anche una fase storica del progetto di Dio, è il tempo provvisorio della prova: “Vi dico queste cose mentre sono ancora presente in questo mondo†( Gv 17,13).

• E, per ultimo, ricordiamo il modo in cui del “mondo†ha parlato Paolo VI a Betlemme, il 6 gennaio 1964, affermando: «Per mondo noi intendiamo designare tutti coloro che guardano al cristianesimo, come dal di fuori, sia che lo siano effettivamente sia che si sentano stranieri nei suoi confronti». “Mondoâ€, quindi, in riferimento a tutto ciò che nella storia umana sussiste globalmente in una situazione di esteriorità in rapporto alla Chiesa visibile. Esteriorità che non è necessariamente ostilità o rifiuto, ma che si sente impegnato a realizzare un progetto umano che non coincide o non coincide ancora con quello di cui la Chiesa è espressione

Tra le accezioni qui ricordate, quella che più spesso si incontra nella Gaudium et spes è la concezione antropologica di “mondoâ€, che abbiamo ritrovato presente tra i significati presenti nelle scienze umane. E’ questo d’altra parte il senso che gli dà la Costituzione conciliare al n. 2, quando afferma : «Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famigliaumana […che] reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie».

2. La storia del rapporto Chiesa-mondo.

Per cogliere fino in fondo il messaggio della Gs sul tema specifico del rapporto Chiesa-mondo non basta però una corretta impostazione terminologica; é necessario ripercorrere, anche se solo per cenni, la storia dei rapporti tra la Chiesa ed il mondo, sia a livello di teorizzazioni esplicite sia in riferimento al modo in cui concretamente questi rapporti sono stati vissuti.

Ripercorrerli aiuta a scoprire quanto di positivo c’è stato e va salvato nella coscienza e nello stile cristiano, ma anche le rotture e le novità che lo spirito del Concilio ha introdotto per una fedeltà più integrale al Vangelo .

• Nell’antichità, il problema del rapporto Chiesa–mondo si pone evidentemente solo in termini analogici: non c’è una Chiesa ma c’è un mondo religioso ed un mondo politico. Sono due mondi che vivono un rapporto di compenetrazione. “Questacompenetrazione è per l’uomo antico un modello ovvio del pensare e del sentire, in quanto egli vive in un mondo nel quale gli dèi e lo stato si appartengono vicendevolmente in maniera costitutiva e nel quale è impossibile che esista uno stato senza dio e una divinità senza stato†. In altri termini, nell’antichità è pacifica la identificazione del fatto politico con quello religioso, derivante a sua volta, da una concezione immanentistica del religioso col politico

• I primi secoli cristiani presentano elementi per verificare la natura del rapporto Chiesa-mondo in maniera diretta e non solo in un modo analogico. Con la sua concezione trascendente di Dio, il cristianesimo mette in crisi la identificazione tra il politico ed ilreligioso, arrivando ad assumere atteggiamenti che sanno di sfida aperta, ad esempio, attraverso il rifiuto di prestare all’imperatore quegli onori che sono invece dovuti a Dio solo.

Ben presto si stabiliscono – ricordiamo l’opera di Giustino – contatti positivi con la cultura filosofica.; anche se la prospettiva e l’atteggiamento nei confronti del mondo rimangono comunque di tipo apologetico , nel senso che la Chiesa si riconosce inserita nel mondo e l’ama pure, il mondo però rimane provvisorio, caduco e sostanzialmente cattivo. Esso esiste solo per essere salvato dal Vangelo di Cristo. Per quanto riguarda il rapporto Chiesa-mondo, la Chiesa non vede la possibilità di riconoscere al mondo un valore ed una consistenza propri, premesse indispensabili per un rapporto di tipo dialogico.

* Su queste basi nasce il periodo meglio conosciuto come «tempo della cristianità». E’ il periodo in cui la Chiesa assorbe così bene il mondo da non farlo esistere più che come “mondo cristianoâ€. È il periodo in cui la Chiesa suscita ed orienta la cultura, l’arte, la riflessione, la politica, i divertimenti. La Chiesa prende il monopolio dell’umano, tanto che niente di umano ha diritto all’esistenza, se non in quanto lo riceve dalle istituzioni cristiane o ecclesiastiche. E’ il periodo in cui il cristianesimo rischia terribilmente didivenire una «ideologia» – fino a pretendere di doversi pronunciare su tutto – limitando il libero svolgimento dell’esistenza umana nella sua dimensione profana, per sacralizzarlo con riti, istituzioni e interdetti.

I buoni risultati raggiunti, in questo periodo, non possono far dimenticare il prezzo pagato in termini di confusione di metodi, talvolta, addirittura sospetti. Non mancano comunque in questo periodo tentativi seri,anche se limitati, di incontri col mondo, basta ricordare San Tommaso D’Aquino

* Frutto di evidenti disagi (siamo alla fine del XV secolo) sorti in questo periodo, il mondo moderno rivendica la sua autonomia nei confronti del mondo della «cristianità». A quest’ultimo vengono mossi due rimproveri: l’insufficiente rispetto per l’uomo e per il progetto umanistico ed una scarsa coerenza, malgrado le apparenze, col messaggio evangelico. Ma quello che più conta è che, grazie alle nuove scoperte, si va costituendo progressivamente un nuovo universo di valori. Le nuove idee che guidano questa sorta di riscatto del mondo dalla Chiesa si cristallizzano in altrettanti valori che si fanno strada nella coscienza del mondo moderno: si pensa sempre di più in termini di libertà, progresso, evoluzione, critica, ragione, indipendenza, laicità, libero pensiero, coscienza, fraternità ecc….

Con il crescere del consenso intorno a questo nuovo universo di valori, si fa anche strada un drammatico malinteso: mentre il mondo si presenta come fautore di questi valori, la Chiesa appare sempre più impegnata a metter in rilievo i limiti di queste prospettive, quando non si trova addirittura a denunziarne la negativa pericolosità.

Il malinteso cominciato agli inizi del mondo moderno dura così da più di tre secoli ormai; e c’è da dire che non ne siamo ancora totalmente liberi. Da quello stesso malinteso nacque uno strano comportamento, che può essere così descritto: a misura che il mondo moderno acquistava sicurezza, la Chiesa si aggrappava alla difesa del mondo di ieri e lo faceva difendendo i cristiani contro le nuove correnti e condannando le idee moderne. Se in alcuni casi, questo voleva realmente dire difesa della Rivelazione, in altri casi risultava più difficile cogliere il senso di certe preoccupazioni. L’opposizione si sviluppò soprattutto nei confronti del razionalismo scientifico e filosofico, delle idee nate con la Rivoluzione francese, del socialismo, della democrazia e delle libertà sociali. Col risultato che più ci si opponeva, più la modernità conquistava il mondo e si affermava al di fuori di ogni legame con la Chiesa.

Sintomatico di questo malinteso e dei risultati negativi cui esso condusse è, per quanto riguarda la Chiesa, l’ultima proposizione del Sillabo (1864), nella quale si condannano i cattolici i quali sostengono che: «il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna». C’è da notare comunque che contemporaneamente, nella Chiesa, esistono voci meno negative, anzi orientate nella giusta direzione. Dopo la pubblicazione del Sillabo e dell’enciclica Quanta cura, l’arcivescovo di Parigi, mons. Darboy, scrive a Pio IX: «Voi avete segnalato e condannato i principali errori della nostra epoca. Volgete ora gli occhi a ciò che in essa può esservi di onorevole e buono, e sostenetela nei suoi sforzi generosi… sta a voi riconciliare la ragione con la fede, la libertà con l’autorità» .

In estrema sintesi, si può dire che in questo periodo, a una Chiesa che si dà da fare per svalorizzare il mondo e frenarne il movimento, risponde un mondo impegnato a svalutare e a delegittimare la Chiesa, soprattutto sul piano culturale.

Nunzio Galantino

Segretario generale della CEI

Vescovo emerito di Cassano all’Jonio

Caiazzo: da Matera un messaggio di riscatto civile e spirituale

Pubblichiamo l’introduzione dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo alla prima giornata della Festa di Avvenire, promossa dall’arcidiocesi.

IL PROGRAMMA

Da Lerici a Matera. Dal luglio del 1976 al giugno 2017. Son passati 41 anni, otto feste di Avvenire. Tocca alla nostra città di Matera ospitare questa festa dal più alto e squisito timbro culturale attraverso una serie di incontri e numerosi eventi, con l’apporto di importanti personalità del mondo politico, religioso, sociale e dell’imprenditoria. Mi piace riprendere una frase di San Giovanni Paolo II che definisce la cultura in questi termini: «Cultura è ciò per cui l’uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo».

Vorrei anche ricordare le parole di papa Francesco, intervenendo al Convegno ecclesiale di Firenze, che disse: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, sidisorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».

Diamo inizio a questi nostri incontri, con la presenza del Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, che interverrà sul tema “Chiesa e mondo” e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato. Da Matera, patrimonio Unesco che si proietta verso il 2019 quale Capitale europea della cultura, come Chiesa Cattolica focalizziamo l’umanità intera. È quanto indefinitiva, fin dalle prime battute, dice il Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Sembra di sentire la voce di papa Francesco eppure è stato detto il 7 dicembre del 1965 dai Padri Conciliari. Questa è stata la missione della Chiesa da sempre, la stessa che oggi guida papa Francesco e che ci ricorda: «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente».

È alla luce di queste considerazioni che sento di ringraziare il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, con il quale abbiamo iniziato a parlare di questo evento nel maggio dello scorso anno (dopo poco più di un mese dal mio arrivo nella città dei Sassi) con la collaborazione indispensabile del fondatore di Auxilium, Angelo Chiorazzo e l’apporto del giornalista materano Vito Salinaro.

I primi di dicembre, nelle redazione di Avvenire a Milano, abbiamo concretizzato il programma tematico con il direttore generale del nostro quotidiano cattolico, Paolo Nusiner che ringrazio e saluto insieme a tutti i giornalisti di Avvenire qui convenuti.

Auguro che da questo scenario meraviglioso e unico di Matera possa arrivare a tutti un messaggio di riscatto civile e sociale, culturale e umano, spirituale e mariano: non a caso quest’evento ho voluto che si celebrasse all’interno della festa della Madonna della Bruna. Matera, tra le tante belle definizioni attribuitele, ne ha una in particolare, della quale andiamo orgogliosi: è la città di Maria. Sotto il suo sguardo materno e la sua protezione diamo inizio a queste cinque serate.

* Arcivescovo di Matera – Irsina

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Caiazzo: da Matera un messaggio di riscatto civile e spirituale

Pubblichiamo l’introduzione dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo alla prima giornata della Festa di Avvenire, promossa dall’arcidiocesi.

IL PROGRAMMA

Da Lerici a Matera. Dal luglio del 1976 al giugno 2017. Son passati 41 anni, otto feste di Avvenire. Tocca alla nostra città di Matera ospitare questa festa dal più alto e squisito timbro culturale attraverso una serie di incontri e numerosi eventi, con l’apporto di importanti personalità del mondo politico, religioso, sociale e dell’imprenditoria. Mi piace riprendere una frase di San Giovanni Paolo II che definisce la cultura in questi termini: «Cultura è ciò per cui l’uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo».

Vorrei anche ricordare le parole di papa Francesco, intervenendo al Convegno ecclesiale di Firenze, che disse: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, sidisorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».

Diamo inizio a questi nostri incontri, con la presenza del Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, che interverrà sul tema “Chiesa e mondo” e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato. Da Matera, patrimonio Unesco che si proietta verso il 2019 quale Capitale europea della cultura, come Chiesa Cattolica focalizziamo l’umanità intera. È quanto indefinitiva, fin dalle prime battute, dice il Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Sembra di sentire la voce di papa Francesco eppure è stato detto il 7 dicembre del 1965 dai Padri Conciliari. Questa è stata la missione della Chiesa da sempre, la stessa che oggi guida papa Francesco e che ci ricorda: «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente».

È alla luce di queste considerazioni che sento di ringraziare il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, con il quale abbiamo iniziato a parlare di questo evento nel maggio dello scorso anno (dopo poco più di un mese dal mio arrivo nella città dei Sassi) con la collaborazione indispensabile del fondatore di Auxilium, Angelo Chiorazzo e l’apporto del giornalista materano Vito Salinaro.

I primi di dicembre, nelle redazione di Avvenire a Milano, abbiamo concretizzato il programma tematico con il direttore generale del nostro quotidiano cattolico, Paolo Nusiner che ringrazio e saluto insieme a tutti i giornalisti di Avvenire qui convenuti.

Auguro che da questo scenario meraviglioso e unico di Matera possa arrivare a tutti un messaggio di riscatto civile e sociale, culturale e umano, spirituale e mariano: non a caso quest’evento ho voluto che si celebrasse all’interno della festa della Madonna della Bruna. Matera, tra le tante belle definizioni attribuitele, ne ha una in particolare, della quale andiamo orgogliosi: è la città di Maria. Sotto il suo sguardo materno e la sua protezione diamo inizio a queste cinque serate.

* Arcivescovo di Matera – Irsina

A Matera la “Festa di Avvenire”

Chiesa e mondo, sviluppo del Mezzogiorno, il fenomeno migratorio nel Mediterraneo, famiglia, giovani e lavoro, il Papa visto da vicino: sono questi alcuni dei temi che contrassegneranno dal 26 al 30 giugno la “Festa di Avvenire” a Matera. Il quotidiano della Conferenza episcopale italiana (Cei) terrà in piazza Duomo, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Matera-Irsina e l’associazione Giovane Europa, incontri e altri numerosi eventi, con l’apporto di importanti personalità del mondo politico, religioso, sociale e dell’imprenditoria. Tra gli ospiti previsti durante le cinque giornate vi sono il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Gualtiero Bassetti, il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, i presidenti delle giunte regionali di Basilicata e Puglia, il riconfermato sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e altri esponenti di spicco della politica nazionale come Enrico Letta e Giulio Tremonti. Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, già nei giorni scorsi, nell’illustrare temi e presenze del fitto programma, alla vigilia dei 50 anni dalla fondazione del quotidiano, ha detto che la festa di Matera rappresenta “una occasione importante di confronto e riflessione su temi di stretta attualità sui quali occorre individuare percorsi e soluzioni, facendo tesoro degli stimoli continui che un’autorità morale come Papa Francesco propone di continuo”. L’apertura dell’evento nella serata di lunedì alle 21 in piazza Duomo: il segretario generale della Conferenza episcopale italiana interverrà sul tema “Chiesa e mondo” assieme al direttore di Tg2000 Lucio Brunelli. “La cultura è per noi un fattore determinante della crescita economica e del benessere sociale, in particolar modo nel nostro Mezzogiorno. E’ quanto rimarcato intanto, nel salutare il primo dei cinque giorni di incontri, da Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium che ha sempre creduto nel valore determinante della cultura e per questo si ritiene orgogliosa di essere promotrice della Festa di Avvenire 2017, durante la quale saranno proposte fasce di diretta su Trm Network ed approfondimenti dedicati.

© 2006-2017 TRM Network

Al via a Matera con Galantino: la diretta su Avvenire.it

Prende il via questa sera alle 20.45 a Matera con l’intervento del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino (diretta streaming sul sito di Avvenire dalle 20.45) la prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Matera-Irsina.

Nella cornice di piazza Duomo, e sullo sfondo della Città dei Sassi che tra due anni sarà capitale europea della cultura, sarà il tema «Chiesa e mondo» a prendere la scena della serata inaugurale di un’edizione che, sebbene sia un esordio assoluto, già si segnala per l’alto livello dei partecipanti alle cinque serate lungo le quali è articolato il ricco programma. Gli incontri (che sarà sempre possibile seguire in diretta streaming sul sito di Avvenire) si sviluppano attorno a cinque temi, con l’intento di riflettere sulle grandi questioni sociali, antropologiche ed ecclesiali di oggi.

Dopo la serata che vede protagonista monsignor Galantino, e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato, martedì 27 giugno si parlerà di Mezzogiorno e sviluppo con Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno, Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Mercoledì 28 giugno a tema il Mediterraneo e il fenomeno migratorio con Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo, presidente della Comunità Sant’Egidio. Su famiglia, giovani e lavoro la serata di giovedì 29 giugno con le voci del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Vito De Filippo, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, Pasquale Lorusso, presidente di Confindustria Basilicata, Rosario Altieri, presidente dell’Associazione generale cooperative italiane, e Gabriela Buffa, responsabile internazionale giovani dell’Intenational Cooperative Alliance. Gran finale venerdì 30 con una serata dedicata al Papa “visto da vicino” con il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale Sinodo vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, e padre Mauro Gambetti, Custode Sacro Convento Assisi.

Tutte le serate saranno introdotte dall’arcivescovo di Matera-Irsina monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, con una sintesi conclusiva del vescovo di una delle diocesi della Basilicata (la serata inaugurale Orofino di Tursi-Lagonegro, il 27 Todisco amministratore di Melfi-Rapolla-Venosa, il 28 Intini di Tricario, il 29 Sirufo di Acerenza e il 30 Ligorio di Potenza).

Le altre 7 feste di Avvenire: ecco quali sono le date

La Festa di Matera è solo l’ultima nata Il primato cronologico spetta a Lerici, che nel luglio del 1976 – meno di 8 anni dopo la nascita del giornale – dava vita alla prima Festa di Avvenire, anche se gli iniziatori raccontano di essersi ispirati a una precedente iniziativa popolare nel Reggiano. Quarantuno anni dopo, le feste di Avvenire sono diventate ben otto, tutte nate – ed è questa la loro ineguagliabile peculiarità – dalla spontanea iniziativa delle comunità cristiane locali, parrocchie e diocesi, al cui impegno Avvenire si è sempre affiancato consolidando nel tempo un forte vincolo di amicizia. Oltre a Matera, un altro esordio è quello di Jesolo, il 5 luglio, protagonista la parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice, con una serata su «Giovani, Web e fede». E se la Festa di Bibione – che di fatto copre tutta l’estate, ma con il cuore tra 16 e 23 luglio, a tema la gioia – è ormai una certezza con le sue 11 edizioni, si confermano quest’anno le iniziative della diocesi di Belluno-Feltre a Cortina il 19 e 20 luglio su «La Bibbia e il lavoro dell’uomo» e di quella di Trento a Vigo di Fassa il 27 e 28 luglio su «I frutti di Amoris laetitia». Lerici dal 27 luglio al 6 agosto apre la vela della sua 42esima edizione su «Comunicare la speranza» (con il premio Narducci a Susanna Tamaro), seguita da Ventimiglia-Sanremo dal 18 al 20 agosto, altra prima assoluta. Chiude il cartellone estivo Terrasini, in diocesi di Monreale, con la sua Festa dal 14 al 17 settembre, dedicata alle virtù. Eventi tutti, come ricorda il direttore Marco Tarquinio al Sir, che saranno «l’incontro tra il giornale e i territori, le nostre diocesi, le realtà vive che abitano l’Italia».

Al via a Matera con Galantino: la diretta su Avvenire.it

Prende il via questa sera alle 20.45 a Matera con l’intervento del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino (diretta streaming sul sito di Avvenire dalle 20.45) la prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Matera-Irsina.

Nella cornice di piazza Duomo, e sullo sfondo della Città dei Sassi che tra due anni sarà capitale europea della cultura, sarà il tema «Chiesa e mondo» a prendere la scena della serata inaugurale di un’edizione che, sebbene sia un esordio assoluto, già si segnala per l’alto livello dei partecipanti alle cinque serate lungo le quali è articolato il ricco programma. Gli incontri (che sarà sempre possibile seguire in diretta streaming sul sito di Avvenire) si sviluppano attorno a cinque temi, con l’intento di riflettere sulle grandi questioni sociali, antropologiche ed ecclesiali di oggi.

Dopo la serata che vede protagonista monsignor Galantino, e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato, martedì 27 giugno si parlerà di Mezzogiorno e sviluppo con Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno, Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Mercoledì 28 giugno a tema il Mediterraneo e il fenomeno migratorio con Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo, presidente della Comunità Sant’Egidio. Su famiglia, giovani e lavoro la serata di giovedì 29 giugno con le voci del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Vito De Filippo, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, Pasquale Lorusso, presidente di Confindustria Basilicata, Rosario Altieri, presidente dell’Associazione generale cooperative italiane, e Gabriela Buffa, responsabile internazionale giovani dell’Intenational Cooperative Alliance. Gran finale venerdì 30 con una serata dedicata al Papa “visto da vicino” con il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale Sinodo vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, e padre Mauro Gambetti, Custode Sacro Convento Assisi.

Tutte le serate saranno introdotte dall’arcivescovo di Matera-Irsina monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, con una sintesi conclusiva del vescovo di una delle diocesi della Basilicata (la serata inaugurale Orofino di Tursi-Lagonegro, il 27 Todisco amministratore di Melfi-Rapolla-Venosa, il 28 Intini di Tricario, il 29 Sirufo di Acerenza e il 30 Ligorio di Potenza).

Le altre 7 feste di Avvenire: ecco quali sono le date

La Festa di Matera è solo l’ultima nata Il primato cronologico spetta a Lerici, che nel luglio del 1976 – meno di 8 anni dopo la nascita del giornale – dava vita alla prima Festa di Avvenire, anche se gli iniziatori raccontano di essersi ispirati a una precedente iniziativa popolare nel Reggiano. Quarantuno anni dopo, le feste di Avvenire sono diventate ben otto, tutte nate – ed è questa la loro ineguagliabile peculiarità – dalla spontanea iniziativa delle comunità cristiane locali, parrocchie e diocesi, al cui impegno Avvenire si è sempre affiancato consolidando nel tempo un forte vincolo di amicizia. Oltre a Matera, un altro esordio è quello di Jesolo, il 5 luglio, protagonista la parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice, con una serata su «Giovani, Web e fede». E se la Festa di Bibione – che di fatto copre tutta l’estate, ma con il cuore tra 16 e 23 luglio, a tema la gioia – è ormai una certezza con le sue 11 edizioni, si confermano quest’anno le iniziative della diocesi di Belluno-Feltre a Cortina il 19 e 20 luglio su «La Bibbia e il lavoro dell’uomo» e di quella di Trento a Vigo di Fassa il 27 e 28 luglio su «I frutti di Amoris laetitia». Lerici dal 27 luglio al 6 agosto apre la vela della sua 42esima edizione su «Comunicare la speranza» (con il premio Narducci a Susanna Tamaro), seguita da Ventimiglia-Sanremo dal 18 al 20 agosto, altra prima assoluta. Chiude il cartellone estivo Terrasini, in diocesi di Monreale, con la sua Festa dal 14 al 17 settembre, dedicata alle virtù. Eventi tutti, come ricorda il direttore Marco Tarquinio al Sir, che saranno «l’incontro tra il giornale e i territori, le nostre diocesi, le realtà vive che abitano l’Italia».

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Al via a Matera con Galantino: la diretta su Avvenire.it

Prende il via questa sera alle 20.45 a Matera con l’intervento del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino (diretta streaming sul sito di Avvenire dalle 20.45) la prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Matera-Irsina.

Nella cornice di piazza Duomo, e sullo sfondo della Città dei Sassi che tra due anni sarà capitale europea della cultura, sarà il tema «Chiesa e mondo» a prendere la scena della serata inaugurale di un’edizione che, sebbene sia un esordio assoluto, già si segnala per l’alto livello dei partecipanti alle cinque serate lungo le quali è articolato il ricco programma. Gli incontri (che sarà sempre possibile seguire in diretta streaming sul sito di Avvenire) si sviluppano attorno a cinque temi, con l’intento di riflettere sulle grandi questioni sociali, antropologiche ed ecclesiali di oggi.

Dopo la serata che vede protagonista monsignor Galantino, e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato, martedì 27 giugno si parlerà di Mezzogiorno e sviluppo con Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno, Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Mercoledì 28 giugno a tema il Mediterraneo e il fenomeno migratorio con Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo, presidente della Comunità Sant’Egidio. Su famiglia, giovani e lavoro la serata di giovedì 29 giugno con le voci del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Vito De Filippo, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, Pasquale Lorusso, presidente di Confindustria Basilicata, Rosario Altieri, presidente dell’Associazione generale cooperative italiane, e Gabriela Buffa, responsabile internazionale giovani dell’Intenational Cooperative Alliance. Gran finale venerdì 30 con una serata dedicata al Papa “visto da vicino” con il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale Sinodo vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, e padre Mauro Gambetti, Custode Sacro Convento Assisi.

Tutte le serate saranno introdotte dall’arcivescovo di Matera-Irsina monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, con una sintesi conclusiva del vescovo di una delle diocesi della Basilicata (la serata inaugurale Orofino di Tursi-Lagonegro, il 27 Todisco amministratore di Melfi-Rapolla-Venosa, il 28 Intini di Tricario, il 29 Sirufo di Acerenza e il 30 Ligorio di Potenza).

Le altre 7 feste di Avvenire: ecco quali sono le date

La Festa di Matera è solo l’ultima nata Il primato cronologico spetta a Lerici, che nel luglio del 1976 – meno di 8 anni dopo la nascita del giornale – dava vita alla prima Festa di Avvenire, anche se gli iniziatori raccontano di essersi ispirati a una precedente iniziativa popolare nel Reggiano. Quarantuno anni dopo, le feste di Avvenire sono diventate ben otto, tutte nate – ed è questa la loro ineguagliabile peculiarità – dalla spontanea iniziativa delle comunità cristiane locali, parrocchie e diocesi, al cui impegno Avvenire si è sempre affiancato consolidando nel tempo un forte vincolo di amicizia. Oltre a Matera, un altro esordio è quello di Jesolo, il 5 luglio, protagonista la parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice, con una serata su «Giovani, Web e fede». E se la Festa di Bibione – che di fatto copre tutta l’estate, ma con il cuore tra 16 e 23 luglio, a tema la gioia – è ormai una certezza con le sue 11 edizioni, si confermano quest’anno le iniziative della diocesi di Belluno-Feltre a Cortina il 19 e 20 luglio su «La Bibbia e il lavoro dell’uomo» e di quella di Trento a Vigo di Fassa il 27 e 28 luglio su «I frutti di Amoris laetitia». Lerici dal 27 luglio al 6 agosto apre la vela della sua 42esima edizione su «Comunicare la speranza» (con il premio Narducci a Susanna Tamaro), seguita da Ventimiglia-Sanremo dal 18 al 20 agosto, altra prima assoluta. Chiude il cartellone estivo Terrasini, in diocesi di Monreale, con la sua Festa dal 14 al 17 settembre, dedicata alle virtù. Eventi tutti, come ricorda il direttore Marco Tarquinio al Sir, che saranno «l’incontro tra il giornale e i territori, le nostre diocesi, le realtà vive che abitano l’Italia».

Bassetti: sosteniamo la legge della nuova cittadinanza

Spiega con voce ferma che si tratta di un «provvedimento da sostenere e favorire ». E, mentre ne parla fra pacatezza e decisione, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, si riferisce al dibattito sullo Ius soli temperato e sullo Ius culturae che infiamma la politica e che si riverbera sull’opinione pubblica. In mezzo a prese di posizione più o meno arroventate e a tratti demagogiche, «l’unico vero sommo bene da difendere è la persona umana», sottolinea Bassetti. Su questo e molto altro si confronterà alla Festa di Avvenire che si apre lunedì a Matera e che lo vedrà ospite giovedì.

La legge sulla cittadinanza in discussione in Parlamento non può finire su un binario morto. «Perché la Chiesa è in prima linea da molto tempo, non certo da oggi, senza bisogno di riflettori e di prime pagine, per favorire una politica di integrazione che vada nell’interesse di tutti: dei migranti e di chi accoglie. Nell’interesse di tutti, lo voglio sottolineare con forza», afferma il cardinale. Ciò che sta a cuore alla comunità ecclesiale e deve essere riferimento per l’intera società è l’«uomo integrale che si manifesta in ogni istante della vita: nel concepimento e nella nascita, nella scuola e nel lavoro, nelle migrazioni e nella morte», osserva il presidente della Cei. «E potremmo andare avanti facendo mille esempi – aggiunge – per dire solo un’affermazione banale che oggi, però, merita di essere urlata a squarciagola: la cultura della vita va difesa sempre». Cultura della vita che va declinata anche guardando ai migranti. «Essa si fa carne nella parabola del Samaritano in questo frangente – chiarisce Bassetti –. L’ospite che chiede un tetto dove sostare ci ricorda l’antica condizione di Israele “straniero fatto schiavo”. Un ospite che ha bisogno di essere accolto e di essere curato. Al centro di tutto si colloca la carità, che può essere sviluppata in due modi. Una carità cristiana che ha come unica destinazione la persona umana sofferente. E una carità politica, come diceva Paolo VI, che è sinonimo di sviluppo, di integrazione e di accrescimento del Paese che accoglie». Verrebbe da dire: a ciascuno il suo. Alla Chiesa la carità cristiana e alla politica il compito di legiferare.«La Chiesa – sostiene l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – si impegna da sempre a sostenere uno sviluppo sinfonico della società. Uno sviluppo che adesso passa anche da una legge sullo Ius soli che possa favorire integrazione e partecipazione, ospitalità e promozione della persona umana. Ovviamente le leggi sono il frutto dell’incontro tra gli uomini e quindi possono essere migliorate. Alla “Politica” con la P maiuscola, che guarda veramente al bene comune, il compito di trovare la soluzione migliore che riesca a coniugare responsabilità e accoglienza, e a salvaguardare tradizioni culturali e nuove sensibilità».

Eppure c’è chi solleva obiezioni sul tema e sul disegno di legge, in particolare «A loro rispondo – dice il porporato – che il fenomeno dei migranti riguarda la più intima dignità delle persona umana e le basi costitutive della società moderna. Una società che è sempre più complessa e soprattutto sempre più plurale a cui non bisogna rivolgersi con paura e terrore ma, all’opposto, con grande realismo e concretezza. Due esempi di questa concretezza: il primo è la campagna della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” che prevede di intervenire proprio nei Paesi di origine e nei Paesi di transito dei flussi migratori; il secondo è rappresentato dai corridoi umanitari che sono necessari a salvaguardare le vite umane dallo sfruttamento dei trafficanti di uomini e a rimanere nella legalità. Ecco penso che la concretezza della carità si deve opporre a chi cavalca le paure insite nella fragilità dell’animo umano. Anche perché, e questo è cruciale, bisogna evitare, in tutti i modi possibili, che si scateni una sorta di “guerra tra poveri” cioè tra coloro che occupano l’ultimo posto della società e tra chi ne sta fuori».

L’emergenza Mezzogiorno

La Festa del quotidiano dei cattolici nella città dei sassi avrà uno sguardo particolare sul Mezzogiorno. «Ritengo – spiega il presidente della Cei – che esista una questione determinante e non più rinviabile per l’Italia: occorre riportare la questione meridionale al centro del discorso pubblico nazionale. Non è evangelicamente accettabile l’idea che si possa convivere con la mafia o la camorra, così come non è minimamente accettabile che il futuro dei giovani del Sud sia nel segno della rassegnazione o dell’emigrazione. A mio avviso è decisivo partire da due temi: il lavoro e i giovani. Due pilastri per riconquistare il territorio e combattere le pratiche criminali della malavita».

La povertà in Italia tra famiglia e lavoro

E poi c’è il dramma della povertà che nella Penisola si allarga e che vede la Chiesa italiana in prima linea. «I poveri sono parecchi milioni di italiani – riflette il cardinale –: l’Istat li quantifica in 8 milioni e più della metà di questi non ha il minimo indispensabile per vivere. I poveri sono essenzialmente i giovani, le donne e le famiglie. Oggi mettere su famiglia in una grande città italiana, senza avere l’aiuto dei nonni e con un lavoro precario, è un atto di eroismo paragonabile alla scalata in solitaria del Monte Bianco». E Bassetti si accalora. «La questione principale – insiste – è sempre il lavoro e poi l’assoluta necessità di autentiche politiche per la famiglia. Le famiglie non possono più essere lasciate sole. Sono decenni che lo ribadiamo con forza: le famiglie vanno sostenute e aiutate con convinzione, e non solo a parole, perché rappresentano il futuro della dell’Italia. Sia da un punto di vista sociale che anche da un’ottica economica. Bisogna credere e investire di più sulla famiglia». Un compito che attende la politica, forse troppo latitante su questo terreno. «La politica – avverte – può aiutare in molti modi. Partendo da una nuova cultura dello stato sociale.

Penso per esempio alla questione della natalità: avere un figlio non può essere considerato un peso per la società ma deve essere visto come una ricchezza da valorizzare. La natalità ovviamente si lega al rapporto importantissimo tra maternità e lavoro per le donne. Un rapporto che forse va ripensato. Oppure penso anche a quelle donne che, come dicono a Perugia, svolgono la “professione mamma”, cioè non lavorano in un’azienda ma si occupano tutti i giorni dell’economia familiare e dei figli: questo è un ruolo che deve essere socialmente riconosciuto ed economicamente incentivato. E infine penso anche alle scelte educative nella scuola. In queste scelte devono valere due principi fondamentali: la libertà educativa delle famiglie e l’irrinunciabile difesa dei diritti del bambino».

Il ruolo dei mezzi di informazione

A Matera saranno al centro anche i mezzi di comunicazione espressione della comunità ecclesiale. «Il loro ruolo – conclude Bassetti – è quello di essere sale della terra. Che giornalisticamente tradurrei con quattro espressioni: stare nel mondo da credenti e raccontare il mondo con coraggio e senza timori reverenziali; confrontarsi con tutti sapendo che il dialogo è sempre un arricchimento; dare spazio agli ultimi, anche a quelle notizie che possono sembrare ininfluenti che invece per un credente sono importanti; e poi valorizzare il rapporto tra il centro e la periferie: l’Italia è il Paese delle cento città, dei borghi medievali, delle pievi di campagna, delle località di mare e di montagna. Luoghi diversissimi e ricchissimi cui va dato voce e che non possono essere lasciati ai margini».

Bassetti: sosteniamo la legge della nuova cittadinanza

Spiega con voce ferma che si tratta di un «provvedimento da sostenere e favorire ». E, mentre ne parla fra pacatezza e decisione, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, si riferisce al dibattito sullo Ius soli temperato e sullo Ius culturae che infiamma la politica e che si riverbera sull’opinione pubblica. In mezzo a prese di posizione più o meno arroventate e a tratti demagogiche, «l’unico vero sommo bene da difendere è la persona umana», sottolinea Bassetti. Su questo e molto altro si confronterà alla Festa di Avvenire che si apre lunedì a Matera e che lo vedrà ospite giovedì.

La legge sulla cittadinanza in discussione in Parlamento non può finire su un binario morto. «Perché la Chiesa è in prima linea da molto tempo, non certo da oggi, senza bisogno di riflettori e di prime pagine, per favorire una politica di integrazione che vada nell’interesse di tutti: dei migranti e di chi accoglie. Nell’interesse di tutti, lo voglio sottolineare con forza», afferma il cardinale. Ciò che sta a cuore alla comunità ecclesiale e deve essere riferimento per l’intera società è l’«uomo integrale che si manifesta in ogni istante della vita: nel concepimento e nella nascita, nella scuola e nel lavoro, nelle migrazioni e nella morte», osserva il presidente della Cei. «E potremmo andare avanti facendo mille esempi – aggiunge – per dire solo un’affermazione banale che oggi, però, merita di essere urlata a squarciagola: la cultura della vita va difesa sempre». Cultura della vita che va declinata anche guardando ai migranti. «Essa si fa carne nella parabola del Samaritano in questo frangente – chiarisce Bassetti –. L’ospite che chiede un tetto dove sostare ci ricorda l’antica condizione di Israele “straniero fatto schiavo”. Un ospite che ha bisogno di essere accolto e di essere curato. Al centro di tutto si colloca la carità, che può essere sviluppata in due modi. Una carità cristiana che ha come unica destinazione la persona umana sofferente. E una carità politica, come diceva Paolo VI, che è sinonimo di sviluppo, di integrazione e di accrescimento del Paese che accoglie». Verrebbe da dire: a ciascuno il suo. Alla Chiesa la carità cristiana e alla politica il compito di legiferare.«La Chiesa – sostiene l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – si impegna da sempre a sostenere uno sviluppo sinfonico della società. Uno sviluppo che adesso passa anche da una legge sullo Ius soli che possa favorire integrazione e partecipazione, ospitalità e promozione della persona umana. Ovviamente le leggi sono il frutto dell’incontro tra gli uomini e quindi possono essere migliorate. Alla “Politica” con la P maiuscola, che guarda veramente al bene comune, il compito di trovare la soluzione migliore che riesca a coniugare responsabilità e accoglienza, e a salvaguardare tradizioni culturali e nuove sensibilità».

Eppure c’è chi solleva obiezioni sul tema e sul disegno di legge, in particolare «A loro rispondo – dice il porporato – che il fenomeno dei migranti riguarda la più intima dignità delle persona umana e le basi costitutive della società moderna. Una società che è sempre più complessa e soprattutto sempre più plurale a cui non bisogna rivolgersi con paura e terrore ma, all’opposto, con grande realismo e concretezza. Due esempi di questa concretezza: il primo è la campagna della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” che prevede di intervenire proprio nei Paesi di origine e nei Paesi di transito dei flussi migratori; il secondo è rappresentato dai corridoi umanitari che sono necessari a salvaguardare le vite umane dallo sfruttamento dei trafficanti di uomini e a rimanere nella legalità. Ecco penso che la concretezza della carità si deve opporre a chi cavalca le paure insite nella fragilità dell’animo umano. Anche perché, e questo è cruciale, bisogna evitare, in tutti i modi possibili, che si scateni una sorta di “guerra tra poveri” cioè tra coloro che occupano l’ultimo posto della società e tra chi ne sta fuori».

L’emergenza Mezzogiorno

La Festa del quotidiano dei cattolici nella città dei sassi avrà uno sguardo particolare sul Mezzogiorno. «Ritengo – spiega il presidente della Cei – che esista una questione determinante e non più rinviabile per l’Italia: occorre riportare la questione meridionale al centro del discorso pubblico nazionale. Non è evangelicamente accettabile l’idea che si possa convivere con la mafia o la camorra, così come non è minimamente accettabile che il futuro dei giovani del Sud sia nel segno della rassegnazione o dell’emigrazione. A mio avviso è decisivo partire da due temi: il lavoro e i giovani. Due pilastri per riconquistare il territorio e combattere le pratiche criminali della malavita».

La povertà in Italia tra famiglia e lavoro

E poi c’è il dramma della povertà che nella Penisola si allarga e che vede la Chiesa italiana in prima linea. «I poveri sono parecchi milioni di italiani – riflette il cardinale –: l’Istat li quantifica in 8 milioni e più della metà di questi non ha il minimo indispensabile per vivere. I poveri sono essenzialmente i giovani, le donne e le famiglie. Oggi mettere su famiglia in una grande città italiana, senza avere l’aiuto dei nonni e con un lavoro precario, è un atto di eroismo paragonabile alla scalata in solitaria del Monte Bianco». E Bassetti si accalora. «La questione principale – insiste – è sempre il lavoro e poi l’assoluta necessità di autentiche politiche per la famiglia. Le famiglie non possono più essere lasciate sole. Sono decenni che lo ribadiamo con forza: le famiglie vanno sostenute e aiutate con convinzione, e non solo a parole, perché rappresentano il futuro della dell’Italia. Sia da un punto di vista sociale che anche da un’ottica economica. Bisogna credere e investire di più sulla famiglia». Un compito che attende la politica, forse troppo latitante su questo terreno. «La politica – avverte – può aiutare in molti modi. Partendo da una nuova cultura dello stato sociale.

Penso per esempio alla questione della natalità: avere un figlio non può essere considerato un peso per la società ma deve essere visto come una ricchezza da valorizzare. La natalità ovviamente si lega al rapporto importantissimo tra maternità e lavoro per le donne. Un rapporto che forse va ripensato. Oppure penso anche a quelle donne che, come dicono a Perugia, svolgono la “professione mamma”, cioè non lavorano in un’azienda ma si occupano tutti i giorni dell’economia familiare e dei figli: questo è un ruolo che deve essere socialmente riconosciuto ed economicamente incentivato. E infine penso anche alle scelte educative nella scuola. In queste scelte devono valere due principi fondamentali: la libertà educativa delle famiglie e l’irrinunciabile difesa dei diritti del bambino».

Il ruolo dei mezzi di informazione

A Matera saranno al centro anche i mezzi di comunicazione espressione della comunità ecclesiale. «Il loro ruolo – conclude Bassetti – è quello di essere sale della terra. Che giornalisticamente tradurrei con quattro espressioni: stare nel mondo da credenti e raccontare il mondo con coraggio e senza timori reverenziali; confrontarsi con tutti sapendo che il dialogo è sempre un arricchimento; dare spazio agli ultimi, anche a quelle notizie che possono sembrare ininfluenti che invece per un credente sono importanti; e poi valorizzare il rapporto tra il centro e la periferie: l’Italia è il Paese delle cento città, dei borghi medievali, delle pievi di campagna, delle località di mare e di montagna. Luoghi diversissimi e ricchissimi cui va dato voce e che non possono essere lasciati ai margini».

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Bassetti: sosteniamo la legge della nuova cittadinanza

Spiega con voce ferma che si tratta di un «provvedimento da sostenere e favorire ». E, mentre ne parla fra pacatezza e decisione, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, si riferisce al dibattito sullo Ius soli temperato e sullo Ius culturae che infiamma la politica e che si riverbera sull’opinione pubblica. In mezzo a prese di posizione più o meno arroventate e a tratti demagogiche, «l’unico vero sommo bene da difendere è la persona umana», sottolinea Bassetti. Su questo e molto altro si confronterà alla Festa di Avvenire che si apre lunedì a Matera e che lo vedrà ospite giovedì.

La legge sulla cittadinanza in discussione in Parlamento non può finire su un binario morto. «Perché la Chiesa è in prima linea da molto tempo, non certo da oggi, senza bisogno di riflettori e di prime pagine, per favorire una politica di integrazione che vada nell’interesse di tutti: dei migranti e di chi accoglie. Nell’interesse di tutti, lo voglio sottolineare con forza», afferma il cardinale. Ciò che sta a cuore alla comunità ecclesiale e deve essere riferimento per l’intera società è l’«uomo integrale che si manifesta in ogni istante della vita: nel concepimento e nella nascita, nella scuola e nel lavoro, nelle migrazioni e nella morte», osserva il presidente della Cei. «E potremmo andare avanti facendo mille esempi – aggiunge – per dire solo un’affermazione banale che oggi, però, merita di essere urlata a squarciagola: la cultura della vita va difesa sempre». Cultura della vita che va declinata anche guardando ai migranti. «Essa si fa carne nella parabola del Samaritano in questo frangente – chiarisce Bassetti –. L’ospite che chiede un tetto dove sostare ci ricorda l’antica condizione di Israele “straniero fatto schiavoâ€. Un ospite che ha bisogno di essere accolto e di essere curato. Al centro di tutto si colloca la carità, che può essere sviluppata in due modi. Una carità cristiana che ha come unica destinazione la persona umana sofferente. E una carità politica, come diceva Paolo VI, che è sinonimo di sviluppo, di integrazione e di accrescimento del Paese che accoglie». Verrebbe da dire: a ciascuno il suo. Alla Chiesa la carità cristiana e alla politica il compito di legiferare.«La Chiesa – sostiene l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – si impegna da sempre a sostenere uno sviluppo sinfonico della società. Uno sviluppo che adesso passa anche da una legge sullo Ius soli che possa favorire integrazione e partecipazione, ospitalità e promozione della persona umana. Ovviamente le leggi sono il frutto dell’incontro tra gli uomini e quindi possono essere migliorate. Alla “Politica†con la P maiuscola, che guarda veramente al bene comune, il compito di trovare la soluzione migliore che riesca a coniugare responsabilità e accoglienza, e a salvaguardare tradizioni culturali e nuove sensibilità».

Eppure c’è chi solleva obiezioni sul tema e sul disegno di legge, in particolare «A loro rispondo – dice il porporato – che il fenomeno dei migranti riguarda la più intima dignità delle persona umana e le basi costitutive della società moderna. Una società che è sempre più complessa e soprattutto sempre più plurale a cui non bisogna rivolgersi con paura e terrore ma, all’opposto, con grande realismo e concretezza. Due esempi di questa concretezza: il primo è la campagna della Cei “Liberi di partire, liberi di restare†che prevede di intervenire proprio nei Paesi di origine e nei Paesi di transito dei flussi migratori; il secondo è rappresentato dai corridoi umanitari che sono necessari a salvaguardare le vite umane dallo sfruttamento dei trafficanti di uomini e a rimanere nella legalità. Ecco penso che la concretezza della carità si deve opporre a chi cavalca le paure insite nella fragilità dell’animo umano. Anche perché, e questo è cruciale, bisogna evitare, in tutti i modi possibili, che si scateni una sorta di “guerra tra poveri†cioè tra coloro che occupano l’ultimo posto della società e tra chi ne sta fuori».

L’emergenza Mezzogiorno

La Festa del quotidiano dei cattolici nella città dei sassi avrà uno sguardo particolare sul Mezzogiorno. «Ritengo – spiega il presidente della Cei – che esista una questione determinante e non più rinviabile per l’Italia: occorre riportare la questione meridionale al centro del discorso pubblico nazionale. Non è evangelicamente accettabile l’idea che si possa convivere con la mafia o la camorra, così come non è minimamente accettabile che il futuro dei giovani del Sud sia nel segno della rassegnazione o dell’emigrazione. A mio avviso è decisivo partire da due temi: il lavoro e i giovani. Due pilastri per riconquistare il territorio e combattere le pratiche criminali della malavita».

La povertà in Italia tra famiglia e lavoro

E poi c’è il dramma della povertà che nella Penisola si allarga e che vede la Chiesa italiana in prima linea. «I poveri sono parecchi milioni di italiani – riflette il cardinale –: l’Istat li quantifica in 8 milioni e più della metà di questi non ha il minimo indispensabile per vivere. I poveri sono essenzialmente i giovani, le donne e le famiglie. Oggi mettere su famiglia in una grande città italiana, senza avere l’aiuto dei nonni e con un lavoro precario, è un atto di eroismo paragonabile alla scalata in solitaria del Monte Bianco». E Bassetti si accalora. «La questione principale – insiste – è sempre il lavoro e poi l’assoluta necessità di autentiche politiche per la famiglia. Le famiglie non possono più essere lasciate sole. Sono decenni che lo ribadiamo con forza: le famiglie vanno sostenute e aiutate con convinzione, e non solo a parole, perché rappresentano il futuro della dell’Italia. Sia da un punto di vista sociale che anche da un’ottica economica. Bisogna credere e investire di più sulla famiglia». Un compito che attende la politica, forse troppo latitante su questo terreno. «La politica – avverte – può aiutare in molti modi. Partendo da una nuova cultura dello stato sociale.

Penso per esempio alla questione della natalità: avere un figlio non può essere considerato un peso per la società ma deve essere visto come una ricchezza da valorizzare. La natalità ovviamente si lega al rapporto importantissimo tra maternità e lavoro per le donne. Un rapporto che forse va ripensato. Oppure penso anche a quelle donne che, come dicono a Perugia, svolgono la “professione mammaâ€, cioè non lavorano in un’azienda ma si occupano tutti i giorni dell’economia familiare e dei figli: questo è un ruolo che deve essere socialmente riconosciuto ed economicamente incentivato. E infine penso anche alle scelte educative nella scuola. In queste scelte devono valere due principi fondamentali: la libertà educativa delle famiglie e l’irrinunciabile difesa dei diritti del bambino».

Il ruolo dei mezzi di informazione

A Matera saranno al centro anche i mezzi di comunicazione espressione della comunità ecclesiale. «Il loro ruolo – conclude Bassetti – è quello di essere sale della terra. Che giornalisticamente tradurrei con quattro espressioni: stare nel mondo da credenti e raccontare il mondo con coraggio e senza timori reverenziali; confrontarsi con tutti sapendo che il dialogo è sempre un arricchimento; dare spazio agli ultimi, anche a quelle notizie che possono sembrare ininfluenti che invece per un credente sono importanti; e poi valorizzare il rapporto tra il centro e la periferie: l’Italia è il Paese delle cento città, dei borghi medievali, delle pievi di campagna, delle località di mare e di montagna. Luoghi diversissimi e ricchissimi cui va dato voce e che non possono essere lasciati ai margini».

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Da Matera a Bibione, le 8 feste estive di Avvenire

Mi appresto a vivere la mia 14esima stagione turistica estiva, ma potrei anche definirlo «anno pastorale estivo». Alla luce di questa esperienza e dei convegni sulla pastorale del turismo ai quali ho partecipato, vorrei descriverne alcuni tratti ispirati dall’angolatura di Bibione, definita “spiaggia per le famiglie” anche da uno studio dell’Università di Klagenfurt Alpen-Adria.

Non c’è dubbio che per molti la vacanza è il momento per staccare dalla frenetica vita dei nostri giorni e riallacciare un sereno rapporto con se stessi, la famiglia e l’ambiente. È all’interno di questo orizzonte e consapevole di questa realtà che la parrocchia si mette a servizio di quanti giungono qui in vacanza e offre al turista prima di tutto l’opportunità di sentirsi a casa, di poter riunirsi agli amici e alle gioie vissute l’anno precedente, in un clima di serenità. Proprio questa tranquillità segnata dal tempo liberato dagli affanni permette di accogliere e gustare meglio le proposte che vengono offerte: le Messe, sacerdoti disponibili per le confessioni (quanti ormai dicono che si confessano una volta all’anno proprio a Bibione…), le conferenze, i concerti… occasioni tutte che non vengono strozzate nell’inesorabile ingranaggio di un orologio che obbliga a scappare a casa perché è tardi e domani devi andare a lavorare o portare i bambini a scuola. La vacanza libera anche da questo, e permette di vivere le occasioni offerte.

La parrocchia si trasforma così in una sorta di santuario dove i turisti-pellegrini possono sperimentare la proposta di una semplice e genuina spiritualità, la stessa che hanno in parrocchia a casa propria ma vissuta con quella serenità che solo il ritmo della vacanza può offrire. Da anni tocco con mano quanto la chiesa e lo spazio parrocchiale diventino luoghi di sosta e di incontro, di silenzio e di preghiera, un rifugio per riscoprire se stessi che fa sorgere in molti la nostalgia di Dio. La parrocchia in contesto turistico può veramente trasformarsi in una bella opportunità di nuova evangelizzazione, confidando che, rientrato a casa, ciascuno torni nella propria parrocchia per portare la freschezza dell’incontro e dell’esperienza. Vari parroci mi scrivono o mi chiamano per confermarmi e rincuorarmi.

Questa convinzione mi ha portato a valorizzare e proporre quanto la Chiesa consiglia e la nostra gente molto spesso cerca, affinché ciascuno trovi “casa” anche nella vita spirituale: le devozioni popolari, l’adorazione eucaristica e la lectio divina, confessioni e colloqui personali, concerti d’organo e conferenze su temi d’attualità, semplici incontri che vivo passeggiando per la città e portando il saluto a commercianti e operatori turistici (il cartellone 2017, partito a maggio, si chiuderà in setembre). È in questo panorama che s’inserisce l’iniziativa culturale dell’estate «Bibione guarda all’Avvenire», giunta alla sua XI edizione, con la premessa di un anno “0” che fu la cartina di tornasole: 12 anni fa, infatti, tentammo di proporre una serata culturale in parrocchia e vista la risposta capimmo subito che la gente cercava anche altro dalla vacanza. E per noi nacque uno splendido sodalizio con Avvenire e la sua squadra, arrivando a proporre a turisti e operatori turistici il quotidiano stesso.

Da qui si sviluppò e si arricchì di anno in anno l’intera programmazione estiva ( www.parrocchiabibione.org ), offrendo ai turisti occasioni d’incontro, di intrattenimento, di riflessione, e avendo sempre come riferimento Avvenire: dalla lettura del quotidiano infatti scegliamo molte delle firme per le serate culturali, spunti per gli spettacoli teatrali, la musica, i libri, a dimostrazione che il quotidiano mette in pagina storie vere che meritano di essere raccontate a loro volta dal vivo perché fanno bene. È quanto cerchiamo proponendo il quotidiano ogni domenica e facendolo trovare in tutti e 95 gli alberghi della città. Tutto questo senza perdere di vista la vita quotidiana: gli anziani che ti aspettano, i malati che attendono una visita, i ragazzi del Grest in oratorio tutta l’estate…

*parroco di Bibione, diocesi di Concordia-Pordenone

Ecco tutte le tappe delle feste di Avvenire

Matera 26/30 giugno

Iesolo 5 luglio

Bibione 16/23 luglio

Cortina 20/21 luglio

Vigo di Fassa 27/28 luglio

Lerici 29 luglio/6 agosto

Sanremo 18/20 agosto

Terrasini 14/17 settembre

 

Da Matera a Bibione, le 8 feste estive di Avvenire

Mi appresto a vivere la mia 14esima stagione turistica estiva, ma potrei anche definirlo «anno pastorale estivo». Alla luce di questa esperienza e dei convegni sulla pastorale del turismo ai quali ho partecipato, vorrei descriverne alcuni tratti ispirati dall’angolatura di Bibione, definita “spiaggia per le famiglie” anche da uno studio dell’Università di Klagenfurt Alpen-Adria.

Non c’è dubbio che per molti la vacanza è il momento per staccare dalla frenetica vita dei nostri giorni e riallacciare un sereno rapporto con se stessi, la famiglia e l’ambiente. È all’interno di questo orizzonte e consapevole di questa realtà che la parrocchia si mette a servizio di quanti giungono qui in vacanza e offre al turista prima di tutto l’opportunità di sentirsi a casa, di poter riunirsi agli amici e alle gioie vissute l’anno precedente, in un clima di serenità. Proprio questa tranquillità segnata dal tempo liberato dagli affanni permette di accogliere e gustare meglio le proposte che vengono offerte: le Messe, sacerdoti disponibili per le confessioni (quanti ormai dicono che si confessano una volta all’anno proprio a Bibione…), le conferenze, i concerti… occasioni tutte che non vengono strozzate nell’inesorabile ingranaggio di un orologio che obbliga a scappare a casa perché è tardi e domani devi andare a lavorare o portare i bambini a scuola. La vacanza libera anche da questo, e permette di vivere le occasioni offerte.

La parrocchia si trasforma così in una sorta di santuario dove i turisti-pellegrini possono sperimentare la proposta di una semplice e genuina spiritualità, la stessa che hanno in parrocchia a casa propria ma vissuta con quella serenità che solo il ritmo della vacanza può offrire. Da anni tocco con mano quanto la chiesa e lo spazio parrocchiale diventino luoghi di sosta e di incontro, di silenzio e di preghiera, un rifugio per riscoprire se stessi che fa sorgere in molti la nostalgia di Dio. La parrocchia in contesto turistico può veramente trasformarsi in una bella opportunità di nuova evangelizzazione, confidando che, rientrato a casa, ciascuno torni nella propria parrocchia per portare la freschezza dell’incontro e dell’esperienza. Vari parroci mi scrivono o mi chiamano per confermarmi e rincuorarmi.

Questa convinzione mi ha portato a valorizzare e proporre quanto la Chiesa consiglia e la nostra gente molto spesso cerca, affinché ciascuno trovi “casa” anche nella vita spirituale: le devozioni popolari, l’adorazione eucaristica e la lectio divina, confessioni e colloqui personali, concerti d’organo e conferenze su temi d’attualità, semplici incontri che vivo passeggiando per la città e portando il saluto a commercianti e operatori turistici (il cartellone 2017, partito a maggio, si chiuderà in setembre). È in questo panorama che s’inserisce l’iniziativa culturale dell’estate «Bibione guarda all’Avvenire», giunta alla sua XI edizione, con la premessa di un anno “0” che fu la cartina di tornasole: 12 anni fa, infatti, tentammo di proporre una serata culturale in parrocchia e vista la risposta capimmo subito che la gente cercava anche altro dalla vacanza. E per noi nacque uno splendido sodalizio con Avvenire e la sua squadra, arrivando a proporre a turisti e operatori turistici il quotidiano stesso.

Da qui si sviluppò e si arricchì di anno in anno l’intera programmazione estiva ( www.parrocchiabibione.org ), offrendo ai turisti occasioni d’incontro, di intrattenimento, di riflessione, e avendo sempre come riferimento Avvenire: dalla lettura del quotidiano infatti scegliamo molte delle firme per le serate culturali, spunti per gli spettacoli teatrali, la musica, i libri, a dimostrazione che il quotidiano mette in pagina storie vere che meritano di essere raccontate a loro volta dal vivo perché fanno bene. È quanto cerchiamo proponendo il quotidiano ogni domenica e facendolo trovare in tutti e 95 gli alberghi della città. Tutto questo senza perdere di vista la vita quotidiana: gli anziani che ti aspettano, i malati che attendono una visita, i ragazzi del Grest in oratorio tutta l’estate…

*parroco di Bibione, diocesi di Concordia-Pordenone

Ecco tutte le tappe delle feste di Avvenire

Matera 26/30 giugno

Iesolo 5 luglio

Bibione 16/23 luglio

Cortina 20/21 luglio

Vigo di Fassa 27/28 luglio

Lerici 29 luglio/6 agosto

Sanremo 18/20 agosto

Terrasini 14/17 settembre

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Da Matera a Bibione, le 8 feste estive di Avvenire

Mi appresto a vivere la mia 14esima stagione turistica estiva, ma potrei anche definirlo «anno pastorale estivo». Alla luce di questa esperienza e dei convegni sulla pastorale del turismo ai quali ho partecipato, vorrei descriverne alcuni tratti ispirati dall’angolatura di Bibione, definita “spiaggia per le famiglie” anche da uno studio dell’Università di Klagenfurt Alpen-Adria.

Non c’è dubbio che per molti la vacanza è il momento per staccare dalla frenetica vita dei nostri giorni e riallacciare un sereno rapporto con se stessi, la famiglia e l’ambiente. È all’interno di questo orizzonte e consapevole di questa realtà che la parrocchia si mette a servizio di quanti giungono qui in vacanza e offre al turista prima di tutto l’opportunità di sentirsi a casa, di poter riunirsi agli amici e alle gioie vissute l’anno precedente, in un clima di serenità. Proprio questa tranquillità segnata dal tempo liberato dagli affanni permette di accogliere e gustare meglio le proposte che vengono offerte: le Messe, sacerdoti disponibili per le confessioni (quanti ormai dicono che si confessano una volta all’anno proprio a Bibione…), le conferenze, i concerti… occasioni tutte che non vengono strozzate nell’inesorabile ingranaggio di un orologio che obbliga a scappare a casa perché è tardi e domani devi andare a lavorare o portare i bambini a scuola. La vacanza libera anche da questo, e permette di vivere le occasioni offerte.

La parrocchia si trasforma così in una sorta di santuario dove i turisti-pellegrini possono sperimentare la proposta di una semplice e genuina spiritualità, la stessa che hanno in parrocchia a casa propria ma vissuta con quella serenità che solo il ritmo della vacanza può offrire. Da anni tocco con mano quanto la chiesa e lo spazio parrocchiale diventino luoghi di sosta e di incontro, di silenzio e di preghiera, un rifugio per riscoprire se stessi che fa sorgere in molti la nostalgia di Dio. La parrocchia in contesto turistico può veramente trasformarsi in una bella opportunità di nuova evangelizzazione, confidando che, rientrato a casa, ciascuno torni nella propria parrocchia per portare la freschezza dell’incontro e dell’esperienza. Vari parroci mi scrivono o mi chiamano per confermarmi e rincuorarmi.

Questa convinzione mi ha portato a valorizzare e proporre quanto la Chiesa consiglia e la nostra gente molto spesso cerca, affinché ciascuno trovi “casa” anche nella vita spirituale: le devozioni popolari, l’adorazione eucaristica e la lectio divina, confessioni e colloqui personali, concerti d’organo e conferenze su temi d’attualità, semplici incontri che vivo passeggiando per la città e portando il saluto a commercianti e operatori turistici (il cartellone 2017, partito a maggio, si chiuderà in setembre). È in questo panorama che s’inserisce l’iniziativa culturale dell’estate «Bibione guarda all’Avvenire», giunta alla sua XI edizione, con la premessa di un anno “0” che fu la cartina di tornasole: 12 anni fa, infatti, tentammo di proporre una serata culturale in parrocchia e vista la risposta capimmo subito che la gente cercava anche altro dalla vacanza. E per noi nacque uno splendido sodalizio con Avvenire e la sua squadra, arrivando a proporre a turisti e operatori turistici il quotidiano stesso.

Da qui si sviluppò e si arricchì di anno in anno l’intera programmazione estiva ( www.parrocchiabibione.org ), offrendo ai turisti occasioni d’incontro, di intrattenimento, di riflessione, e avendo sempre come riferimento Avvenire: dalla lettura del quotidiano infatti scegliamo molte delle firme per le serate culturali, spunti per gli spettacoli teatrali, la musica, i libri, a dimostrazione che il quotidiano mette in pagina storie vere che meritano di essere raccontate a loro volta dal vivo perché fanno bene. È quanto cerchiamo proponendo il quotidiano ogni domenica e facendolo trovare in tutti e 95 gli alberghi della città. Tutto questo senza perdere di vista la vita quotidiana: gli anziani che ti aspettano, i malati che attendono una visita, i ragazzi del Grest in oratorio tutta l’estate…

*parroco di Bibione, diocesi di Concordia-Pordenone

Ecco tutte le tappe delle feste di Avvenire

Matera 26/30 giugno

Iesolo 5 luglio

Bibione 16/23 luglio

Cortina 20/21 luglio

Vigo di Fassa 27/28 luglio

Lerici 29 luglio/6 agosto

Sanremo 18/20 agosto

Terrasini 14/17 settembre

Giornata 5: venerdì 30 giugno

GIORNATA 5 – Venerdì 30 Giugno 2017

ll Papa visto da vicino 

Intervengono

  1. Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi
  2. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano
  3. Padre Mauro Gambetti, Custode del Sacro Convento di Assisi

Conclude

Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo

Modera

Gianni Cardinale

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

 

Giornata 4: giovedì 29 giugno

GIORNATA 4 – Giovedì 29 Giugno 2017

Famiglia, giovani e lavoro

Intervengono

  1. Card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana
  2. Vito De Filippo, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca
  3. Antonio De Caro, Sindaco di Bari e Presidente dell’Anci  (Associazione nazionale Comuni Italiani)
  4. Pasquale Lorusso, Presidente Confindustria Basilicata
  5. Rosario Altieri, Presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane e copresidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane
  6. Gabriela Buffa, Responsabile internazionale dei giovani della I.C.A.

Conclude

Mons. Francesco Sirufo, Arcivescovo di Acerenza

Modera

Paolo Lambruschi

 

SALA DEGLI STEMMI ARCIVESCOVADO

ore 18.00La Chiesa d’Italia – Incontro con il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana,  Card. Gualtiero Bassetti  –  modera: Gianni Cardinale

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

Giornata 3: mercoledì 28 giugno

GIORNATA 3 – Mercoledì 28 Giugno 2017

Il Mediterraneo e il mondo che cambia:

il fenomeno migratorio

Intervengono

  1. Enrico Letta
  2. Giulio Tremonti
  3. Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio

Videomessaggio di

Monique Leroux

Conclude

Mons. Giovanni Intini, Vescovo di Tricarico

Modera

Paolo Lambruschi

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

Giornata 2: martedì 27 giugno

GIORNATA 2 – Martedì 27 Giugno 2017

Lo sviluppo del  Mezzogiorno

Riflessione con:

Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro

Intervengono

  1. Filippo Bubbico, Viceministro dell’Interno
  2. Marcello Pittella, Presidente della Regione Basilicata
  3. Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia
  4. Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo

Conclude

Mons. Gianfranco Todisco, Amministratore Apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa

Modera

Vincenzo Rosario Spagnolo

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

Presentata la festa di Avvenire: 5 serate sui temi forti dell’attualità

«Qui ci sono energie civili ed ecclesiali prorompenti; per quanto ci riguarda, risponderemo alla nostra missione se saremo in grado di aiutare questi luoghi a costruire un protagonismo permanente, ad accompagnare un processo di sviluppo che è già partito». Così ieri a Matera il direttore di ‘Avvenire’, Marco Tarquinio, ha evidenziato le finalità alla base della scelta di svolgere nella Capitale europea della cultura 2019 una Festa nazionale del quotidiano cattolico.

L’evento è stato voluto dall’arcidiocesi guidata da poco più di un anno da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo. Nel solco delle otto feste di ‘Avvenire’ sparse per il Paese, quella materana, che si svolgerà nei rioni Sassi dal 26 al 30 giugno, avrà un programma particolarmente ricco. La giornata inaugurale – ‘Chiesa e mondo’ – sarà aperta dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino; il 27 giugno – ‘Lo sviluppo del Mezzogiorno’ – interverranno, tra gli altri, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, i presidenti delle Regioni Basilicata e Puglia, Marcello Pittella e Michele Emiliano, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Enrico Letta, Giulio Tremonti e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo daranno vita alla serata sul ‘Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio’. Di ‘Famiglia, giovani e lavoro’ si parlerà il 29 anche con il sottosegretario del Miur Vito De Filippo e il presidente dell’Anci Antonio De Caro.

Suggestiva l’ultima sera: il tema ‘Il Papa visto da vicino’ sarà sviluppato dai cardinali Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei vescovi, dal vescovo di Albano, Marcello Semeraro, e da padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi.

Lo stesso giorno sarà ospite il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. «La Festa unirà sforzi e idee di tutti i vescovi lucani – ha sottolineato Caiazzo, riferendosi alla presenza nelle cinque serate dei confratelli di Potenza, Acerenza, Tursi, Tricarico e Melfi –. E diventa occasione per riflettere e sentirci parte attiva di processi, come quello migratorio, che ‘Avvenire’ ogni giorno racconta con coraggio». L’evento è sostenuto da Cooperativa Auxilium, Bcc di Alberobello e Sammichele di Bari e Bawer.

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Presentata la festa di Avvenire: 5 serate sui temi forti dell’attualità

«Qui ci sono energie civili ed ecclesiali prorompenti; per quanto ci riguarda, risponderemo alla nostra missione se saremo in grado di aiutare questi luoghi a costruire un protagonismo permanente, ad accompagnare un processo di sviluppo che è già partito». Così ieri a Matera il direttore di ‘Avvenire’, Marco Tarquinio, ha evidenziato le finalità alla base della scelta di svolgere nella Capitale europea della cultura 2019 una Festa nazionale del quotidiano cattolico.

L’evento è stato voluto dall’arcidiocesi guidata da poco più di un anno da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo. Nel solco delle otto feste di ‘Avvenire’ sparse per il Paese, quella materana, che si svolgerà nei rioni Sassi dal 26 al 30 giugno, avrà un programma particolarmente ricco. La giornata inaugurale – ‘Chiesa e mondo’ – sarà aperta dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino; il 27 giugno – ‘Lo sviluppo del Mezzogiorno’ – interverranno, tra gli altri, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, i presidenti delle Regioni Basilicata e Puglia, Marcello Pittella e Michele Emiliano, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Enrico Letta, Giulio Tremonti e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo daranno vita alla serata sul ‘Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio’. Di ‘Famiglia, giovani e lavoro’ si parlerà il 29 anche con il sottosegretario del Miur Vito De Filippo e il presidente dell’Anci Antonio De Caro.

Suggestiva l’ultima sera: il tema ‘Il Papa visto da vicino’ sarà sviluppato dai cardinali Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei vescovi, dal vescovo di Albano, Marcello Semeraro, e da padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi.

Lo stesso giorno sarà ospite il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. «La Festa unirà sforzi e idee di tutti i vescovi lucani – ha sottolineato Caiazzo, riferendosi alla presenza nelle cinque serate dei confratelli di Potenza, Acerenza, Tursi, Tricarico e Melfi –. E diventa occasione per riflettere e sentirci parte attiva di processi, come quello migratorio, che ‘Avvenire’ ogni giorno racconta con coraggio». L’evento è sostenuto da Cooperativa Auxilium, Bcc di Alberobello e Sammichele di Bari e Bawer.

Presentata la festa di Avvenire: 5 serate sui temi forti dell’attualità

«Qui ci sono energie civili ed ecclesiali prorompenti; per quanto ci riguarda, risponderemo alla nostra missione se saremo in grado di aiutare questi luoghi a costruire un protagonismo permanente, ad accompagnare un processo di sviluppo che è già partito». Così ieri a Matera il direttore di ‘Avvenire’, Marco Tarquinio, ha evidenziato le finalità alla base della scelta di svolgere nella Capitale europea della cultura 2019 una Festa nazionale del quotidiano cattolico.

L’evento è stato voluto dall’arcidiocesi guidata da poco più di un anno da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo. Nel solco delle otto feste di ‘Avvenire’ sparse per il Paese, quella materana, che si svolgerà nei rioni Sassi dal 26 al 30 giugno, avrà un programma particolarmente ricco. La giornata inaugurale – ‘Chiesa e mondo’ – sarà aperta dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino; il 27 giugno – ‘Lo sviluppo del Mezzogiorno’ – interverranno, tra gli altri, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, i presidenti delle Regioni Basilicata e Puglia, Marcello Pittella e Michele Emiliano, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Enrico Letta, Giulio Tremonti e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo daranno vita alla serata sul ‘Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio’. Di ‘Famiglia, giovani e lavoro’ si parlerà il 29 anche con il sottosegretario del Miur Vito De Filippo e il presidente dell’Anci Antonio De Caro.

Suggestiva l’ultima sera: il tema ‘Il Papa visto da vicino’ sarà sviluppato dai cardinali Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei vescovi, dal vescovo di Albano, Marcello Semeraro, e da padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi.

Lo stesso giorno sarà ospite il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. «La Festa unirà sforzi e idee di tutti i vescovi lucani – ha sottolineato Caiazzo, riferendosi alla presenza nelle cinque serate dei confratelli di Potenza, Acerenza, Tursi, Tricarico e Melfi –. E diventa occasione per riflettere e sentirci parte attiva di processi, come quello migratorio, che ‘Avvenire’ ogni giorno racconta con coraggio». L’evento è sostenuto da Cooperativa Auxilium, Bcc di Alberobello e Sammichele di Bari e Bawer.

Giornata 1: lunedì 26 giugno

GIORNATA 1 – Lunedì 26 Giugno 2017

Chiesa e Mondo

Saluti

Raffaello De Ruggieri, Sindaco di Matera
Dario De Luca, Sindaco di Potenza

Intervengono

  1. Mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana
  2. Lucio Brunelli, Direttore delle testate giornalistiche delle emittenti Cei TV2000 e Radio InBlu
  3. Padre Enzo Fortunato, Direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi

Conclude

Mons. Vincenzo Carmine Orofino, Vescovo di Tursi-Lagonegro

Modera

Mimmo Muolo

 

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.