Semeraro: «La santità cambia la storia»

È il segno della bellezza il filo rosso che ha animato ieri la seconda giornata della Festa di Avvenire a Grado, nell’arcidiocesi di Gorizia. La bellezza di una fede che lascia segni nella storia e che ancora oggi può fare cultura e costruire la pace.

A confermare che tutto ciò è possibile, ieri sera nella Cattedrale di Sant’Eufemia, è stata la voce del cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi, intervistato da Matteo Liut di Avvenire assieme a Mauro Ungaro, direttore del settimanale diocesano di Gorizia e presidente della Federazione italiana settimanali cattolici.

Nel dialogo con i giornalisti il porporato si è soffermato a riflettere sull’esperienza concreta della «santità di tutti i giorni», che è diversa dall’essere «eroi» e che può davvero cambiare le cose. Semeraro, poi, ha raccontato del significato del suo impegno al servizio della Chiesa universale e del legame di stretta collaborazione che lo unisce a papa Francesco da molto tempo.

I presenti hanno poi potuto visitare il tesoro del Duomo di Grado (con alcuni pezzi risalenti anche al V-VI secolo, come la cappella dei santi Canziani), spiegato dallo storico Matteo Marchesan.

La giornata, resa possibile dall’impegno del parroco dell’isola, monsignor Paolo Nutarelli, si è aperta ieri mattina con la visita del cardinale al santuario mariano di Barbana, sull’omonima isola nel cuore della laguna di Grado, dove il cardinale è giunto assieme all’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli.

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Semeraro: «La santità cambia la storia»

È il segno della bellezza il filo rosso che ha animato ieri la seconda giornata della Festa di Avvenire a Grado, nell’arcidiocesi di Gorizia. La bellezza di una fede che lascia segni nella storia e che ancora oggi può fare cultura e costruire la pace.

A confermare che tutto ciò è possibile, ieri sera nella Cattedrale di Sant’Eufemia, è stata la voce del cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi, intervistato da Matteo Liut di Avvenire assieme a Mauro Ungaro, direttore del settimanale diocesano di Gorizia e presidente della Federazione italiana settimanali cattolici.

Nel dialogo con i giornalisti il porporato si è soffermato a riflettere sull’esperienza concreta della «santità di tutti i giorni», che è diversa dall’essere «eroi» e che può davvero cambiare le cose. Semeraro, poi, ha raccontato del significato del suo impegno al servizio della Chiesa universale e del legame di stretta collaborazione che lo unisce a papa Francesco da molto tempo.

I presenti hanno poi potuto visitare il tesoro del Duomo di Grado (con alcuni pezzi risalenti anche al V-VI secolo, come la cappella dei santi Canziani), spiegato dallo storico Matteo Marchesan.

La giornata, resa possibile dall’impegno del parroco dell’isola, monsignor Paolo Nutarelli, si è aperta ieri mattina con la visita del cardinale al santuario mariano di Barbana, sull’omonima isola nel cuore della laguna di Grado, dove il cardinale è giunto assieme all’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli.

Il premio “Narducci” a Lorena Bianchetti

Si è svolta ieri sera a Lerici (La Spezia), nel corso della tradizionale Festa di Avvenire (giunta alla 46ma edizione), la cerimonia conclusiva del premio giornalistico ‘Angelo Narducci’. A consegnare il prestigioso riconoscimento, attribuito quest’anno alla conduttrice televisiva Lorena Bianchetti, è stato il vescovo della diocesi di Spezia-Sarzana-Brugnato, monsignor Luigi Ernesto Palletti, affiancato dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

Lorena Bianchetti: «La sua serietà professionale – si legge nelle motivazioni – unita ad amabilità e tratto familiare nel-l’affrontare temi che aiutano a far conoscere il messaggio cristiano, la fanno apprezzare e ne fanno un punto di riferimento per il grande pubblico».

Nel corso della serata, la vincitrice – tra l’altro testimonial dell’Agenzia Onu per i rifugiati e cavaliere della Repubblica – ha dialogato con Alessandro Zaccuri, direttore della comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: cuore dell’intervista, che cosa significhi fare informazione religiosa oggi.

Bianchetti, infatti, è molto conosciuta al grande pubblico come conduttrice, la domenica mattina su Rai 1, del programma di informazione e di approfondimento religioso A sua immagine (di cui è anche co-autrice), in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana. Ma la giornalista ha al suo attivo numerose altre conduzioni televisive, ed attività di vario genere nel campo dei mezzi di comunicazione sociale, come ad esempio, il 22 aprile scorso, un’intervista esclusiva a papa Francesco sul tema della guerra, ed altri. Nel 2018 ha pubblicato il libro La guerriera disarmata (Piemme Mondadori).

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Il premio “Narducci” a Lorena Bianchetti

Si è svolta ieri sera a Lerici (La Spezia), nel corso della tradizionale Festa di Avvenire (giunta alla 46ma edizione), la cerimonia conclusiva del premio giornalistico ‘Angelo Narducci’. A consegnare il prestigioso riconoscimento, attribuito quest’anno alla conduttrice televisiva Lorena Bianchetti, è stato il vescovo della diocesi di Spezia-Sarzana-Brugnato, monsignor Luigi Ernesto Palletti, affiancato dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

Lorena Bianchetti: «La sua serietà professionale – si legge nelle motivazioni – unita ad amabilità e tratto familiare nel-l’affrontare temi che aiutano a far conoscere il messaggio cristiano, la fanno apprezzare e ne fanno un punto di riferimento per il grande pubblico».

Nel corso della serata, la vincitrice – tra l’altro testimonial dell’Agenzia Onu per i rifugiati e cavaliere della Repubblica – ha dialogato con Alessandro Zaccuri, direttore della comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: cuore dell’intervista, che cosa significhi fare informazione religiosa oggi.

Bianchetti, infatti, è molto conosciuta al grande pubblico come conduttrice, la domenica mattina su Rai 1, del programma di informazione e di approfondimento religioso A sua immagine (di cui è anche co-autrice), in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana. Ma la giornalista ha al suo attivo numerose altre conduzioni televisive, ed attività di vario genere nel campo dei mezzi di comunicazione sociale, come ad esempio, il 22 aprile scorso, un’intervista esclusiva a papa Francesco sul tema della guerra, ed altri. Nel 2018 ha pubblicato il libro La guerriera disarmata (Piemme Mondadori).

La Festa di Avvenire fa spazio alle imprese giovani e sostenibili

Per il secondo anno consecutivo la Festa di Avvenire, che si è tenuta ieri sera a Castellaneta Marina (Taranto) – alla presenza, tra gli altri, del vescovo di Castellaneta, Sabino Iannuzzi, e del direttore della Fondazione per il Sud, Marco Imperiale –, ha messo al centro le nuove generazioni, con un occhio alle professioni del futuro, legate alla sostenibilità ambientale e sociale. «Il senso di questa serata per noi è ripartire non “dai” giovani, quanto “con” i giovani», ha detto don Oronzo Marraffa, responsabile delle Comunicazioni sociali della diocesi. «Le imprese giovani e con un occhio attento ai temi dell’energia pulita – ha spiegato Donato Notarangelo, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Bari Bat – sono in crescita. Oltre il 71% delle aziende pugliesi giovani considera la sostenibilità un driver per la qualità e un punto fondamentale in termini di reputazione aziendale».

Per il segretario generale dell’Arel (Agenzia di ricerche e legislazione), Alberto Biancardi, «il Sud può approfittare di una fase, quella del Pnrr, in cui si dovrà cambiare molto in termini di dotazione infrastrutturale e di riassetto energetico ambientale, grazie al Pnrr». Non è facile «ma bisogna provarci – ha quindi insistito Biancardi –, anche perché nel Sud c’è già qualcosa in movimento: e dove ci sono contesti più stabili e trasparenti, con governance migliori, gli investimenti arrivano».

Da parte sua, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha parlato delle due facce con cui viene raccontato il Sud: quella «che narra un’infinità di problemi e quella che invece mette in luce grandi risorse, che però non sono eterne. Ma vanno custodite e sviluppate. Questa terra, la terra del sole – ha evidenziato il direttore – è un giacimento, possiede una ricchezza disponibile dal punto di vista energetico e dal punto di vista umano. Ma si tratta di “riprogettarle”. E per fare questo servono infrastrutture adeguate. Il Pnrr necessita di responsabilità della classe dirigente, così come di una rete di vigilanza civica costituita dagli stessi cittadini».

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La Festa di Avvenire fa spazio alle imprese giovani e sostenibili

Per il secondo anno consecutivo la Festa di Avvenire, che si è tenuta ieri sera a Castellaneta Marina (Taranto) – alla presenza, tra gli altri, del vescovo di Castellaneta, Sabino Iannuzzi, e del direttore della Fondazione per il Sud, Marco Imperiale –, ha messo al centro le nuove generazioni, con un occhio alle professioni del futuro, legate alla sostenibilità ambientale e sociale. «Il senso di questa serata per noi è ripartire non “dai†giovani, quanto “con†i giovani», ha detto don Oronzo Marraffa, responsabile delle Comunicazioni sociali della diocesi. «Le imprese giovani e con un occhio attento ai temi dell’energia pulita – ha spiegato Donato Notarangelo, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Bari Bat – sono in crescita. Oltre il 71% delle aziende pugliesi giovani considera la sostenibilità un driver per la qualità e un punto fondamentale in termini di reputazione aziendale».

Per il segretario generale dell’Arel (Agenzia di ricerche e legislazione), Alberto Biancardi, «il Sud può approfittare di una fase, quella del Pnrr, in cui si dovrà cambiare molto in termini di dotazione infrastrutturale e di riassetto energetico ambientale, grazie al Pnrr». Non è facile «ma bisogna provarci – ha quindi insistito Biancardi –, anche perché nel Sud c’è già qualcosa in movimento: e dove ci sono contesti più stabili e trasparenti, con governance migliori, gli investimenti arrivano».

Da parte sua, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha parlato delle due facce con cui viene raccontato il Sud: quella «che narra un’infinità di problemi e quella che invece mette in luce grandi risorse, che però non sono eterne. Ma vanno custodite e sviluppate. Questa terra, la terra del sole – ha evidenziato il direttore – è un giacimento, possiede una ricchezza disponibile dal punto di vista energetico e dal punto di vista umano. Ma si tratta di “riprogettarleâ€. E per fare questo servono infrastrutture adeguate. Il Pnrr necessita di responsabilità della classe dirigente, così come di una rete di vigilanza civica costituita dagli stessi cittadini».

L’amore di Luciani per la comunicazione

Si è svolto ieri il secondo appuntamento della “Festa della comunicazione in montagna” in diocesi di Belluno-Feltre, organizzata da “Avvenire” in collaborazione con il settimanale “L’Amico del Popolo”. Dopo la tappa di Cortina d’Ampezzo, è stata la volta di Canale d’Agordo.

Una dovuta devozione nel paese natale di Papa Luciani, che presto sarà beato. L’incontro è iniziato con la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo Renato Marangoni, in felice coincidenza con la festa liturgica di santa Maria Maddalena, l’«apostola degli apostoli ». Proprio a lei – sottolinea il Vescovo – il Risorto parla del «Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Una rivelazione del volto di Dio, che richiama il sorprendente annuncio di Giovanni Paolo I: Dio «è papà; più ancora è madre».

Poi il momento pubblico con il ritratto di Luciani come appassionato comunicatore. Una passione cominciata molto presto, sotto l’ala di don Filippo Carli, il parroco che fu suo maestro di fede e di vita pastorale. L’attività di pubblicista di Luciani è stata ampiamente studiata durante il processo canonico, individuando i testi, spesso non firmati, che lui redigeva per il settimanale diocesano. Curioso scoprire le pagine pungenti con cui il giovane sacerdote metteva in guardia i lettori dalla propaganda dei socialisti.

Stefania Falasca, vicepostulatrice ed editorialista di “Avvenire”, ha ricordato come negli anni Settanta Luciani fosse considerato una delle penne più brillanti dell’episcopato italiano. Spesso i suoi articoli venivano vergati su un inginocchiatoio davanti al tabernacolo nella cappella del patriarchio veneziano.

Intensa la testimonianza del direttore Marco Tarquinio, incentrata sui temi di attualità. Poiché con la penna si può fare del bene, i giornalisti cattolici hanno gli stessi doveri degli altri, ma vogliono fare i giornalisti amando. L’identità di “Avvenire” è come quella di una comunità, in cui l’editore non dà ordini di scuderia, se non quello di “fare la verità”.

Così raccontare i bizantinismi della politica italiana è difficile: ne abbiamo prova in questi drammatici giorni parlamentari. «Carità è dire con chiarezza le responsabilità, proprio perché oggi nessuno vuole assumersi la responsabilità di questa crisi di governo» ha detto Tarquinio.

Proprio “Avvenire” ha voluto essere – fin dalla sua fondazione – un giornale radicato nella realtà italiana, ma aperto sul mondo e quindi etimologicamente “cattolico”: sua ambizione è far capire anche il mondo agli italiani. L’incontro è stato concluso dal vescovo che, riprendendo l’idea di un giornale comunità, ha ricordato la coesione che vedeva legati insieme Luciani e il vescovo Bortignon, da cui Marangoni venne ordinato diacono.

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L’amore di Luciani per la comunicazione

Si è svolto ieri il secondo appuntamento della “Festa della comunicazione in montagna†in diocesi di Belluno-Feltre, organizzata da “Avvenire†in collaborazione con il settimanale “L’Amico del Popoloâ€. Dopo la tappa di Cortina d’Ampezzo, è stata la volta di Canale d’Agordo.

Una dovuta devozione nel paese natale di Papa Luciani, che presto sarà beato. L’incontro è iniziato con la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo Renato Marangoni, in felice coincidenza con la festa liturgica di santa Maria Maddalena, l’«apostola degli apostoli ». Proprio a lei – sottolinea il Vescovo – il Risorto parla del «Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Una rivelazione del volto di Dio, che richiama il sorprendente annuncio di Giovanni Paolo I: Dio «è papà; più ancora è madre».

Poi il momento pubblico con il ritratto di Luciani come appassionato comunicatore. Una passione cominciata molto presto, sotto l’ala di don Filippo Carli, il parroco che fu suo maestro di fede e di vita pastorale. L’attività di pubblicista di Luciani è stata ampiamente studiata durante il processo canonico, individuando i testi, spesso non firmati, che lui redigeva per il settimanale diocesano. Curioso scoprire le pagine pungenti con cui il giovane sacerdote metteva in guardia i lettori dalla propaganda dei socialisti.

Stefania Falasca, vicepostulatrice ed editorialista di “Avvenireâ€, ha ricordato come negli anni Settanta Luciani fosse considerato una delle penne più brillanti dell’episcopato italiano. Spesso i suoi articoli venivano vergati su un inginocchiatoio davanti al tabernacolo nella cappella del patriarchio veneziano.

Intensa la testimonianza del direttore Marco Tarquinio, incentrata sui temi di attualità. Poiché con la penna si può fare del bene, i giornalisti cattolici hanno gli stessi doveri degli altri, ma vogliono fare i giornalisti amando. L’identità di “Avvenire†è come quella di una comunità, in cui l’editore non dà ordini di scuderia, se non quello di “fare la veritàâ€.

Così raccontare i bizantinismi della politica italiana è difficile: ne abbiamo prova in questi drammatici giorni parlamentari. «Carità è dire con chiarezza le responsabilità, proprio perché oggi nessuno vuole assumersi la responsabilità di questa crisi di governo» ha detto Tarquinio.

Proprio “Avvenire†ha voluto essere – fin dalla sua fondazione – un giornale radicato nella realtà italiana, ma aperto sul mondo e quindi etimologicamente “cattolicoâ€: sua ambizione è far capire anche il mondo agli italiani. L’incontro è stato concluso dal vescovo che, riprendendo l’idea di un giornale comunità, ha ricordato la coesione che vedeva legati insieme Luciani e il vescovo Bortignon, da cui Marangoni venne ordinato diacono.

Parolin e la lezione di papa Luciani: la Chiesa parla con la forza della fede

Quattrocentosettanta pagine per 34 giorni di pontificato. La Fondazione vaticana ‘Giovanni Paolo I’ ha pubblicato i testi e di documenti di Giovanni Paolo I, Beato il prossimo 4 settembre, colmando una lacuna negli studi che esisteva dalla morte di Luciani, nel 1978. Già l’estensione del volume indica che il Magistero di papa Luciani «non è stato il passaggio di una meteora. Seppure il governo di Luciani non ha potuto dispiegarsi nella storia, egli ha concorso decisamente a rafforzare il disegno di una Chiesa che, con il Concilio, è risalita alle sorgenti e dalla sua fonte evangelica si piega così a servire il mondo, facendosi prossima alle realtà umane e alla loro sete di carità».

Sono le parole del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, che ha voluto presentare il libro ieri sera a Cortina d’Ampezzo, nella rassegna culturale Una montagna di libri coordinata da Francesco Chiamulera. Parolin ha annunciato che, in occasione della beatificazione di Luciani, il volume verrà dato in omaggio ai vescovi italiani. Si stagliano nell’azzurro e indicano il cielo le vette dolomitiche, dal Cristallo al Pomagagnon, di Cortina d’Ampezzo.

Parolin affronta i sei volumus, i sei ‘Vogliamo’, del radiomessaggio pronunciato dal nuovo Papa all’indomani dell’elezione, il 27 agosto 1978: proseguire nel solco del Concilio Vaticano II, mantenere incontaminata la grande disciplina della Chiesa, ammonire la Chiesa che il suo primo dovere è l’evangelizzazione, sforzarsi nell’impresa ecumenica, continuare la via del dialogo con tutta l’umanità, rendere sicura la pace e diffonderla. Sono altrettante vette nella carta geografica della Chiesa nel mondo che papa Luciani ha lasciato, come un esploratore adocchia nuove terre, appena abbozzate del suo pontificato. Di esse però alcuni tratti sono rimasti nitidi: sono quelli della Chiesa povera al servizio dei poveri, della collegialità episcopale (30 agosto), degli appelli alla pace in Medio Oriente (10 settembre).

E Parolin conclude: «Il mondo non si attende programmi politici dalla Chiesa, né una scelta di blocchi o frontiere, ma il coraggio della prudenza, la parresia di parlare ai potenti con la forza della fede, della santità, della preghiera. Le armi che più contano! Le sole armi efficaci in un’epoca travagliata, che anche oggi, sotto i deliri di potenza, sotto l’aridità, sotto l’indifferenza nasconde una sete illimitata di giustizia, di pace, di spiritualità. E di queste armi ci ha reso incancellabile testimonianza il governo pastorale di Albino Luciani – Giovanni Paolo I».

La vicepresidente della fondazione Stefania Falasca ha pure dato rilievo alla scientificità del libro edito dalla fondazione, che ha esaminato anche appunti e block notes del Papa (alcune immagini della ricerca sono state proiettate dall’archivista Flavia Tudini). Falasca parla di sermo humilis in Luciani: dal parroco di Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo), dove Luciani nacque nel 1912, ai suoi insegnanti nel Seminario di Feltre, a Giovanni XXIII che lo consacrò Vescovo, tutti gli raccomandarono di farsi capire. Ecco che Luciani può essere patrono della comunicazione nella Chiesa. La platea degli interventi ha visto anche il vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e dell’Amico del Popolo (settimanale diocesano di Belluno Feltre) Carlo Arrigoni.

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Parolin e la lezione di papa Luciani: la Chiesa parla con la forza della fede

Quattrocentosettanta pagine per 34 giorni di pontificato. La Fondazione vaticana ‘Giovanni Paolo I’ ha pubblicato i testi e di documenti di Giovanni Paolo I, Beato il prossimo 4 settembre, colmando una lacuna negli studi che esisteva dalla morte di Luciani, nel 1978. Già l’estensione del volume indica che il Magistero di papa Luciani «non è stato il passaggio di una meteora. Seppure il governo di Luciani non ha potuto dispiegarsi nella storia, egli ha concorso decisamente a rafforzare il disegno di una Chiesa che, con il Concilio, è risalita alle sorgenti e dalla sua fonte evangelica si piega così a servire il mondo, facendosi prossima alle realtà umane e alla loro sete di carità».

Sono le parole del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, che ha voluto presentare il libro ieri sera a Cortina d’Ampezzo, nella rassegna culturale Una montagna di libri coordinata da Francesco Chiamulera. Parolin ha annunciato che, in occasione della beatificazione di Luciani, il volume verrà dato in omaggio ai vescovi italiani. Si stagliano nell’azzurro e indicano il cielo le vette dolomitiche, dal Cristallo al Pomagagnon, di Cortina d’Ampezzo.

Parolin affronta i sei volumus, i sei ‘Vogliamo’, del radiomessaggio pronunciato dal nuovo Papa all’indomani dell’elezione, il 27 agosto 1978: proseguire nel solco del Concilio Vaticano II, mantenere incontaminata la grande disciplina della Chiesa, ammonire la Chiesa che il suo primo dovere è l’evangelizzazione, sforzarsi nell’impresa ecumenica, continuare la via del dialogo con tutta l’umanità, rendere sicura la pace e diffonderla. Sono altrettante vette nella carta geografica della Chiesa nel mondo che papa Luciani ha lasciato, come un esploratore adocchia nuove terre, appena abbozzate del suo pontificato. Di esse però alcuni tratti sono rimasti nitidi: sono quelli della Chiesa povera al servizio dei poveri, della collegialità episcopale (30 agosto), degli appelli alla pace in Medio Oriente (10 settembre).

E Parolin conclude: «Il mondo non si attende programmi politici dalla Chiesa, né una scelta di blocchi o frontiere, ma il coraggio della prudenza, la parresia di parlare ai potenti con la forza della fede, della santità, della preghiera. Le armi che più contano! Le sole armi efficaci in un’epoca travagliata, che anche oggi, sotto i deliri di potenza, sotto l’aridità, sotto l’indifferenza nasconde una sete illimitata di giustizia, di pace, di spiritualità. E di queste armi ci ha reso incancellabile testimonianza il governo pastorale di Albino Luciani – Giovanni Paolo I».

La vicepresidente della fondazione Stefania Falasca ha pure dato rilievo alla scientificità del libro edito dalla fondazione, che ha esaminato anche appunti e block notes del Papa (alcune immagini della ricerca sono state proiettate dall’archivista Flavia Tudini). Falasca parla di sermo humilis in Luciani: dal parroco di Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo), dove Luciani nacque nel 1912, ai suoi insegnanti nel Seminario di Feltre, a Giovanni XXIII che lo consacrò Vescovo, tutti gli raccomandarono di farsi capire. Ecco che Luciani può essere patrono della comunicazione nella Chiesa. La platea degli interventi ha visto anche il vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e dell’Amico del Popolo (settimanale diocesano di Belluno Feltre) Carlo Arrigoni.

La montagna, il giornalismo e il sogno giovane di Giovanni Paolo I

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È ormai una tradizione nell’estate bellunese: ogni anno Avvenire sale nella diocesi di Belluno-Feltre per la “Festa della comunicazione in montagna”, organizzata in collaborazione con il settimanale diocesano L’Amico del Popolo. Per gli amici e i collaboratori del settimanale è l’occasione per incontrare il direttore del quotidiano cattolico e altri ospiti di rilievo, con i quali vengono approfonditi temi di attualità. D’altra parte è l’occasione per far conoscere agli ospiti qualche aspetto delle vallate dolomitiche.

Quest’anno la festa non poteva che intonarsi al ricordo di papa Giovanni Paolo I, che il 4 settembre sarà elevato all’onore degli altari. Il suo ricordo ben si incastona nei temi della comunicazione che ispirano la festa. Infatti il giovane “don Albino” presto manifestò una propensione per il giornalismo, fin dai tempi del ginnasio, quando l’insegnante di lettere lo incoraggiava: «Tu sai scrivere. Sforzati».

Lo ricordava da Papa, aggiungendo: «… m’ha aiutato; essendo piuttosto timido di natura, se non c’era questa spinta, forse non avrei fatto un po’ di bene». La passione per la comunicazione venne poi plasmata dal parroco don Carli, che diede ad Albino un’indimenticabile lezione. Verso la fine del liceo, chiese al seminarista un articolo per il bollettino parrocchiale: «Ne venne fuori un pistolotto lungo, pieno di fiori letterari», ricorderà molti anni dopo. Il parroco gli disse: «È ben scritto, ma è troppo lungo e difficile. Pensa che lo deve leggere la vecchietta, che sta in cima al paese. Provaci di nuovo, ma va a capo spesso, fa’ periodi corti con idee semplici, vestite di immagini ed esposte con parole facilissime».

Il primo appuntamento della festa – inserito nella rassegna culturale “Una montagna di libri” – è previsto per giovedì alle ore 18 a Cortina d’Ampezzo. Dopo i saluti dei direttori e del vescovo diocesano, sarà presentato il volume “Il Magistero. Testi e documenti del pontificato”, recentemente edito a cura della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, per restituire all’originaria freschezza i discorsi e i documenti di quel breve, ma intenso pontificato. La conversazione vedrà protagonisti il cardinale Pietro Parolin e Stefania Falasca, presidente e vicepresidente della Fondazione Vaticana.

La “Festa” continuerà l’indomani, venerdì 22 luglio, a Canale d’Agordo, paese natale del Papa. Alle ore 9.30 il vescovo Renato Marangoni presiederà la celebrazione dell’Eucaristia nella chiesa parrocchiale. Seguirà un momento di dialogo con il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Verrà anche presentato, per conto della diocesi che ha seguito la fase romana del processo canonico, un ritratto del futuro beato come “giornalista”. Quindi i partecipanti visiteranno a gruppi i luoghi significativi del paese: la chiesa parrocchiale, il Museo Papa Luciani, la casa in cui Albino nacque e venne battezzato. In conclusione, sulla strada del ritorno, una sosta per ammirare la chiesa di san Simon a Vallada Agordina e la “Schola dei Battuti”, di cui poche settimane fa è stato inaugurato il restauro.

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La montagna, il giornalismo e il sogno giovane di Giovanni Paolo I

È ormai una tradizione nell’estate bellunese: ogni anno Avvenire sale nella diocesi di Belluno-Feltre per la “Festa della comunicazione in montagna”, organizzata in collaborazione con il settimanale diocesano L’Amico del Popolo. Per gli amici e i collaboratori del settimanale è l’occasione per incontrare il direttore del quotidiano cattolico e altri ospiti di rilievo, con i quali vengono approfonditi temi di attualità. D’altra parte è l’occasione per far conoscere agli ospiti qualche aspetto delle vallate dolomitiche.

Quest’anno la festa non poteva che intonarsi al ricordo di papa Giovanni Paolo I, che il 4 settembre sarà elevato all’onore degli altari. Il suo ricordo ben si incastona nei temi della comunicazione che ispirano la festa. Infatti il giovane “don Albino” presto manifestò una propensione per il giornalismo, fin dai tempi del ginnasio, quando l’insegnante di lettere lo incoraggiava: «Tu sai scrivere. Sforzati».

Lo ricordava da Papa, aggiungendo: «… m’ha aiutato; essendo piuttosto timido di natura, se non c’era questa spinta, forse non avrei fatto un po’ di bene». La passione per la comunicazione venne poi plasmata dal parroco don Carli, che diede ad Albino un’indimenticabile lezione. Verso la fine del liceo, chiese al seminarista un articolo per il bollettino parrocchiale: «Ne venne fuori un pistolotto lungo, pieno di fiori letterari», ricorderà molti anni dopo. Il parroco gli disse: «È ben scritto, ma è troppo lungo e difficile. Pensa che lo deve leggere la vecchietta, che sta in cima al paese. Provaci di nuovo, ma va a capo spesso, fa’ periodi corti con idee semplici, vestite di immagini ed esposte con parole facilissime».

Il primo appuntamento della festa – inserito nella rassegna culturale “Una montagna di libri” – è previsto per giovedì alle ore 18 a Cortina d’Ampezzo. Dopo i saluti dei direttori e del vescovo diocesano, sarà presentato il volume “Il Magistero. Testi e documenti del pontificato”, recentemente edito a cura della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, per restituire all’originaria freschezza i discorsi e i documenti di quel breve, ma intenso pontificato. La conversazione vedrà protagonisti il cardinale Pietro Parolin e Stefania Falasca, presidente e vicepresidente della Fondazione Vaticana.

La “Festa” continuerà l’indomani, venerdì 22 luglio, a Canale d’Agordo, paese natale del Papa. Alle ore 9.30 il vescovo Renato Marangoni presiederà la celebrazione dell’Eucaristia nella chiesa parrocchiale. Seguirà un momento di dialogo con il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Verrà anche presentato, per conto della diocesi che ha seguito la fase romana del processo canonico, un ritratto del futuro beato come “giornalista”. Quindi i partecipanti visiteranno a gruppi i luoghi significativi del paese: la chiesa parrocchiale, il Museo Papa Luciani, la casa in cui Albino nacque e venne battezzato. In conclusione, sulla strada del ritorno, una sosta per ammirare la chiesa di san Simon a Vallada Agordina e la “Schola dei Battuti”, di cui poche settimane fa è stato inaugurato il restauro.

La montagna, il giornalismo e il sogno giovane di papa Giovanni Paolo I

È ormai una tradizione nell’estate bellunese: ogni anno Avvenire sale nella diocesi di Belluno-Feltre per la “Festa della comunicazione in montagna”, organizzata in collaborazione con il settimanale diocesano L’Amico del Popolo. Per gli amici e i collaboratori del settimanale è l’occasione per incontrare il direttore del quotidiano cattolico e altri ospiti di rilievo, con i quali vengono approfonditi temi di attualità. D’altra parte è l’occasione per far conoscere agli ospiti qualche aspetto delle vallate dolomitiche.

Quest’anno la festa non poteva che intonarsi al ricordo di papa Giovanni Paolo I, che il 4 settembre sarà elevato all’onore degli altari. Il suo ricordo ben si incastona nei temi della comunicazione che ispirano la festa. Infatti il giovane “don Albino” presto manifestò una propensione per il giornalismo, fin dai tempi del ginnasio, quando l’insegnante di lettere lo incoraggiava: «Tu sai scrivere. Sforzati».

Lo ricordava da Papa, aggiungendo: «… m’ha aiutato; essendo piuttosto timido di natura, se non c’era questa spinta, forse non avrei fatto un po’ di bene». La passione per la comunicazione venne poi plasmata dal parroco don Carli, che diede ad Albino un’indimenticabile lezione. Verso la fine del liceo, chiese al seminarista un articolo per il bollettino parrocchiale: «Ne venne fuori un pistolotto lungo, pieno di fiori letterari», ricorderà molti anni dopo. Il parroco gli disse: «È ben scritto, ma è troppo lungo e difficile. Pensa che lo deve leggere la vecchietta, che sta in cima al paese. Provaci di nuovo, ma va a capo spesso, fa’ periodi corti con idee semplici, vestite di immagini ed esposte con parole facilissime».

Il primo appuntamento della festa – inserito nella rassegna culturale “Una montagna di libri” – è previsto per giovedì alle ore 18 a Cortina d’Ampezzo. Dopo i saluti dei direttori e del vescovo diocesano, sarà presentato il volume “Il Magistero. Testi e documenti del pontificato”, recentemente edito a cura della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, per restituire all’originaria freschezza i discorsi e i documenti di quel breve, ma intenso pontificato. La conversazione vedrà protagonisti il cardinale Pietro Parolin e Stefania Falasca, presidente e vicepresidente della Fondazione Vaticana.

La “Festa” continuerà l’indomani, venerdì 22 luglio, a Canale d’Agordo, paese natale del Papa. Alle ore 9.30 il vescovo Renato Marangoni presiederà la celebrazione dell’Eucaristia nella chiesa parrocchiale. Seguirà un momento di dialogo con il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Verrà anche presentato, per conto della diocesi che ha seguito la fase romana del processo canonico, un ritratto del futuro beato come “giornalista”. Quindi i partecipanti visiteranno a gruppi i luoghi significativi del paese: la chiesa parrocchiale, il Museo Papa Luciani, la casa in cui Albino nacque e venne battezzato. In conclusione, sulla strada del ritorno, una sosta per ammirare la chiesa di san Simon a Vallada Agordina e la “Schola dei Battuti”, di cui poche settimane fa è stato inaugurato il restauro.

Energia e lavoro, il patto di Matera. «Nuovo tavolo di confronto con Eni»

Un nuovo patto, una ripartenza che sappia far coesistere, in Basilicata, l’irrinunciabile esigenza di estrarre petrolio e gas a quella di garantire il migliore utilizzo possibile delle risorse di compensazione messe a disposizione dalle aziende petrolifere – Eni in testa –, nel rispetto di esigenze ambientali e salute pubblica.

È quanto ha proposto il vescovo di Tursi-Lagonegro, Vincenzo Orofino, intervenendo nei giorni scorsi, a Matera, alla sesta Festa nazionale di Avvenire, promossa dalla Conferenza episcopale di Basilicata e dall’Associazione Giovane Europa. Una proposta subito accolta dall’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, presente all’evento assieme al cardinale Mauro Gambetti, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano e arciprete di San Pietro, e allo stesso direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

Un «segnale di attenzione» ai territori che ha suscitato non poco interesse in regione. Le comunità locali ora chiedono ai vertici della compagnia petrolifera di inaugurare un nuovo «percorso di condivisione» delle scelte produttive. Orofino, infatti, ha proposto a Desclazi un immediato confronto, un vero e proprio tavolo di lavoro, da tenersi a Viggiano, in Val d’Agri, l’area lucana nel cui sottosuolo si trova il più grande giacimento petrolifero dell’Europa continentale. «È fondamentale – ha dichiarato il presule lucano – che le royalties petrolifere generino un autentico e duraturo sviluppo che permetta al popolo lucano di guardare al futuro con una rinnovata progettualità e con un orizzonte di speranza, di generare l’unica grande ricchezza possibile: quella di creare opportunità lavorative concrete ai giovani del posto, arrestandone la fuga verso altre realtà attualmente più attrattive».

Descalzi, per parte sua, ha spiegato che «in Basilicata non ci accontentiamo di pagare royalties e tasse. Diamo anche un indennizzo per ogni barile e daremo 160 milioni di metri cubi di gas gratis a tutta la regione». Tra gli altri progetti, Eni ha lanciato nel 2019 il progetto Energy Valley, un polo agro-ambientale e tecnologico attraverso cui mette già a disposizione del territorio una serie di risorse e studi applicativi, oltre a interventi di sperimentazione agricola o percorsi ciclopedonali.

Reazioni positive al nuovo corso del dialogo tra la comunità lucana e il cane a sei zampe sono arrivate innanzitutto dai sindacati. «L’aspetto di grande valore e rilevanza è stato rappresentato dall’intervento del vescovo Orofino», con la sua «proposta unitaria di corresponsabilità tra la multinazionale, le istituzioni e le forze sociali per delineare il futuro e lo sviluppo della nostra regione», ha sottolineato il segretario generale della Cgil Basilicata, Angelo Summa. In particolare, secondo le parti sociali, va «raccolto positivamente» l’impegno a convocare un tavolo a Viggiano con Eni, «sulle scelte programmatiche che riguardano il nostro territorio e il nostro futuro».

Mentre per il segretario generale della Cisl lucana, Vincenzo Cavallo, «la disponibilità dell’azienda petrolifera a riaprire il confronto con le parti sociali è un buon segnale purché alle dichiarazioni d’intento facciano seguito atti concreti», visto che «il dialogo sul futuro della regione finora è stato discontinuo quando non del tutto assente». Anche la Uil, col segretario regionale Vincenzo Tortorelli, ha auspicato una «concertazione con le compagnie petrolifere su basi nuove. Fanno bene i vescovi ad evidenziare i sentimenti diffusi tra i lavoratori e le nostre comunità di amarezza e delusione perché il petrolio non ha dato le risposte attese soprattutto per l’occupazione e lo sviluppo dei nostri territori. È questo il momento di un confronto reale ed efficace con Descalzi», ha aggiunto.

«Quanto avvenuto alla Festa di Avvenire è un’apertura senza precedenti da parte di Descalzi, siamo pronti a raccogliere la sfida e la disponibilità di Eni per una crescita responsabile», ha evidenziato il presidente di Confindustria Basilicata, Francesco Somma. E pronta a raccogliere le «nuove sfide» è anche la Regione Basilicata. Più in generale, ha rimarcato l’assessore regionale per le Politiche agricole, Francesco Cupparo, «i temi e le prospettive suscitate dalla Festa di Avvenire hanno lasciato il segno nelle coscienze della nostra comunità regionale».

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Energia e lavoro, il patto di Matera. «Nuovo tavolo di confronto con Eni»

Un nuovo patto, una ripartenza che sappia far coesistere, in Basilicata, l’irrinunciabile esigenza di estrarre petrolio e gas a quella di garantire il migliore utilizzo possibile delle risorse di compensazione messe a disposizione dalle aziende petrolifere – Eni in testa –, nel rispetto di esigenze ambientali e salute pubblica.

È quanto ha proposto il vescovo di Tursi-Lagonegro, Vincenzo Orofino, intervenendo nei giorni scorsi, a Matera, alla sesta Festa nazionale di Avvenire, promossa dalla Conferenza episcopale di Basilicata e dall’Associazione Giovane Europa. Una proposta subito accolta dall’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, presente all’evento assieme al cardinale Mauro Gambetti, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano e arciprete di San Pietro, e allo stesso direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

Un «segnale di attenzione» ai territori che ha suscitato non poco interesse in regione. Le comunità locali ora chiedono ai vertici della compagnia petrolifera di inaugurare un nuovo «percorso di condivisione» delle scelte produttive. Orofino, infatti, ha proposto a Desclazi un immediato confronto, un vero e proprio tavolo di lavoro, da tenersi a Viggiano, in Val d’Agri, l’area lucana nel cui sottosuolo si trova il più grande giacimento petrolifero dell’Europa continentale. «È fondamentale – ha dichiarato il presule lucano – che le royalties petrolifere generino un autentico e duraturo sviluppo che permetta al popolo lucano di guardare al futuro con una rinnovata progettualità e con un orizzonte di speranza, di generare l’unica grande ricchezza possibile: quella di creare opportunità lavorative concrete ai giovani del posto, arrestandone la fuga verso altre realtà attualmente più attrattive».

Descalzi, per parte sua, ha spiegato che «in Basilicata non ci accontentiamo di pagare royalties e tasse. Diamo anche un indennizzo per ogni barile e daremo 160 milioni di metri cubi di gas gratis a tutta la regione». Tra gli altri progetti, Eni ha lanciato nel 2019 il progetto Energy Valley, un polo agro-ambientale e tecnologico attraverso cui mette già a disposizione del territorio una serie di risorse e studi applicativi, oltre a interventi di sperimentazione agricola o percorsi ciclopedonali.

Reazioni positive al nuovo corso del dialogo tra la comunità lucana e il cane a sei zampe sono arrivate innanzitutto dai sindacati. «L’aspetto di grande valore e rilevanza è stato rappresentato dall’intervento del vescovo Orofino», con la sua «proposta unitaria di corresponsabilità tra la multinazionale, le istituzioni e le forze sociali per delineare il futuro e lo sviluppo della nostra regione», ha sottolineato il segretario generale della Cgil Basilicata, Angelo Summa. In particolare, secondo le parti sociali, va «raccolto positivamente» l’impegno a convocare un tavolo a Viggiano con Eni, «sulle scelte programmatiche che riguardano il nostro territorio e il nostro futuro».

Mentre per il segretario generale della Cisl lucana, Vincenzo Cavallo, «la disponibilità dell’azienda petrolifera a riaprire il confronto con le parti sociali è un buon segnale purché alle dichiarazioni d’intento facciano seguito atti concreti», visto che «il dialogo sul futuro della regione finora è stato discontinuo quando non del tutto assente». Anche la Uil, col segretario regionale Vincenzo Tortorelli, ha auspicato una «concertazione con le compagnie petrolifere su basi nuove. Fanno bene i vescovi ad evidenziare i sentimenti diffusi tra i lavoratori e le nostre comunità di amarezza e delusione perché il petrolio non ha dato le risposte attese soprattutto per l’occupazione e lo sviluppo dei nostri territori. È questo il momento di un confronto reale ed efficace con Descalzi», ha aggiunto.

«Quanto avvenuto alla Festa di Avvenire è un’apertura senza precedenti da parte di Descalzi, siamo pronti a raccogliere la sfida e la disponibilità di Eni per una crescita responsabile», ha evidenziato il presidente di Confindustria Basilicata, Francesco Somma. E pronta a raccogliere le «nuove sfide» è anche la Regione Basilicata. Più in generale, ha rimarcato l’assessore regionale per le Politiche agricole, Francesco Cupparo, «i temi e le prospettive suscitate dalla Festa di Avvenire hanno lasciato il segno nelle coscienze della nostra comunità regionale».

La lezione del Covid e la sanità di domani: a Matera prove di futuro

QUI LA DIRETTA FACEBOOK

La lezione della pandemia da non disperdere – è stato ripetuto più volte negli ultimi due anni – è il valore della cura della salute. Questa sera, alla serata conclusiva della sesta Festa di Avvenire a Matera, si è discusso di «Sanità di domani: territorio, eccellenza e ricerca». Ospite d’eccezione, il musicista Hauser che si è esibito al termine della serata.

L’importanza dell’innovazione è stata sottolineata dalla vicepresidente di Farmindustria Lucia Aleotti (Menarini): «I tempi record con cui sono stati realizzati i vaccini sono il risultato di uno straordinario spiegamento di forze, e di contributi record da parte del governo degli Stati Uniti, sia con Trump sia con Biden, direttamente alle aziende. Ma anche del fatto che la tecnologia dell’Rna messaggero poteva vantare dieci anni di ricerche». Non altrettanto positiva, segnala Aleotti, la situazione in Europa: «La Ue non incentiva la parte produttiva, a meno che non si svolga in territori europei da sviluppare. Ma con la crisi pandemica è apparso evidente che certe strutture produttive è meglio averle in casa». Sul piano scientifico, grande è la minaccia della resistenza agli antibiotici: «Una ricerca che non è stata incoraggiata dai governi – osserva Aleotti – e quindi che non è apparsa remunerativa per le industrie. Ma ora il rischio è che le infezioni resistenti agli antibiotici nel 2050 diventino la prima causa di morte, superando tumori e malattie cardiovascolari».

Uno sguardo alle necessità di riforma del Servizio sanitario è stato offerto dalla presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, Mariella Enoc: «Dopo 40 anni, è chiaro che servono correttivi. Occorre, per esempio, ritornare a un ospedale come hub, senza che debba fare tutto. Ma più che le Case di comunità, in cui non credo, penso sia più importante puntare sulla formazione: per avere un medico ci vogliono 10-11 anni, e ne siamo già ora carenti. Anche gli infermieri mancano». In più in sanità, sottolinea Enoc, «non si può avere confini: il nostro ospedale ha accolto 1.200 bambini ucraini, e le loro famiglie, con gravi patologie, oncologiche e neurologiche».

Della ricerca oncologica più avanzata ha riferito Pier Giuseppe Pelicci, co-direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia di Milano: «La cura del tumore è cambiata negli ultimi 20 anni. Lo spartiacque è stata l’introduzione dei farmaci molecolari: colpiamo le cause del tumore, nei suoi geni alterati; e interveniamo sul microambiente, in particolare sul sistema immunitario che non riesce a funzionare. I risultati dicono che la sopravvivenza del tumore del polmone a 5 anni è passata dal 5 al 45%».

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La lezione del Covid e la sanità di domani: a Matera prove di futuro

QUI LA DIRETTA FACEBOOK

La lezione della pandemia da non disperdere – è stato ripetuto più volte negli ultimi due anni – è il valore della cura della salute. Questa sera, alla serata conclusiva della sesta Festa di Avvenire a Matera, si è discusso di «Sanità di domani: territorio, eccellenza e ricerca». Ospite d’eccezione, il musicista Hauser che si è esibito al termine della serata.

L’importanza dell’innovazione è stata sottolineata dalla vicepresidente di Farmindustria Lucia Aleotti (Menarini): «I tempi record con cui sono stati realizzati i vaccini sono il risultato di uno straordinario spiegamento di forze, e di contributi record da parte del governo degli Stati Uniti, sia con Trump sia con Biden, direttamente alle aziende. Ma anche del fatto che la tecnologia dell’Rna messaggero poteva vantare dieci anni di ricerche». Non altrettanto positiva, segnala Aleotti, la situazione in Europa: «La Ue non incentiva la parte produttiva, a meno che non si svolga in territori europei da sviluppare. Ma con la crisi pandemica è apparso evidente che certe strutture produttive è meglio averle in casa». Sul piano scientifico, grande è la minaccia della resistenza agli antibiotici: «Una ricerca che non è stata incoraggiata dai governi – osserva Aleotti – e quindi che non è apparsa remunerativa per le industrie. Ma ora il rischio è che le infezioni resistenti agli antibiotici nel 2050 diventino la prima causa di morte, superando tumori e malattie cardiovascolari».

Uno sguardo alle necessità di riforma del Servizio sanitario è stato offerto dalla presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, Mariella Enoc: «Dopo 40 anni, è chiaro che servono correttivi. Occorre, per esempio, ritornare a un ospedale come hub, senza che debba fare tutto. Ma più che le Case di comunità, in cui non credo, penso sia più importante puntare sulla formazione: per avere un medico ci vogliono 10-11 anni, e ne siamo già ora carenti. Anche gli infermieri mancano». In più in sanità, sottolinea Enoc, «non si può avere confini: il nostro ospedale ha accolto 1.200 bambini ucraini, e le loro famiglie, con gravi patologie, oncologiche e neurologiche».

Della ricerca oncologica più avanzata ha riferito Pier Giuseppe Pelicci, co-direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia di Milano: «La cura del tumore è cambiata negli ultimi 20 anni. Lo spartiacque è stata l’introduzione dei farmaci molecolari: colpiamo le cause del tumore, nei suoi geni alterati; e interveniamo sul microambiente, in particolare sul sistema immunitario che non riesce a funzionare. I risultati dicono che la sopravvivenza del tumore del polmone a 5 anni è passata dal 5 al 45%».

A Terrasini Vangelo e attualità al centro del festival dei media Cei

«La gente, chi dice che io sia»… «Ma voi, chi dite che io sia?». Le domande poste da Gesù ai suoi discepoli sono il tema conduttore della VI Edizione della Festa della Comunicazione “Media Cei Insieme per… passione!”. Un evento che si apre giovedì 9 settembre, organizzato dall’Arcidiocesi di Monreale con il suo Ufficio per le Comunicazioni Sociali e dall’Associazione culturale “Così, per… passione!”, in sinergia con il Comune di Terrasini che lo patrocina e l’Assessorato regionale dei Beni culturali e della Identità siciliana.

Come spiegano Antonio Chimenti, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali e Ino Cardinale, Presidente dell’Associazione, «il duplice quesito evangelico verrà rivolto a tutte quelle personalità – rappresentanti dei governi regionale e nazionale, del mondo delle istituzioni, della cultura, dell’università, dell’economia e della finanza, della imprenditoria, dell’arte, del giornalismo, dell’associazionismo e volontariato, dello sport e dello spettacolo – che parteciperanno all’evento e che vi si soffermeranno seguendo in tutta libertà le proprie idee, il proprio pensiero, i propri orientamenti, anche in una ottica laicale».

«Negli incontri di questi giorni a Terrasini — sottolinea l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi — si tratta di farsi compagni di strada dei vari partecipanti per camminare insieme con loro, ascoltare le loro testimonianze e leggere in profondità le loro aspirazioni e difficoltà nei confronti di Cristo, non per fermarsi ad essi ma per far risuonare la professione di fede, dettata non dalla carne e dal sangue, ma frutto della grazia del Padre che sfida la libertà di ognuno: “Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente” (Mt 16,16-17)».

Tra i partecipanti monsignor Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (9 settembre), le ministre per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e per la Disabilità, Erika Stefani (10 settembre), il fondatore e presidente di Libera, don Luigi Ciotti, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il generale Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei Carabinieri, Patrizia Di Dio, imprenditrice, Presidente di Confcommercio Palermo (10 settembre), i direttori di Avvenire, Marco Tarquinio, di Tv2000 e InBlu Radio, Vincenzo Morgante, del Sir- Servizio Informazione Religiosa, Amerigo Vecchiarelli (12 settembre), il professor Luigino Bruni, ordinario di economia politica alla Lumsa (12 settembre).

Anche quest’anno le sessioni degli incontri-conversazioni pomeridiani e la trattazione del tema, saranno legati a specifici “ambiti” o “segmenti” della società: l’ambito della Famiglia (fra liquidità di ruolo e sfide educative) e dell’Evangelizzazione (tra frammentarietà ecclesiale e rinnovamento pastorale) come scuola di vita; l’ambito della Società e della Politica fra le sue fragilità (disabilità e pari opportunità) e le sue ferite (la mafia e la giustizia); l’ambito della Scienza (la ricerca e lo sviluppo) e della Fede (identità e tradizione) che insegnano a rispondere ponendo nuove domande; l’ambito della Comunicazione (l’agenda dei media e la verità della storia) e della Cultura (le arti espressive e la potenza virale dei social) come interpreti responsabili di questo tempo.

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A Terrasini Vangelo e attualità al centro del festival dei media Cei

«La gente, chi dice che io sia»… «Ma voi, chi dite che io sia?». Le domande poste da Gesù ai suoi discepoli sono il tema conduttore della VI Edizione della Festa della Comunicazione “Media Cei Insieme per… passione!”. Un evento che si apre giovedì 9 settembre, organizzato dall’Arcidiocesi di Monreale con il suo Ufficio per le Comunicazioni Sociali e dall’Associazione culturale “Così, per… passione!”, in sinergia con il Comune di Terrasini che lo patrocina e l’Assessorato regionale dei Beni culturali e della Identità siciliana.

Come spiegano Antonio Chimenti, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali e Ino Cardinale, Presidente dell’Associazione, «il duplice quesito evangelico verrà rivolto a tutte quelle personalità – rappresentanti dei governi regionale e nazionale, del mondo delle istituzioni, della cultura, dell’università, dell’economia e della finanza, della imprenditoria, dell’arte, del giornalismo, dell’associazionismo e volontariato, dello sport e dello spettacolo – che parteciperanno all’evento e che vi si soffermeranno seguendo in tutta libertà le proprie idee, il proprio pensiero, i propri orientamenti, anche in una ottica laicale».

«Negli incontri di questi giorni a Terrasini — sottolinea l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi — si tratta di farsi compagni di strada dei vari partecipanti per camminare insieme con loro, ascoltare le loro testimonianze e leggere in profondità le loro aspirazioni e difficoltà nei confronti di Cristo, non per fermarsi ad essi ma per far risuonare la professione di fede, dettata non dalla carne e dal sangue, ma frutto della grazia del Padre che sfida la libertà di ognuno: “Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente” (Mt 16,16-17)».

Tra i partecipanti monsignor Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (9 settembre), le ministre per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e per la Disabilità, Erika Stefani (10 settembre), il fondatore e presidente di Libera, don Luigi Ciotti, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il generale Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei Carabinieri, Patrizia Di Dio, imprenditrice, Presidente di Confcommercio Palermo (10 settembre), i direttori di Avvenire, Marco Tarquinio, di Tv2000 e InBlu Radio, Vincenzo Morgante, del Sir- Servizio Informazione Religiosa, Amerigo Vecchiarelli (12 settembre), il professor Luigino Bruni, ordinario di economia politica alla Lumsa (12 settembre).

Anche quest’anno le sessioni degli incontri-conversazioni pomeridiani e la trattazione del tema, saranno legati a specifici “ambiti†o “segmenti†della società: l’ambito della Famiglia (fra liquidità di ruolo e sfide educative) e dell’Evangelizzazione (tra frammentarietà ecclesiale e rinnovamento pastorale) come scuola di vita; l’ambito della Società e della Politica fra le sue fragilità (disabilità e pari opportunità) e le sue ferite (la mafia e la giustizia); l’ambito della Scienza (la ricerca e lo sviluppo) e della Fede (identità e tradizione) che insegnano a rispondere ponendo nuove domande; l’ambito della Comunicazione (l’agenda dei media e la verità della storia) e della Cultura (le arti espressive e la potenza virale dei social) come interpreti responsabili di questo tempo.

A Terrasini il quesito evangelico al centro del festival dei media Cei

«La gente, chi dice che io sia»… «Ma voi, chi dite che io sia?». Le domande poste da Gesù ai suoi discepoli sono il tema conduttore della VI Edizione della Festa della Comunicazione “Media Cei Insieme per… passione!”. Un evento che si apre giovedì 9 settembre, organizzato dall’Arcidiocesi di Monreale con il suo Ufficio per le Comunicazioni Sociali e dall’Associazione culturale “Così, per… passione!”, in sinergia con il Comune di Terrasini che lo patrocina e l’Assessorato regionale dei Beni culturali e della Identità siciliana.

Come spiegano Antonio Chimenti, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali e Ino Cardinale, Presidente dell’Associazione, «il duplice quesito evangelico verrà rivolto a tutte quelle personalità – rappresentanti dei governi regionale e nazionale, del mondo delle istituzioni, della cultura, dell’università, dell’economia e della finanza, della imprenditoria, dell’arte, del giornalismo, dell’associazionismo e volontariato, dello sport e dello spettacolo – che parteciperanno all’evento e che vi si soffermeranno seguendo in tutta libertà le proprie idee, il proprio pensiero, i propri orientamenti, anche in una ottica laicale».

«Negli incontri di questi giorni a Terrasini — sottolinea l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi — si tratta di farsi compagni di strada dei vari partecipanti per camminare insieme con loro, ascoltare le loro testimonianze e leggere in profondità le loro aspirazioni e difficoltà nei confronti di Cristo, non per fermarsi ad essi ma per far risuonare la professione di fede, dettata non dalla carne e dal sangue, ma frutto della grazia del Padre che sfida la libertà di ognuno: “Tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente” (Mt 16,16-17)».

Tra i partecipanti monsignor Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (9 settembre), le ministre per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e per la Disabilità, Erika Stefani (10 settembre), il fondatore e presidente di Libera, don Luigi Ciotti, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il generale Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei Carabinieri, Patrizia Di Dio, imprenditrice, Presidente di Confcommercio Palermo (10 settembre), i direttori di Avvenire, Marco Tarquinio, di Tv2000 e InBlu Radio, Vincenzo Morgante, del Sir- Servizio Informazione Religiosa, Amerigo Vecchiarelli (12 settembre), il professor Luigino Bruni, ordinario di economia politica alla Lumsa (12 settembre).

Anche quest’anno le sessioni degli incontri-conversazioni pomeridiani e la trattazione del tema, saranno legati a specifici “ambiti†o “segmenti†della società: l’ambito della Famiglia (fra liquidità di ruolo e sfide educative) e dell’Evangelizzazione (tra frammentarietà ecclesiale e rinnovamento pastorale) come scuola di vita; l’ambito della Società e della Politica fra le sue fragilità (disabilità e pari opportunità) e le sue ferite (la mafia e la giustizia); l’ambito della Scienza (la ricerca e lo sviluppo) e della Fede (identità e tradizione) che insegnano a rispondere ponendo nuove domande; l’ambito della Comunicazione (l’agenda dei media e la verità della storia) e della Cultura (le arti espressive e la potenza virale dei social) come interpreti responsabili di questo tempo.

La festa di Avvenire a Maratea

>>> Diretta alle 21 su Facebook: CLICCA QUI

Anche in tempi di Covid–19, Avvenire ha voluto mantenere solido il legame con la Basilicata e la tradizionale Festa organizzata con la Conferenza episcopale lucana e l’Associazione Giovane Europa.

Dopo tre edizioni che hanno avuto per base le piazze e le chiese del centro storico di Matera – ma sviluppate, con eventi ad hoc, anche nelle diocesi di Potenza–Muro Lucano–Marsico Nuovo, Tursi–Lagonegro e Melfi–Rapolla–Venosa –, l’appuntamento del 2020 cambia formula, causa le limitazioni imposte dalla pandemia, e si trasferisce per una serata unica in riva al Tirreno, nella caratteristica Maratea (Potenza), in diocesi di Tursi, dove stasera, sabato 25 luglio, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio dialogherà sulla Chiesa di Francesco e sulle emergenze sociali del momento con l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Maria Zuppi. L’appuntamento, in programma alle 21 in piazza Sisinni, a Maratea, sarà moderato dal vaticanista di Avvenire Gianni Cardinale.

«Nonostante le limitazioni – dice il vescovo di Tursi–Lagonegro, Vincenzo Orofino – desideriamo continuare l’esperienza della Festa perché siamo convinti che se la fede non viene comunicata per quella che è – incontro decisivo con la persona di Gesù Cristo –, e non ispira il giudizio dei cristiani sulle vicende del mondo, di questo mondo e di questi eventi, si dissolve in un pietismo fuorviante e nocivo alla vita dell’uomo».

L’appuntamento con Avvenire diventa dunque «l’occasione per ridire a noi e alla società che una gestione – e non solo concezione – puramente neopositivistica della vita distrugge l’umano e quella rete di solidarietà che la carità cristiana ha messo in piedi anche in questa circostanza dolorosa». La Chiesa, prosegue il presule, «vuole gridare al mondo intero che l’uomo è fatto per le mete alte, per l’Assoluto, per la felicità. Con Avvenire vogliamo dare voce a questa cultura della vita, fatta di realismo e di speranza. Da Maratea – conclude Orofino – vogliamo lanciare un messaggio di sano realismo e di lieta speranza per il popolo lucano e per l’Italia intera».

L’evento, che nello sforzo organizzativo coinvolge in primis le parrocchie di Maratea guidate dal parroco moderatore don Donato Partepilo, sarà sostenuto – come nelle precedenti edizioni – dalla Cooperativa sociale Auxilium e dalla Banca di Credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari.

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La festa di Avvenire a Maratea

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Anche in tempi di Covid–19, Avvenire ha voluto mantenere solido il legame con la Basilicata e la tradizionale Festa organizzata con la Conferenza episcopale lucana e l’Associazione Giovane Europa.

Dopo tre edizioni che hanno avuto per base le piazze e le chiese del centro storico di Matera – ma sviluppate, con eventi ad hoc, anche nelle diocesi di Potenza–Muro Lucano–Marsico Nuovo, Tursi–Lagonegro e Melfi–Rapolla–Venosa –, l’appuntamento del 2020 cambia formula, causa le limitazioni imposte dalla pandemia, e si trasferisce per una serata unica in riva al Tirreno, nella caratteristica Maratea (Potenza), in diocesi di Tursi, dove stasera, sabato 25 luglio, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio dialogherà sulla Chiesa di Francesco e sulle emergenze sociali del momento con l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Maria Zuppi. L’appuntamento, in programma alle 21 in piazza Sisinni, a Maratea, sarà moderato dal vaticanista di Avvenire Gianni Cardinale.

«Nonostante le limitazioni – dice il vescovo di Tursi–Lagonegro, Vincenzo Orofino – desideriamo continuare l’esperienza della Festa perché siamo convinti che se la fede non viene comunicata per quella che è – incontro decisivo con la persona di Gesù Cristo –, e non ispira il giudizio dei cristiani sulle vicende del mondo, di questo mondo e di questi eventi, si dissolve in un pietismo fuorviante e nocivo alla vita dell’uomo».

L’appuntamento con Avvenire diventa dunque «l’occasione per ridire a noi e alla società che una gestione – e non solo concezione – puramente neopositivistica della vita distrugge l’umano e quella rete di solidarietà che la carità cristiana ha messo in piedi anche in questa circostanza dolorosa». La Chiesa, prosegue il presule, «vuole gridare al mondo intero che l’uomo è fatto per le mete alte, per l’Assoluto, per la felicità. Con Avvenire vogliamo dare voce a questa cultura della vita, fatta di realismo e di speranza. Da Maratea – conclude Orofino – vogliamo lanciare un messaggio di sano realismo e di lieta speranza per il popolo lucano e per l’Italia intera».

L’evento, che nello sforzo organizzativo coinvolge in primis le parrocchie di Maratea guidate dal parroco moderatore don Donato Partepilo, sarà sostenuto – come nelle precedenti edizioni – dalla Cooperativa sociale Auxilium e dalla Banca di Credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari.

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«Nonostante le limitazioni – dice il vescovo di Tursi–Lagonegro, Vincenzo Orofino – desideriamo continuare l’esperienza della Festa perché siamo convinti che se la fede non viene comunicata per quella che è – incontro decisivo con la persona di Gesù Cristo –, e non ispira il giudizio dei cristiani sulle vicende del mondo, di questo mondo e di questi eventi, si dissolve in un pietismo fuorviante e nocivo alla vita dell’uomo».

L’appuntamento con Avvenire diventa dunque «l’occasione per ridire a noi e alla società che una gestione – e non solo concezione – puramente neopositivistica della vita distrugge l’umano e quella rete di solidarietà che la carità cristiana ha messo in piedi anche in questa circostanza dolorosa». La Chiesa, prosegue il presule, «vuole gridare al mondo intero che l’uomo è fatto per le mete alte, per l’Assoluto, per la felicità. Con Avvenire vogliamo dare voce a questa cultura della vita, fatta di realismo e di speranza. Da Maratea – conclude Orofino – vogliamo lanciare un messaggio di sano realismo e di lieta speranza per il popolo lucano e per l’Italia intera».

L’evento, che nello sforzo organizzativo coinvolge in primis le parrocchie di Maratea guidate dal parroco moderatore don Donato Partepilo, sarà sostenuto – come nelle precedenti edizioni – dalla Cooperativa sociale Auxilium e dalla Banca di Credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari.

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Anche in tempi di Covid–19, Avvenire ha voluto mantenere solido il legame con la Basilicata e la tradizionale Festa organizzata con la Conferenza episcopale lucana e l’Associazione Giovane Europa.

Dopo tre edizioni che hanno avuto per base le piazze e le chiese del centro storico di Matera – ma sviluppate, con eventi ad hoc, anche nelle diocesi di Potenza–Muro Lucano–Marsico Nuovo, Tursi–Lagonegro e Melfi–Rapolla–Venosa –, l’appuntamento del 2020 cambia formula, causa le limitazioni imposte dalla pandemia, e si trasferisce per una serata unica in riva al Tirreno, nella caratteristica Maratea (Potenza), in diocesi di Tursi, dove stasera, sabato 25 luglio, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio dialogherà sulla Chiesa di Francesco e sulle emergenze sociali del momento con l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Maria Zuppi. L’appuntamento, in programma alle 21 in piazza Sisinni, a Maratea, sarà moderato dal vaticanista di Avvenire Gianni Cardinale.

«Nonostante le limitazioni – dice il vescovo di Tursi–Lagonegro, Vincenzo Orofino – desideriamo continuare l’esperienza della Festa perché siamo convinti che se la fede non viene comunicata per quella che è – incontro decisivo con la persona di Gesù Cristo –, e non ispira il giudizio dei cristiani sulle vicende del mondo, di questo mondo e di questi eventi, si dissolve in un pietismo fuorviante e nocivo alla vita dell’uomo».

L’appuntamento con Avvenire diventa dunque «l’occasione per ridire a noi e alla società che una gestione – e non solo concezione – puramente neopositivistica della vita distrugge l’umano e quella rete di solidarietà che la carità cristiana ha messo in piedi anche in questa circostanza dolorosa». La Chiesa, prosegue il presule, «vuole gridare al mondo intero che l’uomo è fatto per le mete alte, per l’Assoluto, per la felicità. Con Avvenire vogliamo dare voce a questa cultura della vita, fatta di realismo e di speranza. Da Maratea – conclude Orofino – vogliamo lanciare un messaggio di sano realismo e di lieta speranza per il popolo lucano e per l’Italia intera».

L’evento, che nello sforzo organizzativo coinvolge in primis le parrocchie di Maratea guidate dal parroco moderatore don Donato Partepilo, sarà sostenuto – come nelle precedenti edizioni – dalla Cooperativa sociale Auxilium e dalla Banca di Credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari.

La festa di Avvenire quest’anno a Maratea

Anche in tempi di Covid–19, Avvenire ha voluto mantenere solido il legame con la Basilicata e la tradizionale Festa organizzata con la Conferenza episcopale lucana e l’Associazione Giovane Europa.

Dopo tre edizioni che hanno avuto per base le piazze e le chiese del centro storico di Matera – ma sviluppate, con eventi ad hoc, anche nelle diocesi di Potenza–Muro Lucano–Marsico Nuovo, Tursi–Lagonegro e Melfi–Rapolla–Venosa –, l’appuntamento del 2020 cambia formula, causa le limitazioni imposte dalla pandemia, e si trasferisce per una serata unica in riva al Tirreno, nella caratteristica Maratea (Potenza), in diocesi di Tursi, dove stasera, sabato 25 luglio, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio dialogherà sulla Chiesa di Francesco e sulle emergenze sociali del momento con l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Maria Zuppi. L’appuntamento, in programma alle 21 in piazza Sisinni, a Maratea, sarà moderato dal vaticanista di Avvenire Gianni Cardinale.

«Nonostante le limitazioni – dice il vescovo di Tursi–Lagonegro, Vincenzo Orofino – desideriamo continuare l’esperienza della Festa perché siamo convinti che se la fede non viene comunicata per quella che è – incontro decisivo con la persona di Gesù Cristo –, e non ispira il giudizio dei cristiani sulle vicende del mondo, di questo mondo e di questi eventi, si dissolve in un pietismo fuorviante e nocivo alla vita dell’uomo».

L’appuntamento con Avvenire diventa dunque «l’occasione per ridire a noi e alla società che una gestione – e non solo concezione – puramente neopositivistica della vita distrugge l’umano e quella rete di solidarietà che la carità cristiana ha messo in piedi anche in questa circostanza dolorosa». La Chiesa, prosegue il presule, «vuole gridare al mondo intero che l’uomo è fatto per le mete alte, per l’Assoluto, per la felicità. Con Avvenire vogliamo dare voce a questa cultura della vita, fatta di realismo e di speranza. Da Maratea – conclude Orofino – vogliamo lanciare un messaggio di sano realismo e di lieta speranza per il popolo lucano e per l’Italia intera».

L’evento, che nello sforzo organizzativo coinvolge in primis le parrocchie di Maratea guidate dal parroco moderatore don Donato Partepilo, sarà sostenuto – come nelle precedenti edizioni – dalla Cooperativa sociale Auxilium e dalla Banca di Credito cooperativo di Alberobello e Sammichele di Bari.

“Insieme per passione”: le parabole si fanno vita

Evitare il rischio che Dio “muoia di noia” per la nostra trascuratezza, come già raccomandava padre David Maria Turoldo. E attenersi alla massima aurea di Martin Buber, secondo la quale tutto – nell’esperienza spirituale, nella professione, nella quotidianità più minuta – deve avvenire “a partire da me, ma non per me”, fino a quanto questa attitudine diventa spontanea. Automatica, anzi, come si potrebbe tradurre alla lettera uno dei termini con cui il Vangelo descrive il seme che germina e cresce. Sono le suggestioni con cui padre Ermes Ronchi ha concluso Insieme per passione, la manifestazione svoltasi nei giorni scorsi a Terrasini, in provincia di Palermo, per iniziativa dell’Arcidiocesi di Monreale, della locale amministrazione comunale e dell’associazione Così, per… passione presieduta da Ino Cardinale.

Nata nel 2016 come festa di Avvenire in Sicilia, da questa edizione la kermesse si struttura come occasione di dialogo e di incontro con tutti i media della Cei. Nel pomeriggio di domenica, infatti, al dibattito incentrato sulla riflessione di Ronchi hanno preso parte i tre direttori di testata: Vincenzo Morgante per Tv2000 e InBlu Radio, Marco Tarquinio per il nostro quotidiano e Amerigo Vecchiarelli, che ha di recente assunto la guida dell’agenzia di stampa Sir. Sullo sfondo, come già nei giorni precedenti, il racconto delle parabole, nella fattispecie quella del ricco stolto, «la cui logica – ha ribadito padre Ermes – è esattamente l’opposto di quella del seme e della terra: non agire per sé, ma per gli altri; non preoccuparsi di quanto si riesce ad accaparrare, ma di ciò che si lascia in eredità».

Nei vari appuntamenti ospitati a Terrasini nel cortile di Palazzo d’Aumale si sono intrecciate le voci di rappresentanti dell’arte e della cultura, dagli attori Lollo Franco e Pamela Villoresi al cardinale e poeta José Tolentino Mendonça, della società civile e delle istituzioni, dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando al senatore Nicola Morra, e della comunità ecclesiale, dal vescovo di Caltagirone monsignor Calogero Peri e Salvatore Martinez, presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito, al vicedirettore dell’Ufficio della Comunicazioni sociali Cei, Vincenzo Corrado.

Ciascuno di loro – seguendo il suggerimento di don Antonio Chimenti, responsabile delle Comunicazioni sociali per l’Arcidiocesi di Monreale – ha commentato in chiave personale una parabola evangelica, secondo un metodo che ha trovato applicazione anche nella giornata conclusiva. Per Vecchiarelli, per esempio, l’immagine più forte rimane quella del seme. «Il Sir è stato fondato nel 1988 – ha ricordato – per dotare la Chiesa italiana capace di cogliere i segnali provenienti dal territorio, con un’attenzione specifica a quanto accade anche nelle realtà più piccole e in apparenza marginali. Il seme può essere dappertutto, lo sappiamo, e dappertutto va fatto germogliare».

Morgante, da parte sua, ha dichiarato il legame con il racconto del buon samaritano. «Presi uno per uno, i verbi che ne caratterizzano il comportamento costituiscono già di per sé il vademecum del perfetto comunicatore, che si ferma a osservare e si prende cura, è disposto a pagare di persona e non abbandona mai nulla e nessuno al proprio destino», ha detto tornando a insistere sul ruolo di sostanziale servizio pubblico che InBlu Radio e Tv2000 sono chiamate a svolgere. Un appello alla creatività è venuto infine da Tarquinio, che ha proposto una lettura incrociata delle parabole del padre misericordioso e del giudice ingiusto alleprese con la vedova importuna. «Oggi è molto diffusa la sindrome del fratello maggiore, che porta a irrigidire e a non di rado a travisare il messaggio evangelico – ha affermato–. Per i giornalisti, in particolare, c’è il pericolo di ergersi a giudici, rinunciando a una testimonianza che, per essere autentica, non può non essere sempre nuova e originale». Magari prendendo a modello la vitalità e la generosità un artista come Mario Incudine, il cantautore e attore siciliano al quale è andato quest’anno il premio Una vita per passione, consegnato in serata dall’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi.

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“Insieme per passione”: le parabole si fanno vita

Evitare il rischio che Dio “muoia di noia†per la nostra trascuratezza, come già raccomandava padre David Maria Turoldo. E attenersi alla massima aurea di Martin Buber, secondo la quale tutto – nell’esperienza spirituale, nella professione, nella quotidianità più minuta – deve avvenire “a partire da me, ma non per meâ€, fino a quanto questa attitudine diventa spontanea. Automatica, anzi, come si potrebbe tradurre alla lettera uno dei termini con cui il Vangelo descrive il seme che germina e cresce. Sono le suggestioni con cui padre Ermes Ronchi ha concluso Insieme per passione, la manifestazione svoltasi nei giorni scorsi a Terrasini, in provincia di Palermo, per iniziativa dell’Arcidiocesi di Monreale, della locale amministrazione comunale e dell’associazione Così, per… passione presieduta da Ino Cardinale.

Nata nel 2016 come festa di Avvenire in Sicilia, da questa edizione la kermesse si struttura come occasione di dialogo e di incontro con tutti i media della Cei. Nel pomeriggio di domenica, infatti, al dibattito incentrato sulla riflessione di Ronchi hanno preso parte i tre direttori di testata: Vincenzo Morgante per Tv2000 e InBlu Radio, Marco Tarquinio per il nostro quotidiano e Amerigo Vecchiarelli, che ha di recente assunto la guida dell’agenzia di stampa Sir. Sullo sfondo, come già nei giorni precedenti, il racconto delle parabole, nella fattispecie quella del ricco stolto, «la cui logica – ha ribadito padre Ermes – è esattamente l’opposto di quella del seme e della terra: non agire per sé, ma per gli altri; non preoccuparsi di quanto si riesce ad accaparrare, ma di ciò che si lascia in eredità».

Nei vari appuntamenti ospitati a Terrasini nel cortile di Palazzo d’Aumale si sono intrecciate le voci di rappresentanti dell’arte e della cultura, dagli attori Lollo Franco e Pamela Villoresi al cardinale e poeta José Tolentino Mendonça, della società civile e delle istituzioni, dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando al senatore Nicola Morra, e della comunità ecclesiale, dal vescovo di Caltagirone monsignor Calogero Peri e Salvatore Martinez, presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito, al vicedirettore dell’Ufficio della Comunicazioni sociali Cei, Vincenzo Corrado.

Ciascuno di loro – seguendo il suggerimento di don Antonio Chimenti, responsabile delle Comunicazioni sociali per l’Arcidiocesi di Monreale – ha commentato in chiave personale una parabola evangelica, secondo un metodo che ha trovato applicazione anche nella giornata conclusiva. Per Vecchiarelli, per esempio, l’immagine più forte rimane quella del seme. «Il Sir è stato fondato nel 1988 – ha ricordato – per dotare la Chiesa italiana capace di cogliere i segnali provenienti dal territorio, con un’attenzione specifica a quanto accade anche nelle realtà più piccole e in apparenza marginali. Il seme può essere dappertutto, lo sappiamo, e dappertutto va fatto germogliare».

Morgante, da parte sua, ha dichiarato il legame con il racconto del buon samaritano. «Presi uno per uno, i verbi che ne caratterizzano il comportamento costituiscono già di per sé il vademecum del perfetto comunicatore, che si ferma a osservare e si prende cura, è disposto a pagare di persona e non abbandona mai nulla e nessuno al proprio destino», ha detto tornando a insistere sul ruolo di sostanziale servizio pubblico che InBlu Radio e Tv2000 sono chiamate a svolgere. Un appello alla creatività è venuto infine da Tarquinio, che ha proposto una lettura incrociata delle parabole del padre misericordioso e del giudice ingiusto alleprese con la vedova importuna. «Oggi è molto diffusa la sindrome del fratello maggiore, che porta a irrigidire e a non di rado a travisare il messaggio evangelico – ha affermato–. Per i giornalisti, in particolare, c’è il pericolo di ergersi a giudici, rinunciando a una testimonianza che, per essere autentica, non può non essere sempre nuova e originale». Magari prendendo a modello la vitalità e la generosità un artista come Mario Incudine, il cantautore e attore siciliano al quale è andato quest’anno il premio Una vita per passione, consegnato in serata dall’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi.

Servono “samaritani” per battere le mafie: come don Puglisi

Monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, lo dice con dolcezza implacabile: «Troppo spesso il nostro cristianesimo resta sulle nuvole, non diventa vita, non ispira le nostre scelte. Anche perché, a differenza del samaritano, noi non ci soffermiamo a guardare, non cerchiamo di comprendere quello che accade davanti a noi, siamo restii a farcene carico».

Nella giornata alla riflessione sui rapporti fra Chiesa e società, la festa dei media Cei ha scelto sabato di misurarsi con la parabola che più di ogni altra richiama alla responsabilità. «Ossia al dovere e alla necessità di rispondere con coerenza», ricorda Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia nella conversazione guidata da Arianna Ciampoli, volto tra i più noti di Tv2000. Partecipa al dibattito anche l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, che ha personalmente patrocinato l’iniziativa di Insieme per passione, la manifestazione che in questi giorni ha riunito a Terrasini, a pochi chilometri da Palermo, i rappresentanti di Avvenire, dell’agenzia di stampa Sir, di InBlu Radio e della stessa Tv2000. Ed è proprio monsignor Pennisi a insistere sull’inquietudine che tuttora le parabole riescono a suscitare.

La posizione più severa è quella di Morra, in Sicilia per partecipare alle commemorazioni di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. «Purtroppo – afferma il senatore del M5s – non tutti gli uomini di Chiesa sono stati all’altezza della sua testimonianza. C’è chi ha preferito volgere lo sguardo altrove, chi addirittura si è macchiato di complicità e connivenza. È vero, del resto, che questo non riguarda il solo contesto ecclesiale. La cultura, l’istruzione, il senso di responsabilità sono i peggiori nemici della mafia. Che si sconfigge anche con il sorriso, come ci insegna appunto il sacrificio di don Puglisi». «Per lui – aggiunge monsignor Pennisi, che lo ha conosciuto personalmente – la vocazione del cristiano si esprimeva naturalmente nella società: non si trattava di un’esperienza riservata a pochi eletti, ma di una chiamata universale».

Monsignor Peri invita a non scoraggiarsi per l’apparente penuria di samaritani: «Ce n’è sempre stato uno solo, Gesù stesso; non dobbiamo far altro che metterci in ascolto, per cercare di capire che cosa ci sta chiedendo. Ma non possiamo farlo senza appellarci all’intelligenza, senza interrogarci sul modo in cui una parabola, e l’intero Vangelo, mettono in discussione le nostre decisioni quotidiane».

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Servono “samaritani” per battere le mafie: come don Puglisi

Monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, lo dice con dolcezza implacabile: «Troppo spesso il nostro cristianesimo resta sulle nuvole, non diventa vita, non ispira le nostre scelte. Anche perché, a differenza del samaritano, noi non ci soffermiamo a guardare, non cerchiamo di comprendere quello che accade davanti a noi, siamo restii a farcene carico».

Nella giornata alla riflessione sui rapporti fra Chiesa e società, la festa dei media Cei ha scelto sabato di misurarsi con la parabola che più di ogni altra richiama alla responsabilità. «Ossia al dovere e alla necessità di rispondere con coerenza», ricorda Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia nella conversazione guidata da Arianna Ciampoli, volto tra i più noti di Tv2000. Partecipa al dibattito anche l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, che ha personalmente patrocinato l’iniziativa di Insieme per passione, la manifestazione che in questi giorni ha riunito a Terrasini, a pochi chilometri da Palermo, i rappresentanti di Avvenire, dell’agenzia di stampa Sir, di InBlu Radio e della stessa Tv2000. Ed è proprio monsignor Pennisi a insistere sull’inquietudine che tuttora le parabole riescono a suscitare.

La posizione più severa è quella di Morra, in Sicilia per partecipare alle commemorazioni di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. «Purtroppo – afferma il senatore del M5s – non tutti gli uomini di Chiesa sono stati all’altezza della sua testimonianza. C’è chi ha preferito volgere lo sguardo altrove, chi addirittura si è macchiato di complicità e connivenza. È vero, del resto, che questo non riguarda il solo contesto ecclesiale. La cultura, l’istruzione, il senso di responsabilità sono i peggiori nemici della mafia. Che si sconfigge anche con il sorriso, come ci insegna appunto il sacrificio di don Puglisi». «Per lui – aggiunge monsignor Pennisi, che lo ha conosciuto personalmente – la vocazione del cristiano si esprimeva naturalmente nella società: non si trattava di un’esperienza riservata a pochi eletti, ma di una chiamata universale».

Monsignor Peri invita a non scoraggiarsi per l’apparente penuria di samaritani: «Ce n’è sempre stato uno solo, Gesù stesso; non dobbiamo far altro che metterci in ascolto, per cercare di capire che cosa ci sta chiedendo. Ma non possiamo farlo senza appellarci all’intelligenza, senza interrogarci sul modo in cui una parabola, e l’intero Vangelo, mettono in discussione le nostre decisioni quotidiane».

«La sfida delle parabole per comunicare». A Terrasini i media Cei in festa

Parlare per parabole nel mondo di oggi. Ci proveranno vescovi e sacerdoti, politici e amministratori, attori e giornalisti, impegnati per quattro giorni in una manifestazione che coinvolge tutti i media della Conferenza episcopale italiana ‘Insieme… per passione!’ nella diocesi di Monreale. Da oggi a domenica, l’appuntamento nazionale, giunto alla quarta edizione, è protagonista di un’interessante evoluzione: la “Festa di Avvenire” diventa la festa non solo del quotidiano, ma anche di Tv2000, Radio InBlu e AgenSir.

«Una novità non da poco – afferma don Ivan Maffeis, direttore nazionale dell’ufficio per le Comunicazioni sociali della Cei – segno eloquente di come il territorio dall’arcidiocesi di Monreale offra un efficace contributo per una interazione sempre maggiore fra le quattro testate dei media della Chiesa italiana». Si tratta di un evento culturale che prende le mosse dalle parabole evangeliche per essere declinato in tre fondamentali ambiti della vita di ogni giorno, l’arte, la giustizia e la società, per confrontarsi su come la comunicazione sia sempre feconda e, come le parabole di Gesù, sproni sempre a una riflessione “altra”.

Le parabole, sottolinea l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, «con il loro linguaggio immediato ed evocativo sono ancora attuali nella nostra epoca: ci interpellano, ci provocano, ci spronano e ci aiutano a superare il linguaggio su Dio che spesso è astratto, stentato, oscillante ». Promossa dall’arcidiocesi di Monreale e patrocinata dal Comune di Terrasini, la festa dei media Cei è organizzata dall’ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali, diretto da don Antonio Chimenti, e dall’associazione culturale ‘Così, per… passione!’ di Terrasini, presieduta da Ino Cardinale, in sinergia con l’ufficio delle Comunicazioni della Cei e con le direzioni e le redazioni di Avvenire, Tv2000, Radio InBlu e AgenSir.

Nel susseguirsi delle giornate tra Monreale e Terrasini, con celebrazioni, conversazioni, momenti musicali e cinematografici, insieme con monsignor Pennisi parteciperanno monsignor José Tolentino Calaça de Mendonça, teologo e poeta, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e che sarà creato cardinale il prossimo 5 ottobre, monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e vicepresidente della Cei, monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone e delegato per la Cultura e le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale siciliana.

Ma ci saranno anche i rappresentanti del mondo dell’arte, da Pamela Villoresi, attrice e oggi direttrice del sociali. Teatro Biondo di Palermo, a Lina Bellanca, soprintendente dei Beni culturali di Palermo. E ancora i rappresentanti delle istituzioni: Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. I volti dell’impegno sociale saranno don Antonio Mazzi, fondatore della comunità Exodus, Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito. Per il mondo della comunicazione, Sergio Perugini, addetto alla valutazione dei film dell’ufficio nazionale Comunicazioni sociali, Ermes Maria Ronchi, teologo e saggista, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Vincenzo Morgante, direttore di Tv2000 e Radio inBlu, Amerigo Vecchiarelli, direttore di AgenSir, Vincenzo Corrado, vicedirettore dell’ufficio nazionale Comunicazioni

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«La sfida delle parabole per comunicare». A Terrasini i media Cei in festa

Parlare per parabole nel mondo di oggi. Ci proveranno vescovi e sacerdoti, politici e amministratori, attori e giornalisti, impegnati per quattro giorni in una manifestazione che coinvolge tutti i media della Conferenza episcopale italiana ‘Insieme… per passione!’ nella diocesi di Monreale. Da oggi a domenica, l’appuntamento nazionale, giunto alla quarta edizione, è protagonista di un’interessante evoluzione: la “Festa di Avvenire†diventa la festa non solo del quotidiano, ma anche di Tv2000, Radio InBlu e AgenSir.

«Una novità non da poco – afferma don Ivan Maffeis, direttore nazionale dell’ufficio per le Comunicazioni sociali della Cei – segno eloquente di come il territorio dall’arcidiocesi di Monreale offra un efficace contributo per una interazione sempre maggiore fra le quattro testate dei media della Chiesa italiana». Si tratta di un evento culturale che prende le mosse dalle parabole evangeliche per essere declinato in tre fondamentali ambiti della vita di ogni giorno, l’arte, la giustizia e la società, per confrontarsi su come la comunicazione sia sempre feconda e, come le parabole di Gesù, sproni sempre a una riflessione “altraâ€.

Le parabole, sottolinea l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, «con il loro linguaggio immediato ed evocativo sono ancora attuali nella nostra epoca: ci interpellano, ci provocano, ci spronano e ci aiutano a superare il linguaggio su Dio che spesso è astratto, stentato, oscillante ». Promossa dall’arcidiocesi di Monreale e patrocinata dal Comune di Terrasini, la festa dei media Cei è organizzata dall’ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali, diretto da don Antonio Chimenti, e dall’associazione culturale ‘Così, per… passione!’ di Terrasini, presieduta da Ino Cardinale, in sinergia con l’ufficio delle Comunicazioni della Cei e con le direzioni e le redazioni di Avvenire, Tv2000, Radio InBlu e AgenSir.

Nel susseguirsi delle giornate tra Monreale e Terrasini, con celebrazioni, conversazioni, momenti musicali e cinematografici, insieme con monsignor Pennisi parteciperanno monsignor José Tolentino Calaça de Mendonça, teologo e poeta, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e che sarà creato cardinale il prossimo 5 ottobre, monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e vicepresidente della Cei, monsignor Calogero Peri, vescovo di Caltagirone e delegato per la Cultura e le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale siciliana.

Ma ci saranno anche i rappresentanti del mondo dell’arte, da Pamela Villoresi, attrice e oggi direttrice del sociali. Teatro Biondo di Palermo, a Lina Bellanca, soprintendente dei Beni culturali di Palermo. E ancora i rappresentanti delle istituzioni: Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. I volti dell’impegno sociale saranno don Antonio Mazzi, fondatore della comunità Exodus, Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito. Per il mondo della comunicazione, Sergio Perugini, addetto alla valutazione dei film dell’ufficio nazionale Comunicazioni sociali, Ermes Maria Ronchi, teologo e saggista, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Vincenzo Morgante, direttore di Tv2000 e Radio inBlu, Amerigo Vecchiarelli, direttore di AgenSir, Vincenzo Corrado, vicedirettore dell’ufficio nazionale Comunicazioni

Tolentino: la povertà come sete esistenziale è una risorsa

Quando gli si chiede in che cosa consista esattamente il suo nuovo incarico, monsignor José Tolentino risponde con semplicità e immediatezza: «Dall’Eucarestia in poi, il cristianesimo è una realtà di memoria, un’incessante produzione di memoria: ecco perché la Chiesa ha bisogno di un archivista», dice. Da sabato scorso, 1° settembre, questo sacerdote-poeta portoghese (o poeta-sacerdote: nel suo caso è davvero impossibile separare le due vocazioni) è ufficialmente l’archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Lo stesso giorno si è imbarcato su un aereo diretto in Sicilia e nel pomeriggio ha celebrato messa a Cinisi, nell’ambito della Festa di Avvenire… per passione‘, realizzata nei giorni scorsi dall’arcidiocesi di Monreale in collaborazione con l’associazione culturale ‘Così… per passione’. Sulle Beatitudini, tema scelto per questa terza edizione, monsignor Tolentino ha tenuto domenica un’appassionante lectio magistralis nella chiesa madre di Terrasini, dove in mattinata si era svolta la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica. Poi, in serata, la manifestazione si è trasferita per la cerimonia conclusiva nel cortile di Palazzo d’Aumale, sede del museo locale. Qui, nel corso di un apprezzatissimo concerto del coro polifonico del Balzo, monsignor Tolentino ha ricevuto il premio ‘Una vita… per passione’, assegnato in precedenza al regista Pupi Avati e allo scrittore Ferdinando Camon. Gli archivi, le biblioteche, la memoria: hanno ancora senso nel mondo di oggi? Già i latini sapevano che ogni libro è destinato a vivere più vite – osserva Tolentino, conosciuto in Italia come firma di Avvenire e come autore di numerosi volumi di spiritualità editi da Paoline, Emi e Vita e Pensiero –. Questo è vero più che mai in un momento come l’attuale. Il nostro compito consiste nel dimostrare che un testo, un documento, una singola pagina non sono confinati nel passato, ma costituiscono una testimonianza di verità e di bellezza che chiede di essere ancora ascoltata. Gli obiettivi sono due: conservare il tesoro di cui siamo eredi e insieme metterlo in dialogo con la contemporaneità. Il patrimonio della Chiesa non appartiene alla Chiesa soltanto, perché custodisce le tracce di tante culture, di tante esperienze umane. Qual è il rapporto tra questa attività e la poesia? La poesia non è mai separata dalla parola comune. È una forma di conversazione, sia pure nel silenzio, nella profondità, nell’immaginazione. Qualcosa che non può essere altro detto in altra forma e che nello stesso tempo si infiltra nella realtà quotidiana, negli spazi vuoti, nei tempi sospesi che ci danno l’opportunità di ascolto. La poesia, per me, è legata principalmente all’udito: esiste già, tutto sta a saperne coglierne la voce. Da questa attenzione, da questa accoglienza e ospitalità, nasce la poesia come la intendiamo solitamente, in forma di versi e parole. Ma la poesia, esattamente come Dio, sta in ogni minimo evento della nostra giornata, segue i nostri passi, è il mistero folgorante che abita nella vita di ciascuno. Quando si è reso conto di essere poeta? Fino al momento in cui si scrive, non si è mai sicuri di essere poeti. Per me è una scoperta che si ripete ogni volta che poso la penna sul foglio. Sarebbe sbagliato pensare che un poeta ‘faccia’ le poesie. Semmai è vero il contrario: il poeta è un’invenzione della poesia che sta scrivendo e da cui viene rivelato a se stesso. I versi sono uno specchio sorprendente, inatteso, che ci lascia cogliere un frammento altrimenti sconosciuto della nostra personalità. Al di fuori di questa lotta di Giacobbe con l’angelo, nessuno può dirsi poeta. E la vocazione sacerdotale? Sono entrato in seminario molto giovane. Già da bambino avevo un forte senso religioso, senza dubbio favorito dall’educazione ricevuta in famiglia, ma sostenuto in particolare dall’intima certezza di essere amato da Dio. Questa dimensione mi accompagna da sempre ed è quanto di più prezioso ho nella mia vita. Il percorso compiuto in seminario, sia negli studi sia nell’attività pastorale, mi ha preparato a dire di sì alla chiamata che mi era stata rivolta. Essere sacerdote, per me, significa vivere in pienezza la vita cristiana. È una storia d’amore che si rinnova ogni giorno, un filo narrativo che conferisce unità alla mia esistenza. E di cui sono molto grato.Com’è nato il suo ultimo libro, ‘Elogio della sete’? Dagli esercizi spirituali che papa Francesco mi ha chiesto di tenere nel febbraio scorso. Qualche mese prima, in novembre, avevo ricevuto una telefonata di buon mattino: era il Santo Padre, che mi invitava appunto a predicare a lui e alla Curia romana. Voleva che scegliessi un tema che mi stava a cuore, un argomento che nascesse dalla mia condizione di ‘povero prete’, come mi era venuto da definirmi. «La povertà è una grande risorsa», mi ha ricordato. Mi sono fidato e subito, d’istinto, ho pensato all’esperienza della sete, che è comune a tutti, credenti e non credenti. La prospettiva antropologica è quella che più facilmente permette l’incontro, specie quando si tratta di una realtà paradossale e difficile come la sete. Che provoca dolore e rappresenta un’apertura, è un cammino di austerità e risveglia il desiderio. E va benedetta, come tutto nella nostra esistenza chiede di essere lodato nella sua capacità di suscitare stupore, indurre al ringraziamento, ricondurre all’innocenza.

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Tolentino: la povertà come sete esistenziale è una risorsa

Quando gli si chiede in che cosa consista esattamente il suo nuovo incarico, monsignor José Tolentino risponde con semplicità e immediatezza: «Dall’Eucarestia in poi, il cristianesimo è una realtà di memoria, un’incessante produzione di memoria: ecco perché la Chiesa ha bisogno di un archivista», dice. Da sabato scorso, 1° settembre, questo sacerdote-poeta portoghese (o poeta-sacerdote: nel suo caso è davvero impossibile separare le due vocazioni) è ufficialmente l’archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Lo stesso giorno si è imbarcato su un aereo diretto in Sicilia e nel pomeriggio ha celebrato messa a Cinisi, nell’ambito della Festa di Avvenire… per passione‘, realizzata nei giorni scorsi dall’arcidiocesi di Monreale in collaborazione con l’associazione culturale ‘Così… per passione’. Sulle Beatitudini, tema scelto per questa terza edizione, monsignor Tolentino ha tenuto domenica un’appassionante lectio magistralis nella chiesa madre di Terrasini, dove in mattinata si era svolta la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica. Poi, in serata, la manifestazione si è trasferita per la cerimonia conclusiva nel cortile di Palazzo d’Aumale, sede del museo locale. Qui, nel corso di un apprezzatissimo concerto del coro polifonico del Balzo, monsignor Tolentino ha ricevuto il premio ‘Una vita… per passione’, assegnato in precedenza al regista Pupi Avati e allo scrittore Ferdinando Camon. Gli archivi, le biblioteche, la memoria: hanno ancora senso nel mondo di oggi? Già i latini sapevano che ogni libro è destinato a vivere più vite – osserva Tolentino, conosciuto in Italia come firma di Avvenire e come autore di numerosi volumi di spiritualità editi da Paoline, Emi e Vita e Pensiero –. Questo è vero più che mai in un momento come l’attuale. Il nostro compito consiste nel dimostrare che un testo, un documento, una singola pagina non sono confinati nel passato, ma costituiscono una testimonianza di verità e di bellezza che chiede di essere ancora ascoltata. Gli obiettivi sono due: conservare il tesoro di cui siamo eredi e insieme metterlo in dialogo con la contemporaneità. Il patrimonio della Chiesa non appartiene alla Chiesa soltanto, perché custodisce le tracce di tante culture, di tante esperienze umane. Qual è il rapporto tra questa attività e la poesia? La poesia non è mai separata dalla parola comune. È una forma di conversazione, sia pure nel silenzio, nella profondità, nell’immaginazione. Qualcosa che non può essere altro detto in altra forma e che nello stesso tempo si infiltra nella realtà quotidiana, negli spazi vuoti, nei tempi sospesi che ci danno l’opportunità di ascolto. La poesia, per me, è legata principalmente all’udito: esiste già, tutto sta a saperne coglierne la voce. Da questa attenzione, da questa accoglienza e ospitalità, nasce la poesia come la intendiamo solitamente, in forma di versi e parole. Ma la poesia, esattamente come Dio, sta in ogni minimo evento della nostra giornata, segue i nostri passi, è il mistero folgorante che abita nella vita di ciascuno. Quando si è reso conto di essere poeta? Fino al momento in cui si scrive, non si è mai sicuri di essere poeti. Per me è una scoperta che si ripete ogni volta che poso la penna sul foglio. Sarebbe sbagliato pensare che un poeta ‘faccia’ le poesie. Semmai è vero il contrario: il poeta è un’invenzione della poesia che sta scrivendo e da cui viene rivelato a se stesso. I versi sono uno specchio sorprendente, inatteso, che ci lascia cogliere un frammento altrimenti sconosciuto della nostra personalità. Al di fuori di questa lotta di Giacobbe con l’angelo, nessuno può dirsi poeta. E la vocazione sacerdotale? Sono entrato in seminario molto giovane. Già da bambino avevo un forte senso religioso, senza dubbio favorito dall’educazione ricevuta in famiglia, ma sostenuto in particolare dall’intima certezza di essere amato da Dio. Questa dimensione mi accompagna da sempre ed è quanto di più prezioso ho nella mia vita. Il percorso compiuto in seminario, sia negli studi sia nell’attività pastorale, mi ha preparato a dire di sì alla chiamata che mi era stata rivolta. Essere sacerdote, per me, significa vivere in pienezza la vita cristiana. È una storia d’amore che si rinnova ogni giorno, un filo narrativo che conferisce unità alla mia esistenza. E di cui sono molto grato.Com’è nato il suo ultimo libro, ‘Elogio della sete’? Dagli esercizi spirituali che papa Francesco mi ha chiesto di tenere nel febbraio scorso. Qualche mese prima, in novembre, avevo ricevuto una telefonata di buon mattino: era il Santo Padre, che mi invitava appunto a predicare a lui e alla Curia romana. Voleva che scegliessi un tema che mi stava a cuore, un argomento che nascesse dalla mia condizione di ‘povero prete’, come mi era venuto da definirmi. «La povertà è una grande risorsa», mi ha ricordato. Mi sono fidato e subito, d’istinto, ho pensato all’esperienza della sete, che è comune a tutti, credenti e non credenti. La prospettiva antropologica è quella che più facilmente permette l’incontro, specie quando si tratta di una realtà paradossale e difficile come la sete. Che provoca dolore e rappresenta un’apertura, è un cammino di austerità e risveglia il desiderio. E va benedetta, come tutto nella nostra esistenza chiede di essere lodato nella sua capacità di suscitare stupore, indurre al ringraziamento, ricondurre all’innocenza.

Parte oggi la «Festa di Avvenire» nella diocesi di Monreale

Le beatitudini evangeliche sono davvero la carta d’identità del cristiano, motivo di speranza e di umanizzazione della società, o solo utopia? C’è da chiederselo oggi, a partire dalla propria esperienza di vita e di impegno istituzionale e sociale, e l’occasione arriva in Sicilia con la terza edizione della Festa di Avvenire nella diocesi di Monreale, che da domani si svolgerà tra Terrasini (duomo e palazzo D’Aumale), Capaci, Cinisi e Isola delle Femmine e si concluderà domenica con la lectio magistralis di monsignor Josè Tolentino Calaça de Mendonça, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Sacerdote, poeta e scrittore portoghese e protagonista del dibattito culturale europeo, monsignor Tolentino sarà insignito del premio “Una vita per… passione!” proprio nella serata conclusiva.

L’evento è organizzato dall’associazione culturale “Così, per… passione!” di Terrasini, guidata da Ino Cardinale, e dall’ufficio Comunicazioni sociali della arcidiocesi di Monreale, diretto da don Antonio Chimenti, in collaborazione con il quotidiano Avvenire. Dopo avere affrontato e attualizzato i vizi e le virtù, durante le due precedenti edizioni, il filo conduttore della festa 2018 è il “Discorso della montagna”, analizzando le otto beatitudini del Vangelo di Matteo, considerate dai credenti e non un modello per vivere “beati”, gioiosi. Argomento protagonista dell’ultima esortazione apostolica di papa Francesco “Gaudete et exultate” e proposto come cammino di santità.

Il “padrone di casa”, monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, mette subito un po’ di carne al fuoco del dibattito dei prossimi quattro giorni. «Le beatitudini sono la carta d’identità per chi vuole ancora dirsi cristiano – si domanda – o sono parole che, pur avendo il fascino della bellezza e il profumo della poesia, appartengono alla grande utopia di Gesù Cristo che non ha, purtroppo, cambiato il mondo? Esse possono essere messe in pratica da alcuni eletti o sono patrimonio dell’umanità, sono valide per la vita futura o anche per il presente?».

E ricorda il provocatorio rimprovero di Friedrich Nietzsche: «[I cristiani] dovrebbero cantarmi canti migliori perché io impari a credere al loro ’redentore’: più gioiosi dovrebbero sembrarmi i suoi ’discepoli’!”. “In questi giorni siamo chiamati a lasciar risuonare per ciascuno di noi, chierico o laico, la nuda “domanda”: è possibile vivere le beatitudini evangeliche qui e ora, nella nostra vita personale come in quella sociale?» aggiunge l’arcivescovo.

Tra gli ospiti il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica, Paolo Ruffini, prefetto del dicastero per le Comunicazioni sociali della Santa Sede, monsignor Giuseppe Sciacca, segretario del supremo tribunale della Segnatura apostolica, monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi. E ancora il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci, Mario Primicerio, presidente della Fondazione Giorgio La Pira, Angelo Scelzo, già vicedirettore della Sala stampa della Santa Sede, padre Costantin Preda, Biblista dell’Accademia teologica di Bucarest, il comandante provinciale carabinieri di Palermo, Antonio Di Stasio, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

A coordinare e introdurre gli incontri il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e l’inviato del giornale Alessandro Zaccuri. «Ci aspettano giornate intense – sottolineano Ino Cardinale e don Antonio Chimenti – celebrazioni liturgiche arricchite da catechesi e incontri, momenti di dialogo, riflessioni e approfondimenti da offrire a tutti coloro che siano predisposti a mettere in comune la tensione a un reale, profondo confronto; incontri e scambi di idee, opinioni, esperienze, tra personalità del mondo ecclesiale, personaggi della politica locale e nazionale, intellettuali, giornalisti, artisti, e tanti cittadini dei paesi coinvolti e delle comunità del territorio».

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Parte oggi la «Festa di Avvenire» nella diocesi di Monreale

Le beatitudini evangeliche sono davvero la carta d’identità del cristiano, motivo di speranza e di umanizzazione della società, o solo utopia? C’è da chiederselo oggi, a partire dalla propria esperienza di vita e di impegno istituzionale e sociale, e l’occasione arriva in Sicilia con la terza edizione della Festa di Avvenire nella diocesi di Monreale, che da domani si svolgerà tra Terrasini (duomo e palazzo D’Aumale), Capaci, Cinisi e Isola delle Femmine e si concluderà domenica con la lectio magistralis di monsignor Josè Tolentino Calaça de Mendonça, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Sacerdote, poeta e scrittore portoghese e protagonista del dibattito culturale europeo, monsignor Tolentino sarà insignito del premio “Una vita per… passione!” proprio nella serata conclusiva.

L’evento è organizzato dall’associazione culturale “Così, per… passione!” di Terrasini, guidata da Ino Cardinale, e dall’ufficio Comunicazioni sociali della arcidiocesi di Monreale, diretto da don Antonio Chimenti, in collaborazione con il quotidiano Avvenire. Dopo avere affrontato e attualizzato i vizi e le virtù, durante le due precedenti edizioni, il filo conduttore della festa 2018 è il “Discorso della montagna”, analizzando le otto beatitudini del Vangelo di Matteo, considerate dai credenti e non un modello per vivere “beati”, gioiosi. Argomento protagonista dell’ultima esortazione apostolica di papa Francesco “Gaudete et exultate” e proposto come cammino di santità.

Il “padrone di casaâ€, monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, mette subito un po’ di carne al fuoco del dibattito dei prossimi quattro giorni. «Le beatitudini sono la carta d’identità per chi vuole ancora dirsi cristiano – si domanda – o sono parole che, pur avendo il fascino della bellezza e il profumo della poesia, appartengono alla grande utopia di Gesù Cristo che non ha, purtroppo, cambiato il mondo? Esse possono essere messe in pratica da alcuni eletti o sono patrimonio dell’umanità, sono valide per la vita futura o anche per il presente?».

E ricorda il provocatorio rimprovero di Friedrich Nietzsche: «[I cristiani] dovrebbero cantarmi canti migliori perché io impari a credere al loro ’redentore’: più gioiosi dovrebbero sembrarmi i suoi ’discepoli’!”. “In questi giorni siamo chiamati a lasciar risuonare per ciascuno di noi, chierico o laico, la nuda “domandaâ€: è possibile vivere le beatitudini evangeliche qui e ora, nella nostra vita personale come in quella sociale?» aggiunge l’arcivescovo.

Tra gli ospiti il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica, Paolo Ruffini, prefetto del dicastero per le Comunicazioni sociali della Santa Sede, monsignor Giuseppe Sciacca, segretario del supremo tribunale della Segnatura apostolica, monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi. E ancora il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci, Mario Primicerio, presidente della Fondazione Giorgio La Pira, Angelo Scelzo, già vicedirettore della Sala stampa della Santa Sede, padre Costantin Preda, Biblista dell’Accademia teologica di Bucarest, il comandante provinciale carabinieri di Palermo, Antonio Di Stasio, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

A coordinare e introdurre gli incontri il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e l’inviato del giornale Alessandro Zaccuri. «Ci aspettano giornate intense – sottolineano Ino Cardinale e don Antonio Chimenti – celebrazioni liturgiche arricchite da catechesi e incontri, momenti di dialogo, riflessioni e approfondimenti da offrire a tutti coloro che siano predisposti a mettere in comune la tensione a un reale, profondo confronto; incontri e scambi di idee, opinioni, esperienze, tra personalità del mondo ecclesiale, personaggi della politica locale e nazionale, intellettuali, giornalisti, artisti, e tanti cittadini dei paesi coinvolti e delle comunità del territorio».

Boldrini: «La politica è l’arte del futuro»

«Se la politica è l’arte del futuro, allora non può non prendere in considerazione il provvedimento sulla cittadinanza, che guarda al futuro». La presidente della Camera Laura Boldrini parla a tutto campo della legge sullo ius soli temperato e ius culturae, dell’Europa, dell’accoglienza ai migranti, intervenendo alla giornata finale della Festa di Avvenire, organizzata dalla diocesi di Monreale, dall’associazione culturale “Così, per… passione!” e dalla redazione del quotidiano. Nella Chiesa madre di Terrasini gremita, la Boldrini ha presentato il suo libro “La comunità possibile” e offerto la sua interpretazione della virtù della Fortezza, rispondendo alle domande del direttore Marco Tarquinio e dell’inviato de La “Repubblica” Roberto Petrini.

Centrale il dibattito sulla legge approvata dalla Camera e ora ferma al Senato: «Sgombriamo il campo da equivoci, perché su questo tema c’è chi alimenta confusione e paure. La riforma della legge sulla cittadinanza non dice che diventano italiani tutti coloro che arrivano nel nostro Paese – chiarisce la Boldrini –. Al contrario pone condizioni ben precise: diventa cittadino italiano solo chi è nato qui da genitori con regolare permesso di soggiorno di lunga durata o chi è arrivato da noi prima dei 12 anni e ha già completato un percorso di studi di almeno cinque anni. La cittadinanza arriva solo se il minore è passato attraverso le varie tappe. È perciò nell’interesse della collettività che questi giovani diventino buoni cittadini». E attacca: «Chi ci guadagna a escludere questi giovani? Solo chi vuole alimentare la paura e l’odio. In Italia c’è chi, per mestiere, fomenta l’odio. Ecco, questi non devono avere la meglio». Mostra sicurezza: «Alcuni dicono che si perdono le elezioni se si dà la possibilità ad alcuni giovani di far parte della società, ma, in realtà, si perdono se prevale la subalternità e se si tradiscono i cittadini».

Ma non nasconde l’amarezza per i continui attacchi ricevuti sui social: «Non è bello vivere sapendo che tanti vorrebbero farti fuori in tutti i sensi e ti buttano addosso quintali di odio, sconcezze e bestialità a sfondo sessuale. Ma abbiamo il dovere di andare avanti. Sono in una posizione importante e sono portatrice di alcuni valori che mi hanno portata a essere eletta. Non ci sarà minaccia che mi farà indietreggiare di un millimetro. Noi siamo in tanti, loro sono in pochi e gridano. Dobbiamo portare avanti un impegno, ci guadagniamo tutti nell’avere un Paese più coeso e più inclusivo».

Guardando all’Europa aggiunge: «Abbiamo visto che il populismo non è invincibile. I populisti hanno paura di tutto: di chi viene da lontano, dell’Europa, del futuro. Chi ha paura non sa dare risposte a problemi concreti».

Ad accogliere la presidente della Camera, il sindaco di Terrasini Giosuè Maniaci e l’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, che ha ribadito la necessità di promuovere la cultura dell’accoglienza e dell’incontro, con senso di responsabilità. «Non possiamo immaginare che tutto il peso dell’immigrazione debba gravare esclusivamente sull’Italia e sulla Grecia – avverte Pennisi — a una concezione dell’Europa chiusa ed egoista che punta solo sulla sicurezza, bisogna sostituire nella coscienza popolare una Comunità europea aperta, coraggiosa, protesa ad uno sviluppo integrale e alla costruzione della pace e della solidarietà tra i popoli. È tempo che l’Unione Europea rompa gli indugi per una politica comune nella gestione dei flussi migratori, che armonizzi le varie legislazioni nazionali, vada al di là dell’emergenza e veda gli Stati membri uniti in un’azione di cooperazione allo sviluppo nei Paesi di provenienza. Su questi temi è necessario un approccio globale».

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Boldrini: «La politica è l’arte del futuro»

«Se la politica è l’arte del futuro, allora non può non prendere in considerazione il provvedimento sulla cittadinanza, che guarda al futuro». La presidente della Camera Laura Boldrini parla a tutto campo della legge sullo ius soli temperato e ius culturae, dell’Europa, dell’accoglienza ai migranti, intervenendo alla giornata finale della Festa di Avvenire, organizzata dalla diocesi di Monreale, dall’associazione culturale “Così, per… passione!” e dalla redazione del quotidiano. Nella Chiesa madre di Terrasini gremita, la Boldrini ha presentato il suo libro “La comunità possibile” e offerto la sua interpretazione della virtù della Fortezza, rispondendo alle domande del direttore Marco Tarquinio e dell’inviato de La “Repubblica” Roberto Petrini.

Centrale il dibattito sulla legge approvata dalla Camera e ora ferma al Senato: «Sgombriamo il campo da equivoci, perché su questo tema c’è chi alimenta confusione e paure. La riforma della legge sulla cittadinanza non dice che diventano italiani tutti coloro che arrivano nel nostro Paese – chiarisce la Boldrini –. Al contrario pone condizioni ben precise: diventa cittadino italiano solo chi è nato qui da genitori con regolare permesso di soggiorno di lunga durata o chi è arrivato da noi prima dei 12 anni e ha già completato un percorso di studi di almeno cinque anni. La cittadinanza arriva solo se il minore è passato attraverso le varie tappe. È perciò nell’interesse della collettività che questi giovani diventino buoni cittadini». E attacca: «Chi ci guadagna a escludere questi giovani? Solo chi vuole alimentare la paura e l’odio. In Italia c’è chi, per mestiere, fomenta l’odio. Ecco, questi non devono avere la meglio». Mostra sicurezza: «Alcuni dicono che si perdono le elezioni se si dà la possibilità ad alcuni giovani di far parte della società, ma, in realtà, si perdono se prevale la subalternità e se si tradiscono i cittadini».

Ma non nasconde l’amarezza per i continui attacchi ricevuti sui social: «Non è bello vivere sapendo che tanti vorrebbero farti fuori in tutti i sensi e ti buttano addosso quintali di odio, sconcezze e bestialità a sfondo sessuale. Ma abbiamo il dovere di andare avanti. Sono in una posizione importante e sono portatrice di alcuni valori che mi hanno portata a essere eletta. Non ci sarà minaccia che mi farà indietreggiare di un millimetro. Noi siamo in tanti, loro sono in pochi e gridano. Dobbiamo portare avanti un impegno, ci guadagniamo tutti nell’avere un Paese più coeso e più inclusivo».

Guardando all’Europa aggiunge: «Abbiamo visto che il populismo non è invincibile. I populisti hanno paura di tutto: di chi viene da lontano, dell’Europa, del futuro. Chi ha paura non sa dare risposte a problemi concreti».

Ad accogliere la presidente della Camera, il sindaco di Terrasini Giosuè Maniaci e l’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, che ha ribadito la necessità di promuovere la cultura dell’accoglienza e dell’incontro, con senso di responsabilità. «Non possiamo immaginare che tutto il peso dell’immigrazione debba gravare esclusivamente sull’Italia e sulla Grecia – avverte Pennisi — a una concezione dell’Europa chiusa ed egoista che punta solo sulla sicurezza, bisogna sostituire nella coscienza popolare una Comunità europea aperta, coraggiosa, protesa ad uno sviluppo integrale e alla costruzione della pace e della solidarietà tra i popoli. È tempo che l’Unione Europea rompa gli indugi per una politica comune nella gestione dei flussi migratori, che armonizzi le varie legislazioni nazionali, vada al di là dell’emergenza e veda gli Stati membri uniti in un’azione di cooperazione allo sviluppo nei Paesi di provenienza. Su questi temi è necessario un approccio globale».

A Terrasini la prudenza, questa sconosciuta

La prudenza, questa sconosciuta: oggi per lo più (fra)intesa come cautela che non disturba i poteri forti, in realtà è la virtù cardinale che predica discernimento di ciò che è giusto e quindi coraggio nelle decisioni. Nella Bibbia la prudenza è addirittura il dono della sapienza che scende da Dio. Prudenti, dunque, dovrebbero essere innanzitutto chi governa la Cosa pubblica e naturalmente chi fa informazione. In due parole: politici e giornalisti.

Per questo l’altra sera a Cinisi, nella seconda giornata della Festa di Avvenire, ispirata dall’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi e organizzata dall’Associazione culturale “Così… per passione”, ne avrebbero dovuto dialogare il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e il popolare giornalista televisivo (e docente di Etica ed Economia) Paolo Del Debbio. Assente il primo, il punto di vista della politica è stato trattato da Giangiacomo Palazzolo, giovane sindaco di Cinisi che, “in una Sicilia così assistenzialista da costringere i piccoli comuni a finanziare un numero esorbitante di dipendenti pubblici (Cinisi ne ha più dell’intera provincia di Torino)”, sperimenta tutti i giorni la fatica di una politica “prudente” e schietta.

Accusata spesso di essere populista, la tivù targata Del Debbio va avanti per la sua strada dando voce alle piazze e ai problemi stringenti delle periferie, “e se questo è populismo me ne vanto” ha dichiarato il giornalista. Refrattario alle ipocrisie di chi attribuisce al mercato tutti i mali del pianeta, aggiusta il tiro: “Disastri bancari, questione ambientale e povertà derivano certamente da un mercato malato, ma dietro c’è una classe politica incompetente, la vera colpevole”. Un esempio? I tanto decantati accordi internazionali di Parigi sul clima: “Chi non li rispetterà dovrà autocertificarlo. Ve la vedete la Cina che si autodenuncia? E poi non è prevista sanzione”.

La mancanza dei pubblici poteri trasuda dunque dalle sue trasmissioni “sia con governi di destra che di sinistra. Nel 2012 esordii con il caso Fiorito e la giunta Polverini. Berlusconi mi convocò perché qualcuno voleva la mia testa: la prenda, Cavaliere, gli dissi, ma io racconto i veri guai della gente. Perché la mia piazza sarebbe populista e quella di Santoro illuminata?”. Conscio della responsabilità che ha l’informazione nel provocare anche razzismo e violenza, Del Debbio ha interrotto la sua trasmissione quotidiana perché “era troppo, sarei passato per un aizza-popolo e non lo sono, io voglio solo dare voce a chi non l’ha”. Persino le donne che hanno affittato l’utero: “Ne ho ospitate tre e hanno raccontato un dramma… Sono stato richiamato dall’Ordine dei giornalisti: c’è un problema di lobby molto potente”.

Come confermato da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire: “La più grande ‘prudenza’, cioè coraggio, che dobbiamo avere è maneggiare la nostra umanità, soprattutto quella fragile”.

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A Terrasini la prudenza, questa sconosciuta

La prudenza, questa sconosciuta: oggi per lo più (fra)intesa come cautela che non disturba i poteri forti, in realtà è la virtù cardinale che predica discernimento di ciò che è giusto e quindi coraggio nelle decisioni. Nella Bibbia la prudenza è addirittura il dono della sapienza che scende da Dio. Prudenti, dunque, dovrebbero essere innanzitutto chi governa la Cosa pubblica e naturalmente chi fa informazione. In due parole: politici e giornalisti.

Per questo l’altra sera a Cinisi, nella seconda giornata della Festa di Avvenire, ispirata dall’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi e organizzata dall’Associazione culturale “Così… per passioneâ€, ne avrebbero dovuto dialogare il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e il popolare giornalista televisivo (e docente di Etica ed Economia) Paolo Del Debbio. Assente il primo, il punto di vista della politica è stato trattato da Giangiacomo Palazzolo, giovane sindaco di Cinisi che, “in una Sicilia così assistenzialista da costringere i piccoli comuni a finanziare un numero esorbitante di dipendenti pubblici (Cinisi ne ha più dell’intera provincia di Torino)â€, sperimenta tutti i giorni la fatica di una politica “prudente†e schietta.

Accusata spesso di essere populista, la tivù targata Del Debbio va avanti per la sua strada dando voce alle piazze e ai problemi stringenti delle periferie, “e se questo è populismo me ne vanto†ha dichiarato il giornalista. Refrattario alle ipocrisie di chi attribuisce al mercato tutti i mali del pianeta, aggiusta il tiro: “Disastri bancari, questione ambientale e povertà derivano certamente da un mercato malato, ma dietro c’è una classe politica incompetente, la vera colpevoleâ€. Un esempio? I tanto decantati accordi internazionali di Parigi sul clima: “Chi non li rispetterà dovrà autocertificarlo. Ve la vedete la Cina che si autodenuncia? E poi non è prevista sanzioneâ€.

La mancanza dei pubblici poteri trasuda dunque dalle sue trasmissioni “sia con governi di destra che di sinistra. Nel 2012 esordii con il caso Fiorito e la giunta Polverini. Berlusconi mi convocò perché qualcuno voleva la mia testa: la prenda, Cavaliere, gli dissi, ma io racconto i veri guai della gente. Perché la mia piazza sarebbe populista e quella di Santoro illuminata?â€. Conscio della responsabilità che ha l’informazione nel provocare anche razzismo e violenza, Del Debbio ha interrotto la sua trasmissione quotidiana perché “era troppo, sarei passato per un aizza-popolo e non lo sono, io voglio solo dare voce a chi non l’haâ€. Persino le donne che hanno affittato l’utero: “Ne ho ospitate tre e hanno raccontato un dramma… Sono stato richiamato dall’Ordine dei giornalisti: c’è un problema di lobby molto potenteâ€.

Come confermato da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire: “La più grande ‘prudenza’, cioè coraggio, che dobbiamo avere è maneggiare la nostra umanità, soprattutto quella fragileâ€.

A Terrasini la virtù della fede secondo Staglianò

«La Fede che opera per mezzo della Carità è la vera fede, altrimenti è morta». È il cuore della riflessione di monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto, sulla prima delle virtù teologali, che ha aperto ieri pomeriggio la Festa di Avvenire, organizzata nella diocesi di Monreale dall’associazione culturale ‘Così, per..passione!’ di Terrasini e dall’ufficio diocesano Comunicazioni sociali, con la redazione di Avvenire. Presenti nella Chiesa Madre di Terrasini l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, e il direttore del quotidiano, Marco Tarquinio.

«L’estetizzazione del cattolicesimo ha anestetizzato il cristianesimo» afferma con forza Staglianò, richiamando le grandi urgenze della nostra società, dall’accoglienza dei migranti al lavoro, senza dimenticare che «la Fede è dono dello Spirito Santo e che cerca l’intelligenza dell’uomo». Il vescovo di Noto, citando e canticchiando i testi di celebri canzoni pop, che diventano strumento di catechesi, enumera un esempio dopo l’altro i tanti segni di scollamento che spesso distrugge il rapporto tra vita e Fede: il fermarsi al devozionismo, alla commozione davanti ai personaggi del Presepe o al Cristo in croce, senza pensare a quello che concretamente si può fare per l’altro che vive accanto, approda sulle coste, attraversa difficoltà: «Quando il cattolicesimo fu svuotato dal cristianesimo, divenne una religione violenta. Ha Fede solo chi assomiglia a Gesù Cristo». «Considerate la vostra semenza… per seguir virtute e canoscenza », dalla Divina Commedia, è il filo conduttore del fitto programma fino a domenica. Ieri sera si è parlato anche di Prudenza con il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e il giornalista Paolo De Debbio.

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A Terrasini la virtù della fede secondo Staglianò

«La Fede che opera per mezzo della Carità è la vera fede, altrimenti è morta». È il cuore della riflessione di monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto, sulla prima delle virtù teologali, che ha aperto ieri pomeriggio la Festa di Avvenire, organizzata nella diocesi di Monreale dall’associazione culturale ‘Così, per..passione!’ di Terrasini e dall’ufficio diocesano Comunicazioni sociali, con la redazione di Avvenire. Presenti nella Chiesa Madre di Terrasini l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, e il direttore del quotidiano, Marco Tarquinio.

«L’estetizzazione del cattolicesimo ha anestetizzato il cristianesimo» afferma con forza Staglianò, richiamando le grandi urgenze della nostra società, dall’accoglienza dei migranti al lavoro, senza dimenticare che «la Fede è dono dello Spirito Santo e che cerca l’intelligenza dell’uomo». Il vescovo di Noto, citando e canticchiando i testi di celebri canzoni pop, che diventano strumento di catechesi, enumera un esempio dopo l’altro i tanti segni di scollamento che spesso distrugge il rapporto tra vita e Fede: il fermarsi al devozionismo, alla commozione davanti ai personaggi del Presepe o al Cristo in croce, senza pensare a quello che concretamente si può fare per l’altro che vive accanto, approda sulle coste, attraversa difficoltà: «Quando il cattolicesimo fu svuotato dal cristianesimo, divenne una religione violenta. Ha Fede solo chi assomiglia a Gesù Cristo». «Considerate la vostra semenza… per seguir virtute e canoscenza », dalla Divina Commedia, è il filo conduttore del fitto programma fino a domenica. Ieri sera si è parlato anche di Prudenza con il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e il giornalista Paolo De Debbio.

Terrasini, al via la Festa di Avvenire sulle virtù

Le virtù e la loro bellezza, ovvero la bellezza delle virtù. Di quelle teologali (fede, speranza e carità) che esistono e resistono, in particolar modo per chi ha formazione spirituale e vive in relazione con Dio, ma anche di quelle cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), che sembrano essere scomparse nella società attuale. «Considerate la vostra semenza…per seguir virtute e canoscenza» di dantesca memoria è il filo conduttore del fitto programma di incontri, catechesi, celebrazioni e approfondi- menti, che da oggi a domenica animerà la Festa di Avvenire, organizzata nella diocesi di Monreale dall’associazione culturale ‘Così, per..passione!’ di Terrasini e dall’ufficio diocesano Comunicazioni sociali, con la redazione del quotidiano e il direttore Marco Tarquinio.

Le riflessioni sulle virtù teologali saranno affidate a monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto (Fede), nella Chiesa Madre di Terrasini, oggi alle 18; a monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale (Speranza), nella Chiesa Ecce Homo di Cinisi, domani alle 18; a monsignor Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina (Carità), al santuario Beata Maria di Gesù Santocanale di Cinisi, sabato alle 10. Di virtù cardinali si parlerà invece con laici impegnati in politica e nel mondo delle professioni. Si comincia questa sera con il sindaco di Palermo, Leoluca Orando, e col giornalista Paolo Del Debbio, con un dibattito sulla Prudenza, alle 21, nell’atrio del Palazzo dei Benedettini a Cinisi. Domani alle 21, a Torre Alba a Terrasini, sarà Mauro Berruto, allenatore di pallavolo italiano, già tecnico della nazionale, a parlare di Temperanza. Su ‘Giustizia, corruzione e mafia’ verterà la tavola rotonda di sabato alle 18, al Palazzo arcivescovile di Monreale, con la partecipazione, tra gli altri, di monsignor Pennisi, di monsignor Silvano Tomasi, segretario delegato del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Antonino Di Matteo, magistrato della Direzione nazionale antimafia, Vittorio V. Alberti, filosofo.

Domenica alle 19,30, nella Chiesa madre di Terrasini sarà ospite la presidente della Camera, Laura Boldrini, sul tema della fortezza. La conclusione alle 21 con un concerto e la consegna del premio ‘Una vita… per passione’ allo scrittore Ferdinando Camon.

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Terrasini, al via la Festa di Avvenire sulle virtù

Le virtù e la loro bellezza, ovvero la bellezza delle virtù. Di quelle teologali (fede, speranza e carità) che esistono e resistono, in particolar modo per chi ha formazione spirituale e vive in relazione con Dio, ma anche di quelle cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), che sembrano essere scomparse nella società attuale. «Considerate la vostra semenza…per seguir virtute e canoscenza» di dantesca memoria è il filo conduttore del fitto programma di incontri, catechesi, celebrazioni e approfondi- menti, che da oggi a domenica animerà la Festa di Avvenire, organizzata nella diocesi di Monreale dall’associazione culturale ‘Così, per..passione!’ di Terrasini e dall’ufficio diocesano Comunicazioni sociali, con la redazione del quotidiano e il direttore Marco Tarquinio.

Le riflessioni sulle virtù teologali saranno affidate a monsignor Antonio Staglianò, vescovo di Noto (Fede), nella Chiesa Madre di Terrasini, oggi alle 18; a monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale (Speranza), nella Chiesa Ecce Homo di Cinisi, domani alle 18; a monsignor Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina (Carità), al santuario Beata Maria di Gesù Santocanale di Cinisi, sabato alle 10. Di virtù cardinali si parlerà invece con laici impegnati in politica e nel mondo delle professioni. Si comincia questa sera con il sindaco di Palermo, Leoluca Orando, e col giornalista Paolo Del Debbio, con un dibattito sulla Prudenza, alle 21, nell’atrio del Palazzo dei Benedettini a Cinisi. Domani alle 21, a Torre Alba a Terrasini, sarà Mauro Berruto, allenatore di pallavolo italiano, già tecnico della nazionale, a parlare di Temperanza. Su ‘Giustizia, corruzione e mafia’ verterà la tavola rotonda di sabato alle 18, al Palazzo arcivescovile di Monreale, con la partecipazione, tra gli altri, di monsignor Pennisi, di monsignor Silvano Tomasi, segretario delegato del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Antonino Di Matteo, magistrato della Direzione nazionale antimafia, Vittorio V. Alberti, filosofo.

Domenica alle 19,30, nella Chiesa madre di Terrasini sarà ospite la presidente della Camera, Laura Boldrini, sul tema della fortezza. La conclusione alle 21 con un concerto e la consegna del premio ‘Una vita… per passione’ allo scrittore Ferdinando Camon.

Famiglia e accoglienza nelle Festa di Avvenire a Ventimiglia e Sanremo

“Come sacerdote opero per la giustizia e sono sereno riguardo alle indagini del magistrato perché ho sempre operato concorrettezza. Quello che mi preoccupa è la criminalizzazione della solidarietà verso lo straniero”. Una vita spesa “a dar voce a chi non ha voce”, quella di don Mosé Zerai, coordinatore europeo delle comunità cattoliche eritree e cappellano della comunità cattolica eritrei in Svizzera. Lui, punto di riferimento di tanti migranti in fuga dagli orrori della dittatura e in pericolo in Libia e nel Mediterraneo, ha scelto la prima Festa di Avvenire di Ventimiglia e Sanremo per la sua prima uscita pubblica dopo essere stato indagato nell’inchiesta della procura di Trapani sulla nave Iuventa dell Ong tedesca Jugend rettet.

“L’Europa scarica la frustrazione della crisi di solidarietà fra i suoi stati sui migranti e su chi tenta di aiutarli, mi preoccupa la campagna di calunnia nei miei confronti e di quelle di tutte le ong” ha detto don Mosé di fronte a un pubblico attento e commosso ieri sera, 18 agosto, presso il Chiostro di Sant’Agostino a Ventimiglia.

Due le tavole rotonde, la seconda stasera 19 agosto a Sanremo, che hanno portato il dibattito sui temi cruciali dell’immigrazione e della famiglia in occasione della prima Festa di Avvenire nella Riviera di Ponente. Fortemente voluta dal vescovo monsignor Antonio Suetta, la manifestazione dal titolo “Accogliere è riscoprire” organizzata dalla Diocesi di Ventimiglia e Sanremo in collaborazione con la direzione del quotidiano Avvenire, ha avuto anche due appuntamenti pomeridiani per i bambini dedicati a Popotus, l’inserto bisettimanale per ragazzi, che, hanno ascoltato le favole per la pace di Oreste Castagna di Rai YoYo con la moglie Benedetta. La quale, originaria della Nigeria, ha raccontato ieri la sua Odissea di migrante attraverso l’Africa nelle mani dei trafficanti di vite umane.

“Migranti e famiglia sono due temi cruciali anche per la nostra diocesi – ha spiegato il vescovo Suetta -. Siamo immersi in una marea di comunicazioni confuse o sensazionalistiche, per questo è importante uno strumento al servizio della verità come il quotidiano cattolico Avvenire”. Un quotidiano che mette al centro le storie delle persone e dei nuovi italiani, ricche di forza e bellezza, come quella di Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del Foro di Milano, che grazie ai sacrifici del padre immigrato senegalese, protagonista del romanzo-verità “Il sogno di un venditore di accendini” di Francesca Fialdini, ha potuto studiare ed affermarsi come pure la sorella ingegnere. “Mio padre è il mio eroe, perché ha fatto crescere la sua famiglia con

onestà e seguendo le regole, senza espedienti” ha detto Mbodj oggi cittadino italiano, dicendosi favorevole allo “ius culturae” proprio perché il suo cammino di integrazione è partito dalla scuola italiana.

“Noi dell’accoglienza siamo per la legalità – ha aggiunto il direttore Tarquinio – Perché solo con regole certe si può dare una risposta dignitosa alle aspettative di chi fugge da guerre, persecuzioni religiose e dalla povertà dovuta ai mutamenti climatici. Unaquestione, quella della migrazione, che si intreccia con quella della famiglia, mentre il divario fra ricchezza e povertà si fa sempre più ampio. Noi lavoriamo per una società più accogliente nel suo complesso”.

Ed è stato proprio questo il tema della seconda tavola rotonda, questa sera, presso l’Oratorio dell’Immacolata a Sanremo. Roberto Petrini, inviato speciale della redazione economica di Repubblica, ha delineato un ritratto chiaro ed esaustivo delle questioni fiscali relative alla famiglia in Italia, “dove c’è una confusione e una sovrapposizione di bonus e altre misure fiscali. Bisogna riordinare il settore tenendo conto di famiglia, figli e fasce povere. Il potenziamento della demografia significa potenziamento della crescita economica”. Consapevole dell’enorme ritardo del Paese sulle politiche familiari, in vista delle prossime elezioni ma soprattutto nella manovra 2018, il Forum delle famiglie presieduto da Gigi De Paolo propone “un percorso che dia ossigeno ai nuclei numerosi e che nel giro di 5 anni introduca il fattore famiglia nel sistema fiscale italiano. Perché i giovani hanno voglia di famiglia”.

Sull’importanza del ruolo delle madri nel sistema famiglia è intervenuta la giornalista Costanza Miriano, secondo la quale “la maternità non viene considerata nell’organizzazione del lavoro di oggi, mentre invece si dovrebbe dare valore alle madri: i figlisono un fattore sociale”.

Domattina, 20 agosto, la conclusione della Festa di Avvenire con la solenne concelebrazione eucaristica, alle ore 11 presso la concattedrale di San Siro a Sanremo, presieduta da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

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Famiglia e accoglienza nelle Festa di Avvenire a Ventimiglia e Sanremo

“Come sacerdote opero per la giustizia e sono sereno riguardo alle indagini del magistrato perché ho sempre operato concorrettezza. Quello che mi preoccupa è la criminalizzazione della solidarietà verso lo straniero”. Una vita spesa “a dar voce a chi non ha voce”, quella di don Mosé Zerai, coordinatore europeo delle comunità cattoliche eritree e cappellano della comunità cattolica eritrei in Svizzera. Lui, punto di riferimento di tanti migranti in fuga dagli orrori della dittatura e in pericolo in Libia e nel Mediterraneo, ha scelto la prima Festa di Avvenire di Ventimiglia e Sanremo per la sua prima uscita pubblica dopo essere stato indagato nell’inchiesta della procura di Trapani sulla nave Iuventa dell Ong tedesca Jugend rettet.

“L’Europa scarica la frustrazione della crisi di solidarietà fra i suoi stati sui migranti e su chi tenta di aiutarli, mi preoccupa la campagna di calunnia nei miei confronti e di quelle di tutte le ong” ha detto don Mosé di fronte a un pubblico attento e commosso ieri sera, 18 agosto, presso il Chiostro di Sant’Agostino a Ventimiglia.

Due le tavole rotonde, la seconda stasera 19 agosto a Sanremo, che hanno portato il dibattito sui temi cruciali dell’immigrazione e della famiglia in occasione della prima Festa di Avvenire nella Riviera di Ponente. Fortemente voluta dal vescovo monsignor Antonio Suetta, la manifestazione dal titolo “Accogliere è riscoprire” organizzata dalla Diocesi di Ventimiglia e Sanremo in collaborazione con la direzione del quotidiano Avvenire, ha avuto anche due appuntamenti pomeridiani per i bambini dedicati a Popotus, l’inserto bisettimanale per ragazzi, che, hanno ascoltato le favole per la pace di Oreste Castagna di Rai YoYo con la moglie Benedetta. La quale, originaria della Nigeria, ha raccontato ieri la sua Odissea di migrante attraverso l’Africa nelle mani dei trafficanti di vite umane.

“Migranti e famiglia sono due temi cruciali anche per la nostra diocesi – ha spiegato il vescovo Suetta -. Siamo immersi in una marea di comunicazioni confuse o sensazionalistiche, per questo è importante uno strumento al servizio della verità come il quotidiano cattolico Avvenire”. Un quotidiano che mette al centro le storie delle persone e dei nuovi italiani, ricche di forza e bellezza, come quella di Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del Foro di Milano, che grazie ai sacrifici del padre immigrato senegalese, protagonista del romanzo-verità “Il sogno di un venditore di accendini” di Francesca Fialdini, ha potuto studiare ed affermarsi come pure la sorella ingegnere. “Mio padre è il mio eroe, perché ha fatto crescere la sua famiglia con

onestà e seguendo le regole, senza espedienti” ha detto Mbodj oggi cittadino italiano, dicendosi favorevole allo “ius culturae” proprio perché il suo cammino di integrazione è partito dalla scuola italiana.

“Noi dell’accoglienza siamo per la legalità – ha aggiunto il direttore Tarquinio – Perché solo con regole certe si può dare una risposta dignitosa alle aspettative di chi fugge da guerre, persecuzioni religiose e dalla povertà dovuta ai mutamenti climatici. Unaquestione, quella della migrazione, che si intreccia con quella della famiglia, mentre il divario fra ricchezza e povertà si fa sempre più ampio. Noi lavoriamo per una società più accogliente nel suo complesso”.

Ed è stato proprio questo il tema della seconda tavola rotonda, questa sera, presso l’Oratorio dell’Immacolata a Sanremo. Roberto Petrini, inviato speciale della redazione economica di Repubblica, ha delineato un ritratto chiaro ed esaustivo delle questioni fiscali relative alla famiglia in Italia, “dove c’è una confusione e una sovrapposizione di bonus e altre misure fiscali. Bisogna riordinare il settore tenendo conto di famiglia, figli e fasce povere. Il potenziamento della demografia significa potenziamento della crescita economica”. Consapevole dell’enorme ritardo del Paese sulle politiche familiari, in vista delle prossime elezioni ma soprattutto nella manovra 2018, il Forum delle famiglie presieduto da Gigi De Paolo propone “un percorso che dia ossigeno ai nuclei numerosi e che nel giro di 5 anni introduca il fattore famiglia nel sistema fiscale italiano. Perché i giovani hanno voglia di famiglia”.

Sull’importanza del ruolo delle madri nel sistema famiglia è intervenuta la giornalista Costanza Miriano, secondo la quale “la maternità non viene considerata nell’organizzazione del lavoro di oggi, mentre invece si dovrebbe dare valore alle madri: i figlisono un fattore sociale”.

Domattina, 20 agosto, la conclusione della Festa di Avvenire con la solenne concelebrazione eucaristica, alle ore 11 presso la concattedrale di San Siro a Sanremo, presieduta da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

Famiglia e accoglienza nelle Festa di Avvenire a Ventimiglia e Sanremo

“Come sacerdote opero per la giustizia e sono sereno riguardo alle indagini del magistrato perché ho sempre operato concorrettezza. Quello che mi preoccupa è la criminalizzazione della solidarietà verso lo straniero”. Una vita spesa “a dar voce a chi non ha voce”, quella di don Mosé Zerai, coordinatore europeo delle comunità cattoliche eritree e cappellano della comunità cattolica eritrei in Svizzera. Lui, punto di riferimento di tanti migranti in fuga dagli orrori della dittatura e in pericolo in Libia e nel Mediterraneo, ha scelto la prima Festa di Avvenire di Ventimiglia e Sanremo per la sua prima uscita pubblica dopo essere stato indagato nell’inchiesta della procura di Trapani sulla nave Iuventa dell Ong tedesca Jugend rettet.

“L’Europa scarica la frustrazione della crisi di solidarietà fra i suoi stati sui migranti e su chi tenta di aiutarli, mi preoccupa la campagna di calunnia nei miei confronti e di quelle di tutte le ong” ha detto don Mosé di fronte a un pubblico attento e commosso ieri sera, 18 agosto, presso il Chiostro di Sant’Agostino a Ventimiglia.

Due le tavole rotonde, la seconda stasera 19 agosto a Sanremo, che hanno portato il dibattito sui temi cruciali dell’immigrazione e della famiglia in occasione della prima Festa di Avvenire nella Riviera di Ponente. Fortemente voluta dal vescovo monsignor Antonio Suetta, la manifestazione dal titolo “Accogliere è riscoprire” organizzata dalla Diocesi di Ventimiglia e Sanremo in collaborazione con la direzione del quotidiano Avvenire, ha avuto anche due appuntamenti pomeridiani per i bambini dedicati a Popotus, l’inserto bisettimanale per ragazzi, che, hanno ascoltato le favole per la pace di Oreste Castagna di Rai YoYo con la moglie Benedetta. La quale, originaria della Nigeria, ha raccontato ieri la sua Odissea di migrante attraverso l’Africa nelle mani dei trafficanti di vite umane.

“Migranti e famiglia sono due temi cruciali anche per la nostra diocesi – ha spiegato il vescovo Suetta -. Siamo immersi in una marea di comunicazioni confuse o sensazionalistiche, per questo è importante uno strumento al servizio della verità come il quotidiano cattolico Avvenire”. Un quotidiano che mette al centro le storie delle persone e dei nuovi italiani, ricche di forza e bellezza, come quella di Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del Foro di Milano, che grazie ai sacrifici del padre immigrato senegalese, protagonista del romanzo-verità “Il sogno di un venditore di accendini” di Francesca Fialdini, ha potuto studiare ed affermarsi come pure la sorella ingegnere. “Mio padre è il mio eroe, perché ha fatto crescere la sua famiglia con

onestà e seguendo le regole, senza espedienti” ha detto Mbodj oggi cittadino italiano, dicendosi favorevole allo “ius culturae” proprio perché il suo cammino di integrazione è partito dalla scuola italiana.

“Noi dell’accoglienza siamo per la legalità – ha aggiunto il direttore Tarquinio – Perché solo con regole certe si può dare una risposta dignitosa alle aspettative di chi fugge da guerre, persecuzioni religiose e dalla povertà dovuta ai mutamenti climatici. Unaquestione, quella della migrazione, che si intreccia con quella della famiglia, mentre il divario fra ricchezza e povertà si fa sempre più ampio. Noi lavoriamo per una società più accogliente nel suo complesso”.

Ed è stato proprio questo il tema della seconda tavola rotonda, questa sera, presso l’Oratorio dell’Immacolata a Sanremo. Roberto Petrini, inviato speciale della redazione economica di Repubblica, ha delineato un ritratto chiaro ed esaustivo delle questioni fiscali relative alla famiglia in Italia, “dove c’è una confusione e una sovrapposizione di bonus e altre misure fiscali. Bisogna riordinare il settore tenendo conto di famiglia, figli e fasce povere. Il potenziamento della demografia significa potenziamento della crescita economica”. Consapevole dell’enorme ritardo del Paese sulle politiche familiari, in vista delle prossime elezioni ma soprattutto nella manovra 2018, il Forum delle famiglie presieduto da Gigi De Paolo propone “un percorso che dia ossigeno ai nuclei numerosi e che nel giro di 5 anni introduca il fattore famiglia nel sistema fiscale italiano. Perché i giovani hanno voglia di famiglia”.

Sull’importanza del ruolo delle madri nel sistema famiglia è intervenuta la giornalista Costanza Miriano, secondo la quale “la maternità non viene considerata nell’organizzazione del lavoro di oggi, mentre invece si dovrebbe dare valore alle madri: i figlisono un fattore sociale”.

Domattina, 20 agosto, la conclusione della Festa di Avvenire con la solenne concelebrazione eucaristica, alle ore 11 presso la concattedrale di San Siro a Sanremo, presieduta da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

Il teatro racconta migranti e famiglia ai bambini

«L’arte fa incontrare le persone, crea legami fortissimi. Ed è attraverso il teatro, il gioco e il racconto che facciamo avvicinare bambini, con delicatezza, a temi importanti». Ne è convinto Oreste Castagna, uno dei volti e delle voci più amati della tv dei ragazzi di Rai Yo Yo, il Gipo Scribantino del Fantabosco, protagonista per anni dell’Albero azzurro, premiato per il migliore programma due volte dal Moige, per il quale è ambasciatore insieme ad altri volti tv come Carlo Conti e Milly Carlucci. Sarà lui, insieme alla moglie Benedetta attrice originaria della Nigeria, fra i protagonisti della prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Ventimiglia – Sanremo in collaborazione con la direzione del giornale, che si svolgerà da venerdì 18 a domenica 20 agosto nelle due cittadine rivierasche. Sul tema Accogliere è riscoprire due le tavole rotonde aperte al pubblico: la prima dedicata ai temi dell’immigrazione (domani alle ore 21 presso il Chiostro di Sant’Agostino a Ventimiglia) con Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, don Mosè Zerai, cappellano della comunità cattolica eritrea in Svizzera. Sabato la festa si sposta a Sanremo sul tema della famiglia (il 19 agosto alle 21 presso l’Oratorio dell’Immacolata a Sanremo) , con la presenza del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie, i giornalisti Costanza Miriano e Roberto Petrini, inviato speciale de La Repubblica. Entrambe le tavole rotonde saranno moderate da Angela Calvini, inviata di Avvenire. Domenica 20 agosto alle 11, nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

La rondine della pace arriva dall’Africa

Oreste e Benedetta saranno presenti ad ambedue le serate per testimoniare il loro incontro che è sfociato nel matrimonio e nella nascita del piccolo Francesco. «Benedetta è partita dalla Nigeria a 16 anni vivendo una personale Odissea simile a quella di tanti migranti di oggi» spiega Oreste che insieme alla moglie durante l’anno gira l’Italia proponendo spettacoli e laboratori per bambini. Come avverrà nei due pomeriggi speciali per le famiglie dedicati alla Festa di Popotus, l’inserto giornalistico per l’infanzia di Avvenire, venerdì 18 agosto alle 16 presso la spiaggia libera e il bar-ristorante Da Danilo a Ventimiglia e sabato 19 agosto alle 16 ai Bagni Italia di Sanremo. «Porteremo un estratto del mio spettacolo Cartastorie, attaverso i ritagli di carta racconteremo la storia di una rondine che non vuole aiutare altri animaletti. Un racconto sullaccettazione in cui alla fine insegneremo ai bimbi a creare con la carta la loro rondine che appenderemo tutti insieme all’albero della pace – spiega Castagna -. Inoltre Benedetta proporrà le danze africane che ha presentato alla Festa dell mamma dello scorso Zecchino d’oro».

Molti sono i progetti della coppia per la prossima stagione. «Con il Moige ho appena finito una campagna contro il cyberbullismo – racconta -. Ho rilanciato l’idea di fare uno spettacolo per i piccoli su questo argomento: mio figlio ha compiuto due anni e mezzo e già va su Google… Stiamo producendo uno spettacolo teatrale, col patrocinio del Moige e la Edufactory, che debutterà a settembre, con la consulenza di Ivo Lizzola della Facoltà di Pedagogia dell’Università Bergamo e del magistrato Giancarlo Dettori. Io racconterò ai bambini in età prescolare cos’è il computer e quanto dannoso è se lo usi male per dire basta al cyberbulismo». Per la televisione, Oreste Castagna svilupperà in più puntate lo spettacolo teatrale prodotto da Avis sula donazione del sangue Rosso sorriso il dono dei bambini: «Sono arrivati 3500 disegni dai bambini, ne abbiamo scelti 30: io entro nei disegni e li racconto con i bambini: andrà in onda su Rai YoYo». Infine a teatro verrà ripreso Storie di pace, spettacolo che usa i filmati inediti delle ambasciate per denunciare il terribile fenomeno dei bambini soldato.

La “Festa di Avvenire” è anche un app, disponibile per Apple e Android, quindi gratuitamente scaricabile dall’Appstore e da Play Store. La app per smartphone e altri dispositivi mobili viene automaticamente alimentata con i feed del sito di Avvenire (www.avvenire.it ), riportando tutte le cronache e le gallerie fotografiche disponibili. Poi le dirette streaming degli eventi e i programmi aggiornati. Infine, l’opportunità, registrandosi, di scaricare la più recente edizione digitale di “Avvenire”.

Il teatro racconta migranti e famiglia ai bambini

«L’arte fa incontrare le persone, crea legami fortissimi. Ed è attraverso il teatro, il gioco e il racconto che facciamo avvicinare bambini, con delicatezza, a temi importanti». Ne è convinto Oreste Castagna, uno dei volti e delle voci più amati della tv dei ragazzi di Rai Yo Yo, il Gipo Scribantino del Fantabosco, protagonista per anni dell’Albero azzurro, premiato per il migliore programma due volte dal Moige, per il quale è ambasciatore insieme ad altri volti tv come Carlo Conti e Milly Carlucci. Sarà lui, insieme alla moglie Benedetta attrice originaria della Nigeria, fra i protagonisti della prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Ventimiglia – Sanremo in collaborazione con la direzione del giornale, che si svolgerà da venerdì 18 a domenica 20 agosto nelle due cittadine rivierasche. Sul tema Accogliere è riscoprire due le tavole rotonde aperte al pubblico: la prima dedicata ai temi dell’immigrazione (domani alle ore 21 presso il Chiostro di Sant’Agostino a Ventimiglia) con Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, don Mosè Zerai, cappellano della comunità cattolica eritrea in Svizzera. Sabato la festa si sposta a Sanremo sul tema della famiglia (il 19 agosto alle 21 presso l’Oratorio dell’Immacolata a Sanremo) , con la presenza del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie, i giornalisti Costanza Miriano e Roberto Petrini, inviato speciale de La Repubblica. Entrambe le tavole rotonde saranno moderate da Angela Calvini, inviata di Avvenire. Domenica 20 agosto alle 11, nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

La rondine della pace arriva dall’Africa

Oreste e Benedetta saranno presenti ad ambedue le serate per testimoniare il loro incontro che è sfociato nel matrimonio e nella nascita del piccolo Francesco. «Benedetta è partita dalla Nigeria a 16 anni vivendo una personale Odissea simile a quella di tanti migranti di oggi» spiega Oreste che insieme alla moglie durante l’anno gira l’Italia proponendo spettacoli e laboratori per bambini. Come avverrà nei due pomeriggi speciali per le famiglie dedicati alla Festa di Popotus, l’inserto giornalistico per l’infanzia di Avvenire, venerdì 18 agosto alle 16 presso la spiaggia libera e il bar-ristorante Da Danilo a Ventimiglia e sabato 19 agosto alle 16 ai Bagni Italia di Sanremo. «Porteremo un estratto del mio spettacolo Cartastorie, attaverso i ritagli di carta racconteremo la storia di una rondine che non vuole aiutare altri animaletti. Un racconto sullaccettazione in cui alla fine insegneremo ai bimbi a creare con la carta la loro rondine che appenderemo tutti insieme all’albero della pace – spiega Castagna -. Inoltre Benedetta proporrà le danze africane che ha presentato alla Festa dell mamma dello scorso Zecchino d’oro».

Molti sono i progetti della coppia per la prossima stagione. «Con il Moige ho appena finito una campagna contro il cyberbullismo – racconta -. Ho rilanciato l’idea di fare uno spettacolo per i piccoli su questo argomento: mio figlio ha compiuto due anni e mezzo e già va su Google… Stiamo producendo uno spettacolo teatrale, col patrocinio del Moige e la Edufactory, che debutterà a settembre, con la consulenza di Ivo Lizzola della Facoltà di Pedagogia dell’Università Bergamo e del magistrato Giancarlo Dettori. Io racconterò ai bambini in età prescolare cos’è il computer e quanto dannoso è se lo usi male per dire basta al cyberbulismo». Per la televisione, Oreste Castagna svilupperà in più puntate lo spettacolo teatrale prodotto da Avis sula donazione del sangue Rosso sorriso il dono dei bambini: «Sono arrivati 3500 disegni dai bambini, ne abbiamo scelti 30: io entro nei disegni e li racconto con i bambini: andrà in onda su Rai YoYo». Infine a teatro verrà ripreso Storie di pace, spettacolo che usa i filmati inediti delle ambasciate per denunciare il terribile fenomeno dei bambini soldato.

La “Festa di Avvenire” è anche un app, disponibile per Apple e Android, quindi gratuitamente scaricabile dall’Appstore e da Play Store. La app per smartphone e altri dispositivi mobili viene automaticamente alimentata con i feed del sito di Avvenire (www.avvenire.it), riportando tutte le cronache e le gallerie fotografiche disponibili. Poi le dirette streaming degli eventi e i programmi aggiornati. Infine, l’opportunità, registrandosi, di scaricare la più recente edizione digitale di “Avvenire”.

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Il teatro racconta migranti e famiglia ai bambini

«L’arte fa incontrare le persone, crea legami fortissimi. Ed è attraverso il teatro, il gioco e il racconto che facciamo avvicinare bambini, con delicatezza, a temi importanti». Ne è convinto Oreste Castagna, uno dei volti e delle voci più amati della tv dei ragazzi di Rai Yo Yo, il Gipo Scribantino del Fantabosco, protagonista per anni dell’Albero azzurro, premiato per il migliore programma due volte dal Moige, per il quale è ambasciatore insieme ad altri volti tv come Carlo Conti e Milly Carlucci. Sarà lui, insieme alla moglie Benedetta attrice originaria della Nigeria, fra i protagonisti della prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Ventimiglia – Sanremo in collaborazione con la direzione del giornale, che si svolgerà da venerdì 18 a domenica 20 agosto nelle due cittadine rivierasche. Sul tema Accogliere è riscoprire due le tavole rotonde aperte al pubblico: la prima dedicata ai temi dell’immigrazione (domani alle ore 21 presso il Chiostro di Sant’Agostino a Ventimiglia) con Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, don Mosè Zerai, cappellano della comunità cattolica eritrea in Svizzera. Sabato la festa si sposta a Sanremo sul tema della famiglia (il 19 agosto alle 21 presso l’Oratorio dell’Immacolata a Sanremo) , con la presenza del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie, i giornalisti Costanza Miriano e Roberto Petrini, inviato speciale de La Repubblica. Entrambe le tavole rotonde saranno moderate da Angela Calvini, inviata di Avvenire. Domenica 20 agosto alle 11, nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

La rondine della pace arriva dall’Africa

Oreste e Benedetta saranno presenti ad ambedue le serate per testimoniare il loro incontro che è sfociato nel matrimonio e nella nascita del piccolo Francesco. «Benedetta è partita dalla Nigeria a 16 anni vivendo una personale Odissea simile a quella di tanti migranti di oggi» spiega Oreste che insieme alla moglie durante l’anno gira l’Italia proponendo spettacoli e laboratori per bambini. Come avverrà nei due pomeriggi speciali per le famiglie dedicati alla Festa di Popotus, l’inserto giornalistico per l’infanzia di Avvenire, venerdì 18 agosto alle 16 presso la spiaggia libera e il bar-ristorante Da Danilo a Ventimiglia e sabato 19 agosto alle 16 ai Bagni Italia di Sanremo. «Porteremo un estratto del mio spettacolo Cartastorie, attaverso i ritagli di carta racconteremo la storia di una rondine che non vuole aiutare altri animaletti. Un racconto sull’accettazione in cui alla fine insegneremo ai bimbi a creare con la carta la loro rondine che appenderemo tutti insieme all’albero della pace – spiega Castagna -. Inoltre Benedetta proporrà le danze africane che ha presentato alla Festa dell mamma dello scorso Zecchino d’oro».

Molti sono i progetti della coppia per la prossima stagione. «Con il Moige ho appena finito una campagna contro il cyberbullismo – racconta -. Ho rilanciato l’idea di fare uno spettacolo per i piccoli su questo argomento: mio figlio ha compiuto due anni e mezzo e già va su Google… Stiamo producendo uno spettacolo teatrale, col patrocinio del Moige e la Edufactory, che debutterà a settembre, con la consulenza di Ivo Lizzola della Facoltà di Pedagogia dell’Università Bergamo e del magistrato Giancarlo Dettori. Io racconterò ai bambini in età prescolare cos’è il computer e quanto dannoso è se lo usi male per dire basta al cyberbulismo». Per la televisione, Oreste Castagna svilupperà in più puntate lo spettacolo teatrale prodotto da Avis sula donazione del sangue Rosso sorriso il dono dei bambini: «Sono arrivati 3500 disegni dai bambini, ne abbiamo scelti 30: io entro nei disegni e li racconto con i bambini: andrà in onda su Rai YoYo». Infine a teatro verrà ripreso Storie di pace, spettacolo che usa i filmati inediti delle ambasciate per denunciare il terribile fenomeno dei bambini soldato.

La “Festa di Avvenire” è anche un app, disponibile per Apple e Android, quindi gratuitamente scaricabile dall’Appstore e da Play Store. La app per smartphone e altri dispositivi mobili viene automaticamente alimentata con i feed del sito di Avvenire (www.avvenire.it ), riportando tutte le cronache e le gallerie fotografiche disponibili. Poi le dirette streaming degli eventi e i programmi aggiornati. Infine, l’opportunità, registrandosi, di scaricare la più recente edizione digitale di “Avvenire”.

A Ventimiglia e Sanremo tempo di accogliere

Con il titolo «Accogliere è riscoprire», la diocesi di Ventimiglia – San Remo ha annunciato il programma della prima festa dedicata al quotidiano Avvenire che avrà luogo da domani 18 agosto al 20 agosto. Il tema richiama il dramma dei migranti che attraversano ogni giorno il territorio della diocesi nel disperato tentativo di raggiungere la Francia.

La festa, organizzata dall’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali in collaborazione con la direzione del quotidiano, apre a Ventimiglia domani alle 16, presso la spiaggia demaniale e il bar-ristorante “Da Daniele” con la Festa Popotus con l’attore Oreste Castagna – il Gipo di Rai Yoyo – e sua moglie Benedetta che, attraverso il teatro festeggeranno l’inserto giornalistico per bambini. Alle 21, sempre domani a Ventimiglia, presso il chiostro della chiesa di Sant’Agostino, ci sarà la prima tavola rotonda con Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, don Mosè Zerai, cappellano della comunità cattolica eritrea in Svizzera.

Sabato 20 la festa si sposta a Sanremo. Alle 16 presso i Bagni Italia di corso Trento e Trieste nuova Festa Popotus animata dal conduttore di Rai Yoyo e alle 21 all’Oratorio dell’Immacolata di Piazza S. Siro, tavola rotonda con Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie, i giornalisti Costanza Miriano e Roberto Petrini, inviato speciale de La Repubblica e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Entrambe le tavole rotonde saranno moderate da Angela Calvini, inviata di Avvenire.

Domenica 20 agosto alle 11, nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, presiederà la messa solenne. «Esprimo soddifazione per il lancio di questa prima festa di Avvenire in diocesi perché credo profondamente al ruolo ecclesiale, civile e culturale del giornale cattolico nell’ambito della società, strumento prezioso sia nelle mani dei cristiani sia dei non credenti » dichiara il vescovo Antonio Suetta il quale auspica che la festa sia «spunto di dibattiti e impegno concreto nella società».

La “Festa di Avvenire” è anche un app, disponibile per Apple e Android, quindi gratuitamente scaricabile dall’Appstore e da Play Store. La app per smartphone e altri dispositivi mobili viene automaticamente alimentata con i feed del sito di Avvenire (www.avvenire.it), riportando tutte le cronache e le gallerie fotografiche disponibili. Poi le dirette streaming degli eventi e i programmi aggiornati. Infine, l’opportunità, registrandosi, di scaricare la più recente edizione digitale di “Avvenire”.

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A Ventimiglia e Sanremo tempo di accogliere

Con il titolo «Accogliere è riscoprire», la diocesi di Ventimiglia – San Remo ha annunciato il programma della prima festa dedicata al quotidiano Avvenire che avrà luogo da domani 18 agosto al 20 agosto. Il tema richiama il dramma dei migranti che attraversano ogni giorno il territorio della diocesi nel disperato tentativo di raggiungere la Francia.

La festa, organizzata dall’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali in collaborazione con la direzione del quotidiano, apre a Ventimiglia domani alle 16, presso la spiaggia demaniale e il bar-ristorante “Da Daniele†con la Festa Popotus con l’attore Oreste Castagna – il Gipo di Rai Yoyo – e sua moglie Benedetta che, attraverso il teatro festeggeranno l’inserto giornalistico per bambini. Alle 21, sempre domani a Ventimiglia, presso il chiostro della chiesa di Sant’Agostino, ci sarà la prima tavola rotonda con Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, don Mosè Zerai, cappellano della comunità cattolica eritrea in Svizzera.

Sabato 20 la festa si sposta a Sanremo. Alle 16 presso i Bagni Italia di corso Trento e Trieste nuova Festa Popotus animata dal conduttore di Rai Yoyo e alle 21 all’Oratorio dell’Immacolata di Piazza S. Siro, tavola rotonda con Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie, i giornalisti Costanza Miriano e Roberto Petrini, inviato speciale de La Repubblica e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Entrambe le tavole rotonde saranno moderate da Angela Calvini, inviata di Avvenire.

Domenica 20 agosto alle 11, nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, presiederà la messa solenne. «Esprimo soddifazione per il lancio di questa prima festa di Avvenire in diocesi perché credo profondamente al ruolo ecclesiale, civile e culturale del giornale cattolico nell’ambito della società, strumento prezioso sia nelle mani dei cristiani sia dei non credenti » dichiara il vescovo Antonio Suetta il quale auspica che la festa sia «spunto di dibattiti e impegno concreto nella società».

La “Festa di Avvenire” è anche un app, disponibile per Apple e Android, quindi gratuitamente scaricabile dall’Appstore e da Play Store. La app per smartphone e altri dispositivi mobili viene automaticamente alimentata con i feed del sito di Avvenire (www.avvenire.it ), riportando tutte le cronache e le gallerie fotografiche disponibili. Poi le dirette streaming degli eventi e i programmi aggiornati. Infine, l’opportunità, registrandosi, di scaricare la più recente edizione digitale di “Avvenire”.

A Ventimiglia e Sanremo tempo di accogliere

Con il titolo «Accogliere è riscoprire», la diocesi di Ventimiglia – San Remo ha annunciato il programma della prima festa dedicata al quotidiano Avvenire che avrà luogo da domani 18 agosto al 20 agosto. Il tema richiama il dramma dei migranti che attraversano ogni giorno il territorio della diocesi nel disperato tentativo di raggiungere la Francia.

La festa, organizzata dall’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali in collaborazione con la direzione del quotidiano, apre a Ventimiglia domani alle 16, presso la spiaggia demaniale e il bar-ristorante “Da Daniele” con la Festa Popotus con l’attore Oreste Castagna – il Gipo di Rai Yoyo – e sua moglie Benedetta che, attraverso il teatro festeggeranno l’inserto giornalistico per bambini. Alle 21, sempre domani a Ventimiglia, presso il chiostro della chiesa di Sant’Agostino, ci sarà la prima tavola rotonda con Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, don Mosè Zerai, cappellano della comunità cattolica eritrea in Svizzera.

Sabato 20 la festa si sposta a Sanremo. Alle 16 presso i Bagni Italia di corso Trento e Trieste nuova Festa Popotus animata dal conduttore di Rai Yoyo e alle 21 all’Oratorio dell’Immacolata di Piazza S. Siro, tavola rotonda con Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie, i giornalisti Costanza Miriano e Roberto Petrini, inviato speciale de La Repubblica e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Entrambe le tavole rotonde saranno moderate da Angela Calvini, inviata di Avvenire.

Domenica 20 agosto alle 11, nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, presiederà la messa solenne. «Esprimo soddifazione per il lancio di questa prima festa di Avvenire in diocesi perché credo profondamente al ruolo ecclesiale, civile e culturale del giornale cattolico nell’ambito della società, strumento prezioso sia nelle mani dei cristiani sia dei non credenti » dichiara il vescovo Antonio Suetta il quale auspica che la festa sia «spunto di dibattiti e impegno concreto nella società».

La “Festa di Avvenire” è anche un app, disponibile per Apple e Android, quindi gratuitamente scaricabile dall’Appstore e da Play Store. La app per smartphone e altri dispositivi mobili viene automaticamente alimentata con i feed del sito di Avvenire (avvenire.it), riportando tutte le cronache e le gallerie fotografiche disponibili. Poi le dirette streaming degli eventi e i programmi aggiornati. Infine, l’opportunità, registrandosi, di scaricare la più recente edizione digitale di “Avvenire”.

Con «Avvenire» sui sentieri dell’umanità

«Bemvegnui!» È arrivato nella lingua ladina della minoranza etnica della val di Fassa il benvenuto ai cento partecipanti alla camminata nel boschi che ha caratterizzato ieri la seconda festa estiva di Avvenire e del settimanale diocesano Vita Trentina.Sotto le croce del Catinaccio, al cospetto delle ascensioni più classiche dell’alpinismo dolomitico, il cammino nella contemplazione e nell’amicizia ha unito collaboratori, promotori e lettori delle due testate cattoliche. «Il Dio cristiano è il Dio del sentiero stretto e non dell’autostrada – ha commentato l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi –. Nell’incarnazione si presenta come un Dio di periferia, che lascia camminare noi, non cammina al nostro posto. Cammina perché noi sappiamo camminare e sappiamo fare anche opere grandi». Un Dio che si presenta «in punta di piedi, che come le buone madri insegna a camminare e non cammina al posto nostro», ha concluso da lettore fedele «in tempi non sospetti» rallegrandosi per il ruolo sempre più autorevole di Avvenire nell’informazione nazionale.

«Si prova un senso di sollievo – ha sottolineato il direttore Marco Tarquinio, per un giorno con gli scarponi ai piedi – a trovarsi in mezzo ai nostri collaboratori, incontrando il popolo dei nostri lettori. Queste feste estive che si sono moltiplicate – saranno ben nove quest’anno – nascono sempre dal basso, dal desiderio e dalla vivacità delle comunità locali, che noi siamo felici di incontrare e che ringraziamo».

La meta dell’escursione è stato il santuario di Santa Giuliana che quest’anno ricorda i 500 anni della realizzazione dello splendido altare ligneo, presentato dallo studioso locale Cesare Bernard. Nell’Eucaristia, concelebrata dal parroco don Andrea Malfatti, monsignor Tisi ha parlato della realtà della famiglia, invitando ad approfondire nel periodo estivo la lettura di “Amoris Laetitia”.

La sera prima l’esortazione apostolica era stata raccontata dalla testimonianza dei coniugi trentini Lucia e Marco Matassoni, uditori al Sinodo, dal caporedattore di Avvenire, Luciano Moia, che la considera «una grande rivoluzione nella Chiesa italiana», anche per le numerose realtà diocesane che – come ha testimoniato anche don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la famiglia – hanno dato vita a sorprendenti percorsi di approfondimento e di inclusione.La festa si è conclusa con le parole toccanti di Lucia Borzaga, sorella del missionario martire padre Mario Borzaga, beatificato nello scorso dicembre: «Vedo quanto la sua figura oggi continua a produrre frutti di fede e di testimonianza evangelica anche nel Laos, la terra dove è stato sepolto come un chicco di grano».

Con «Avvenire» sui sentieri dell’umanità

«Bemvegnui!» È arrivato nella lingua ladina della minoranza etnica della val di Fassa il benvenuto ai cento partecipanti alla camminata nel boschi che ha caratterizzato ieri la seconda festa estiva di Avvenire e del settimanale diocesano Vita Trentina.Sotto le croce del Catinaccio, al cospetto delle ascensioni più classiche dell’alpinismo dolomitico, il cammino nella contemplazione e nell’amicizia ha unito collaboratori, promotori e lettori delle due testate cattoliche. «Il Dio cristiano è il Dio del sentiero stretto e non dell’autostrada – ha commentato l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi –. Nell’incarnazione si presenta come un Dio di periferia, che lascia camminare noi, non cammina al nostro posto. Cammina perché noi sappiamo camminare e sappiamo fare anche opere grandi». Un Dio che si presenta «in punta di piedi, che come le buone madri insegna a camminare e non cammina al posto nostro», ha concluso da lettore fedele «in tempi non sospetti» rallegrandosi per il ruolo sempre più autorevole di Avvenire nell’informazione nazionale.

«Si prova un senso di sollievo – ha sottolineato il direttore Marco Tarquinio, per un giorno con gli scarponi ai piedi – a trovarsi in mezzo ai nostri collaboratori, incontrando il popolo dei nostri lettori. Queste feste estive che si sono moltiplicate – saranno ben nove quest’anno – nascono sempre dal basso, dal desiderio e dalla vivacità delle comunità locali, che noi siamo felici di incontrare e che ringraziamo».

La meta dell’escursione è stato il santuario di Santa Giuliana che quest’anno ricorda i 500 anni della realizzazione dello splendido altare ligneo, presentato dallo studioso locale Cesare Bernard. Nell’Eucaristia, concelebrata dal parroco don Andrea Malfatti, monsignor Tisi ha parlato della realtà della famiglia, invitando ad approfondire nel periodo estivo la lettura di “Amoris Laetitia”.

La sera prima l’esortazione apostolica era stata raccontata dalla testimonianza dei coniugi trentini Lucia e Marco Matassoni, uditori al Sinodo, dal caporedattore di Avvenire, Luciano Moia, che la considera «una grande rivoluzione nella Chiesa italiana», anche per le numerose realtà diocesane che – come ha testimoniato anche don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la famiglia – hanno dato vita a sorprendenti percorsi di approfondimento e di inclusione.La festa si è conclusa con le parole toccanti di Lucia Borzaga, sorella del missionario martire padre Mario Borzaga, beatificato nello scorso dicembre: «Vedo quanto la sua figura oggi continua a produrre frutti di fede e di testimonianza evangelica anche nel Laos, la terra dove è stato sepolto come un chicco di grano».

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Con «Avvenire» sui sentieri dell’umanità

«Bemvegnui!» È arrivato nella lingua ladina della minoranza etnica della val di Fassa il benvenuto ai cento partecipanti alla camminata nel boschi che ha caratterizzato ieri la seconda festa estiva di Avvenire e del settimanale diocesano Vita Trentina.Sotto le croce del Catinaccio, al cospetto delle ascensioni più classiche dell’alpinismo dolomitico, il cammino nella contemplazione e nell’amicizia ha unito collaboratori, promotori e lettori delle due testate cattoliche. «Il Dio cristiano è il Dio del sentiero stretto e non dell’autostrada – ha commentato l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi –. Nell’incarnazione si presenta come un Dio di periferia, che lascia camminare noi, non cammina al nostro posto. Cammina perché noi sappiamo camminare e sappiamo fare anche opere grandi». Un Dio che si presenta «in punta di piedi, che come le buone madri insegna a camminare e non cammina al posto nostro», ha concluso da lettore fedele «in tempi non sospetti» rallegrandosi per il ruolo sempre più autorevole di Avvenire nell’informazione nazionale.

«Si prova un senso di sollievo – ha sottolineato il direttore Marco Tarquinio, per un giorno con gli scarponi ai piedi – a trovarsi in mezzo ai nostri collaboratori, incontrando il popolo dei nostri lettori. Queste feste estive che si sono moltiplicate – saranno ben nove quest’anno – nascono sempre dal basso, dal desiderio e dalla vivacità delle comunità locali, che noi siamo felici di incontrare e che ringraziamo».

La meta dell’escursione è stato il santuario di Santa Giuliana che quest’anno ricorda i 500 anni della realizzazione dello splendido altare ligneo, presentato dallo studioso locale Cesare Bernard. Nell’Eucaristia, concelebrata dal parroco don Andrea Malfatti, monsignor Tisi ha parlato della realtà della famiglia, invitando ad approfondire nel periodo estivo la lettura di “Amoris Laetitia”.

La sera prima l’esortazione apostolica era stata raccontata dalla testimonianza dei coniugi trentini Lucia e Marco Matassoni, uditori al Sinodo, dal caporedattore di Avvenire, Luciano Moia, che la considera «una grande rivoluzione nella Chiesa italiana», anche per le numerose realtà diocesane che – come ha testimoniato anche don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la famiglia – hanno dato vita a sorprendenti percorsi di approfondimento e di inclusione.La festa si è conclusa con le parole toccanti di Lucia Borzaga, sorella del missionario martire padre Mario Borzaga, beatificato nello scorso dicembre: «Vedo quanto la sua figura oggi continua a produrre frutti di fede e di testimonianza evangelica anche nel Laos, la terra dove è stato sepolto come un chicco di grano».

Don Ricciardi, «sentinella della luce»

L’inaugurazione ufficiale dell’edizione numero 42 della Festa di Avvenire a Lerici è fissata per sabato alle 18.30, nella chiesa di San Francesco con la Messa celebrata dal vescovo Palletti e a cui sarà presente il direttore di Avvenire Tarquinio. Nella settimana seguente, sino alla serata finale del 6 agosto, sarà un crescendo di iniziative, molte delle quali all’aperto, di fronte allo straordinario scenario del Golfo dei Poeti. Il premio «Angelo Narducci 2017» sarà consegnato la sera di mercoledì 2 agosto dal vescovo Palletti, da Tarquinio e dal direttore generale di Avvenire Paolo Nusiner alla scrittrice e giornalista Susanna Tamaro. Tra gli ospiti della Festa l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo.

La «festa di Avvenire» di Lerici, giunta alla sua 42ª edizione, inizia stasera, giovedì 27 luglio, con una anteprima rispetto all’inaugurazione ufficiale, prevista per sabato pomeriggio alla presenza del vescovo della Spezia-Sarzana-Brugnato, Luigi Ernesto Palletti e del direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Questa iniziativa intende essere un doveroso ricordo di monsignor Franco Ricciardi, parroco di Lerici dal 1972 al 1993, che la festa estiva del quotidiano cattolico la ideò ed organizzò a metà degli anni Settanta, in sintonia con l’allora direttore del giornale Angelo Narducci.

Viene infatti presentato, nella cornice della chiesa parrocchiale di San Francesco, Santuario della Madonna di Maralunga, il libro «Sentinella, quanto resta della notte?», dedicato alla figura di don Franco, spentosi due anni or sono poco meno che novantenne. Il libro ha come sottotitolo «Mons. Franco Ricciardi: una finestra spalancata sul mistero di Dio», espressione che rende molto bene la spiritualità di un sacerdote che ha sempre unito la dimensione pastorale e liturgica, a quella spirituale, ricoprendo anche gli incarichi di direttore spirituale del Seminario diocesano (e per qualche anno di pro-rettore) e di vice postulatore nella causa di beatificazione della spezzina Itala Mela.

L’iniziativa viene da una congregazione religiosa, la Piccola Opera Regina Apostolorum, le cui suore hanno la missione particolare di assistere i sacerdoti. La Piccola Opera ha la sua sede centrale a Genova, ma è sempre stata molto legata alla Spezia, dove guida da decenni la Casa del clero. Don Franco è sempre stato molto vicino a questa congregazione, ed è significativo che oggi la madre generale, suor Paola Barenco, che presenterà il volume, sia proprio una lericina. Il titolo del libro è tratto da un versetto biblico del profeta Isaia, più volte ripreso da personalità della cultura contemporanea: da don Giuseppe Dossetti al cardinale Carlo Maria Martini, sino al cantautore Francesco Guccini.

È il tema legato all’inquietudine dell’uomo di oggi, alla sua talvolta disperata ricerca di un senso della vita e, quindi, di un approdo alla luce della fede. Proprio per questo, nella prefazione, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), presenta monsignor Ricciardi come «sentinella della luce». Il libro, dopo la prefazione del cardinale e l’introduzione di suor Barenco, comprende due parti: la prima descrive la spiritualità di don Franco, attraverso le sue parole, mentre la seconda, non meno edificante, riporta numerose testimonianze di persone che lo hanno conosciuto. L’appuntamento a Lerici è questa sera alle 21.15. Ci saranno alcuni intermezzi di musica per organo a cura del maestro Alessandro Carta.

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Don Ricciardi, «sentinella della luce»

L’inaugurazione ufficiale dell’edizione numero 42 della Festa di Avvenire a Lerici è fissata per sabato alle 18.30, nella chiesa di San Francesco con la Messa celebrata dal vescovo Palletti e a cui sarà presente il direttore di Avvenire Tarquinio. Nella settimana seguente, sino alla serata finale del 6 agosto, sarà un crescendo di iniziative, molte delle quali all’aperto, di fronte allo straordinario scenario del Golfo dei Poeti. Il premio «Angelo Narducci 2017» sarà consegnato la sera di mercoledì 2 agosto dal vescovo Palletti, da Tarquinio e dal direttore generale di Avvenire Paolo Nusiner alla scrittrice e giornalista Susanna Tamaro. Tra gli ospiti della Festa l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo.

La «festa di Avvenire» di Lerici, giunta alla sua 42ª edizione, inizia stasera, giovedì 27 luglio, con una anteprima rispetto all’inaugurazione ufficiale, prevista per sabato pomeriggio alla presenza del vescovo della Spezia-Sarzana-Brugnato, Luigi Ernesto Palletti e del direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Questa iniziativa intende essere un doveroso ricordo di monsignor Franco Ricciardi, parroco di Lerici dal 1972 al 1993, che la festa estiva del quotidiano cattolico la ideò ed organizzò a metà degli anni Settanta, in sintonia con l’allora direttore del giornale Angelo Narducci.

Viene infatti presentato, nella cornice della chiesa parrocchiale di San Francesco, Santuario della Madonna di Maralunga, il libro «Sentinella, quanto resta della notte?», dedicato alla figura di don Franco, spentosi due anni or sono poco meno che novantenne. Il libro ha come sottotitolo «Mons. Franco Ricciardi: una finestra spalancata sul mistero di Dio», espressione che rende molto bene la spiritualità di un sacerdote che ha sempre unito la dimensione pastorale e liturgica, a quella spirituale, ricoprendo anche gli incarichi di direttore spirituale del Seminario diocesano (e per qualche anno di pro-rettore) e di vice postulatore nella causa di beatificazione della spezzina Itala Mela.

L’iniziativa viene da una congregazione religiosa, la Piccola Opera Regina Apostolorum, le cui suore hanno la missione particolare di assistere i sacerdoti. La Piccola Opera ha la sua sede centrale a Genova, ma è sempre stata molto legata alla Spezia, dove guida da decenni la Casa del clero. Don Franco è sempre stato molto vicino a questa congregazione, ed è significativo che oggi la madre generale, suor Paola Barenco, che presenterà il volume, sia proprio una lericina. Il titolo del libro è tratto da un versetto biblico del profeta Isaia, più volte ripreso da personalità della cultura contemporanea: da don Giuseppe Dossetti al cardinale Carlo Maria Martini, sino al cantautore Francesco Guccini.

È il tema legato all’inquietudine dell’uomo di oggi, alla sua talvolta disperata ricerca di un senso della vita e, quindi, di un approdo alla luce della fede. Proprio per questo, nella prefazione, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), presenta monsignor Ricciardi come «sentinella della luce». Il libro, dopo la prefazione del cardinale e l’introduzione di suor Barenco, comprende due parti: la prima descrive la spiritualità di don Franco, attraverso le sue parole, mentre la seconda, non meno edificante, riporta numerose testimonianze di persone che lo hanno conosciuto. L’appuntamento a Lerici è questa sera alle 21.15. Ci saranno alcuni intermezzi di musica per organo a cura del maestro Alessandro Carta.

Discernimento e coscienza: le riscoperte di Amoris laetitia

Prende il via questa sera in val di Fassa la seconda festa estiva di Avvenire e del settimanale Vita Trentina con un dibattito dal titolo «I frutti di Amoris laetitia» a più di un anno dalla pubblicazione. Alle 21 presso l’oratorio di Pozza di Fassa, nell’ambito della rassegna «Ispirazioni d’estate» promossa dal decanato, il saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio introdurrà la serata alla quale intervengono i coniugi trentini Lucia e Marco Matassoni, uditori laici al Sinodo dei vescovi, il direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la Famiglia don Paolo Gentili e Luciano Moia, coordinatore del mensile Noi Famiglia & Vita. Nell’incontro, moderato dal direttore di Vita Trentina Diego Andreatta, sarà valutato l’impatto del testo postsinodale e saranno discussi i possibili sviluppi delle “strade di felicità” indicate dal Papa. Domani alle 9 partirà da Pera di Fassa una camminata con l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi che alle 12 presiederà l’Eucaristia al Santuario di Santa Giuliana, in occasione dei 500 anni di realizzazione del prezioso altare ligneo. Dopo il pranzo campestre, alle 17 la festa si concluderà a Pozza di Fassa con la testimonianza di Lucia Borzaga, sorella di padre Mario, il missionario trentino recentemente beatificato dopo il suo martirio in Laos nel 1960.

La rivoluzione del discernimento. «L’occhio che illumina» il nostro cammino di fede. La bussola che aiuta a non perdere la rotta. Al di là delle metafore, uno dei frutti più straordinari di Amoris laetitia è sicuramente la riscoperta di quell’atteggiamento spirituale che ci aiuta a comprendere la volontà di Dio nella nostra vita, qui e ora.

Ecco perché Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del C9 (il Consiglio dei cardinali), mette al centro del suo saggio su Amoris laetitia proprio la capacità di discernere. L’occhio e la lampada. Il discernimento in Amoris laetitia, Edb, pagg156, euro 14) è un volume prezioso per il coraggio del vescovo-teologo di dire una parola chiara sulla questione forse più controversa dell’Esortazione postsinodale. Perché tutto l’impegno del Papa, sulla traccia del Vaticano II, per ridare dignità pastorale e teologica alla capacità personale di esercitare eticamente la propria libertà di scelta e per identificare i mezzi per raggiungere questi obiettivi nella propria vita, non piace per nulla a coloro che si illudono che «tutto sia bianco o nero» e così chiudono «la via della grazia e della crescita» (Al 305), scoraggiando «percorsi di santificazione che danno gloria a Dio».

Ancora più efficace l’immagine usata dal Papa il 9 febbraio di quest’anno, incontrando La Civiltà Cattolica, che Semeraro riporta nel suo saggio: «La vita non è un quadro in bianco e nero: è un quadro a colori. Alcuni chiari e altri scuri, alcuni tenui altri vivaci. Ma comunque prevalgono le sfumature. Ed è questo lo spazio del discernimento». Per inquadrare questa complessa tavolozza esistenziale, in cui la vita di relazione si intreccia e si confronta con le condizioni storiche, sociali, culturali, economiche del tempo vissuto, Semeraro offre innanzi tutto uno sguardo complessivo sull’Esortazione postinodale. Ripercorre il cammino sinodale, ne sottolinea i caratteri ecclesiologici, approfondisce il senso della scelta di Francesco di aprire per la seconda volta un documento magisteriale nel segno della gioia – dopo Evangelii gaudium, Amoris laetitia – collegandolo ai precedenti del Concilio e di Paolo VI e motivandolo con una precisa scelta teologica. Rispondendo poi a coloro che si affannano ancora a considerare il documento del Papa «una minestra riscaldata », Semeraro dedica uno dei capitoli più interessanti al ‘nuovo’ in Amoris laetita. E indica soprattutto due aspetti: quello linguistico, fondamentale perché, per dirla con il teologo Andrea Grillo «per comunicare la tradizione bisogna tradurla » con un nuovo alfabeto dell’amore adeguato alla sensibilità e alle urgenze dell’oggi. E, forse ancora più dirompente, «la restituzione del primato della persona nella teologia morale», che si colloca nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso. In questa prospettiva, l’occhio del discernimento, «parola fondamentale e centrale in Amoris laetitia » – ribadisce il segretario del C9 – è indispensabile per gettare uno sguardo di verità sul controverso capitolo VIII dedicato alle situazioni di fragilità. Tre gli aspetti che rendono necessario il discernimento.

Innanzi tutto per «ovviare all’indeterminazione della norma generale rispetto al caso particolare. La legge infatti (come insegna anche san Tommaso) vale nella maggior parte dei casi, ma non in tutti i casi possibili». Sarebbe cosa meschina quindi (scrive Francesco) soffermarsi solo a considerare se l’agire di una persona corrisponda o meno a una legge o una norma generale. Questo perché non basta a discernere una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano. «In questo principio – sottolinea Semeraro – c’è il cardine teorico del discernimento pratico». Il secondo punto riguarda la necessità «di non elevare a livello di norma generale quanto davanti a una situazione particolare fa parte di un discernimento pratico». Terzo punto è l’opportunità di intendere il discernimento non come un giudizio, ma come un accompagnamento dinamico «sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettono di realizzare l’ideale in modo più pieno». (Al 303) In questa chiave si inserisce il criterio della gradualità che riflette, con grande saggezza, il cammino lento e complesso, sempre esposto al rischio di cadute e di arretramenti, tipico di ogni relazione di coppia e di ogni famiglia. Strettamente correlata alla ‘rivoluzione del discernimento’, quella della coscienza che secondo papa Francesco «dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa, in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio». È la coscienza che permette l’interiorizzazione della legge morale alla luce del discernimento del bene possibile. Questo richiamo al «bene possibile» è stato inteso da alcuni detrattori dell’Esortazione postsinodale come espressione della volontà del Papa di ‘abbassare l’asticella’. Ma si tratta di una lettura impropria. Proprio perché il discernimento è dinamico, non si tratta di assumere la fragilità come criterio per valutare il bene e il male, ma non deve mai escludere la possibilità di «rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio» (Al 307).

La lunga riflessione sul discernimento sfocia inevitabilmente sull’accesso ai sacramenti, altro punto spesso valutato in modo frettoloso. Semeraro ribadisce che Amoris laetitia «non ammette affatto ai sacramenti, e in particolare all’eucarestia ‘i divorziati risposati’». Perché il Papa non parla di ‘categorie’ ma di persone. E a queste persone, sempre alla luce del discernimento, sono richieste premesse di conversione né semplici né banali, in un cammino comunitario che mette al riparo dal rischio di «una privatizzazione indebita dell’accesso all’eucarestia». Il vescovo di Albano raccoglie anche la sfida di indicare quelli a che suo parere sono i criteri indispensabili – ne parliamo nella scheda qui a fianco – per il discernimento personale e pastorale dei fedeli divorziati e risposati. E si tratta di un’altra perla che rende questo saggio profondo e originale.

Divorziati risposati. Quali criteri per il discernimento personale e pastorale? Nel suo nuovo libro L’occhio e la lampada. Il discernimento in Amoris laetitia, il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, ne indica tre, suddivisi complessivamente in sette punti. Eccone una sintesi:

1) Premesse indispensabili

a) «vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento» (Al 300)b) non è da ritenere in tali condizioni chi ostenta la sua condizioni irregolare e di oggettivo peccato…

2) Riguardo al matrimonio precedente

a) i divorziati risposati devono chiedersi come si sono comportati verso i loro figli…; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; com’è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova unione sul resto della famiglia; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio… (Al 300)b) al n.298 l’Esortazione ricorda quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un ingiusto abbandono… quanti hanno scelto una seconda unione per l’educazione dei figli, quanti sono oggettivamente certi in coscienza della nullità del precedente matrimonio…

3) Riguardo alla nuova unione

a) che sia «consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione, grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe» (Al 298) b) La Chiesa riconosce situazioni in cui per seri motivi (l’educazione dei figli) non si può soddisfare l’obbligo della separazione (Al 298)c) valutazione appropriata delle situazioni in cui c’è un notevole grado di stabilità… affetto profondo… responsabilità verso i figli, capacità di superare le prove.

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Discernimento e coscienza: le riscoperte di Amoris laetitia

Prende il via questa sera in val di Fassa la seconda festa estiva di Avvenire e del settimanale Vita Trentina con un dibattito dal titolo «I frutti di Amoris laetitia» a più di un anno dalla pubblicazione. Alle 21 presso l’oratorio di Pozza di Fassa, nell’ambito della rassegna «Ispirazioni d’estate» promossa dal decanato, il saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio introdurrà la serata alla quale intervengono i coniugi trentini Lucia e Marco Matassoni, uditori laici al Sinodo dei vescovi, il direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la Famiglia don Paolo Gentili e Luciano Moia, coordinatore del mensile Noi Famiglia & Vita. Nell’incontro, moderato dal direttore di Vita Trentina Diego Andreatta, sarà valutato l’impatto del testo postsinodale e saranno discussi i possibili sviluppi delle “strade di felicità” indicate dal Papa. Domani alle 9 partirà da Pera di Fassa una camminata con l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi che alle 12 presiederà l’Eucaristia al Santuario di Santa Giuliana, in occasione dei 500 anni di realizzazione del prezioso altare ligneo. Dopo il pranzo campestre, alle 17 la festa si concluderà a Pozza di Fassa con la testimonianza di Lucia Borzaga, sorella di padre Mario, il missionario trentino recentemente beatificato dopo il suo martirio in Laos nel 1960.

La rivoluzione del discernimento. «L’occhio che illumina» il nostro cammino di fede. La bussola che aiuta a non perdere la rotta. Al di là delle metafore, uno dei frutti più straordinari di Amoris laetitia è sicuramente la riscoperta di quell’atteggiamento spirituale che ci aiuta a comprendere la volontà di Dio nella nostra vita, qui e ora.

Ecco perché Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del C9 (il Consiglio dei cardinali), mette al centro del suo saggio su Amoris laetitia proprio la capacità di discernere. L’occhio e la lampada. Il discernimento in Amoris laetitia, Edb, pagg156, euro 14) è un volume prezioso per il coraggio del vescovo-teologo di dire una parola chiara sulla questione forse più controversa dell’Esortazione postsinodale. Perché tutto l’impegno del Papa, sulla traccia del Vaticano II, per ridare dignità pastorale e teologica alla capacità personale di esercitare eticamente la propria libertà di scelta e per identificare i mezzi per raggiungere questi obiettivi nella propria vita, non piace per nulla a coloro che si illudono che «tutto sia bianco o nero» e così chiudono «la via della grazia e della crescita» (Al 305), scoraggiando «percorsi di santificazione che danno gloria a Dio».

Ancora più efficace l’immagine usata dal Papa il 9 febbraio di quest’anno, incontrando La Civiltà Cattolica, che Semeraro riporta nel suo saggio: «La vita non è un quadro in bianco e nero: è un quadro a colori. Alcuni chiari e altri scuri, alcuni tenui altri vivaci. Ma comunque prevalgono le sfumature. Ed è questo lo spazio del discernimento». Per inquadrare questa complessa tavolozza esistenziale, in cui la vita di relazione si intreccia e si confronta con le condizioni storiche, sociali, culturali, economiche del tempo vissuto, Semeraro offre innanzi tutto uno sguardo complessivo sull’Esortazione postinodale. Ripercorre il cammino sinodale, ne sottolinea i caratteri ecclesiologici, approfondisce il senso della scelta di Francesco di aprire per la seconda volta un documento magisteriale nel segno della gioia – dopo Evangelii gaudium, Amoris laetitia – collegandolo ai precedenti del Concilio e di Paolo VI e motivandolo con una precisa scelta teologica. Rispondendo poi a coloro che si affannano ancora a considerare il documento del Papa «una minestra riscaldata », Semeraro dedica uno dei capitoli più interessanti al ‘nuovo’ in Amoris laetita. E indica soprattutto due aspetti: quello linguistico, fondamentale perché, per dirla con il teologo Andrea Grillo «per comunicare la tradizione bisogna tradurla » con un nuovo alfabeto dell’amore adeguato alla sensibilità e alle urgenze dell’oggi. E, forse ancora più dirompente, «la restituzione del primato della persona nella teologia morale», che si colloca nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso. In questa prospettiva, l’occhio del discernimento, «parola fondamentale e centrale in Amoris laetitia » – ribadisce il segretario del C9 – è indispensabile per gettare uno sguardo di verità sul controverso capitolo VIII dedicato alle situazioni di fragilità. Tre gli aspetti che rendono necessario il discernimento.

Innanzi tutto per «ovviare all’indeterminazione della norma generale rispetto al caso particolare. La legge infatti (come insegna anche san Tommaso) vale nella maggior parte dei casi, ma non in tutti i casi possibili». Sarebbe cosa meschina quindi (scrive Francesco) soffermarsi solo a considerare se l’agire di una persona corrisponda o meno a una legge o una norma generale. Questo perché non basta a discernere una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano. «In questo principio – sottolinea Semeraro – c’è il cardine teorico del discernimento pratico». Il secondo punto riguarda la necessità «di non elevare a livello di norma generale quanto davanti a una situazione particolare fa parte di un discernimento pratico». Terzo punto è l’opportunità di intendere il discernimento non come un giudizio, ma come un accompagnamento dinamico «sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettono di realizzare l’ideale in modo più pieno». (Al 303) In questa chiave si inserisce il criterio della gradualità che riflette, con grande saggezza, il cammino lento e complesso, sempre esposto al rischio di cadute e di arretramenti, tipico di ogni relazione di coppia e di ogni famiglia. Strettamente correlata alla ‘rivoluzione del discernimento’, quella della coscienza che secondo papa Francesco «dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa, in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio». È la coscienza che permette l’interiorizzazione della legge morale alla luce del discernimento del bene possibile. Questo richiamo al «bene possibile» è stato inteso da alcuni detrattori dell’Esortazione postsinodale come espressione della volontà del Papa di ‘abbassare l’asticella’. Ma si tratta di una lettura impropria. Proprio perché il discernimento è dinamico, non si tratta di assumere la fragilità come criterio per valutare il bene e il male, ma non deve mai escludere la possibilità di «rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio» (Al 307).

La lunga riflessione sul discernimento sfocia inevitabilmente sull’accesso ai sacramenti, altro punto spesso valutato in modo frettoloso. Semeraro ribadisce che Amoris laetitia «non ammette affatto ai sacramenti, e in particolare all’eucarestia ‘i divorziati risposati’». Perché il Papa non parla di ‘categorie’ ma di persone. E a queste persone, sempre alla luce del discernimento, sono richieste premesse di conversione né semplici né banali, in un cammino comunitario che mette al riparo dal rischio di «una privatizzazione indebita dell’accesso all’eucarestia». Il vescovo di Albano raccoglie anche la sfida di indicare quelli a che suo parere sono i criteri indispensabili – ne parliamo nella scheda qui a fianco – per il discernimento personale e pastorale dei fedeli divorziati e risposati. E si tratta di un’altra perla che rende questo saggio profondo e originale.

Divorziati risposati. Quali criteri per il discernimento personale e pastorale? Nel suo nuovo libro L’occhio e la lampada. Il discernimento in Amoris laetitia, il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, ne indica tre, suddivisi complessivamente in sette punti. Eccone una sintesi:

1) Premesse indispensabili

a) «vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento» (Al 300)b) non è da ritenere in tali condizioni chi ostenta la sua condizioni irregolare e di oggettivo peccato…

2) Riguardo al matrimonio precedente

a) i divorziati risposati devono chiedersi come si sono comportati verso i loro figli…; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; com’è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova unione sul resto della famiglia; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio… (Al 300)b) al n.298 l’Esortazione ricorda quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un ingiusto abbandono… quanti hanno scelto una seconda unione per l’educazione dei figli, quanti sono oggettivamente certi in coscienza della nullità del precedente matrimonio…

3) Riguardo alla nuova unione

a) che sia «consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione, grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe» (Al 298) b) La Chiesa riconosce situazioni in cui per seri motivi (l’educazione dei figli) non si può soddisfare l’obbligo della separazione (Al 298)c) valutazione appropriata delle situazioni in cui c’è un notevole grado di stabilità… affetto profondo… responsabilità verso i figli, capacità di superare le prove.

Don Ricciardi, «sentinella della luce»

L’inaugurazione ufficiale dell’edizione numero 42 della Festa di Avvenire a Lerici è fissata per sabato alle 18.30, nella chiesa di San Francesco con la Messa celebrata dal vescovo Palletti e a cui sarà presente il direttore di Avvenire Tarquinio. Nella settimana seguente, sino alla serata finale del 6 agosto, sarà un crescendo di iniziative, molte delle quali all’aperto, di fronte allo straordinario scenario del Golfo dei Poeti. Il premio «Angelo Narducci 2017» sarà consegnato la sera di mercoledì 2 agosto dal vescovo Palletti, da Tarquinio e dal direttore generale di Avvenire Paolo Nusiner alla scrittrice e giornalista Susanna Tamaro. Tra gli ospiti della Festa l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo.

La «festa di Avvenire» di Lerici, giunta alla sua 42ª edizione, inizia stasera, giovedì 27 luglio, con una anteprima rispetto all’inaugurazione ufficiale, prevista per sabato pomeriggio alla presenza del vescovo della Spezia-Sarzana-Brugnato, Luigi Ernesto Palletti e del direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Questa iniziativa intende essere un doveroso ricordo di monsignor Franco Ricciardi, parroco di Lerici dal 1972 al 1993, che la festa estiva del quotidiano cattolico la ideò ed organizzò a metà degli anni Settanta, in sintonia con l’allora direttore del giornale Angelo Narducci.

Viene infatti presentato, nella cornice della chiesa parrocchiale di San Francesco, Santuario della Madonna di Maralunga, il libro «Sentinella, quanto resta della notte?», dedicato alla figura di don Franco, spentosi due anni or sono poco meno che novantenne. Il libro ha come sottotitolo «Mons. Franco Ricciardi: una finestra spalancata sul mistero di Dio», espressione che rende molto bene la spiritualità di un sacerdote che ha sempre unito la dimensione pastorale e liturgica, a quella spirituale, ricoprendo anche gli incarichi di direttore spirituale del Seminario diocesano (e per qualche anno di pro-rettore) e di vice postulatore nella causa di beatificazione della spezzina Itala Mela.

L’iniziativa viene da una congregazione religiosa, la Piccola Opera Regina Apostolorum, le cui suore hanno la missione particolare di assistere i sacerdoti. La Piccola Opera ha la sua sede centrale a Genova, ma è sempre stata molto legata alla Spezia, dove guida da decenni la Casa del clero. Don Franco è sempre stato molto vicino a questa congregazione, ed è significativo che oggi la madre generale, suor Paola Barenco, che presenterà il volume, sia proprio una lericina. Il titolo del libro è tratto da un versetto biblico del profeta Isaia, più volte ripreso da personalità della cultura contemporanea: da don Giuseppe Dossetti al cardinale Carlo Maria Martini, sino al cantautore Francesco Guccini.

È il tema legato all’inquietudine dell’uomo di oggi, alla sua talvolta disperata ricerca di un senso della vita e, quindi, di un approdo alla luce della fede. Proprio per questo, nella prefazione, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), presenta monsignor Ricciardi come «sentinella della luce». Il libro, dopo la prefazione del cardinale e l’introduzione di suor Barenco, comprende due parti: la prima descrive la spiritualità di don Franco, attraverso le sue parole, mentre la seconda, non meno edificante, riporta numerose testimonianze di persone che lo hanno conosciuto. L’appuntamento a Lerici è questa sera alle 21.15. Ci saranno alcuni intermezzi di musica per organo a cura del maestro Alessandro Carta.

 

Discernimento e coscienza: le riscoperte di Amoris laetitia

Prende il via questa sera in val di Fassa la seconda festa estiva di Avvenire e del settimanale Vita Trentina con un dibattito dal titolo «I frutti di Amoris laetitia» a più di un anno dalla pubblicazione. Alle 21 presso l’oratorio di Pozza di Fassa, nell’ambito della rassegna «Ispirazioni d’estate» promossa dal decanato, il saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio introdurrà la serata alla quale intervengono i coniugi trentini Lucia e Marco Matassoni, uditori laici al Sinodo dei vescovi, il direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la Famiglia don Paolo Gentili e Luciano Moia, coordinatore del mensile Noi Famiglia & Vita. Nell’incontro, moderato dal direttore di Vita Trentina Diego Andreatta, sarà valutato l’impatto del testo postsinodale e saranno discussi i possibili sviluppi delle “strade di felicità” indicate dal Papa. Domani alle 9 partirà da Pera di Fassa una camminata con l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi che alle 12 presiederà l’Eucaristia al Santuario di Santa Giuliana, in occasione dei 500 anni di realizzazione del prezioso altare ligneo. Dopo il pranzo campestre, alle 17 la festa si concluderà a Pozza di Fassa con la testimonianza di Lucia Borzaga, sorella di padre Mario, il missionario trentino recentemente beatificato dopo il suo martirio in Laos nel 1960.

La rivoluzione del discernimento. «L’occhio che illumina» il nostro cammino di fede. La bussola che aiuta a non perdere la rotta. Al di là delle metafore, uno dei frutti più straordinari di Amoris laetitia è sicuramente la riscoperta di quell’atteggiamento spirituale che ci aiuta a comprendere la volontà di Dio nella nostra vita, qui e ora.

Ecco perché Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del C9 (il Consiglio dei cardinali), mette al centro del suo saggio su Amoris laetitia proprio la capacità di discernere. L’occhio e la lampada. Il discernimento in Amoris laetitia, Edb, pagg156, euro 14) è un volume prezioso per il coraggio del vescovo-teologo di dire una parola chiara sulla questione forse più controversa dell’Esortazione postsinodale. Perché tutto l’impegno del Papa, sulla traccia del Vaticano II, per ridare dignità pastorale e teologica alla capacità personale di esercitare eticamente la propria libertà di scelta e per identificare i mezzi per raggiungere questi obiettivi nella propria vita, non piace per nulla a coloro che si illudono che «tutto sia bianco o nero» e così chiudono «la via della grazia e della crescita» (Al 305), scoraggiando «percorsi di santificazione che danno gloria a Dio».

Ancora più efficace l’immagine usata dal Papa il 9 febbraio di quest’anno, incontrando La Civiltà Cattolica, che Semeraro riporta nel suo saggio: «La vita non è un quadro in bianco e nero: è un quadro a colori. Alcuni chiari e altri scuri, alcuni tenui altri vivaci. Ma comunque prevalgono le sfumature. Ed è questo lo spazio del discernimento». Per inquadrare questa complessa tavolozza esistenziale, in cui la vita di relazione si intreccia e si confronta con le condizioni storiche, sociali, culturali, economiche del tempo vissuto, Semeraro offre innanzi tutto uno sguardo complessivo sull’Esortazione postinodale. Ripercorre il cammino sinodale, ne sottolinea i caratteri ecclesiologici, approfondisce il senso della scelta di Francesco di aprire per la seconda volta un documento magisteriale nel segno della gioia – dopo Evangelii gaudium, Amoris laetitia – collegandolo ai precedenti del Concilio e di Paolo VI e motivandolo con una precisa scelta teologica. Rispondendo poi a coloro che si affannano ancora a considerare il documento del Papa «una minestra riscaldata », Semeraro dedica uno dei capitoli più interessanti al ‘nuovo’ in Amoris laetita. E indica soprattutto due aspetti: quello linguistico, fondamentale perché, per dirla con il teologo Andrea Grillo «per comunicare la tradizione bisogna tradurla » con un nuovo alfabeto dell’amore adeguato alla sensibilità e alle urgenze dell’oggi. E, forse ancora più dirompente, «la restituzione del primato della persona nella teologia morale», che si colloca nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso. In questa prospettiva, l’occhio del discernimento, «parola fondamentale e centrale in Amoris laetitia » – ribadisce il segretario del C9 – è indispensabile per gettare uno sguardo di verità sul controverso capitolo VIII dedicato alle situazioni di fragilità. Tre gli aspetti che rendono necessario il discernimento.

Innanzi tutto per «ovviare all’indeterminazione della norma generale rispetto al caso particolare. La legge infatti (come insegna anche san Tommaso) vale nella maggior parte dei casi, ma non in tutti i casi possibili». Sarebbe cosa meschina quindi (scrive Francesco) soffermarsi solo a considerare se l’agire di una persona corrisponda o meno a una legge o una norma generale. Questo perché non basta a discernere una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano. «In questo principio – sottolinea Semeraro – c’è il cardine teorico del discernimento pratico». Il secondo punto riguarda la necessità «di non elevare a livello di norma generale quanto davanti a una situazione particolare fa parte di un discernimento pratico». Terzo punto è l’opportunità di intendere il discernimento non come un giudizio, ma come un accompagnamento dinamico «sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettono di realizzare l’ideale in modo più pieno». (Al 303) In questa chiave si inserisce il criterio della gradualità che riflette, con grande saggezza, il cammino lento e complesso, sempre esposto al rischio di cadute e di arretramenti, tipico di ogni relazione di coppia e di ogni famiglia. Strettamente correlata alla ‘rivoluzione del discernimento’, quella della coscienza che secondo papa Francesco «dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa, in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio». È la coscienza che permette l’interiorizzazione della legge morale alla luce del discernimento del bene possibile. Questo richiamo al «bene possibile» è stato inteso da alcuni detrattori dell’Esortazione postsinodale come espressione della volontà del Papa di ‘abbassare l’asticella’. Ma si tratta di una lettura impropria. Proprio perché il discernimento è dinamico, non si tratta di assumere la fragilità come criterio per valutare il bene e il male, ma non deve mai escludere la possibilità di «rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio» (Al 307).

La lunga riflessione sul discernimento sfocia inevitabilmente sull’accesso ai sacramenti, altro punto spesso valutato in modo frettoloso. Semeraro ribadisce che Amoris laetitia «non ammette affatto ai sacramenti, e in particolare all’eucarestia ‘i divorziati risposati’». Perché il Papa non parla di ‘categorie’ ma di persone. E a queste persone, sempre alla luce del discernimento, sono richieste premesse di conversione né semplici né banali, in un cammino comunitario che mette al riparo dal rischio di «una privatizzazione indebita dell’accesso all’eucarestia». Il vescovo di Albano raccoglie anche la sfida di indicare quelli a che suo parere sono i criteri indispensabili – ne parliamo nella scheda qui a fianco – per il discernimento personale e pastorale dei fedeli divorziati e risposati. E si tratta di un’altra perla che rende questo saggio profondo e originale.

Divorziati risposati. Quali criteri per il discernimento personale e pastorale? Nel suo nuovo libro L’occhio e la lampada. Il discernimento in Amoris laetitia, il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, ne indica tre, suddivisi complessivamente in sette punti. Eccone una sintesi:

1) Premesse indispensabili

a) «vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento» (Al 300)b) non è da ritenere in tali condizioni chi ostenta la sua condizioni irregolare e di oggettivo peccato…

2) Riguardo al matrimonio precedente

a) i divorziati risposati devono chiedersi come si sono comportati verso i loro figli…; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; com’è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova unione sul resto della famiglia; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio… (Al 300)b) al n.298 l’Esortazione ricorda quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un ingiusto abbandono… quanti hanno scelto una seconda unione per l’educazione dei figli, quanti sono oggettivamente certi in coscienza della nullità del precedente matrimonio…

3) Riguardo alla nuova unione

a) che sia «consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione, grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe» (Al 298) b) La Chiesa riconosce situazioni in cui per seri motivi (l’educazione dei figli) non si può soddisfare l’obbligo della separazione (Al 298)c) valutazione appropriata delle situazioni in cui c’è un notevole grado di stabilità… affetto profondo… responsabilità verso i figli, capacità di superare le prove.

 

Bibione, serata clou con Pompili

Si concentra su “Parola& parole” la serata centrale di oggi, nell’undicesima Festa dell’Avvenire e de Il Popolo, a Bibione. Ospite quest’anno è monsignor Domenico Pompili, dal 2015 vescovo di Rieti che, intervistato dal giornalista di Avvenire Vito Salinaro, porterà l’attenzione sulla situazione della sua terra a quasi un anno dal sisma che, il 24 agosto 2016, ha colpito al centro Italia. Le immagini di Norcia sono ancora davanti agli occhi di tutti, come i nomi di Amatrice e Accumoli, divenuti familiari. Immediata la macchina della solidarietà, della Protezione civile, della gente. Per settimane le dirette televisive sono state sull’evento.

E adesso? Rivive la storia dei pronti proclami e delle macerie che persistono poi mese dopo mese, dei cantieri bloccati, dei disagi delle persone che, a un anno dal tragico evento, si trovano ancora con tutto, o quasi, da ricostruire. ‘Parola&parole’, dunque, per portare luce e verità dopo lo sfoggio di un efficientismo rimasto nel vento. Saranno presenti alla serata anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, il direttore de Il Popolo, Simonetta Venturin, le autorità di San Michele al Tagliamento (Comune in cui si trova Bibione) a partire dal sindaco Pasqualino Codognotto e, naturalmente, tutti i presidenti di categoria (Bibione spiaggia, Ascom, Albergatori, Consorzio Turistico solo per citare alcuni dei tanti che, sostenendo le iniziative della parrocchia, permettono la realizzazione di un così ricco palinsesto).

«È una bella coincidenza – spiega il parroco don Andrea Vena – perché quando ho iniziato con le Feste di Avvenire, alla segreteria delle Comunicazioni sociali della Cei, ho incontrato proprio don Domenico Pompili. È con lui e grazie a lui che tutto ha preso il via ed è ora una gioia averlo come ospite della nostra Festa, come vescovo di Rieti». Bibione stessa, ricorda don Andrea, si è prontamente attivata per le zone colpite dal terremoto. Sia a livello di parrocchia, che di comunità, raccogliendo rispettivamente venti e venticinquemila euro.

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Bibione, serata clou con Pompili

Si concentra su “Parola& parole” la serata centrale di oggi, nell’undicesima Festa dell’Avvenire e de Il Popolo, a Bibione. Ospite quest’anno è monsignor Domenico Pompili, dal 2015 vescovo di Rieti che, intervistato dal giornalista di Avvenire Vito Salinaro, porterà l’attenzione sulla situazione della sua terra a quasi un anno dal sisma che, il 24 agosto 2016, ha colpito al centro Italia. Le immagini di Norcia sono ancora davanti agli occhi di tutti, come i nomi di Amatrice e Accumoli, divenuti familiari. Immediata la macchina della solidarietà, della Protezione civile, della gente. Per settimane le dirette televisive sono state sull’evento.

E adesso? Rivive la storia dei pronti proclami e delle macerie che persistono poi mese dopo mese, dei cantieri bloccati, dei disagi delle persone che, a un anno dal tragico evento, si trovano ancora con tutto, o quasi, da ricostruire. ‘Parola&parole’, dunque, per portare luce e verità dopo lo sfoggio di un efficientismo rimasto nel vento. Saranno presenti alla serata anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, il direttore de Il Popolo, Simonetta Venturin, le autorità di San Michele al Tagliamento (Comune in cui si trova Bibione) a partire dal sindaco Pasqualino Codognotto e, naturalmente, tutti i presidenti di categoria (Bibione spiaggia, Ascom, Albergatori, Consorzio Turistico solo per citare alcuni dei tanti che, sostenendo le iniziative della parrocchia, permettono la realizzazione di un così ricco palinsesto).

«È una bella coincidenza – spiega il parroco don Andrea Vena – perché quando ho iniziato con le Feste di Avvenire, alla segreteria delle Comunicazioni sociali della Cei, ho incontrato proprio don Domenico Pompili. È con lui e grazie a lui che tutto ha preso il via ed è ora una gioia averlo come ospite della nostra Festa, come vescovo di Rieti». Bibione stessa, ricorda don Andrea, si è prontamente attivata per le zone colpite dal terremoto. Sia a livello di parrocchia, che di comunità, raccogliendo rispettivamente venti e venticinquemila euro.

Bibione, serata clou con Pompili

Si concentra su “Parola& parole” la serata centrale di oggi, nell’undicesima Festa dell’Avvenire e de Il Popolo, a Bibione. Ospite quest’anno è monsignor Domenico Pompili, dal 2015 vescovo di Rieti che, intervistato dal giornalista di Avvenire Vito Salinaro, porterà l’attenzione sulla situazione della sua terra a quasi un anno dal sisma che, il 24 agosto 2016, ha colpito al centro Italia. Le immagini di Norcia sono ancora davanti agli occhi di tutti, come i nomi di Amatrice e Accumoli, divenuti familiari. Immediata la macchina della solidarietà, della Protezione civile, della gente. Per settimane le dirette televisive sono state sull’evento.

E adesso? Rivive la storia dei pronti proclami e delle macerie che persistono poi mese dopo mese, dei cantieri bloccati, dei disagi delle persone che, a un anno dal tragico evento, si trovano ancora con tutto, o quasi, da ricostruire. ‘Parola&parole’, dunque, per portare luce e verità dopo lo sfoggio di un efficientismo rimasto nel vento. Saranno presenti alla serata anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, il direttore de Il Popolo, Simonetta Venturin, le autorità di San Michele al Tagliamento (Comune in cui si trova Bibione) a partire dal sindaco Pasqualino Codognotto e, naturalmente, tutti i presidenti di categoria (Bibione spiaggia, Ascom, Albergatori, Consorzio Turistico solo per citare alcuni dei tanti che, sostenendo le iniziative della parrocchia, permettono la realizzazione di un così ricco palinsesto).

«È una bella coincidenza – spiega il parroco don Andrea Vena – perché quando ho iniziato con le Feste di Avvenire, alla segreteria delle Comunicazioni sociali della Cei, ho incontrato proprio don Domenico Pompili. È con lui e grazie a lui che tutto ha preso il via ed è ora una gioia averlo come ospite della nostra Festa, come vescovo di Rieti». Bibione stessa, ricorda don Andrea, si è prontamente attivata per le zone colpite dal terremoto. Sia a livello di parrocchia, che di comunità, raccogliendo rispettivamente venti e venticinquemila euro.

Ventimiglia-Sanremo L’altro che bussa alla nostra porta

«Accogliere per riscoprire»: è questo il tema della prima festa di Avvenire che si terrà nella diocesi di Ventimiglia-San Remo dal 18 al 20 agosto. La festa del quotidiano cattolico darà un impulso per riflettere sul significato dell’accoglienza, approfondendo quelle dinamiche che precedono l’incontro con i profughi. Ospitare chi è diverso da noi ci costringe a chiarire la nostra identità di cristiani, che vedono in chi è forestiero Cristo stesso. Stringere mani, incrociare sguardi, piangere insieme sono dimensioni che precedono e accompagnano ogni intervento di solidarietà. Nell’incontro con i bisognosi – è l’idea al centro dell’iniziativa allestita dalla diocesi guidata da monsignor Antonio Suetta – incontriamo noi stessi e spingiamo la nostra umanità a trovare quelle vie di uscita che soltanto la fede dischiude. Il pensiero dominante del nostro Occidente, impregnato com’è di consumismo, è troppo debole per poter dare una risposta vera al problema delle migrazioni. Possedere le chiavi della nostra cultura e riscoprirne le radici cristiane ci permette di donare una speranza concreta a coloro che cercano asilo nel nostro Paese. Al contempo è necessario stimolare il mondo della politica e la società con quell’originale passione per la verità, che anima i credenti.

Quanto al programma di questa festa d’esordio per la diocesi del Ponente ligure, venerdì 18 agosto e sabato 19 in due stabilimenti balneari Oreste Castagna, meglio conosciuto come “Gipo Scribantino” di Rai yo-yo, con i suoi spettacoli festeggerà insieme ai più piccoli i 21 anni di Popotus. Il 18 alle 21 nel chiostro della chiesa di Sant’Agostino a Ventimiglia il direttore di Avvenire Marco Tarquinio dialogherà poi con don Mussie Zerai, coordinatore europeo e cappellano della comunità cattolica eritrea. Il 19 sempre alle 21 ma a Sanremo è prevista la testimonianza di Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, figlio del protagonista del libro Il sogno di un venditore di accendini. Entrambe le serate saranno moderate dalla giornalista di Avvenire Angela Calvini. A conclusione della festa, la mattina di domenica 20 nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo presiederà l’Eucaristia solenne monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

Bibione, una settimana con la gioia

Progetto ambizioso: un’estate nella gioia. La parrocchia di Bibione lo propone come filo conduttore del programma 2017 che entra ora nel clou con la settimana della «Festa di Avvenire e de Il Popolo», settimanale della diocesi di Concordia-Pordenone. Un progetto con un preciso riferimento all’esortazione apostolica Evangelii gaudium, presente a Bibione grazie a una mostra in venti pannelli nel bookshop parrocchiale.

La gioia è stata testimoniata sinora da padre Ibrahim Alsabagh, parroco ad Aleppo, da un coro filippino, dal senegalese Youssou, il “vu cumprà” che è riuscito a far di suo figlio un avvocato, mentre sono attese le voci dell’ugandese suor Rosemary Nyirumbe che salva le bambine soldato, di padre Pattòn custode di Terrasanta (cui va il Premio Padovese), del cardinale albanese Ernest Simoni, sopravvissuto a 28 anni di lavori forzati. Gioia protagonista anche nelle serate di teatro (da don Benzi all’azzardo), i tremila presenti alla Messa col vescovo Pellegrini (domenica scorsa), la partecipazione alla notte bianca con la parrocchia aperta sino a tardi ogni giovedì, come le visite alla cappella della Sindone per un percorso spirituale. Risposta sempre molto numerosa, tanto che il parroco don Andrea Vena dice che «ormai desidero solo continuare a lasciarmi sorprendere, sta accadendo settimana dopo settimana. Anche gli 80 volontari della parrocchia mi dicono che quest’anno è tutta una festa. Sono sempre presenti, hanno il polso della situazione: seguono gli eventi, accolgono il pubblico, accompagnano gli ospiti. Ormai c’è una bella empatia: leggono, cercano idee e personaggi. E il programma si arricchisce».

L’undicesima Festa bibionese culmina nella serata di domani, ospite monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, che sarà introdotto dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio e intervistato da Vito Salinaro. Con questa serata su «Parola & parole» la Festa aiuterà a capire come stanno le comunità delle zone colpite dal terremoto. Bibione ha partecipato con 20 e 25 mila euro allo sforzo per ricostruire Accumoli e Amatrice. Per la prima volta sarà presente alla Festa anche la Regione Veneto con il vice presidente Forcolin per una serata che è sempre stata condivisa dalle istituzioni locali, con il sindaco Codognotto e tutti i presidenti di categoria, sostenitori della proposta estiva della parrocchia.

Cosa aspettarsi ancora? Complice il Sinodo anticipa don Andrea – nel 2018 arriverà un’estate con i giovani. Meglio di così…

Lerici, incontro tra la gente dando la parola alla speranza

Comunicare la speranza»: come sempre, da quando prese il via nel 1975, la Festa di Avvenire a Lerici “pensa in positivo”. E sviluppa l’edizione 2017 sul tema della speranza, decisivo in un tempo disorientato e incerto. La kermesse proposta dal quotidiano, dalla diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato e dalla parrocchia di Lerici prenderà il via giovedì 27 luglio per concludersi domenica 6 agosto, due giorni in più rispetto al consueto. Due, come le “anteprime”. Il giorno d’apertura sarà dedicato a colui che della Festa ebbe l’idea e, per tanti anni, l’onere principale della gestione: don Franco Ricciardi, parroco a Lerici dal 1972 al 1993. Alla sua eccezionale figura le suore della Piccola Opera Regina Apostolorum, a lui molto legate, hanno dedicato un libro con la prefazione del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, che sarà presentato dalla superiora generale suor Paola Barenco, lericina e figlia spirituale di don Franco. La sera successiva la Festa si sposta sul lungomare di Lerici per uno spettacolo in dialetto lericino della locale «Compagnia delle briciole», cresciuta in questi anni proprio insieme all’evento estivo con Avvenire.

Un modo per ricordare che la Festa è di tutti, in mezzo a tutti. Sabato 29 alle 18.30, nella chiesa di San Francesco inaugurazione ufficiale dell’edizione numero 42 con il vescovo diocesano Luigi Ernesto Palletti che celebrerà la Messa, presente il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Nella settimana seguente, sino alla serata finale del 6 agosto, sarà un crescendo di iniziative, molte delle quali all’aperto, di fronte allo straordinario scenario del Golfo dei Poeti. Il premio Angelo Narducci 2017 sarà consegnato la sera di mercoledì 2 dal vescovo Palletti, da Marco Tarquinio e dal direttore generale della società editrice di Avvenire Paolo Nusiner alla scrittrice e giornalista Susanna Tamaro. Tra gli ospiti della Festa l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, che parlerà al clero diocesano e poi a turisti e locali dell’esperienza di una Chiesa in uscita come quella colpita dal terremoto. Durante la Festa interverranno anche giornalisti di Avvenire come Marco Girardo, Lucia Bellaspiga e Alessandro Zaccuri. Non mancheranno i consueti incontri gastronomici, a base di cibi e vini locali. La Festa più tradizionale tra quelle di Avvenire, dunque, cresce e si consolida a partire dall’idea originaria di don Franco: l’apostolato in mezzo alla gente legato al quotidiano cattolico, idea sempre più attuale e

Ventimiglia-Sanremo L’altro che bussa alla nostra porta

«Accogliere per riscoprire»: è questo il tema della prima festa di Avvenire che si terrà nella diocesi di Ventimiglia-San Remo dal 18 al 20 agosto. La festa del quotidiano cattolico darà un impulso per riflettere sul significato dell’accoglienza, approfondendo quelle dinamiche che precedono l’incontro con i profughi. Ospitare chi è diverso da noi ci costringe a chiarire la nostra identità di cristiani, che vedono in chi è forestiero Cristo stesso. Stringere mani, incrociare sguardi, piangere insieme sono dimensioni che precedono e accompagnano ogni intervento di solidarietà. Nell’incontro con i bisognosi – è l’idea al centro dell’iniziativa allestita dalla diocesi guidata da monsignor Antonio Suetta – incontriamo noi stessi e spingiamo la nostra umanità a trovare quelle vie di uscita che soltanto la fede dischiude. Il pensiero dominante del nostro Occidente, impregnato com’è di consumismo, è troppo debole per poter dare una risposta vera al problema delle migrazioni. Possedere le chiavi della nostra cultura e riscoprirne le radici cristiane ci permette di donare una speranza concreta a coloro che cercano asilo nel nostro Paese. Al contempo è necessario stimolare il mondo della politica e la società con quell’originale passione per la verità, che anima i credenti.

Quanto al programma di questa festa d’esordio per la diocesi del Ponente ligure, venerdì 18 agosto e sabato 19 in due stabilimenti balneari Oreste Castagna, meglio conosciuto come “Gipo Scribantino” di Rai yo-yo, con i suoi spettacoli festeggerà insieme ai più piccoli i 21 anni di Popotus. Il 18 alle 21 nel chiostro della chiesa di Sant’Agostino a Ventimiglia il direttore di Avvenire Marco Tarquinio dialogherà poi con don Mussie Zerai, coordinatore europeo e cappellano della comunità cattolica eritrea. Il 19 sempre alle 21 ma a Sanremo è prevista la testimonianza di Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, figlio del protagonista del libro Il sogno di un venditore di accendini. Entrambe le serate saranno moderate dalla giornalista di Avvenire Angela Calvini. A conclusione della festa, la mattina di domenica 20 nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo presiederà l’Eucaristia solenne monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

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Ventimiglia-Sanremo L’altro che bussa alla nostra porta

«Accogliere per riscoprire»: è questo il tema della prima festa di Avvenire che si terrà nella diocesi di Ventimiglia-San Remo dal 18 al 20 agosto. La festa del quotidiano cattolico darà un impulso per riflettere sul significato dell’accoglienza, approfondendo quelle dinamiche che precedono l’incontro con i profughi. Ospitare chi è diverso da noi ci costringe a chiarire la nostra identità di cristiani, che vedono in chi è forestiero Cristo stesso. Stringere mani, incrociare sguardi, piangere insieme sono dimensioni che precedono e accompagnano ogni intervento di solidarietà. Nell’incontro con i bisognosi – è l’idea al centro dell’iniziativa allestita dalla diocesi guidata da monsignor Antonio Suetta – incontriamo noi stessi e spingiamo la nostra umanità a trovare quelle vie di uscita che soltanto la fede dischiude. Il pensiero dominante del nostro Occidente, impregnato com’è di consumismo, è troppo debole per poter dare una risposta vera al problema delle migrazioni. Possedere le chiavi della nostra cultura e riscoprirne le radici cristiane ci permette di donare una speranza concreta a coloro che cercano asilo nel nostro Paese. Al contempo è necessario stimolare il mondo della politica e la società con quell’originale passione per la verità, che anima i credenti.

Quanto al programma di questa festa d’esordio per la diocesi del Ponente ligure, venerdì 18 agosto e sabato 19 in due stabilimenti balneari Oreste Castagna, meglio conosciuto come “Gipo Scribantino” di Rai yo-yo, con i suoi spettacoli festeggerà insieme ai più piccoli i 21 anni di Popotus. Il 18 alle 21 nel chiostro della chiesa di Sant’Agostino a Ventimiglia il direttore di Avvenire Marco Tarquinio dialogherà poi con don Mussie Zerai, coordinatore europeo e cappellano della comunità cattolica eritrea. Il 19 sempre alle 21 ma a Sanremo è prevista la testimonianza di Abdoulaye Mbodj, primo avvocato senegalese del foro di Milano, figlio del protagonista del libro Il sogno di un venditore di accendini. Entrambe le serate saranno moderate dalla giornalista di Avvenire Angela Calvini. A conclusione della festa, la mattina di domenica 20 nella basilica concattedrale di San Siro a Sanremo presiederà l’Eucaristia solenne monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.

Bibione, una settimana con la gioia

Progetto ambizioso: un’estate nella gioia. La parrocchia di Bibione lo propone come filo conduttore del programma 2017 che entra ora nel clou con la settimana della «Festa di Avvenire e de Il Popolo», settimanale della diocesi di Concordia-Pordenone. Un progetto con un preciso riferimento all’esortazione apostolica Evangelii gaudium, presente a Bibione grazie a una mostra in venti pannelli nel bookshop parrocchiale.

La gioia è stata testimoniata sinora da padre Ibrahim Alsabagh, parroco ad Aleppo, da un coro filippino, dal senegalese Youssou, il “vu cumprà” che è riuscito a far di suo figlio un avvocato, mentre sono attese le voci dell’ugandese suor Rosemary Nyirumbe che salva le bambine soldato, di padre Pattòn custode di Terrasanta (cui va il Premio Padovese), del cardinale albanese Ernest Simoni, sopravvissuto a 28 anni di lavori forzati. Gioia protagonista anche nelle serate di teatro (da don Benzi all’azzardo), i tremila presenti alla Messa col vescovo Pellegrini (domenica scorsa), la partecipazione alla notte bianca con la parrocchia aperta sino a tardi ogni giovedì, come le visite alla cappella della Sindone per un percorso spirituale. Risposta sempre molto numerosa, tanto che il parroco don Andrea Vena dice che «ormai desidero solo continuare a lasciarmi sorprendere, sta accadendo settimana dopo settimana. Anche gli 80 volontari della parrocchia mi dicono che quest’anno è tutta una festa. Sono sempre presenti, hanno il polso della situazione: seguono gli eventi, accolgono il pubblico, accompagnano gli ospiti. Ormai c’è una bella empatia: leggono, cercano idee e personaggi. E il programma si arricchisce».

L’undicesima Festa bibionese culmina nella serata di domani, ospite monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, che sarà introdotto dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio e intervistato da Vito Salinaro. Con questa serata su «Parola & parole» la Festa aiuterà a capire come stanno le comunità delle zone colpite dal terremoto. Bibione ha partecipato con 20 e 25 mila euro allo sforzo per ricostruire Accumoli e Amatrice. Per la prima volta sarà presente alla Festa anche la Regione Veneto con il vice presidente Forcolin per una serata che è sempre stata condivisa dalle istituzioni locali, con il sindaco Codognotto e tutti i presidenti di categoria, sostenitori della proposta estiva della parrocchia.

Cosa aspettarsi ancora? Complice il Sinodo anticipa don Andrea – nel 2018 arriverà un’estate con i giovani. Meglio di così…

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Bibione, una settimana con la gioia

Progetto ambizioso: un’estate nella gioia. La parrocchia di Bibione lo propone come filo conduttore del programma 2017 che entra ora nel clou con la settimana della «Festa di Avvenire e de Il Popolo», settimanale della diocesi di Concordia-Pordenone. Un progetto con un preciso riferimento all’esortazione apostolica Evangelii gaudium, presente a Bibione grazie a una mostra in venti pannelli nel bookshop parrocchiale.

La gioia è stata testimoniata sinora da padre Ibrahim Alsabagh, parroco ad Aleppo, da un coro filippino, dal senegalese Youssou, il “vu cumprà” che è riuscito a far di suo figlio un avvocato, mentre sono attese le voci dell’ugandese suor Rosemary Nyirumbe che salva le bambine soldato, di padre Pattòn custode di Terrasanta (cui va il Premio Padovese), del cardinale albanese Ernest Simoni, sopravvissuto a 28 anni di lavori forzati. Gioia protagonista anche nelle serate di teatro (da don Benzi all’azzardo), i tremila presenti alla Messa col vescovo Pellegrini (domenica scorsa), la partecipazione alla notte bianca con la parrocchia aperta sino a tardi ogni giovedì, come le visite alla cappella della Sindone per un percorso spirituale. Risposta sempre molto numerosa, tanto che il parroco don Andrea Vena dice che «ormai desidero solo continuare a lasciarmi sorprendere, sta accadendo settimana dopo settimana. Anche gli 80 volontari della parrocchia mi dicono che quest’anno è tutta una festa. Sono sempre presenti, hanno il polso della situazione: seguono gli eventi, accolgono il pubblico, accompagnano gli ospiti. Ormai c’è una bella empatia: leggono, cercano idee e personaggi. E il programma si arricchisce».

L’undicesima Festa bibionese culmina nella serata di domani, ospite monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, che sarà introdotto dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio e intervistato da Vito Salinaro. Con questa serata su «Parola & parole» la Festa aiuterà a capire come stanno le comunità delle zone colpite dal terremoto. Bibione ha partecipato con 20 e 25 mila euro allo sforzo per ricostruire Accumoli e Amatrice. Per la prima volta sarà presente alla Festa anche la Regione Veneto con il vice presidente Forcolin per una serata che è sempre stata condivisa dalle istituzioni locali, con il sindaco Codognotto e tutti i presidenti di categoria, sostenitori della proposta estiva della parrocchia.

Cosa aspettarsi ancora? Complice il Sinodo anticipa don Andrea – nel 2018 arriverà un’estate con i giovani. Meglio di così…

Lerici, incontro tra la gente dando la parola alla speranza

Comunicare la speranza»: come sempre, da quando prese il via nel 1975, la Festa di Avvenire a Lerici “pensa in positivo”. E sviluppa l’edizione 2017 sul tema della speranza, decisivo in un tempo disorientato e incerto. La kermesse proposta dal quotidiano, dalla diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato e dalla parrocchia di Lerici prenderà il via giovedì 27 luglio per concludersi domenica 6 agosto, due giorni in più rispetto al consueto. Due, come le “anteprime”. Il giorno d’apertura sarà dedicato a colui che della Festa ebbe l’idea e, per tanti anni, l’onere principale della gestione: don Franco Ricciardi, parroco a Lerici dal 1972 al 1993. Alla sua eccezionale figura le suore della Piccola Opera Regina Apostolorum, a lui molto legate, hanno dedicato un libro con la prefazione del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, che sarà presentato dalla superiora generale suor Paola Barenco, lericina e figlia spirituale di don Franco. La sera successiva la Festa si sposta sul lungomare di Lerici per uno spettacolo in dialetto lericino della locale «Compagnia delle briciole», cresciuta in questi anni proprio insieme all’evento estivo con Avvenire.

Un modo per ricordare che la Festa è di tutti, in mezzo a tutti. Sabato 29 alle 18.30, nella chiesa di San Francesco inaugurazione ufficiale dell’edizione numero 42 con il vescovo diocesano Luigi Ernesto Palletti che celebrerà la Messa, presente il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Nella settimana seguente, sino alla serata finale del 6 agosto, sarà un crescendo di iniziative, molte delle quali all’aperto, di fronte allo straordinario scenario del Golfo dei Poeti. Il premio Angelo Narducci 2017 sarà consegnato la sera di mercoledì 2 dal vescovo Palletti, da Marco Tarquinio e dal direttore generale della società editrice di Avvenire Paolo Nusiner alla scrittrice e giornalista Susanna Tamaro. Tra gli ospiti della Festa l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, che parlerà al clero diocesano e poi a turisti e locali dell’esperienza di una Chiesa in uscita come quella colpita dal terremoto. Durante la Festa interverranno anche giornalisti di Avvenire come Marco Girardo, Lucia Bellaspiga e Alessandro Zaccuri. Non mancheranno i consueti incontri gastronomici, a base di cibi e vini locali. La Festa più tradizionale tra quelle di Avvenire, dunque, cresce e si consolida a partire dall’idea originaria di don Franco: l’apostolato in mezzo alla gente legato al quotidiano cattolico, idea sempre più attuale e

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Lerici, incontro tra la gente dando la parola alla speranza

Comunicare la speranza»: come sempre, da quando prese il via nel 1975, la Festa di Avvenire a Lerici “pensa in positivo”. E sviluppa l’edizione 2017 sul tema della speranza, decisivo in un tempo disorientato e incerto. La kermesse proposta dal quotidiano, dalla diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato e dalla parrocchia di Lerici prenderà il via giovedì 27 luglio per concludersi domenica 6 agosto, due giorni in più rispetto al consueto. Due, come le “anteprime”. Il giorno d’apertura sarà dedicato a colui che della Festa ebbe l’idea e, per tanti anni, l’onere principale della gestione: don Franco Ricciardi, parroco a Lerici dal 1972 al 1993. Alla sua eccezionale figura le suore della Piccola Opera Regina Apostolorum, a lui molto legate, hanno dedicato un libro con la prefazione del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, che sarà presentato dalla superiora generale suor Paola Barenco, lericina e figlia spirituale di don Franco. La sera successiva la Festa si sposta sul lungomare di Lerici per uno spettacolo in dialetto lericino della locale «Compagnia delle briciole», cresciuta in questi anni proprio insieme all’evento estivo con Avvenire.

Un modo per ricordare che la Festa è di tutti, in mezzo a tutti. Sabato 29 alle 18.30, nella chiesa di San Francesco inaugurazione ufficiale dell’edizione numero 42 con il vescovo diocesano Luigi Ernesto Palletti che celebrerà la Messa, presente il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Nella settimana seguente, sino alla serata finale del 6 agosto, sarà un crescendo di iniziative, molte delle quali all’aperto, di fronte allo straordinario scenario del Golfo dei Poeti. Il premio Angelo Narducci 2017 sarà consegnato la sera di mercoledì 2 dal vescovo Palletti, da Marco Tarquinio e dal direttore generale della società editrice di Avvenire Paolo Nusiner alla scrittrice e giornalista Susanna Tamaro. Tra gli ospiti della Festa l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, che parlerà al clero diocesano e poi a turisti e locali dell’esperienza di una Chiesa in uscita come quella colpita dal terremoto. Durante la Festa interverranno anche giornalisti di Avvenire come Marco Girardo, Lucia Bellaspiga e Alessandro Zaccuri. Non mancheranno i consueti incontri gastronomici, a base di cibi e vini locali. La Festa più tradizionale tra quelle di Avvenire, dunque, cresce e si consolida a partire dall’idea originaria di don Franco: l’apostolato in mezzo alla gente legato al quotidiano cattolico, idea sempre più attuale e

Bibione avrà la sua Perdonanza

Anche quest’estate la spiaggia di Bibione (Venezia), sfidando la crisi, riuscirà a superare i sei milioni di presenze. Con le famiglie a garantire questo primato. Famiglie che, in gran numero, hanno respirato a due polmoni: l’aria salutare del litorale, ma anche quella spirituale, della misericordia. Il parroco don Andrea Vena, con i suoi collaboratori, e il vescovo di Concordia-Pordenone Giuseppe Pellegrini hanno trasformato una delle “capitali” italiane del benessere fisico (garantito anche dalla presenza delle terme) in cittadella giubilare con l’apertura della Porta Santa (dal 27 maggio al 7 ottobre) e avendo tra i momenti più solenni il Perdono d’Assisi, appuntamento particolarmente sentito in parrocchia, tanto da registrare un’enorme partecipazione ai momenti di preghiera e alle confessioni. Presupposti – questi ed altri – che hanno convinto la penitenzieria apostolica a concedere la “Perdonanza di Bibione” dall’1 al 16 agosto di ogni anno, con l’apertura della Porta Santa e l’indulgenza plenaria alle consuete condizioni della confessione sacramentale, della comunione eucaristica e dell’orazione secondo le intenzioni del Papa. Indulgenza che nelle scorse settimane hanno ottenuto migliaia di fedeli, italiani e stranieri, in particolare da Germania, Austria e Paesi dell’Est Europa, che hanno visitato come pellegrini la chiesa parrocchiale di Bibione, dedicata a Santa Maria Assunta, e con devozione hanno partecipato ad una delle tante celebrazioni o hanno sostato in preghiera. Un’indulgenza di cui si sono potuti avvalere anche i bibionesi trattenuti a casa o in ospedale, ma che si sono uniti spiritualmen- te alle celebrazioni. «Come suggerito da papa Francesco era mio desiderio – spiega il vescovo Pellegrini – lasciare un’opera-segno di misericordia corporale, che bene viene rappresentata dall’apertura della nuova missione diocesana in Mozambico, avviata nel febbraio scorso, dopo quelle già presenti in Kenya ed Ecuador. Ma custodivo anche il sogno di lasciare un’opera spirituale che restasse come segno di questo Giubileo: ed ecco l’idea, che ora è diventata realtà, di istituire una Festa annuale del Perdono lì dove si trova normalmente un’alta concentrazione di persone, Bibione appunto ». Questa estate ne è stata una felice riprova: la chiesa stessa di Bibione è diventata un confessionale. Solo nella veglia del Perdono di Assisi si sono presentati in 500 a pregare, riflettere, avvicinarsi al sacramento della Riconciliazione. Ben dieci i preti che hanno assicurato il sacramento della Confessione, non solo in lingua italiana, ma anche tedesca, polacca, slovacca. C’è dunque un contesto già consolidato che bene potrà rispondere a questa “intuizione giubilare”. Basti pensare che il giorno dell’Assunta hanno partecipato alle Messe circa 4mila fedeli al mattino e 4mila alla Messa internazionale della sera con il vescovo, con la processione-fiaccolata verso il mare mentre il Luna Park e i locali pubblici spengono le musica in segno di rispetto. La chiesa di Bibione, particolarmente accogliente, si trova al centro di un parco a poche centinaia di metri dalla spiaggia e i villeggianti hanno imparato a frequentarla per una sosta ristoratrice, in qualsiasi ora della giornata. Bibione rappresenta insomma una sorta di “cortile dei gentili” dove, pur nella diversità delle provenienze e di fedi, la città è capace di parlare a tutti. Bibione, fa l’altro, è tappa consueta dei gruppi di pellegrini da Slovacchia, Polonia e altri Paesi durante il rientro dai loro viaggi a San Giovanni Rotondo, Roma o Lourdes: celebrano al mattino in chiesa, vanno al mare e alla sera ripartono verso casa, certi di trovare in parrocchia disponibilità di accoglienza e di servizio.

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Bibione avrà la sua Perdonanza

Anche quest’estate la spiaggia di Bibione (Venezia), sfidando la crisi, riuscirà a superare i sei milioni di presenze. Con le famiglie a garantire questo primato. Famiglie che, in gran numero, hanno respirato a due polmoni: l’aria salutare del litorale, ma anche quella spirituale, della misericordia. Il parroco don Andrea Vena, con i suoi collaboratori, e il vescovo di Concordia-Pordenone Giuseppe Pellegrini hanno trasformato una delle “capitali†italiane del benessere fisico (garantito anche dalla presenza delle terme) in cittadella giubilare con l’apertura della Porta Santa (dal 27 maggio al 7 ottobre) e avendo tra i momenti più solenni il Perdono d’Assisi, appuntamento particolarmente sentito in parrocchia, tanto da registrare un’enorme partecipazione ai momenti di preghiera e alle confessioni. Presupposti – questi ed altri – che hanno convinto la penitenzieria apostolica a concedere la “Perdonanza di Bibione†dall’1 al 16 agosto di ogni anno, con l’apertura della Porta Santa e l’indulgenza plenaria alle consuete condizioni della confessione sacramentale, della comunione eucaristica e dell’orazione secondo le intenzioni del Papa. Indulgenza che nelle scorse settimane hanno ottenuto migliaia di fedeli, italiani e stranieri, in particolare da Germania, Austria e Paesi dell’Est Europa, che hanno visitato come pellegrini la chiesa parrocchiale di Bibione, dedicata a Santa Maria Assunta, e con devozione hanno partecipato ad una delle tante celebrazioni o hanno sostato in preghiera. Un’indulgenza di cui si sono potuti avvalere anche i bibionesi trattenuti a casa o in ospedale, ma che si sono uniti spiritualmen- te alle celebrazioni. «Come suggerito da papa Francesco era mio desiderio – spiega il vescovo Pellegrini – lasciare un’opera-segno di misericordia corporale, che bene viene rappresentata dall’apertura della nuova missione diocesana in Mozambico, avviata nel febbraio scorso, dopo quelle già presenti in Kenya ed Ecuador. Ma custodivo anche il sogno di lasciare un’opera spirituale che restasse come segno di questo Giubileo: ed ecco l’idea, che ora è diventata realtà, di istituire una Festa annuale del Perdono lì dove si trova normalmente un’alta concentrazione di persone, Bibione appunto ». Questa estate ne è stata una felice riprova: la chiesa stessa di Bibione è diventata un confessionale. Solo nella veglia del Perdono di Assisi si sono presentati in 500 a pregare, riflettere, avvicinarsi al sacramento della Riconciliazione. Ben dieci i preti che hanno assicurato il sacramento della Confessione, non solo in lingua italiana, ma anche tedesca, polacca, slovacca. C’è dunque un contesto già consolidato che bene potrà rispondere a questa “intuizione giubilareâ€. Basti pensare che il giorno dell’Assunta hanno partecipato alle Messe circa 4mila fedeli al mattino e 4mila alla Messa internazionale della sera con il vescovo, con la processione-fiaccolata verso il mare mentre il Luna Park e i locali pubblici spengono le musica in segno di rispetto. La chiesa di Bibione, particolarmente accogliente, si trova al centro di un parco a poche centinaia di metri dalla spiaggia e i villeggianti hanno imparato a frequentarla per una sosta ristoratrice, in qualsiasi ora della giornata. Bibione rappresenta insomma una sorta di “cortile dei gentili†dove, pur nella diversità delle provenienze e di fedi, la città è capace di parlare a tutti. Bibione, fa l’altro, è tappa consueta dei gruppi di pellegrini da Slovacchia, Polonia e altri Paesi durante il rientro dai loro viaggi a San Giovanni Rotondo, Roma o Lourdes: celebrano al mattino in chiesa, vanno al mare e alla sera ripartono verso casa, certi di trovare in parrocchia disponibilità di accoglienza e di servizio.

Programma Matera 2017

GIORNATA 1 – Lunedì 26 Giugno 2017

Chiesa e Mondo

Saluti

Raffaello De Ruggieri, Sindaco di Matera
Dario De Luca, Sindaco di Potenza

Intervengono

  1. Mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana
  2. Lucio Brunelli, Direttore delle testate giornalistiche delle emittenti Cei TV2000 e Radio InBlu
  3. Padre Enzo Fortunato, Direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi

Conclude

Mons. Vincenzo Carmine Orofino, Vescovo di Tursi-Lagonegro

Modera

Mimmo Muolo

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

GIORNATA 2 – Martedì 27 Giugno 2017

Lo sviluppo del  Mezzogiorno

Riflessione con:

Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro

Intervengono

  1. Filippo Bubbico, Viceministro dell’Interno
  2. Marcello Pittella, Presidente della Regione Basilicata
  3. Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia
  4. Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo

Conclude

Mons. Gianfranco Todisco, Amministratore Apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa

Modera

Vincenzo Rosario Spagnolo

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

GIORNATA 3 – Mercoledì 28 Giugno 2017

Il Mediterraneo e il mondo che cambia:

il fenomeno migratorio

Intervengono

  1. Enrico Letta
  2. Giulio Tremonti
  3. Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio

Videomessaggio di

Monique Leroux

Conclude

Mons. Giovanni Intini, Vescovo di Tricarico

Modera

Paolo Lambruschi

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

GIORNATA 4 – Giovedì 29 Giugno 2017

Famiglia, giovani e lavoro

Intervengono

  1. Card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana
  2. Vito De Filippo, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca
  3. Antonio De Caro, Sindaco di Bari e Presidente dell’Anci  (Associazione nazionale Comuni Italiani)
  4. Pasquale Lorusso, Presidente Confindustria Basilicata
  5. Rosario Altieri, Presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane e copresidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane
  6. Gabriela Buffa, Responsabile internazionale dei giovani della I.C.A.

Conclude

Mons. Francesco Sirufo, Arcivescovo di Acerenza

Modera

Paolo Lambruschi

SALA DEGLI STEMMI ARCIVESCOVADO

ore 18.00 – La Chiesa d’Italia – Incontro con il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana,  Card. Gualtiero Bassetti  –  modera: Gianni Cardinale

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

GIORNATA 5 – Venerdì 30 Giugno 2017

ll Papa visto da vicino 

Intervengono

  1. Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi
  2. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano
  3. Padre Mauro Gambetti, Custode del Sacro Convento di Assisi

Conclude

Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo

Modera

Gianni Cardinale

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

GIORNATA 6 – Sabato 1 luglio ore 21.00

Cattedrale di Tursi (MT)

Concerto per pianoforte del Cardinale Lorenzo Baldisseri

La Festa a Lerici si svolgerà dal 27 luglio al 6 agosto

Lerici è un’altra località particolarmente vocata ad ospitare una festa di Avvenire che sin dall’origine, essendo legata all’assegnazione del premio giornalistico “A. Narducci”, ha una connotazione marcatamente culturale.

La festa di Avvenire a Lerici è un appuntamento “storico”: si ripete da 42 anni e trova uno dei suoi momenti culminanti nell’incontro con personalità particolarmente significative del mondo cattolico che vengono insignite di questo riconoscimento.

La serata dedicata ad Avvenire di mercoledì 2 agosto, nel cuore della cittadina, è ormai tradizionale appuntamento tra personalità, giornalisti, residenti e turisti; quest’anno il premio “A. Narducci” verrà consegnato a Susanna Tamaro che sarà intervistata da Alessandro Zaccuri, giornalista di Avvenire.

Programma della festa e attività

  • Quest’anno, per la prima volta, nei mesi di luglio, agosto e settembre, 8 strutture alberghiere di Lerici metteranno Avvenire a disposizione dei proprio clienti.
  • In particolare, nella settimana della Festa di Avvenire (30 luglio – 6 agosto), presso molte strutture ricettive della città di Lerici, tutti i giorni verranno diffuse 100 copie del quotidiano.
  • Le locandine con il programma della settimana verranno affisse in città e inviate a tutte le Parrocchie della Diocesi.

Jesolo ricorda Carlo Acutis, «grande mistico» di soli 15 anni

Un ragazzo di 15 anni può raccogliere in piena estate centinaia di persone interessate ai temi della fede, dell’educazione dei giovani e del web: lo si è capito mercoledì scorso nella serata di Avvenire a Jesolo, voluta dalle parrocchie della cittadina del litorale veneziano guidate dal parroco don Lucio Cilia. La figura di Carlo Acutis, patito di informatica e internet come “strumenti di Vangelo”, morto nel 2006 per una leucemia fulminante e di cui è in corso la causa di beatificazione, è stata al centro del dibattito svoltosi in piazza Marconi e moderato da Giorgio Malavasi del settimanale diocesano Gente Veneta.

“Non io ma Dio, Carlo lo ripeteva sempre – ha raccontato Sidi Perin, suo padrino di cresima -. Con la sua vita straordinaria, per molti aspetti simile a quella di tanti suoi coetanei, ci ha trasmesso che la vera felicità consiste nell’essere in amicizia e in unione con

Dio. Cercava di valorizzare in tutte le persone il progetto unico di Dio. Una sua frase era: tutti nasciamo originali ma rischiamo di morire come fotocopie”.

Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, ha ricordato il primo “incontro” con Acutis nel cimitero di Assisi: “Nella sua tomba, vicina a quella dei miei genitori, c’è un’anfora di ceramica con il coperchio aperto che consente di inserire dei bigliettini. Ha una corrispondenza, reale, con la gente che va a trovarlo, lascia messaggi e dialoga con lui. Un ragazzo totalmente del nostro tempo,

capace di usare tutti i mezzi che usano i ragazzi e al tempo stesso con uno sguardo diverso, imprevedibile, sconvolgente. Una persona così attrae”.

Per Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, Carlo Acutis “dimostra che il web è un ambiente che può essere vissuto molto bene. Come? Traendo dalla sua esperienza due dimensioni: la critica e la testimonianza. In lui vedo il Frassati del nostro tempo. Mi ha colpito la sua attenzione agli altri, ai piccoli. Ci teneva al rapporto personale”. Il dialogo poi si allarga: dalle sanzioni europee a Google all’utilizzo di internet da parte dei ragazzi, dalle “bufale” alle “verità minuscole” che spopolano in rete con la necessità di verificare tutto e sempre, attingendo a più fonti. Il web per Tarquinio è “luogo di libertà: o è responsabile o non è libertà vera. Bisogna starci. Il problema è mantenere l’aggancio alla realtà.

E poi il linguaggio: il web è diventato ricettacolo di un modo di esprimersi drammatico e aggressivo, triviale, che tracima nelle lettere, nei titoli dei giornali, nei commenti e nel dibattito politico”. Ai giornali resta il compito di “dare chiavi di lettura con tutte le disarmonie, le asprezze e le facce della vita che bisogna saper raccontare, senza fermarsi solo a quelle deteriori. Il giornalismo vero rompe le scatole e libera lo sguardo su tutti gli aspetti della realtà”. Ma cosa resterà – si è chiesto Vian – di quanto si scrive oggi e delle banche dati? “Nella biblioteca vaticana ci sono manoscritti della Bibbia di 16 secoli fa perfettamente conservati. Ora abbiamo difficoltà a leggere i dischetti di anni fa…”.

Ha chiuso la serata il Patriarca Francesco Moraglia che è tornato su Carlo Acutis: “Questo ragazzo è quasi inspiegabile, un prodotto della grazia di Dio. Mi chiedo se non sia da considerare un grande mistico che ha compreso, sull’eucaristia e sulla sua

vita, qualcosa che solamente Dio poteva dirgli. Ha saputo gestire la preghiera, la carità, il tempo per gli altri e la cordialità verso la gente con la capacità di frequentare il mondo della comunicazione con quella completezza che ogni cristiano dovrebbe dare al suo tempo oggi: uomini e donne che sanno stare a loro agio nel mondo”.

Jesolo ricorda Carlo Acutis, «grande mistico» di soli 15 anni

Un ragazzo di 15 anni può raccogliere in piena estate centinaia di persone interessate ai temi della fede, dell’educazione dei giovani e del web: lo si è capito mercoledì scorso nella serata di Avvenire a Jesolo, voluta dalle parrocchie della cittadina del litorale veneziano guidate dal parroco don Lucio Cilia. La figura di Carlo Acutis, patito di informatica e internet come “strumenti di Vangelo”, morto nel 2006 per una leucemia fulminante e di cui è in corso la causa di beatificazione, è stata al centro del dibattito svoltosi in piazza Marconi e moderato da Giorgio Malavasi del settimanale diocesano Gente Veneta.

“Non io ma Dio, Carlo lo ripeteva sempre – ha raccontato Sidi Perin, suo padrino di cresima -. Con la sua vita straordinaria, per molti aspetti simile a quella di tanti suoi coetanei, ci ha trasmesso che la vera felicità consiste nell’essere in amicizia e in unione conDio. Cercava di valorizzare in tutte le persone il progetto unico di Dio. Una sua frase era: tutti nasciamo originali ma rischiamo di morire come fotocopie”.

Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, ha ricordato il primo “incontro” con Acutis nel cimitero di Assisi: “Nella sua tomba, vicina a quella dei miei genitori, c’è un’anfora di ceramica con il coperchio aperto che consente di inserire dei bigliettini. Ha una corrispondenza, reale, con la gente che va a trovarlo, lascia messaggi e dialoga con lui. Un ragazzo totalmente del nostro tempo,capace di usare tutti i mezzi che usano i ragazzi e al tempo stesso con uno sguardo diverso, imprevedibile, sconvolgente. Una persona così attrae”. Per Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, Carlo Acutis “dimostra che il web è un ambiente che può essere vissuto molto bene. Come? Traendo dalla sua esperienza due dimensioni: la critica e la testimonianza. In lui vedo il Frassati del nostro tempo. Mi ha colpito la sua attenzione agli altri, ai piccoli. Ci teneva al rapporto personale”. Il dialogo poi si allarga: dalle sanzioni europee a Google all’utilizzo di internet da parte dei ragazzi, dalle “bufale” alle “verità minuscole” che spopolano in rete con la necessità di verificare tutto e sempre, attingendo a più fonti. Il web per Tarquinio è “luogo di libertà: o è responsabile o non è libertà vera. Bisogna starci. Il problema è mantenere l’aggancio alla realtà.E poi il linguaggio: il web è diventato ricettacolo di un modo di esprimersi drammatico e aggressivo, triviale, che tracima nelle lettere, nei titoli dei giornali, nei commenti e nel dibattito politico”. Ai giornali resta il compito di “dare chiavi di lettura con tutte le disarmonie, le asprezze e le facce della vita che bisogna saper raccontare, senza fermarsi solo a quelle deteriori. Il giornalismo vero rompe le scatole e libera lo sguardo su tutti gli aspetti della realtà”. Ma cosa resterà – si è chiesto Vian – di quanto si scrive oggi e delle banche dati? “Nella biblioteca vaticana ci sono manoscritti della Bibbia di 16 secoli fa perfettamente conservati. Ora abbiamo difficoltà a leggere i dischetti di anni fa…”.

Ha chiuso la serata il Patriarca Francesco Moraglia che è tornato su Carlo Acutis: “Questo ragazzo è quasi inspiegabile, un prodotto della grazia di Dio. Mi chiedo se non sia da considerare un grande mistico che ha compreso, sull’eucaristia e sulla suavita, qualcosa che solamente Dio poteva dirgli. Ha saputo gestire la preghiera, la carità, il tempo per gli altri e la cordialità verso la gente con la capacità di frequentare il mondo della comunicazione con quella completezza che ogni cristiano dovrebbe dare al suo tempo oggi: uomini e donne che sanno stare a loro agio nel mondo”.

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Jesolo ricorda Carlo Acutis, «grande mistico» di soli 15 anni

Un ragazzo di 15 anni può raccogliere in piena estate centinaia di persone interessate ai temi della fede, dell’educazione dei giovani e del web: lo si è capito mercoledì scorso nella serata di Avvenire a Jesolo, voluta dalle parrocchie della cittadina del litorale veneziano guidate dal parroco don Lucio Cilia. La figura di Carlo Acutis, patito di informatica e internet come “strumenti di Vangeloâ€, morto nel 2006 per una leucemia fulminante e di cui è in corso la causa di beatificazione, è stata al centro del dibattito svoltosi in piazza Marconi e moderato da Giorgio Malavasi del settimanale diocesano Gente Veneta.

“Non io ma Dio, Carlo lo ripeteva sempre – ha raccontato Sidi Perin, suo padrino di cresima -. Con la sua vita straordinaria, per molti aspetti simile a quella di tanti suoi coetanei, ci ha trasmesso che la vera felicità consiste nell’essere in amicizia e in unione conDio. Cercava di valorizzare in tutte le persone il progetto unico di Dio. Una sua frase era: tutti nasciamo originali ma rischiamo di morire come fotocopieâ€.

Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, ha ricordato il primo “incontro†con Acutis nel cimitero di Assisi: “Nella sua tomba, vicina a quella dei miei genitori, c’è un’anfora di ceramica con il coperchio aperto che consente di inserire dei bigliettini. Ha una corrispondenza, reale, con la gente che va a trovarlo, lascia messaggi e dialoga con lui. Un ragazzo totalmente del nostro tempo,capace di usare tutti i mezzi che usano i ragazzi e al tempo stesso con uno sguardo diverso, imprevedibile, sconvolgente. Una persona così attraeâ€. Per Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, Carlo Acutis “dimostra che il web è un ambiente che può essere vissuto molto bene. Come? Traendo dalla sua esperienza due dimensioni: la critica e la testimonianza. In lui vedo il Frassati del nostro tempo. Mi ha colpito la sua attenzione agli altri, ai piccoli. Ci teneva al rapporto personaleâ€. Il dialogo poi si allarga: dalle sanzioni europee a Google all’utilizzo di internet da parte dei ragazzi, dalle “bufale†alle “verità minuscole†che spopolano in rete con la necessità di verificare tutto e sempre, attingendo a più fonti. Il web per Tarquinio è “luogo di libertà: o è responsabile o non è libertà vera. Bisogna starci. Il problema è mantenere l’aggancio alla realtà.E poi il linguaggio: il web è diventato ricettacolo di un modo di esprimersi drammatico e aggressivo, triviale, che tracima nelle lettere, nei titoli dei giornali, nei commenti e nel dibattito politicoâ€. Ai giornali resta il compito di “dare chiavi di lettura con tutte le disarmonie, le asprezze e le facce della vita che bisogna saper raccontare, senza fermarsi solo a quelle deteriori. Il giornalismo vero rompe le scatole e libera lo sguardo su tutti gli aspetti della realtàâ€. Ma cosa resterà – si è chiesto Vian – di quanto si scrive oggi e delle banche dati? “Nella biblioteca vaticana ci sono manoscritti della Bibbia di 16 secoli fa perfettamente conservati. Ora abbiamo difficoltà a leggere i dischetti di anni fa…â€.

Ha chiuso la serata il Patriarca Francesco Moraglia che è tornato su Carlo Acutis: “Questo ragazzo è quasi inspiegabile, un prodotto della grazia di Dio. Mi chiedo se non sia da considerare un grande mistico che ha compreso, sull’eucaristia e sulla suavita, qualcosa che solamente Dio poteva dirgli. Ha saputo gestire la preghiera, la carità, il tempo per gli altri e la cordialità verso la gente con la capacità di frequentare il mondo della comunicazione con quella completezza che ogni cristiano dovrebbe dare al suo tempo oggi: uomini e donne che sanno stare a loro agio nel mondoâ€.

A Cortina si riflette sul concetto di giustizia

La diocesi di Belluno-Feltre non manca all’appuntamento delle Giornate della comunicazione in montagna, preparate da Avvenire e dall’Amico del Popolo, il settimanale di informazione generale della provincia. Proseguendo la serie delle Feste di Avvenire dell’estate, giovedì 20 luglio 2017, in sala cultura di largo Poste a Cortina d’Ampezzo, i microfoni si accenderanno alle 18 per Luigino Bruni che presenterà il suo «La sventura di un uomo giusto. Una rilettura del libro di Giobbe». In dialogo con lui Salvatore Natoli, filosofo attento al tema del dolore, e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Non mancherà il direttore dell’Amico del Popolo, Carlo Arrigoni.

Questo episodio della Giornata della comunicazione conferma la collaborazione con «Una montagna di libri», la rassegna culturale delle stagioni turistiche ampezzane, e con il suo responsabile, Francesco Chiamulera.

L’indomani, venerdì 21, un pullman che raccoglierà i propagandisti dell’Amico del Popolo lungo tutta la provincia di Belluno partirà all’alba da Feltre e arriverà alle 10 a Santo Stefano di Cadore, nel cuore del Comelico, per portare i propagandisti e quanti vorranno unirsi alla comitiva ad ascoltare nuovamente Luigino Bruni, per poi dialogare con lui sui temi dell’economia e delle sue prospettive, con un’attenzione particolare ai giovani.

Propagandisti e ospiti avranno quindi occasione di calcare nel primo pomeriggio i sentieri della val Visdende, dove sembra ancora di vedere la veste bianca di Giovanni Paolo II, sfiorata dal vento, muoversi tra quelle radure e peccete centenarie che il Papa tanto apprezzava nelle sue vacanze degli anni Ottanta; e di visitare poi, aiutati dalla competenza delle guide locali, la «Stua» di Padola, una costruzione ingegnosa antenata delle attuali dighe. La giornata si conclude con l’Eucaristica presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni alle 17.30 nella chiesa parrocchiale di San Nicolò di Comelico, affrescata da Gianfrancesco da Tolmezzo.

Gli incontri sono aperti a tutti. La festa della comunicazione in montagna ha già una lunga storia da raccontare, con puntate negli anni scorsi ad Agordo, Canale d’Agordo (il paese natale di papa Luciani), Alleghe, Auronzo, Cortina, Borca di Cadore.

A Jesolo dibattito su giovani, fede e Web

Continua la serie di Feste di Avvenire che animerà tutta l’estate 2017. Il rapporto tra giovani, fede e Web sarà al centro di Avvenire@jesolo, la festa con il quotidiano cattolico organizzata dalle parrocchie di Santa Maria Ausiliatrice e Santi Liberale e Mauro a Jesolo. Cuore dell’evento sarà l’incontro in programma il 5 luglio 2017 alle 21, in piazza Marconi.

Il tema prende spunto spunto dalla testimonianza di Carlo Acutis, il giovane milanese morto a 15 anni nel 2006 di cui è aperta la causa di beatificazione e il cui nome è stato proposto anche come patrono di Internet. Al dibattito prenderanno parte Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, Sidi Perin, padrino di Cresima di Acutis. Il confronto sarà introdotto da monsignor Lucio Cilia e moderato da Giorgio Malavasi di Gente Veneta. La serata sarà chiusa dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia.

A Cortina si riflette sul concetto di giustizia

La diocesi di Belluno-Feltre non manca all’appuntamento delle Giornate della comunicazione in montagna, preparate da Avvenire e dall’Amico del Popolo, il settimanale di informazione generale della provincia. Proseguendo la serie delle Feste di Avvenire dell’estate, giovedì 20 luglio 2017, in sala cultura di largo Poste a Cortina d’Ampezzo, i microfoni si accenderanno alle 18 per Luigino Bruni che presenterà il suo «La sventura di un uomo giusto. Una rilettura del libro di Giobbe». In dialogo con lui Salvatore Natoli, filosofo attento al tema del dolore, e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Non mancherà il direttore dell’Amico del Popolo, Carlo Arrigoni.

Questo episodio della Giornata della comunicazione conferma la collaborazione con «Una montagna di libri», la rassegna culturale delle stagioni turistiche ampezzane, e con il suo responsabile, Francesco Chiamulera.

L’indomani, venerdì 21, un pullman che raccoglierà i propagandisti dell’Amico del Popolo lungo tutta la provincia di Belluno partirà all’alba da Feltre e arriverà alle 10 a Santo Stefano di Cadore, nel cuore del Comelico, per portare i propagandisti e quanti vorranno unirsi alla comitiva ad ascoltare nuovamente Luigino Bruni, per poi dialogare con lui sui temi dell’economia e delle sue prospettive, con un’attenzione particolare ai giovani.

Propagandisti e ospiti avranno quindi occasione di calcare nel primo pomeriggio i sentieri della val Visdende, dove sembra ancora di vedere la veste bianca di Giovanni Paolo II, sfiorata dal vento, muoversi tra quelle radure e peccete centenarie che il Papa tanto apprezzava nelle sue vacanze degli anni Ottanta; e di visitare poi, aiutati dalla competenza delle guide locali, la «Stua» di Padola, una costruzione ingegnosa antenata delle attuali dighe. La giornata si conclude con l’Eucaristica presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni alle 17.30 nella chiesa parrocchiale di San Nicolò di Comelico, affrescata da Gianfrancesco da Tolmezzo.

Gli incontri sono aperti a tutti. La festa della comunicazione in montagna ha già una lunga storia da raccontare, con puntate negli anni scorsi ad Agordo, Canale d’Agordo (il paese natale di papa Luciani), Alleghe, Auronzo, Cortina, Borca di Cadore.

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A Cortina si riflette sul concetto di giustizia

La diocesi di Belluno-Feltre non manca all’appuntamento delle Giornate della comunicazione in montagna, preparate da Avvenire e dall’Amico del Popolo, il settimanale di informazione generale della provincia. Proseguendo la serie delle Feste di Avvenire dell’estate, giovedì 20 luglio 2017, in sala cultura di largo Poste a Cortina d’Ampezzo, i microfoni si accenderanno alle 18 per Luigino Bruni che presenterà il suo «La sventura di un uomo giusto. Una rilettura del libro di Giobbe». In dialogo con lui Salvatore Natoli, filosofo attento al tema del dolore, e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Non mancherà il direttore dell’Amico del Popolo, Carlo Arrigoni.

Questo episodio della Giornata della comunicazione conferma la collaborazione con «Una montagna di libri», la rassegna culturale delle stagioni turistiche ampezzane, e con il suo responsabile, Francesco Chiamulera.

L’indomani, venerdì 21, un pullman che raccoglierà i propagandisti dell’Amico del Popolo lungo tutta la provincia di Belluno partirà all’alba da Feltre e arriverà alle 10 a Santo Stefano di Cadore, nel cuore del Comelico, per portare i propagandisti e quanti vorranno unirsi alla comitiva ad ascoltare nuovamente Luigino Bruni, per poi dialogare con lui sui temi dell’economia e delle sue prospettive, con un’attenzione particolare ai giovani.

Propagandisti e ospiti avranno quindi occasione di calcare nel primo pomeriggio i sentieri della val Visdende, dove sembra ancora di vedere la veste bianca di Giovanni Paolo II, sfiorata dal vento, muoversi tra quelle radure e peccete centenarie che il Papa tanto apprezzava nelle sue vacanze degli anni Ottanta; e di visitare poi, aiutati dalla competenza delle guide locali, la «Stua» di Padola, una costruzione ingegnosa antenata delle attuali dighe. La giornata si conclude con l’Eucaristica presieduta dal vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni alle 17.30 nella chiesa parrocchiale di San Nicolò di Comelico, affrescata da Gianfrancesco da Tolmezzo.

Gli incontri sono aperti a tutti. La festa della comunicazione in montagna ha già una lunga storia da raccontare, con puntate negli anni scorsi ad Agordo, Canale d’Agordo (il paese natale di papa Luciani), Alleghe, Auronzo, Cortina, Borca di Cadore.

A Jesolo dibattito su giovani, fede e Web

Continua la serie di Feste di Avvenire che animerà tutta l’estate 2017. Il rapporto tra giovani, fede e Web sarà al centro di Avvenire@jesolo, la festa con il quotidiano cattolico organizzata dalle parrocchie di Santa Maria Ausiliatrice e Santi Liberale e Mauro a Jesolo. Cuore dell’evento sarà l’incontro in programma il 5 luglio 2017 alle 21, in piazza Marconi.

Il tema prende spunto spunto dalla testimonianza di Carlo Acutis, il giovane milanese morto a 15 anni nel 2006 di cui è aperta la causa di beatificazione e il cui nome è stato proposto anche come patrono di Internet. Al dibattito prenderanno parte Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, Sidi Perin, padrino di Cresima di Acutis. Il confronto sarà introdotto da monsignor Lucio Cilia e moderato da Giorgio Malavasi di Gente Veneta. La serata sarà chiusa dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia.

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A Jesolo dibattito su giovani, fede e Web

Continua la serie di Feste di Avvenire che animerà tutta l’estate 2017. Il rapporto tra giovani, fede e Web sarà al centro di Avvenire@jesolo, la festa con il quotidiano cattolico organizzata dalle parrocchie di Santa Maria Ausiliatrice e Santi Liberale e Mauro a Jesolo. Cuore dell’evento sarà l’incontro in programma il 5 luglio 2017 alle 21, in piazza Marconi.

Il tema prende spunto spunto dalla testimonianza di Carlo Acutis, il giovane milanese morto a 15 anni nel 2006 di cui è aperta la causa di beatificazione e il cui nome è stato proposto anche come patrono di Internet. Al dibattito prenderanno parte Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, Sidi Perin, padrino di Cresima di Acutis. Il confronto sarà introdotto da monsignor Lucio Cilia e moderato da Giorgio Malavasi di Gente Veneta. La serata sarà chiusa dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia.

La Festa di Avvenire/ Ecco papa Francesco visto da vicino

Papa Francesco visto da vicino. È stato questo il suggestivo tema affrontato nell’ultimo incontro della Festa di Avvenire ospitata nella splendida cornice di una affollatissima Piazza Duomo a Matera.

Ospiti di eccezione tre personalità che ben conoscono la figura del primo Pontefice latinoamericano della storia. Due suoi stretti collaboratori, e cioè il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il vescovo di Albano Marcello Semeraro, segretario del C9 (il gruppo di porporati consiglieri del Papa). E padre Mauro Gambetti, Custode del SacroConvento di Assisi, la Città di San Francesco che il Papa ha visitato più volte. Semeraro ha ricordato di averlo conosciuto nel 2001 quando lavorarono insieme al Sinodo sul ministero dei vescovi e ha evidenziato come molti dei temi affrontati nel magistero di Bergoglio, come quello ad esempio delle «periferie», sono già ricorrenti nella sua predicazione di quando era arcivescovo di Buenos Aires.

Il vescovo di Albano ha anche raccontato come è nata la foto “storica” che lo immortala tra i due Papi – Francesco e l’emerito Benedetto XVI – quando si sono incontrati per la prima volta a Castelgandolfo, che si trova nel territorio della sua diocesi. Riferendosi ai lavori del C9, Semeraro ha poi sottolineato che papa Bergoglio «ascolta molto, ha una forte memoria, e ogni tanto puntualizza facendo tesoro proprio di questa memoria».

Baldisseri poi ha raccontato di conoscere il Pontefice dal 2007, quando da nunzio in Brasile assistette all’Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che ebbe proprio nell’allora cardinale di Buenos Aires uno dei protagonisti. E di averlo visto eleggere Papa nel conclave dove ha partecipato – come non votante – in qualità di segretario. E ha spiegato che nel suo lavoro al Sinodo dei Vescovi vede Papa Francesco come «un padre nella sua famiglia, un padre che cerca di capire i suoi figli, di comprenderli, di indirizzarli e farli camminare insieme senza escludere nessuno».

Il Papa, ha aggiunto Baldisseri, «è un uomo che quando dà la fiducia la dà totalmente, e difende fino in fondo la persona» scelta. Padre Gambetti da parte sua ha osservato che visto da vicino Papa Francesco è «l’esempio dell’uomo risorto in Cristo che ci tocca perché si fa prossimo».

L’evento si è aperto con un saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera Antonio Giuseppe Caiazzo, e si è chiuso con un intervento dell’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio. Presenti numerose autorità, tra cui il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.

La Festa di Avvenire che ha accompagnato la preparazione della grande e storica celebrazione della Madonna della Bruna che si terrà domenica a Matera, si chiude domani, sabato alle 21, con un concerto del cardinale Baldisseri, apprezzato pianista, nella cattedrale di Tursi, alla presenza del vescovo Vincenzo Carmine Orofino.

La festa di Avvenire a Matera / Il Papa visto da vicino

Quinta serata della Festa di Avvenire a Matera.

Appuntamento alle 21 in piazza del Duomo per parlare di “Il Papa visto da vicino”.

Tre ospiti d’eccezione: il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi. Conclude monsignor Salvatore Ligorio, arcivescovo di Potenza – Muro Lucano- Marsico Nuovo.

Modera il giornalista di Avvenire Gianni Cardinale.

La Festa di Avvenire/ Ecco papa Francesco visto da vicino

Papa Francesco visto da vicino. È stato questo il suggestivo tema affrontato nell’ultimo incontro della Festa di Avvenire ospitata nella splendida cornice di una affollatissima Piazza Duomo a Matera.

Ospiti di eccezione tre personalità che ben conoscono la figura del primo Pontefice latinoamericano della storia. Due suoi stretti collaboratori, e cioè il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il vescovo di Albano Marcello Semeraro, segretario del C9 (il gruppo di porporati consiglieri del Papa). E padre Mauro Gambetti, Custode del SacroConvento di Assisi, la Città di San Francesco che il Papa ha visitato più volte. Semeraro ha ricordato di averlo conosciuto nel 2001 quando lavorarono insieme al Sinodo sul ministero dei vescovi e ha evidenziato come molti dei temi affrontati nel magistero di Bergoglio, come quello ad esempio delle «periferie», sono già ricorrenti nella sua predicazione di quando era arcivescovo di Buenos Aires.

Il vescovo di Albano ha anche raccontato come è nata la foto “storica” che lo immortala tra i due Papi – Francesco e l’emerito Benedetto XVI – quando si sono incontrati per la prima volta a Castelgandolfo, che si trova nel territorio della sua diocesi. Riferendosi ai lavori del C9, Semeraro ha poi sottolineato che papa Bergoglio «ascolta molto, ha una forte memoria, e ogni tanto puntualizza facendo tesoro proprio di questa memoria».

Baldisseri poi ha raccontato di conoscere il Pontefice dal 2007, quando da nunzio in Brasile assistette all’Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che ebbe proprio nell’allora cardinale di Buenos Aires uno dei protagonisti. E di averlo visto eleggere Papa nel conclave dove ha partecipato – come non votante – in qualità di segretario. E ha spiegato che nel suo lavoro al Sinodo dei Vescovi vede Papa Francesco come «un padre nella sua famiglia, un padre che cerca di capire i suoi figli, di comprenderli, di indirizzarli e farli camminare insieme senza escludere nessuno».

Il Papa, ha aggiunto Baldisseri, «è un uomo che quando dà la fiducia la dà totalmente, e difende fino in fondo la persona» scelta. Padre Gambetti da parte sua ha osservato che visto da vicino Papa Francesco è «l’esempio dell’uomo risorto in Cristo che ci tocca perché si fa prossimo».

L’evento si è aperto con un saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera Antonio Giuseppe Caiazzo, e si è chiuso con un intervento dell’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio. Presenti numerose autorità, tra cui il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.

La Festa di Avvenire che ha accompagnato la preparazione della grande e storica celebrazione della Madonna della Bruna che si terrà domenica a Matera, si chiude domani, sabato alle 21, con un concerto del cardinale Baldisseri, apprezzato pianista, nella cattedrale di Tursi, alla presenza del vescovo Vincenzo Carmine Orofino.

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La Festa di Avvenire/ Ecco papa Francesco visto da vicino

Papa Francesco visto da vicino. È stato questo il suggestivo tema affrontato nell’ultimo incontro della Festa di Avvenire ospitata nella splendida cornice di una affollatissima Piazza Duomo a Matera.

Ospiti di eccezione tre personalità che ben conoscono la figura del primo Pontefice latinoamericano della storia. Due suoi stretti collaboratori, e cioè il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il vescovo di Albano Marcello Semeraro, segretario del C9 (il gruppo di porporati consiglieri del Papa). E padre Mauro Gambetti, Custode del SacroConvento di Assisi, la Città di San Francesco che il Papa ha visitato più volte. Semeraro ha ricordato di averlo conosciuto nel 2001 quando lavorarono insieme al Sinodo sul ministero dei vescovi e ha evidenziato come molti dei temi affrontati nel magistero di Bergoglio, come quello ad esempio delle «periferie», sono già ricorrenti nella sua predicazione di quando era arcivescovo di Buenos Aires.

Il vescovo di Albano ha anche raccontato come è nata la foto “storica†che lo immortala tra i due Papi – Francesco e l’emerito Benedetto XVI – quando si sono incontrati per la prima volta a Castelgandolfo, che si trova nel territorio della sua diocesi. Riferendosi ai lavori del C9, Semeraro ha poi sottolineato che papa Bergoglio «ascolta molto, ha una forte memoria, e ogni tanto puntualizza facendo tesoro proprio di questa memoria».

Baldisseri poi ha raccontato di conoscere il Pontefice dal 2007, quando da nunzio in Brasile assistette all’Assemblea del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) che ebbe proprio nell’allora cardinale di Buenos Aires uno dei protagonisti. E di averlo visto eleggere Papa nel conclave dove ha partecipato – come non votante – in qualità di segretario. E ha spiegato che nel suo lavoro al Sinodo dei Vescovi vede Papa Francesco come «un padre nella sua famiglia, un padre che cerca di capire i suoi figli, di comprenderli, di indirizzarli e farli camminare insieme senza escludere nessuno».

Il Papa, ha aggiunto Baldisseri, «è un uomo che quando dà la fiducia la dà totalmente, e difende fino in fondo la persona» scelta. Padre Gambetti da parte sua ha osservato che visto da vicino Papa Francesco è «l’esempio dell’uomo risorto in Cristo che ci tocca perché si fa prossimo».

L’evento si è aperto con un saluto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera Antonio Giuseppe Caiazzo, e si è chiuso con un intervento dell’arcivescovo di Potenza Salvatore Ligorio. Presenti numerose autorità, tra cui il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.

La Festa di Avvenire che ha accompagnato la preparazione della grande e storica celebrazione della Madonna della Bruna che si terrà domenica a Matera, si chiude domani, sabato alle 21, con un concerto del cardinale Baldisseri, apprezzato pianista, nella cattedrale di Tursi, alla presenza del vescovo Vincenzo Carmine Orofino.

Bassetti e le tre sfide della famiglia

Tre sfide attendono la famiglia in Italia. E al suo fianco ad affrontarle c’è la Chiesa italiana, chiesa di popolo di cui la famiglia è la cellula. Sfide delineate a Matera alla quarta giornata della festa di Avvenire dal neo presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che prima ha dialogato con il direttore Marco Tarquinio sulla Chiesa italiana e quindi, la sera in piazza Duomo, è stato protagonista di un confronto su Giovani, Famiglia e Lavoro con il sottosegretario all’Istruzione Vito de Filippo, il presidente di Alleanza per le cooperative Rosario Altieri, il presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Lorusso e la presidente dei giovani dell’Alleanza internazionale per le cooperative Gabriela Buffa. Ha concluso monsignor Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza.

Bassetti ha parlato del lavoro che manca e ha richiamato a «rimboccarsi le maniche» rievocando la figura di don Lorenzo Milani. «I care, diceva don Milani, e questo vale ancora: mi sta a cuore, mi riguarda”. Ci riguardano i giovani che non hanno lavoro, ha detto Bassetto, ricordando i due italiani morti nel rogo della torre a Londra. «Questo è un Paese che non dà opportunità ai giovani di trovare un lavoro».

Le tre sfide della famiglia

“La prima sfida – ha detto – è esistenziale. Riguarda soprattutto le giovani generazioni. Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che formare una famiglia sia una cosa bella e che, soprattutto, sia possibile formare una relazione per sempre. D’altra parte, le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un contesto dove tutto viene consumato in modalità usa e getta”.

La seconda sfida è sociale e per il prelato tocca i ritmi della vita. Consiste “nel riuscire a rendere su misura per la famiglia una società sempre più complessa e logorante. Pensiamo, per esempio, a cosa significa per una famiglia vivere in una grande metropoli o, peggio, in una sua periferia. Ritmi di vita stressanti, distanze lunghe, tempi contingentati, mancanza di spazi, inquinamento, standardizzazione al ribasso del cibo. Oppure pensiamo alla dimensione lavorativa: a chi è sottoposto a tour de force inauditi e a chi invece non ha lavoro”.

E proprio la precarizzazione del lavoro per Bassetti “ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilità alla famiglia; i ritmi ossessivi lavorativi, invece, producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare alla famiglia; la mobilità sociale, invece, rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra le famiglie, tra nonni e figli”. Il problema più grande lo vive la donna, per il presidente dei vescovi italiani “racchiusa tra una maternità desiderata e un lavoro necessario che rischia di non comprendere più qual è il suo ruolo nella famiglia e nella società”.

La terza sfida si riferisce alla questione antropologica e alla difesa dell’umano. “Una sfida culturale e spirituale – ha sottolineato il cardinale – di grandissima portata che si deve basare sulla valorizzazione della dignità della persona umana. Una questione che oggi bisogna affrontare nelle scuole, nei luoghi di dibattito pubblico e persino in politica. Non è un caso che papa Francesco faccia riferimento continuamente all’umanità ferita alla Chiesa come ospedale da campo”.

Qui per Bassetti è opportuno ricordare una delle eredità del Sinodo sulla Famiglia, ovvero “una pastorale familiare ispirata allo sguardo del Buon Samaritano che, prima di tutto, vede la famiglia nella sua reale e concreta quotidianità senza lasciarsi illudere da una serie di formulazioni ideali o astratte. E poi, in secondo luogo, questo sguardo dà vita a una pastorale che, riuscendo a cogliere le ricchezze e le sofferenze delle famiglie moderne, si prefigge di accogliere, guarire e integrare uomini e donne di oggi all’interno della comunità ecclesiale”. Insomma occorre ripartire dal Sinodo perché nonostante tutte le difficoltà la famiglia continua ad essere la fonte di maggiore speranza per la società e la Chiesa italiana.

“Queste coppie che si promettono un amore «per sempre» – ha concluso – compiono un atto di eroismo incredibile. Forse è il più grande gesto controcorrente della società attuale”.

Festa di Avvenire / Confronto su famiglia, giovani e lavoro

Quarta giornata della Festa di Avvenire a Matera.

Alle 18 nella Sala degli Stemmi dell’Arcivescovado l’incontro con il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti su “La Chiesa d’Italia”. Dopo i saluti del direttore Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo, Bassetti è andato subito al tema, descrivendo una Chiesa di popolo, dove il legame tra fede religiosa e identità è ancora forte. Il cardinale ha tracciato le caratteristiche di una Chiesa in uscita, che ha le periferie nel suo raggio d’azione. Infine un affondo sulla famiglia e le tre sfide che l’attendono: esistenziale, con la difficoltà di pensarsi “per sempre”, sociale (precarizzazione del lavoro, ritmi di vita, spazi e tempi ridotti…) e antropologica, cioè di valori.

«Serve una pastorale familiare ispirata al Buon samaritano, una pastorale che guardi la famiglia nella sua reale quotidianità e che quindi si prefigga di accogliere, guarire, integrare, accompagnare… non per un momento ma per tutta la vita». Le coppie che si «promettono amore per sempre compiono un atto di grandezza incredibile davanti a Dio e alla società. Forse è il più grande atto controcorrente della società italiana».

Un pensiero a Charlie, invitando la platea a un momento di raccoglimento per il piccolo e per la famiglia. “Questa straziante vicenda tocca l’anima di ogni persona e non può lasciare nessuno nell’indifferenza. Ogni azione che pone fine a una vita è una falsa concezione della libertà. Ogni vita dall’inizio alla fine va accolta e difesa”.

Alle 21 segue, in piazza Duomo, un dibattito su “Famiglia, giovani e lavoro”.

Qui la diretta.

Festa di Avvenire / Bassetti: gli sposi sono i veri «controcorrente»

Quarta giornata della Festa di Avvenire a Matera.

Alle 18 nella Sala degli Stemmi dell’Arcivescovado l’incontro con il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti su “La Chiesa d’Italia”. Dopo i saluti del direttore Marco Tarquinio e dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo, Bassetti è andato subito al tema, descrivendo una Chiesa di popolo, dove il legame tra fede religiosa e identità è ancora forte. Il cardinale ha tracciato le caratteristiche di una Chiesa in uscita, che ha le periferie nel suo raggio d’azione. Infine un affondo sulla famiglia e le tre sfide che l’attendono: esistenziale, con la difficoltà di pensarsi “per sempre”, sociale (precarizzazione del lavoro, ritmi di vita, spazi e tempi ridotti…) e antropologica, cioè di valori.

«Serve una pastorale familiare ispirata al Buon samaritano, una pastorale che guardi la famiglia nella sua reale quotidianità e che quindi si prefigga di accogliere, guarire, integrare, accompagnare… non per un momento ma per tutta la vita». Le coppie che si «promettono amore per sempre compiono un atto di grandezza incredibile davanti a Dio e alla società. Forse è il più grande atto controcorrente della società italiana».

Un pensiero a Charlie, invitando la platea a un momento di raccoglimento per il piccolo e per la famiglia. “Questa straziante vicenda tocca l’anima di ogni persona e non può lasciare nessuno nell’indifferenza. Ogni azione che pone fine a una vita è una falsa concezione della libertà. Ogni vita dall’inizio alla fine va accolta e difesa”.

Alle 21 segue, in piazza Duomo, un dibattito su “Famiglia, giovani e lavoro”.

Qui la diretta.

Bassetti e le tre sfide della famiglia

Tre sfide attendono la famiglia in Italia. E al suo fianco ad affrontarle c’è la Chiesa italiana, chiesa di popolo di cui la famiglia è la cellula. Sfide delineate a Matera alla quarta giornata della festa di Avvenire dal neo presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che prima ha dialogato con il direttore Marco Tarquinio sulla Chiesa italiana e quindi, la sera in piazza Duomo, è stato protagonista di un confronto su Giovani, Famiglia e Lavoro con il sottosegretario all’Istruzione Vito de Filippo, il presidente di Alleanza per le cooperative Rosario Altieri, il presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Lorusso e la presidente dei giovani dell’Alleanza internazionale per le cooperative Gabriela Buffa. Ha concluso monsignor Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza.

Bassetti ha parlato del lavoro che manca e ha richiamato a «rimboccarsi le maniche» rievocando la figura di don Lorenzo Milani. «I care, diceva don Milani, e questo vale ancora: mi sta a cuore, mi riguarda”. Ci riguardano i giovani che non hanno lavoro, ha detto Bassetto, ricordando i due italiani morti nel rogo della torre a Londra. «Questo è un Paese che non dà opportunità ai giovani di trovare un lavoro».

Le tre sfide della famiglia

“La prima sfida – ha detto – è esistenziale. Riguarda soprattutto le giovani generazioni. Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che formare una famiglia sia una cosa bella e che, soprattutto, sia possibile formare una relazione per sempre. D’altra parte, le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un contesto dove tutto viene consumato in modalità usa e getta”.

La seconda sfida è sociale e per il prelato tocca i ritmi della vita. Consiste “nel riuscire a rendere su misura per la famiglia una società sempre più complessa e logorante. Pensiamo, per esempio, a cosa significa per una famiglia vivere in una grande metropoli o, peggio, in una sua periferia. Ritmi di vita stressanti, distanze lunghe, tempi contingentati, mancanza di spazi, inquinamento, standardizzazione al ribasso del cibo. Oppure pensiamo alla dimensione lavorativa: a chi è sottoposto a tour de force inauditi e a chi invece non ha lavoro”.

E proprio la precarizzazione del lavoro per Bassetti “ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilità alla famiglia; i ritmi ossessivi lavorativi, invece, producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare alla famiglia; la mobilità sociale, invece, rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra le famiglie, tra nonni e figli”. Il problema più grande lo vive la donna, per il presidente dei vescovi italiani “racchiusa tra una maternità desiderata e un lavoro necessario che rischia di non comprendere più qual è il suo ruolo nella famiglia e nella società”.

La terza sfida si riferisce alla questione antropologica e alla difesa dell’umano. “Una sfida culturale e spirituale – ha sottolineato il cardinale – di grandissima portata che si deve basare sulla valorizzazione della dignità della persona umana. Una questione che oggi bisogna affrontare nelle scuole, nei luoghi di dibattito pubblico e persino in politica. Non è un caso che papa Francesco faccia riferimento continuamente all’umanità ferita alla Chiesa come ospedale da campo”.

Qui per Bassetti è opportuno ricordare una delle eredità del Sinodo sulla Famiglia, ovvero “una pastorale familiare ispirata allo sguardo del Buon Samaritano che, prima di tutto, vede la famiglia nella sua reale e concreta quotidianità senza lasciarsi illudere da una serie di formulazioni ideali o astratte. E poi, in secondo luogo, questo sguardo dà vita a una pastorale che, riuscendo a cogliere le ricchezze e le sofferenze delle famiglie moderne, si prefigge di accogliere, guarire e integrare uomini e donne di oggi all’interno della comunità ecclesiale”. Insomma occorre ripartire dal Sinodo perché nonostante tutte le difficoltà la famiglia continua ad essere la fonte di maggiore speranza per la società e la Chiesa italiana.

“Queste coppie che si promettono un amore «per sempre» – ha concluso – compiono un atto di eroismo incredibile. Forse è il più grande gesto controcorrente della società attuale”.

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Bassetti e le tre sfide della famiglia

Tre sfide attendono la famiglia in Italia. E al suo fianco ad affrontarle c’è la Chiesa italiana, chiesa di popolo di cui la famiglia è la cellula. Sfide delineate a Matera alla quarta giornata della festa di Avvenire dal neo presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che prima ha dialogato con il direttore Marco Tarquinio sulla Chiesa italiana e quindi, la sera in piazza Duomo, è stato protagonista di un confronto su Giovani, Famiglia e Lavoro con il sottosegretario all’Istruzione Vito de Filippo, il presidente di Alleanza per le cooperative Rosario Altieri, il presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Lorusso e la presidente dei giovani dell’Alleanza internazionale per le cooperative Gabriela Buffa. Ha concluso monsignor Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza.

Bassetti ha parlato del lavoro che manca e ha richiamato a «rimboccarsi le maniche» rievocando la figura di don Lorenzo Milani. «I care, diceva don Milani, e questo vale ancora: mi sta a cuore, mi riguarda”. Ci riguardano i giovani che non hanno lavoro, ha detto Bassetto, ricordando i due italiani morti nel rogo della torre a Londra. «Questo è un Paese che non dà opportunità ai giovani di trovare un lavoro».

Le tre sfide della famiglia

“La prima sfida – ha detto – è esistenziale. Riguarda soprattutto le giovani generazioni. Spesso vedo molte coppie indugiare, dubbiose e incredule che formare una famiglia sia una cosa bella e che, soprattutto, sia possibile formare una relazione per sempre. D’altra parte, le donne e gli uomini di oggi sono cresciuti in un contesto dove tutto viene consumato in modalità usa e gettaâ€.

La seconda sfida è sociale e per il prelato tocca i ritmi della vita. Consiste “nel riuscire a rendere su misura per la famiglia una società sempre più complessa e logorante. Pensiamo, per esempio, a cosa significa per una famiglia vivere in una grande metropoli o, peggio, in una sua periferia. Ritmi di vita stressanti, distanze lunghe, tempi contingentati, mancanza di spazi, inquinamento, standardizzazione al ribasso del cibo. Oppure pensiamo alla dimensione lavorativa: a chi è sottoposto a tour de force inauditi e a chi invece non ha lavoroâ€.

E proprio la precarizzazione del lavoro per Bassetti “ferisce l’anima dei coniugi e impedisce di formare una base minima di stabilità alla famiglia; i ritmi ossessivi lavorativi, invece, producono una sorta di nevrosi sociale impedendo di avere del tempo da dedicare alla famiglia; la mobilità sociale, invece, rompe le tradizionali reti generazionali di mutua assistenza tra le famiglie, tra nonni e figliâ€. Il problema più grande lo vive la donna, per il presidente dei vescovi italiani “racchiusa tra una maternità desiderata e un lavoro necessario che rischia di non comprendere più qual è il suo ruolo nella famiglia e nella societàâ€.

La terza sfida si riferisce alla questione antropologica e alla difesa dell’umano. “Una sfida culturale e spirituale – ha sottolineato il cardinale – di grandissima portata che si deve basare sulla valorizzazione della dignità della persona umana. Una questione che oggi bisogna affrontare nelle scuole, nei luoghi di dibattito pubblico e persino in politica. Non è un caso che papa Francesco faccia riferimento continuamente all’umanità ferita alla Chiesa come ospedale da campoâ€.

Qui per Bassetti è opportuno ricordare una delle eredità del Sinodo sulla Famiglia, ovvero “una pastorale familiare ispirata allo sguardo del Buon Samaritano che, prima di tutto, vede la famiglia nella sua reale e concreta quotidianità senza lasciarsi illudere da una serie di formulazioni ideali o astratte. E poi, in secondo luogo, questo sguardo dà vita a una pastorale che, riuscendo a cogliere le ricchezze e le sofferenze delle famiglie moderne, si prefigge di accogliere, guarire e integrare uomini e donne di oggi all’interno della comunità ecclesialeâ€. Insomma occorre ripartire dal Sinodo perché nonostante tutte le difficoltà la famiglia continua ad essere la fonte di maggiore speranza per la società e la Chiesa italiana.

“Queste coppie che si promettono un amore «per sempre» – ha concluso – compiono un atto di eroismo incredibile. Forse è il più grande gesto controcorrente della società attualeâ€.

Festa di Avvenire, migranti: «Deroghe ai trattati. Serve solidarietà europea»

È giusto alleggerire la pressione sui porti italiani, ma non deve esser fatto sulla pelle dei più deboli. Il dibattito svoltosi ieri sera a Matera alla festa di Avvenire sui corridoi umanitari ha inevitabilmente toccato la richiesta italiana all’Ue di bloccare gli arrivi dei migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia negli scali italiani. Ne hanno discusso nella splendida cornice della festa del quotidiano in piazza Duomo due uomini che hanno avuto responsabilità di governo in tempi recenti su fronti opposti: l’ex premier Enrico Letta e Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia con Silvio Berlusconi, e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. L’incontro è stato concluso dal vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

Per Letta, primo ministro nei giorni della tragedia di Lampedusa e che – scosso dalla tragedia – ebbe l’intuizione di far partire l’operazione “Mare nostrum” la richiesta italiana va in una direzione comprensibile, data l’emergenza dei giorni scorsi. «Ma non devono farne le spese i più deboli». Tradotto, l’impegno italiano per salvare vite umane in mare non deve mai venire meno.«Anche perché – ha proseguito Letta – il problema vero rimane quello delle regole di Dublino che obbliga i profughi a presentare domanda di asilo allo Stato che per primo li accoglie. Se non scatta la solidarietà europea in questo senso, il quadro non cambierà. Il numero degli sbarchi e dei morti nel Mediterraneo centrale è cresciuto a causa della chiusura della rotta balcanica, il problema dell’accoglienza non deve restare sulle spalle dei Paesi di confine».

Per l’ex premier, dunque, l’impegno dei corridoi umanitari resta strategico. Per Letta occorre cambiare in fretta l’approccio europeo verso l’Africa. «Le cifre non lasciano dubbi, la popolazione africana è destinata a raddoppiare nei prossimi 30 anni, quella europea a diminuire e invecchiare ancor di più, a fronte di un quadro di cambiamenti climatici che potrebbe penalizzare il Sahel. Lo scenario geopolitico obbliga l’Unione a tentare di governare il fenomeno, altrimenti si rischia davvero un’invasione. Come? Spostando risorse in Africa e investendo per portarvi sviluppo. Le migrazioni – e sono d’accordo con il cardinale Parolin che lo ha ribadito di recente – non si fermerà se la politica europea non opererà per fermare la guerra contrastando traffici d’armi, corruzione e mutamenti del clima».

Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, chiede un alleggerimento per il nostro Paese. «In un tempo di emergenza come l’attuale sarebbe opportuno anche concedere alcune deroghe al Trattato di Dublino». E mentre si sta per chiudere la prima fase dell’operazione dei canali umanitari, condotta dalla Comunità con la Federazione delle chiese evangeliche italiani, con l’arrivo tra estate e autunno degli ultimi profughi siriani dai campi libanesi, lancia un appello. «Di fronte ai numerosissimi sbarchi degli ultimi giorni, chiediamo anche gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Francia e, nelle dovute proporzioni, anche Malta, di consentire almeno qualche approdo sulle loro coste».

Per Impagliazzo il modello dei corridoi umanitari è replicabile nella Ue. «Grazie all’ex presidente Hollande e ai vescovi francesi abbiamo concluso un accordo con Parigi per accogliere 500 profughi». Prossimo passo è il piccolo principato di Andorra, sui Pirenei. Mentre per la Germania, nonostante ci siano alcuni Laender disposti a partecipare, occorrerà attendere l’esito delle prossime elezioni. Ma entro fine anno sarà attivo il primo corridoio umanitario dall’Africa voluto dalla Cei e realizzato insieme a Sant’Egidio. Anche in questo caso saranno scelte 1.000 persone rifugiate in Etiopia dal Corno d’Africa privilegiando i casi più difficili.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

La festa di Avvenire a Matera / Il Mediterraneo e il Mondo che cambia

Terza serata della festa di Avvenire a Matera. Dopo “Chiesa e mondo” e “Lo sviluppo del Mezzogiorno”, questa sera tocca a “Il Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio”.

Ospiti d’eccezione in piazza Duomo: intervengono Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo.

Monique Leroux, presidente International Co-operative Alliance, manderà un videomessaggio. Conclude monsignor Giovanni Intini, vescovo di Tricarico.

Modera l’inviato di Avvenire Paolo Lambruschi.

Alle 21 la diretta su questo articolo.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

Festa di Avvenire, migranti: «Deroghe ai trattati. Serve solidarietà europea»

È giusto alleggerire la pressione sui porti italiani, ma non deve esser fatto sulla pelle dei più deboli. Il dibattito svoltosi ieri sera a Matera alla festa di Avvenire sui corridoi umanitari ha inevitabilmente toccato la richiesta italiana all’Ue di bloccare gli arrivi dei migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia negli scali italiani. Ne hanno discusso nella splendida cornice della festa del quotidiano in piazza Duomo due uomini che hanno avuto responsabilità di governo in tempi recenti su fronti opposti: l’ex premier Enrico Letta e Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia con Silvio Berlusconi, e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. L’incontro è stato concluso dal vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

Per Letta, primo ministro nei giorni della tragedia di Lampedusa e che – scosso dalla tragedia – ebbe l’intuizione di far partire l’operazione “Mare nostrum” la richiesta italiana va in una direzione comprensibile, data l’emergenza dei giorni scorsi. «Ma non devono farne le spese i più deboli». Tradotto, l’impegno italiano per salvare vite umane in mare non deve mai venire meno.«Anche perché – ha proseguito Letta – il problema vero rimane quello delle regole di Dublino che obbliga i profughi a presentare domanda di asilo allo Stato che per primo li accoglie. Se non scatta la solidarietà europea in questo senso, il quadro non cambierà. Il numero degli sbarchi e dei morti nel Mediterraneo centrale è cresciuto a causa della chiusura della rotta balcanica, il problema dell’accoglienza non deve restare sulle spalle dei Paesi di confine».

Per l’ex premier, dunque, l’impegno dei corridoi umanitari resta strategico. Per Letta occorre cambiare in fretta l’approccio europeo verso l’Africa. «Le cifre non lasciano dubbi, la popolazione africana è destinata a raddoppiare nei prossimi 30 anni, quella europea a diminuire e invecchiare ancor di più, a fronte di un quadro di cambiamenti climatici che potrebbe penalizzare il Sahel. Lo scenario geopolitico obbliga l’Unione a tentare di governare il fenomeno, altrimenti si rischia davvero un’invasione. Come? Spostando risorse in Africa e investendo per portarvi sviluppo. Le migrazioni – e sono d’accordo con il cardinale Parolin che lo ha ribadito di recente – non si fermerà se la politica europea non opererà per fermare la guerra contrastando traffici d’armi, corruzione e mutamenti del clima».

Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, chiede un alleggerimento per il nostro Paese. «In un tempo di emergenza come l’attuale sarebbe opportuno anche concedere alcune deroghe al Trattato di Dublino». E mentre si sta per chiudere la prima fase dell’operazione dei canali umanitari, condotta dalla Comunità con la Federazione delle chiese evangeliche italiani, con l’arrivo tra estate e autunno degli ultimi profughi siriani dai campi libanesi, lancia un appello. «Di fronte ai numerosissimi sbarchi degli ultimi giorni, chiediamo anche gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Francia e, nelle dovute proporzioni, anche Malta, di consentire almeno qualche approdo sulle loro coste».

Per Impagliazzo il modello dei corridoi umanitari è replicabile nella Ue. «Grazie all’ex presidente Hollande e ai vescovi francesi abbiamo concluso un accordo con Parigi per accogliere 500 profughi». Prossimo passo è il piccolo principato di Andorra, sui Pirenei. Mentre per la Germania, nonostante ci siano alcuni Laender disposti a partecipare, occorrerà attendere l’esito delle prossime elezioni. Ma entro fine anno sarà attivo il primo corridoio umanitario dall’Africa voluto dalla Cei e realizzato insieme a Sant’Egidio. Anche in questo caso saranno scelte 1.000 persone rifugiate in Etiopia dal Corno d’Africa privilegiando i casi più difficili.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

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Festa di Avvenire, migranti: «Deroghe ai trattati. Serve solidarietà europea»

È giusto alleggerire la pressione sui porti italiani, ma non deve esser fatto sulla pelle dei più deboli. Il dibattito svoltosi ieri sera a Matera alla festa di Avvenire sui corridoi umanitari ha inevitabilmente toccato la richiesta italiana all’Ue di bloccare gli arrivi dei migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia negli scali italiani. Ne hanno discusso nella splendida cornice della festa del quotidiano in piazza Duomo due uomini che hanno avuto responsabilità di governo in tempi recenti su fronti opposti: l’ex premier Enrico Letta e Giulio Tremonti, già ministro dell’Economia con Silvio Berlusconi, e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. L’incontro è stato concluso dal vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

Per Letta, primo ministro nei giorni della tragedia di Lampedusa e che – scosso dalla tragedia – ebbe l’intuizione di far partire l’operazione “Mare nostrum” la richiesta italiana va in una direzione comprensibile, data l’emergenza dei giorni scorsi. «Ma non devono farne le spese i più deboli». Tradotto, l’impegno italiano per salvare vite umane in mare non deve mai venire meno.«Anche perché – ha proseguito Letta – il problema vero rimane quello delle regole di Dublino che obbliga i profughi a presentare domanda di asilo allo Stato che per primo li accoglie. Se non scatta la solidarietà europea in questo senso, il quadro non cambierà. Il numero degli sbarchi e dei morti nel Mediterraneo centrale è cresciuto a causa della chiusura della rotta balcanica, il problema dell’accoglienza non deve restare sulle spalle dei Paesi di confine».

Per l’ex premier, dunque, l’impegno dei corridoi umanitari resta strategico. Per Letta occorre cambiare in fretta l’approccio europeo verso l’Africa. «Le cifre non lasciano dubbi, la popolazione africana è destinata a raddoppiare nei prossimi 30 anni, quella europea a diminuire e invecchiare ancor di più, a fronte di un quadro di cambiamenti climatici che potrebbe penalizzare il Sahel. Lo scenario geopolitico obbliga l’Unione a tentare di governare il fenomeno, altrimenti si rischia davvero un’invasione. Come? Spostando risorse in Africa e investendo per portarvi sviluppo. Le migrazioni – e sono d’accordo con il cardinale Parolin che lo ha ribadito di recente – non si fermerà se la politica europea non opererà per fermare la guerra contrastando traffici d’armi, corruzione e mutamenti del clima».

Anche Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, chiede un alleggerimento per il nostro Paese. «In un tempo di emergenza come l’attuale sarebbe opportuno anche concedere alcune deroghe al Trattato di Dublino». E mentre si sta per chiudere la prima fase dell’operazione dei canali umanitari, condotta dalla Comunità con la Federazione delle chiese evangeliche italiani, con l’arrivo tra estate e autunno degli ultimi profughi siriani dai campi libanesi, lancia un appello. «Di fronte ai numerosissimi sbarchi degli ultimi giorni, chiediamo anche gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Francia e, nelle dovute proporzioni, anche Malta, di consentire almeno qualche approdo sulle loro coste».

Per Impagliazzo il modello dei corridoi umanitari è replicabile nella Ue. «Grazie all’ex presidente Hollande e ai vescovi francesi abbiamo concluso un accordo con Parigi per accogliere 500 profughi». Prossimo passo è il piccolo principato di Andorra, sui Pirenei. Mentre per la Germania, nonostante ci siano alcuni Laender disposti a partecipare, occorrerà attendere l’esito delle prossime elezioni. Ma entro fine anno sarà attivo il primo corridoio umanitario dall’Africa voluto dalla Cei e realizzato insieme a Sant’Egidio. Anche in questo caso saranno scelte 1.000 persone rifugiate in Etiopia dal Corno d’Africa privilegiando i casi più difficili.

LA PRIMA SERATA: CHIESA E MONDO

LA SECONDA SERATA: LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO

IL PROGRAMMA

La festa di Avvenire a Matera / Lo sviluppo del Sud, senza mafie

Nella seconda serata della festa di Avvenire a Matera, il tema è “Lo sviluppo del Mezzogiorno”. Dopo l’introduzione di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II a Matera, da cui venne un forte incoraggiamento a proseguire nella rinascita civile, culturale e sociale della città. Dopo il saluto del direttore Marco Tarquinio, ha preso la parola Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, che ha offerto la sua riflessione.

Lo sviluppo del Mezzogiorno

«In Italia si discute molto di prescrizione ma non del motivo per il quale negli armadi dei pubblici ministeri i fascicoli stanno fermi anni; ma è lì che bisogna intervenire». Non si lascia pregare il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, quando i giornalisti che prendono parte alla seconda serata della Festa di Avvenire, a Matera sul tema dello sviluppo del Mezzogiorno, gli chiedono cosa deve fare il Parlamento per migliorare le condizioni di chi lavora in prima linea, come lui, contro le mafie: «Abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo – dice –, soprattutto in materia di custodia e prevenzione, ma il Parlamento può fare tanto di più soprattutto sul piano normativo: per esempio utilizzando l’informatica nel processo penale con la conseguenza di abbattere tempi e costi del processo oltre che il potere discrezionale dell’uomo. È solo un esempio, ma ci aiuterebbe non poco». Poi Gratteri sottolinea anche come «la Chiesa, in Calabria, soprattutto negli ultimi anni, stia facendo molto contro le mafie e in modo netto. Occorre il concorso di tutti e quello della Chiesa è fondamentale in questa lotta».

D’altra parte non può esserci sviluppo del Sud senza un affrancamento dal potere delle mafie. Lo ribadisce il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, per il quale «il Sud ha bisogno di legalità, rispetto delle regole, buona amministrazione e amore per i nostri luoghi; le risorse finanziarie prive dei fattori di contesto, caratterizzati da legalità e buona amministrazione – incalza Bubbico –, producono un effetto perverso».

Commentando le parole di Gratteri, il viceministro sottolinea che «il Sud deve avere una pubblica amministrazione che funzioni e in questo contesto un peso rilevante va attribuito alla giustizia; il Sud può crescere e svilupparsi se l’amministrazione giudiziaria saprà essere efficiente e per questo occorrono uomini e mezzi e una coerente azione tesa a sconfiggere ogni forma di illegalità e ogni forma di organizzazione criminale». Poi, sul petrolio, abbondante risorsa della Basilicata ma sempre al centro di polemiche legate ai rischi del suo sfruttamento, Bubbico osserva che «le risorse naturali devono essere messe a disposizione del Paese ma nel rispetto dei principi di precauzione definiti a livello comunitario, che significa tutela della salute dei cittadini e salvaguardia dell’ambiente».

Puntano al riscatto culturale quale chiave più evoluta e strategica di sviluppo del Mezzogiorno gli amministratori: il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e, in videoconferenza, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, fresco di rielezione e pronto a guidare la sua città quale Capitale italiana della cultura 2018. «Per noi la cultura è un investimento per 365 giorni all’anno – evidenzia Emiliano –. La cultura genera economia, sviluppo e qualità della vita. In Puglia sono oltre 30.000 le imprese del settore che producono il 4,2%. Siamo a Matera non a caso, e crediamo molto nell’appuntamento del 2019 quando la città dei Sassi sarà Capitale europea della cultura».

Le parole dell’amministratore apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco, a conclusione della serata, introducono già la terza giornata della Festa in programma mercoledì sera (IL PROGRAMMA), quando sul palco di piazza Duomo, sul tema del fenomeno migratorio, saliranno Enrico Letta, Giulio Tremonti, Marco Impagliazzo e il vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

La prima serata: Chiesa e Mondo

La festa di Avvenire a Matera / Lo sviluppo del Sud, senza mafie

Nella seconda serata della festa di Avvenire a Matera, il tema è “Lo sviluppo del Mezzogiorno”. Dopo l’introduzione di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II a Matera, da cui venne un forte incoraggiamento a proseguire nella rinascita civile, culturale e sociale della città. Dopo il saluto del direttore Marco Tarquinio, ha preso la parola Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, che ha offerto la sua riflessione.

Lo sviluppo del Mezzogiorno

«In Italia si discute molto di prescrizione ma non del motivo per il quale negli armadi dei pubblici ministeri i fascicoli stanno fermi anni; ma è lì che bisogna intervenire». Non si lascia pregare il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, quando i giornalisti che prendono parte alla seconda serata della Festa di Avvenire, a Matera sul tema dello sviluppo del Mezzogiorno, gli chiedono cosa deve fare il Parlamento per migliorare le condizioni di chi lavora in prima linea, come lui, contro le mafie: «Abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo – dice –, soprattutto in materia di custodia e prevenzione, ma il Parlamento può fare tanto di più soprattutto sul piano normativo: per esempio utilizzando l’informatica nel processo penale con la conseguenza di abbattere tempi e costi del processo oltre che il potere discrezionale dell’uomo. È solo un esempio, ma ci aiuterebbe non poco». Poi Gratteri sottolinea anche come «la Chiesa, in Calabria, soprattutto negli ultimi anni, stia facendo molto contro le mafie e in modo netto. Occorre il concorso di tutti e quello della Chiesa è fondamentale in questa lotta».

D’altra parte non può esserci sviluppo del Sud senza un affrancamento dal potere delle mafie. Lo ribadisce il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, per il quale «il Sud ha bisogno di legalità, rispetto delle regole, buona amministrazione e amore per i nostri luoghi; le risorse finanziarie prive dei fattori di contesto, caratterizzati da legalità e buona amministrazione – incalza Bubbico –, producono un effetto perverso».

Commentando le parole di Gratteri, il viceministro sottolinea che «il Sud deve avere una pubblica amministrazione che funzioni e in questo contesto un peso rilevante va attribuito alla giustizia; il Sud può crescere e svilupparsi se l’amministrazione giudiziaria saprà essere efficiente e per questo occorrono uomini e mezzi e una coerente azione tesa a sconfiggere ogni forma di illegalità e ogni forma di organizzazione criminale». Poi, sul petrolio, abbondante risorsa della Basilicata ma sempre al centro di polemiche legate ai rischi del suo sfruttamento, Bubbico osserva che «le risorse naturali devono essere messe a disposizione del Paese ma nel rispetto dei principi di precauzione definiti a livello comunitario, che significa tutela della salute dei cittadini e salvaguardia dell’ambiente».

Puntano al riscatto culturale quale chiave più evoluta e strategica di sviluppo del Mezzogiorno gli amministratori: il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e, in videoconferenza, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, fresco di rielezione e pronto a guidare la sua città quale Capitale italiana della cultura 2018. «Per noi la cultura è un investimento per 365 giorni all’anno – evidenzia Emiliano –. La cultura genera economia, sviluppo e qualità della vita. In Puglia sono oltre 30.000 le imprese del settore che producono il 4,2%. Siamo a Matera non a caso, e crediamo molto nell’appuntamento del 2019 quando la città dei Sassi sarà Capitale europea della cultura».

Le parole dell’amministratore apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco, a conclusione della serata, introducono già la terza giornata della Festa in programma mercoledì sera (IL PROGRAMMA), quando sul palco di piazza Duomo, sul tema del fenomeno migratorio, saliranno Enrico Letta, Giulio Tremonti, Marco Impagliazzo e il vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

La prima serata: Chiesa e Mondo

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La festa di Avvenire a Matera / Lo sviluppo del Sud, senza mafie

Nella seconda serata della festa di Avvenire a Matera, il tema è “Lo sviluppo del Mezzogiorno”. Dopo l’introduzione di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II a Matera, da cui venne un forte incoraggiamento a proseguire nella rinascita civile, culturale e sociale della città. Dopo il saluto del direttore Marco Tarquinio, ha preso la parola Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, che ha offerto la sua riflessione.

Lo sviluppo del Mezzogiorno

«In Italia si discute molto di prescrizione ma non del motivo per il quale negli armadi dei pubblici ministeri i fascicoli stanno fermi anni; ma è lì che bisogna intervenire». Non si lascia pregare il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, quando i giornalisti che prendono parte alla seconda serata della Festa di Avvenire, a Matera sul tema dello sviluppo del Mezzogiorno, gli chiedono cosa deve fare il Parlamento per migliorare le condizioni di chi lavora in prima linea, come lui, contro le mafie: «Abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo – dice –, soprattutto in materia di custodia e prevenzione, ma il Parlamento può fare tanto di più soprattutto sul piano normativo: per esempio utilizzando l’informatica nel processo penale con la conseguenza di abbattere tempi e costi del processo oltre che il potere discrezionale dell’uomo. È solo un esempio, ma ci aiuterebbe non poco». Poi Gratteri sottolinea anche come «la Chiesa, in Calabria, soprattutto negli ultimi anni, stia facendo molto contro le mafie e in modo netto. Occorre il concorso di tutti e quello della Chiesa è fondamentale in questa lotta».

D’altra parte non può esserci sviluppo del Sud senza un affrancamento dal potere delle mafie. Lo ribadisce il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, per il quale «il Sud ha bisogno di legalità, rispetto delle regole, buona amministrazione e amore per i nostri luoghi; le risorse finanziarie prive dei fattori di contesto, caratterizzati da legalità e buona amministrazione – incalza Bubbico –, producono un effetto perverso».

Commentando le parole di Gratteri, il viceministro sottolinea che «il Sud deve avere una pubblica amministrazione che funzioni e in questo contesto un peso rilevante va attribuito alla giustizia; il Sud può crescere e svilupparsi se l’amministrazione giudiziaria saprà essere efficiente e per questo occorrono uomini e mezzi e una coerente azione tesa a sconfiggere ogni forma di illegalità e ogni forma di organizzazione criminale». Poi, sul petrolio, abbondante risorsa della Basilicata ma sempre al centro di polemiche legate ai rischi del suo sfruttamento, Bubbico osserva che «le risorse naturali devono essere messe a disposizione del Paese ma nel rispetto dei principi di precauzione definiti a livello comunitario, che significa tutela della salute dei cittadini e salvaguardia dell’ambiente».

Puntano al riscatto culturale quale chiave più evoluta e strategica di sviluppo del Mezzogiorno gli amministratori: il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e, in videoconferenza, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, fresco di rielezione e pronto a guidare la sua città quale Capitale italiana della cultura 2018. «Per noi la cultura è un investimento per 365 giorni all’anno – evidenzia Emiliano –. La cultura genera economia, sviluppo e qualità della vita. In Puglia sono oltre 30.000 le imprese del settore che producono il 4,2%. Siamo a Matera non a caso, e crediamo molto nell’appuntamento del 2019 quando la città dei Sassi sarà Capitale europea della cultura».

Le parole dell’amministratore apostolico di Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco, a conclusione della serata, introducono già la terza giornata della Festa in programma mercoledì sera (IL PROGRAMMA), quando sul palco di piazza Duomo, sul tema del fenomeno migratorio, saliranno Enrico Letta, Giulio Tremonti, Marco Impagliazzo e il vescovo di Tricarico, Giovanni Intini.

La prima serata: Chiesa e Mondo

Galantino: la Chiesa e il mondo, no alle semplificazioni

Pubblichiamo l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla prima giornata della Festa di Avvenire in corso a Matera fino al 1 luglio.

0. Premessa

Aggiungendo “fra ottimismo illusorio e tentazioni di chiusura” al titolo generale della serata (“Chiesa-mondo”), ho voluto specificare l’angolo visuale dal quale cerco di pormi. Mi sembra infatti che – non da ora, ma a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II – nel dialogo/rapporto della Chiesa con il mondo stia succedendo proprio questo: una evidente polarizzazione tra chi auspicaquesto rapporto con grande ottimismo e chi vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria. La parte meno nobile di questa polarizzazione la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “cura da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”!

In questo momento non mi interessa dare valutazioni su questo fenomeno. Mi limito a dire che questi atteggiamenti e atteggiamenti speculari a questi sono il frutto dell’irrisolto tema del rapporto Chiesa-mondo. E irrisolto rimarrà, questo rapporto, finché non si avrà la pazienza di riflettere un po’ su un tema articolato e che presenta la sua complessità!

Purtroppo vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni. All’origine di tutto vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza.

Ripeto. Quello che oggi finisce sul web non è nuovo. È solo la enfatizzazione del clima che, in maniera diversa, si è cominciato a respirare già a ridosso del Concilio Vaticano II. Un clima segnato da due atteggiamenti difficilmente conciliabili: da una parte, l’ottimismo – per certi versi “illusorio” – e, dall’altra, gli atteggiamenti di chiusura, divenuti talvolta vere e proprie …fughe all’indietro, scelte di rifiuto assoluto di dialogo della Chiesa col mondo.

In verità, questi due atteggiamenti hanno riguardato l’approccio a tutto il Concilio. Lo ha ricordato con grande lucidità Papa Benedetto XVI, il 22 Dicembre 2005, nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.

In fin dei conti, l’ottimismo acritico e gli atteggiamenti di chiusura hanno raggiunto un solo risultato: hanno allontanato la possibilità di giungere al cuore del messaggio conciliare, finendo talvolta per falsarne le intenzioni di fondo. E, ancora più immediatamente, estremizzando posizioni basate solo, come dicevo, su una ridotta conoscenza di cose e persone.

L’evidente impasse, che si è creata tra le “due opposte ermeneutiche”, come le ha chiamate papa Benedetto, e, di conseguenza, il contrasto tra i diversi atteggiamenti assunti nella pratica, non si superano polarizzando le une e gli altri. É necessaria invece, come ha affermato lo stesso Papa Benedetto, una «nuova riflessione […] e una comprensione consapevole della verità espressa»dal Concilio e dallo stesso Vangelo di Gesù.

L’auspicata «comprensione consapevole» si basa su due indispensabili premesse. La prima riguarda i significati del termine “mondo”; e la seconda è una lettura, seppure veloce del rapporto Chiesa-mondo, come si è sviluppato lungo la storia.

1. «Mondo»: un termine polisemantico per le scienze umane e per la tradizione cristiana

“Dialogo con il mondo”. Ma di quale “mondo” stiamo parlando, dal momento che non v’è alcun dubbio sulla polisemanticità del termine “mondo”; una polisemanticità registrata sia dalle cosiddette scienze umane sia dalla tradizione cristiana e della quale lo stesso Concilio ha tenuto conto sin dalle prime battute della Gaudium et spes (2b)?

A) Scienze umane

In senso cosmologico, per “mondo” si intende il quadro naturale all’interno del quale si sviluppa l’esistenza umana; distinto dall’uomo e tale da porsi di fronte a lui come oggetto di ammirazione, di utilizzazione o di violenza

Dal punto di vista storico, il “mondo” è il teatro globale dell’attività umana, con le sue persone, i suoi avvenimenti e le sue situazioni. In questo senso, la storia del mondo coincide con la storia dell’umanità

In ambito sociologico, il “mondo” è un particolare e significativo insieme di fatti ed espressioni appartenenti ad un dato momento della storia e della società; si parla, in questo senso, di “mondo medioevale”, “mondo moderno” ecc.

Dal punto di vista antropologico, per “mondo” si intende l’universo globale dei valori umani riconosciuti come costitutivi del progetto e della identità dell’uomo.

B. Nella tradizione cristiana, il «mondo» è presente come

creazione di Dio, cioè come totalità del reale e come manifestazione della potenza e della generosità creatrice di Dio; nel mondo così inteso l’uomo occupa un posto privilegiato (Rm 8,20-30); e con l’uomo anche il “mondo” è chiamato da Dio alla salvezza e a un destino assoluto (Gv 3,16-17).

l’insieme delle forze anti-Regno; è quello che l’evangelista Giovanni chiama mondo dell’iniquità: è il mondo che rifiuta laredenzione (Gv 14,17.17,9;1Gv 2,15-17)

“Mondo”, per Giovanni, è anche una fase storica del progetto di Dio, è il tempo provvisorio della prova: “Vi dico queste cose mentre sono ancora presente in questo mondo” ( Gv 17,13).

E, per ultimo, ricordiamo il modo in cui del “mondo” ha parlato Paolo VI a Betlemme, il 6 gennaio 1964, affermando: «Per mondo noi intendiamo designare tutti coloro che guardano al cristianesimo, come dal di fuori, sia che lo siano effettivamente sia che si sentano stranieri nei suoi confronti». “Mondo”, quindi, in riferimento a tutto ciò che nella storia umana sussiste globalmente in una situazione di esteriorità in rapporto alla Chiesa visibile. Esteriorità che non è necessariamente ostilità o rifiuto, ma che si sente impegnato a realizzare un progetto umano che non coincide o non coincide ancora con quello di cui la Chiesa è espressione

Tra le accezioni qui ricordate, quella che più spesso si incontra nella Gaudium et spes è la concezione antropologica di “mondo”, che abbiamo ritrovato presente tra i significati presenti nelle scienze umane. E’ questo d’altra parte il senso che gli dà la Costituzione conciliare al n. 2, quando afferma : «Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famigliaumana […che] reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie».

2. La storia del rapporto Chiesa-mondo.

Per cogliere fino in fondo il messaggio della Gs sul tema specifico del rapporto Chiesa-mondo non basta però una corretta impostazione terminologica; é necessario ripercorrere, anche se solo per cenni, la storia dei rapporti tra la Chiesa ed il mondo, sia a livello di teorizzazioni esplicite sia in riferimento al modo in cui concretamente questi rapporti sono stati vissuti.

Ripercorrerli aiuta a scoprire quanto di positivo c’è stato e va salvato nella coscienza e nello stile cristiano, ma anche le rotture e le novità che lo spirito del Concilio ha introdotto per una fedeltà più integrale al Vangelo .

Nell’antichità, il problema del rapporto Chiesa–mondo si pone evidentemente solo in termini analogici: non c’è una Chiesa ma c’è un mondo religioso ed un mondo politico. Sono due mondi che vivono un rapporto di compenetrazione. “Questacompenetrazione è per l’uomo antico un modello ovvio del pensare e del sentire, in quanto egli vive in un mondo nel quale gli dèi e lo stato si appartengono vicendevolmente in maniera costitutiva e nel quale è impossibile che esista uno stato senza dio e una divinità senza stato” . In altri termini, nell’antichità è pacifica la identificazione del fatto politico con quello religioso, derivante a sua volta, da una concezione immanentistica del religioso col politico

I primi secoli cristiani presentano elementi per verificare la natura del rapporto Chiesa-mondo in maniera diretta e non solo in un modo analogico. Con la sua concezione trascendente di Dio, il cristianesimo mette in crisi la identificazione tra il politico ed ilreligioso, arrivando ad assumere atteggiamenti che sanno di sfida aperta, ad esempio, attraverso il rifiuto di prestare all’imperatore quegli onori che sono invece dovuti a Dio solo.

Ben presto si stabiliscono – ricordiamo l’opera di Giustino – contatti positivi con la cultura filosofica.; anche se la prospettiva e l’atteggiamento nei confronti del mondo rimangono comunque di tipo apologetico , nel senso che la Chiesa si riconosce inserita nel mondo e l’ama pure, il mondo però rimane provvisorio, caduco e sostanzialmente cattivo. Esso esiste solo per essere salvato dal Vangelo di Cristo. Per quanto riguarda il rapporto Chiesa-mondo, la Chiesa non vede la possibilità di riconoscere al mondo un valore ed una consistenza propri, premesse indispensabili per un rapporto di tipo dialogico.

* Su queste basi nasce il periodo meglio conosciuto come «tempo della cristianità». E’ il periodo in cui la Chiesa assorbe così bene il mondo da non farlo esistere più che come “mondo cristiano”. È il periodo in cui la Chiesa suscita ed orienta la cultura, l’arte, la riflessione, la politica, i divertimenti. La Chiesa prende il monopolio dell’umano, tanto che niente di umano ha diritto all’esistenza, se non in quanto lo riceve dalle istituzioni cristiane o ecclesiastiche. E’ il periodo in cui il cristianesimo rischia terribilmente didivenire una «ideologia» – fino a pretendere di doversi pronunciare su tutto – limitando il libero svolgimento dell’esistenza umana nella sua dimensione profana, per sacralizzarlo con riti, istituzioni e interdetti.

I buoni risultati raggiunti, in questo periodo, non possono far dimenticare il prezzo pagato in termini di confusione di metodi, talvolta, addirittura sospetti. Non mancano comunque in questo periodo tentativi seri,anche se limitati, di incontri col mondo, basta ricordare San Tommaso D’Aquino

* Frutto di evidenti disagi (siamo alla fine del XV secolo) sorti in questo periodo, il mondo moderno rivendica la sua autonomia nei confronti del mondo della «cristianità». A quest’ultimo vengono mossi due rimproveri: l’insufficiente rispetto per l’uomo e per il progetto umanistico ed una scarsa coerenza, malgrado le apparenze, col messaggio evangelico. Ma quello che più conta è che, grazie alle nuove scoperte, si va costituendo progressivamente un nuovo universo di valori. Le nuove idee che guidano questa sorta di riscatto del mondo dalla Chiesa si cristallizzano in altrettanti valori che si fanno strada nella coscienza del mondo moderno: si pensa sempre di più in termini di libertà, progresso, evoluzione, critica, ragione, indipendenza, laicità, libero pensiero, coscienza, fraternità ecc….

Con il crescere del consenso intorno a questo nuovo universo di valori, si fa anche strada un drammatico malinteso: mentre il mondo si presenta come fautore di questi valori, la Chiesa appare sempre più impegnata a metter in rilievo i limiti di queste prospettive, quando non si trova addirittura a denunziarne la negativa pericolosità.

Il malinteso cominciato agli inizi del mondo moderno dura così da più di tre secoli ormai; e c’è da dire che non ne siamo ancora totalmente liberi. Da quello stesso malinteso nacque uno strano comportamento, che può essere così descritto: a misura che il mondo moderno acquistava sicurezza, la Chiesa si aggrappava alla difesa del mondo di ieri e lo faceva difendendo i cristiani contro le nuove correnti e condannando le idee moderne. Se in alcuni casi, questo voleva realmente dire difesa della Rivelazione, in altri casi risultava più difficile cogliere il senso di certe preoccupazioni. L’opposizione si sviluppò soprattutto nei confronti del razionalismo scientifico e filosofico, delle idee nate con la Rivoluzione francese, del socialismo, della democrazia e delle libertà sociali. Col risultato che più ci si opponeva, più la modernità conquistava il mondo e si affermava al di fuori di ogni legame con la Chiesa.

Sintomatico di questo malinteso e dei risultati negativi cui esso condusse è, per quanto riguarda la Chiesa, l’ultima proposizione del Sillabo (1864), nella quale si condannano i cattolici i quali sostengono che: «il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna». C’è da notare comunque che contemporaneamente, nella Chiesa, esistono voci meno negative, anzi orientate nella giusta direzione. Dopo la pubblicazione del Sillabo e dell’enciclica Quanta cura, l’arcivescovo di Parigi, mons. Darboy, scrive a Pio IX: «Voi avete segnalato e condannato i principali errori della nostra epoca. Volgete ora gli occhi a ciò che in essa può esservi di onorevole e buono, e sostenetela nei suoi sforzi generosi… sta a voi riconciliare la ragione con la fede, la libertà con l’autorità» .

In estrema sintesi, si può dire che in questo periodo, a una Chiesa che si dà da fare per svalorizzare il mondo e frenarne il movimento, risponde un mondo impegnato a svalutare e a delegittimare la Chiesa, soprattutto sul piano culturale.

Nunzio Galantino

Segretario generale della CEI

Vescovo emerito di Cassano all’Jonio

Caiazzo: da Matera un messaggio di riscatto civile e spirituale

Pubblichiamo l’introduzione dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo alla prima giornata della Festa di Avvenire, promossa dall’arcidiocesi.

IL PROGRAMMA

Da Lerici a Matera. Dal luglio del 1976 al giugno 2017. Son passati 41 anni, otto feste di Avvenire. Tocca alla nostra città di Matera ospitare questa festa dal più alto e squisito timbro culturale attraverso una serie di incontri e numerosi eventi, con l’apporto di importanti personalità del mondo politico, religioso, sociale e dell’imprenditoria. Mi piace riprendere una frase di San Giovanni Paolo II che definisce la cultura in questi termini: «Cultura è ciò per cui l’uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo».

Vorrei anche ricordare le parole di papa Francesco, intervenendo al Convegno ecclesiale di Firenze, che disse: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, sidisorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».

Diamo inizio a questi nostri incontri, con la presenza del Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, che interverrà sul tema “Chiesa e mondo” e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato. Da Matera, patrimonio Unesco che si proietta verso il 2019 quale Capitale europea della cultura, come Chiesa Cattolica focalizziamo l’umanità intera. È quanto indefinitiva, fin dalle prime battute, dice il Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Sembra di sentire la voce di papa Francesco eppure è stato detto il 7 dicembre del 1965 dai Padri Conciliari. Questa è stata la missione della Chiesa da sempre, la stessa che oggi guida papa Francesco e che ci ricorda: «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente».

È alla luce di queste considerazioni che sento di ringraziare il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, con il quale abbiamo iniziato a parlare di questo evento nel maggio dello scorso anno (dopo poco più di un mese dal mio arrivo nella città dei Sassi) con la collaborazione indispensabile del fondatore di Auxilium, Angelo Chiorazzo e l’apporto del giornalista materano Vito Salinaro.

I primi di dicembre, nelle redazione di Avvenire a Milano, abbiamo concretizzato il programma tematico con il direttore generale del nostro quotidiano cattolico, Paolo Nusiner che ringrazio e saluto insieme a tutti i giornalisti di Avvenire qui convenuti.

Auguro che da questo scenario meraviglioso e unico di Matera possa arrivare a tutti un messaggio di riscatto civile e sociale, culturale e umano, spirituale e mariano: non a caso quest’evento ho voluto che si celebrasse all’interno della festa della Madonna della Bruna. Matera, tra le tante belle definizioni attribuitele, ne ha una in particolare, della quale andiamo orgogliosi: è la città di Maria. Sotto il suo sguardo materno e la sua protezione diamo inizio a queste cinque serate.

* Arcivescovo di Matera – Irsina

La Chiesa e il mondo: «No alle semplificazioni»

Nel rapporto tra Chiesa e mondo bisogna evitare una fuorviante polarizzazione. Da un lato «l’ottimismo illusorio» di chi lo auspica acriticamente. Dall’altro «le tentazioni di chiusura» di chi invece «vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria». È stato il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, a ricordarlo lunedì sera aprendo a Matera la festa di Avvenire, la prima organizzata, su iniziativa della diocesi di Matera-Irsina (e con il supporto di Cooperativa Auxilium, Bawer e Bcc di Alberobello e San Michele di Bari), nella città che nel 2019 sarà Capitale europea della cultura.

Davanti allo scenario illuminato dei sassi, simbolo di una storia cristiana che continua ad attrarre l’interesse dei contemporanei, Galantino ha messo in guardia dagli «opposti estremismi, che hanno cominciato a manifestarsi già a partire dal Concilio». «La parte meno nobile di questa polarizzazione – ha aggiunto il vescovo – la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “curva da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”».

IL DISCORSO INTEGRALE DI MONSIGNOR GALANTINO

Qual è dunque il giusto atteggiamento? Per prima cosa, ha risposto Galantino, prendere coscienza della complessità dei problemi. «Purtroppo – ha fatto notare – vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni». In secondo luogo, ha proseguito, «vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza». Il segretario della Cei ha citato a tal proposito il discorso di Benedetto XVI del 2005 alla Curia Romana, in cui il Papa ora emerito parlava delle due «opposte ermeneutiche» del Concilio e ha invocato «una comprensione consapevole della verità espressa dal Concilio stesso e dal Vangelo».

Un appello, il suo, che è stato prontamente raccolto dall’arcivescovo di Matera-Irsina, monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, nella sua introduzione alla serata e poi sviluppato nel dibattito svoltosi nella piazza attigua alla Cattedrale concluso dal vescovo di Tursi-Lagonegro, Vincenzo Carmine Orofino.

Per padre Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi, proprio l’esempio di un Papa che ha preso il nome del Poverello deve spingerci a riscoprire la sua lezione. «San Francesco – ha ricordato – cambiò il paradigma del rapporto Chiesa-mondo, uscendo dal chiostro, anzi considerando chiostro tutto il mondo, il che significava essere fratello di ogni uomo, compresi i lebbrosi, cioè gli esclusi, che non mancano certo anche nella nostra epoca».

La festa di Avvenire a Matera proseguirà fino a sabato (IL PROGRAMMA). «Siamo una realtà – ha detto il direttore Marco Tarquinio nel suo saluto iniziale – che ha la testa al nord, perché il quotidiano cattolico è stato fondato là, ma il cuore si estende progressivamente al Sud. Ed eventi come questo lo testimoniano».

In occasione della festa di Matera, trasmessa in streaming su www.avvenire.it viene lanciata anche la nuova app “Festa di Avvenire”, scaricabile gratuitamente dagli app store sia di android che di Apple. Aggiornamenti in tempo reale su tutte le feste diAvvenire in programma questa estate.

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La Chiesa e il mondo: «No alle semplificazioni»

Nel rapporto tra Chiesa e mondo bisogna evitare una fuorviante polarizzazione. Da un lato «l’ottimismo illusorio» di chi lo auspica acriticamente. Dall’altro «le tentazioni di chiusura» di chi invece «vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria». È stato il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, a ricordarlo lunedì sera aprendo a Matera la festa di Avvenire, la prima organizzata, su iniziativa della diocesi di Matera-Irsina (e con il supporto di Cooperativa Auxilium, Bawer e Bcc di Alberobello e San Michele di Bari), nella città che nel 2019 sarà Capitale europea della cultura.

Davanti allo scenario illuminato dei sassi, simbolo di una storia cristiana che continua ad attrarre l’interesse dei contemporanei, Galantino ha messo in guardia dagli «opposti estremismi, che hanno cominciato a manifestarsi già a partire dal Concilio». «La parte meno nobile di questa polarizzazione – ha aggiunto il vescovo – la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “curva da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”».

IL DISCORSO INTEGRALE DI MONSIGNOR GALANTINO

Qual è dunque il giusto atteggiamento? Per prima cosa, ha risposto Galantino, prendere coscienza della complessità dei problemi. «Purtroppo – ha fatto notare – vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni». In secondo luogo, ha proseguito, «vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza». Il segretario della Cei ha citato a tal proposito il discorso di Benedetto XVI del 2005 alla Curia Romana, in cui il Papa ora emerito parlava delle due «opposte ermeneutiche» del Concilio e ha invocato «una comprensione consapevole della verità espressa dal Concilio stesso e dal Vangelo».

Un appello, il suo, che è stato prontamente raccolto dall’arcivescovo di Matera-Irsina, monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, nella sua introduzione alla serata e poi sviluppato nel dibattito svoltosi nella piazza attigua alla Cattedrale concluso dal vescovo di Tursi-Lagonegro, Vincenzo Carmine Orofino.

Per padre Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi, proprio l’esempio di un Papa che ha preso il nome del Poverello deve spingerci a riscoprire la sua lezione. «San Francesco – ha ricordato – cambiò il paradigma del rapporto Chiesa-mondo, uscendo dal chiostro, anzi considerando chiostro tutto il mondo, il che significava essere fratello di ogni uomo, compresi i lebbrosi, cioè gli esclusi, che non mancano certo anche nella nostra epoca».

La festa di Avvenire a Matera proseguirà fino a sabato (IL PROGRAMMA). «Siamo una realtà – ha detto il direttore Marco Tarquinio nel suo saluto iniziale – che ha la testa al nord, perché il quotidiano cattolico è stato fondato là, ma il cuore si estende progressivamente al Sud. Ed eventi come questo lo testimoniano».

In occasione della festa di Matera, trasmessa in streaming su www.avvenire.it viene lanciata anche la nuova app “Festa di Avvenire”, scaricabile gratuitamente dagli app store sia di android che di Apple. Aggiornamenti in tempo reale su tutte le feste diAvvenire in programma questa estate.

Galantino: la Chiesa e il mondo, no alle semplificazioni

Pubblichiamo l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla prima giornata della Festa di Avvenire in corso a Matera fino al 1 luglio.

0. Premessa

Aggiungendo “fra ottimismo illusorio e tentazioni di chiusura” al titolo generale della serata (“Chiesa-mondo”), ho voluto specificare l’angolo visuale dal quale cerco di pormi. Mi sembra infatti che – non da ora, ma a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II – nel dialogo/rapporto della Chiesa con il mondo stia succedendo proprio questo: una evidente polarizzazione tra chi auspicaquesto rapporto con grande ottimismo e chi vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria. La parte meno nobile di questa polarizzazione la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “cura da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fede”!

In questo momento non mi interessa dare valutazioni su questo fenomeno. Mi limito a dire che questi atteggiamenti e atteggiamenti speculari a questi sono il frutto dell’irrisolto tema del rapporto Chiesa-mondo. E irrisolto rimarrà, questo rapporto, finché non si avrà la pazienza di riflettere un po’ su un tema articolato e che presenta la sua complessità!

Purtroppo vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni. All’origine di tutto vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza.

Ripeto. Quello che oggi finisce sul web non è nuovo. È solo la enfatizzazione del clima che, in maniera diversa, si è cominciato a respirare già a ridosso del Concilio Vaticano II. Un clima segnato da due atteggiamenti difficilmente conciliabili: da una parte, l’ottimismo – per certi versi “illusorio” – e, dall’altra, gli atteggiamenti di chiusura, divenuti talvolta vere e proprie …fughe all’indietro, scelte di rifiuto assoluto di dialogo della Chiesa col mondo.

In verità, questi due atteggiamenti hanno riguardato l’approccio a tutto il Concilio. Lo ha ricordato con grande lucidità Papa Benedetto XVI, il 22 Dicembre 2005, nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.

In fin dei conti, l’ottimismo acritico e gli atteggiamenti di chiusura hanno raggiunto un solo risultato: hanno allontanato la possibilità di giungere al cuore del messaggio conciliare, finendo talvolta per falsarne le intenzioni di fondo. E, ancora più immediatamente, estremizzando posizioni basate solo, come dicevo, su una ridotta conoscenza di cose e persone.

L’evidente impasse, che si è creata tra le “due opposte ermeneutiche”, come le ha chiamate papa Benedetto, e, di conseguenza, il contrasto tra i diversi atteggiamenti assunti nella pratica, non si superano polarizzando le une e gli altri. É necessaria invece, come ha affermato lo stesso Papa Benedetto, una «nuova riflessione […] e una comprensione consapevole della verità espressa»dal Concilio e dallo stesso Vangelo di Gesù.

L’auspicata «comprensione consapevole» si basa su due indispensabili premesse. La prima riguarda i significati del termine “mondo”; e la seconda è una lettura, seppure veloce del rapporto Chiesa-mondo, come si è sviluppato lungo la storia.

1. «Mondo»: un termine polisemantico per le scienze umane e per la tradizione cristiana

“Dialogo con il mondo”. Ma di quale “mondo” stiamo parlando, dal momento che non v’è alcun dubbio sulla polisemanticità del termine “mondo”; una polisemanticità registrata sia dalle cosiddette scienze umane sia dalla tradizione cristiana e della quale lo stesso Concilio ha tenuto conto sin dalle prime battute della Gaudium et spes (2b)?

A) Scienze umane

In senso cosmologico, per “mondo” si intende il quadro naturale all’interno del quale si sviluppa l’esistenza umana; distinto dall’uomo e tale da porsi di fronte a lui come oggetto di ammirazione, di utilizzazione o di violenza

Dal punto di vista storico, il “mondo” è il teatro globale dell’attività umana, con le sue persone, i suoi avvenimenti e le sue situazioni. In questo senso, la storia del mondo coincide con la storia dell’umanità

In ambito sociologico, il “mondo” è un particolare e significativo insieme di fatti ed espressioni appartenenti ad un dato momento della storia e della società; si parla, in questo senso, di “mondo medioevale”, “mondo moderno” ecc.

Dal punto di vista antropologico, per “mondo” si intende l’universo globale dei valori umani riconosciuti come costitutivi del progetto e della identità dell’uomo.

B. Nella tradizione cristiana, il «mondo» è presente come

creazione di Dio, cioè come totalità del reale e come manifestazione della potenza e della generosità creatrice di Dio; nel mondo così inteso l’uomo occupa un posto privilegiato (Rm 8,20-30); e con l’uomo anche il “mondo” è chiamato da Dio alla salvezza e a un destino assoluto (Gv 3,16-17).

l’insieme delle forze anti-Regno; è quello che l’evangelista Giovanni chiama mondo dell’iniquità: è il mondo che rifiuta laredenzione (Gv 14,17.17,9;1Gv 2,15-17)

“Mondo”, per Giovanni, è anche una fase storica del progetto di Dio, è il tempo provvisorio della prova: “Vi dico queste cose mentre sono ancora presente in questo mondo” ( Gv 17,13).

E, per ultimo, ricordiamo il modo in cui del “mondo” ha parlato Paolo VI a Betlemme, il 6 gennaio 1964, affermando: «Per mondo noi intendiamo designare tutti coloro che guardano al cristianesimo, come dal di fuori, sia che lo siano effettivamente sia che si sentano stranieri nei suoi confronti». “Mondo”, quindi, in riferimento a tutto ciò che nella storia umana sussiste globalmente in una situazione di esteriorità in rapporto alla Chiesa visibile. Esteriorità che non è necessariamente ostilità o rifiuto, ma che si sente impegnato a realizzare un progetto umano che non coincide o non coincide ancora con quello di cui la Chiesa è espressione

Tra le accezioni qui ricordate, quella che più spesso si incontra nella Gaudium et spes è la concezione antropologica di “mondo”, che abbiamo ritrovato presente tra i significati presenti nelle scienze umane. E’ questo d’altra parte il senso che gli dà la Costituzione conciliare al n. 2, quando afferma : «Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famigliaumana […che] reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie».

2. La storia del rapporto Chiesa-mondo.

Per cogliere fino in fondo il messaggio della Gs sul tema specifico del rapporto Chiesa-mondo non basta però una corretta impostazione terminologica; é necessario ripercorrere, anche se solo per cenni, la storia dei rapporti tra la Chiesa ed il mondo, sia a livello di teorizzazioni esplicite sia in riferimento al modo in cui concretamente questi rapporti sono stati vissuti.

Ripercorrerli aiuta a scoprire quanto di positivo c’è stato e va salvato nella coscienza e nello stile cristiano, ma anche le rotture e le novità che lo spirito del Concilio ha introdotto per una fedeltà più integrale al Vangelo .

Nell’antichità, il problema del rapporto Chiesa–mondo si pone evidentemente solo in termini analogici: non c’è una Chiesa ma c’è un mondo religioso ed un mondo politico. Sono due mondi che vivono un rapporto di compenetrazione. “Questacompenetrazione è per l’uomo antico un modello ovvio del pensare e del sentire, in quanto egli vive in un mondo nel quale gli dèi e lo stato si appartengono vicendevolmente in maniera costitutiva e nel quale è impossibile che esista uno stato senza dio e una divinità senza stato” . In altri termini, nell’antichità è pacifica la identificazione del fatto politico con quello religioso, derivante a sua volta, da una concezione immanentistica del religioso col politico

I primi secoli cristiani presentano elementi per verificare la natura del rapporto Chiesa-mondo in maniera diretta e non solo in un modo analogico. Con la sua concezione trascendente di Dio, il cristianesimo mette in crisi la identificazione tra il politico ed ilreligioso, arrivando ad assumere atteggiamenti che sanno di sfida aperta, ad esempio, attraverso il rifiuto di prestare all’imperatore quegli onori che sono invece dovuti a Dio solo.

Ben presto si stabiliscono – ricordiamo l’opera di Giustino – contatti positivi con la cultura filosofica.; anche se la prospettiva e l’atteggiamento nei confronti del mondo rimangono comunque di tipo apologetico , nel senso che la Chiesa si riconosce inserita nel mondo e l’ama pure, il mondo però rimane provvisorio, caduco e sostanzialmente cattivo. Esso esiste solo per essere salvato dal Vangelo di Cristo. Per quanto riguarda il rapporto Chiesa-mondo, la Chiesa non vede la possibilità di riconoscere al mondo un valore ed una consistenza propri, premesse indispensabili per un rapporto di tipo dialogico.

* Su queste basi nasce il periodo meglio conosciuto come «tempo della cristianità». E’ il periodo in cui la Chiesa assorbe così bene il mondo da non farlo esistere più che come “mondo cristiano”. È il periodo in cui la Chiesa suscita ed orienta la cultura, l’arte, la riflessione, la politica, i divertimenti. La Chiesa prende il monopolio dell’umano, tanto che niente di umano ha diritto all’esistenza, se non in quanto lo riceve dalle istituzioni cristiane o ecclesiastiche. E’ il periodo in cui il cristianesimo rischia terribilmente didivenire una «ideologia» – fino a pretendere di doversi pronunciare su tutto – limitando il libero svolgimento dell’esistenza umana nella sua dimensione profana, per sacralizzarlo con riti, istituzioni e interdetti.

I buoni risultati raggiunti, in questo periodo, non possono far dimenticare il prezzo pagato in termini di confusione di metodi, talvolta, addirittura sospetti. Non mancano comunque in questo periodo tentativi seri,anche se limitati, di incontri col mondo, basta ricordare San Tommaso D’Aquino

* Frutto di evidenti disagi (siamo alla fine del XV secolo) sorti in questo periodo, il mondo moderno rivendica la sua autonomia nei confronti del mondo della «cristianità». A quest’ultimo vengono mossi due rimproveri: l’insufficiente rispetto per l’uomo e per il progetto umanistico ed una scarsa coerenza, malgrado le apparenze, col messaggio evangelico. Ma quello che più conta è che, grazie alle nuove scoperte, si va costituendo progressivamente un nuovo universo di valori. Le nuove idee che guidano questa sorta di riscatto del mondo dalla Chiesa si cristallizzano in altrettanti valori che si fanno strada nella coscienza del mondo moderno: si pensa sempre di più in termini di libertà, progresso, evoluzione, critica, ragione, indipendenza, laicità, libero pensiero, coscienza, fraternità ecc….

Con il crescere del consenso intorno a questo nuovo universo di valori, si fa anche strada un drammatico malinteso: mentre il mondo si presenta come fautore di questi valori, la Chiesa appare sempre più impegnata a metter in rilievo i limiti di queste prospettive, quando non si trova addirittura a denunziarne la negativa pericolosità.

Il malinteso cominciato agli inizi del mondo moderno dura così da più di tre secoli ormai; e c’è da dire che non ne siamo ancora totalmente liberi. Da quello stesso malinteso nacque uno strano comportamento, che può essere così descritto: a misura che il mondo moderno acquistava sicurezza, la Chiesa si aggrappava alla difesa del mondo di ieri e lo faceva difendendo i cristiani contro le nuove correnti e condannando le idee moderne. Se in alcuni casi, questo voleva realmente dire difesa della Rivelazione, in altri casi risultava più difficile cogliere il senso di certe preoccupazioni. L’opposizione si sviluppò soprattutto nei confronti del razionalismo scientifico e filosofico, delle idee nate con la Rivoluzione francese, del socialismo, della democrazia e delle libertà sociali. Col risultato che più ci si opponeva, più la modernità conquistava il mondo e si affermava al di fuori di ogni legame con la Chiesa.

Sintomatico di questo malinteso e dei risultati negativi cui esso condusse è, per quanto riguarda la Chiesa, l’ultima proposizione del Sillabo (1864), nella quale si condannano i cattolici i quali sostengono che: «il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna». C’è da notare comunque che contemporaneamente, nella Chiesa, esistono voci meno negative, anzi orientate nella giusta direzione. Dopo la pubblicazione del Sillabo e dell’enciclica Quanta cura, l’arcivescovo di Parigi, mons. Darboy, scrive a Pio IX: «Voi avete segnalato e condannato i principali errori della nostra epoca. Volgete ora gli occhi a ciò che in essa può esservi di onorevole e buono, e sostenetela nei suoi sforzi generosi… sta a voi riconciliare la ragione con la fede, la libertà con l’autorità» .

In estrema sintesi, si può dire che in questo periodo, a una Chiesa che si dà da fare per svalorizzare il mondo e frenarne il movimento, risponde un mondo impegnato a svalutare e a delegittimare la Chiesa, soprattutto sul piano culturale.

Nunzio Galantino

Segretario generale della CEI

Vescovo emerito di Cassano all’Jonio

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Galantino: la Chiesa e il mondo, no alle semplificazioni

Pubblichiamo l’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla prima giornata della Festa di Avvenire in corso a Matera fino al 1 luglio.

0. Premessa

Aggiungendo “fra ottimismo illusorio e tentazioni di chiusura†al titolo generale della serata (“Chiesa-mondoâ€), ho voluto specificare l’angolo visuale dal quale cerco di pormi. Mi sembra infatti che – non da ora, ma a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II – nel dialogo/rapporto della Chiesa con il mondo stia succedendo proprio questo: una evidente polarizzazione tra chi auspicaquesto rapporto con grande ottimismo e chi vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria. La parte meno nobile di questa polarizzazione la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “cura da stadio†(con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran – “guardiani della fedeâ€!

In questo momento non mi interessa dare valutazioni su questo fenomeno. Mi limito a dire che questi atteggiamenti e atteggiamenti speculari a questi sono il frutto dell’irrisolto tema del rapporto Chiesa-mondo. E irrisolto rimarrà, questo rapporto, finché non si avrà la pazienza di riflettere un po’ su un tema articolato e che presenta la sua complessità!

Purtroppo vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni. All’origine di tutto vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza.

Ripeto. Quello che oggi finisce sul web non è nuovo. È solo la enfatizzazione del clima che, in maniera diversa, si è cominciato a respirare già a ridosso del Concilio Vaticano II. Un clima segnato da due atteggiamenti difficilmente conciliabili: da una parte, l’ottimismo – per certi versi “illusorio†– e, dall’altra, gli atteggiamenti di chiusura, divenuti talvolta vere e proprie …fughe all’indietro, scelte di rifiuto assoluto di dialogo della Chiesa col mondo.

In verità, questi due atteggiamenti hanno riguardato l’approccio a tutto il Concilio. Lo ha ricordato con grande lucidità Papa Benedetto XVI, il 22 Dicembre 2005, nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.

In fin dei conti, l’ottimismo acritico e gli atteggiamenti di chiusura hanno raggiunto un solo risultato: hanno allontanato la possibilità di giungere al cuore del messaggio conciliare, finendo talvolta per falsarne le intenzioni di fondo. E, ancora più immediatamente, estremizzando posizioni basate solo, come dicevo, su una ridotta conoscenza di cose e persone.

L’evidente impasse, che si è creata tra le “due opposte ermeneuticheâ€, come le ha chiamate papa Benedetto, e, di conseguenza, il contrasto tra i diversi atteggiamenti assunti nella pratica, non si superano polarizzando le une e gli altri. É necessaria invece, come ha affermato lo stesso Papa Benedetto, una «nuova riflessione […] e una comprensione consapevole della verità espressa»dal Concilio e dallo stesso Vangelo di Gesù.

L’auspicata «comprensione consapevole» si basa su due indispensabili premesse. La prima riguarda i significati del termine “mondoâ€; e la seconda è una lettura, seppure veloce del rapporto Chiesa-mondo, come si è sviluppato lungo la storia.

1. «Mondo»: un termine polisemantico per le scienze umane e per la tradizione cristiana

“Dialogo con il mondoâ€. Ma di quale “mondo†stiamo parlando, dal momento che non v’è alcun dubbio sulla polisemanticità del termine “mondoâ€; una polisemanticità registrata sia dalle cosiddette scienze umane sia dalla tradizione cristiana e della quale lo stesso Concilio ha tenuto conto sin dalle prime battute della Gaudium et spes (2b)?

A) Scienze umane

• In senso cosmologico, per “mondo†si intende il quadro naturale all’interno del quale si sviluppa l’esistenza umana; distinto dall’uomo e tale da porsi di fronte a lui come oggetto di ammirazione, di utilizzazione o di violenza

• Dal punto di vista storico, il “mondo†è il teatro globale dell’attività umana, con le sue persone, i suoi avvenimenti e le sue situazioni. In questo senso, la storia del mondo coincide con la storia dell’umanità

In ambito sociologico, il “mondo†è un particolare e significativo insieme di fatti ed espressioni appartenenti ad un dato momento della storia e della società; si parla, in questo senso, di “mondo medioevaleâ€, “mondo moderno†ecc.

• Dal punto di vista antropologico, per “mondo†si intende l’universo globale dei valori umani riconosciuti come costitutivi del progetto e della identità dell’uomo.

B. Nella tradizione cristiana, il «mondo» è presente come

• creazione di Dio, cioè come totalità del reale e come manifestazione della potenza e della generosità creatrice di Dio; nel mondo così inteso l’uomo occupa un posto privilegiato (Rm 8,20-30); e con l’uomo anche il “mondo†è chiamato da Dio alla salvezza e a un destino assoluto (Gv 3,16-17).

• l’insieme delle forze anti-Regno; è quello che l’evangelista Giovanni chiama mondo dell’iniquità: è il mondo che rifiuta laredenzione (Gv 14,17.17,9;1Gv 2,15-17)

• “Mondoâ€, per Giovanni, è anche una fase storica del progetto di Dio, è il tempo provvisorio della prova: “Vi dico queste cose mentre sono ancora presente in questo mondo†( Gv 17,13).

• E, per ultimo, ricordiamo il modo in cui del “mondo†ha parlato Paolo VI a Betlemme, il 6 gennaio 1964, affermando: «Per mondo noi intendiamo designare tutti coloro che guardano al cristianesimo, come dal di fuori, sia che lo siano effettivamente sia che si sentano stranieri nei suoi confronti». “Mondoâ€, quindi, in riferimento a tutto ciò che nella storia umana sussiste globalmente in una situazione di esteriorità in rapporto alla Chiesa visibile. Esteriorità che non è necessariamente ostilità o rifiuto, ma che si sente impegnato a realizzare un progetto umano che non coincide o non coincide ancora con quello di cui la Chiesa è espressione

Tra le accezioni qui ricordate, quella che più spesso si incontra nella Gaudium et spes è la concezione antropologica di “mondoâ€, che abbiamo ritrovato presente tra i significati presenti nelle scienze umane. E’ questo d’altra parte il senso che gli dà la Costituzione conciliare al n. 2, quando afferma : «Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famigliaumana […che] reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie».

2. La storia del rapporto Chiesa-mondo.

Per cogliere fino in fondo il messaggio della Gs sul tema specifico del rapporto Chiesa-mondo non basta però una corretta impostazione terminologica; é necessario ripercorrere, anche se solo per cenni, la storia dei rapporti tra la Chiesa ed il mondo, sia a livello di teorizzazioni esplicite sia in riferimento al modo in cui concretamente questi rapporti sono stati vissuti.

Ripercorrerli aiuta a scoprire quanto di positivo c’è stato e va salvato nella coscienza e nello stile cristiano, ma anche le rotture e le novità che lo spirito del Concilio ha introdotto per una fedeltà più integrale al Vangelo .

• Nell’antichità, il problema del rapporto Chiesa–mondo si pone evidentemente solo in termini analogici: non c’è una Chiesa ma c’è un mondo religioso ed un mondo politico. Sono due mondi che vivono un rapporto di compenetrazione. “Questacompenetrazione è per l’uomo antico un modello ovvio del pensare e del sentire, in quanto egli vive in un mondo nel quale gli dèi e lo stato si appartengono vicendevolmente in maniera costitutiva e nel quale è impossibile che esista uno stato senza dio e una divinità senza stato†. In altri termini, nell’antichità è pacifica la identificazione del fatto politico con quello religioso, derivante a sua volta, da una concezione immanentistica del religioso col politico

• I primi secoli cristiani presentano elementi per verificare la natura del rapporto Chiesa-mondo in maniera diretta e non solo in un modo analogico. Con la sua concezione trascendente di Dio, il cristianesimo mette in crisi la identificazione tra il politico ed ilreligioso, arrivando ad assumere atteggiamenti che sanno di sfida aperta, ad esempio, attraverso il rifiuto di prestare all’imperatore quegli onori che sono invece dovuti a Dio solo.

Ben presto si stabiliscono – ricordiamo l’opera di Giustino – contatti positivi con la cultura filosofica.; anche se la prospettiva e l’atteggiamento nei confronti del mondo rimangono comunque di tipo apologetico , nel senso che la Chiesa si riconosce inserita nel mondo e l’ama pure, il mondo però rimane provvisorio, caduco e sostanzialmente cattivo. Esso esiste solo per essere salvato dal Vangelo di Cristo. Per quanto riguarda il rapporto Chiesa-mondo, la Chiesa non vede la possibilità di riconoscere al mondo un valore ed una consistenza propri, premesse indispensabili per un rapporto di tipo dialogico.

* Su queste basi nasce il periodo meglio conosciuto come «tempo della cristianità». E’ il periodo in cui la Chiesa assorbe così bene il mondo da non farlo esistere più che come “mondo cristianoâ€. È il periodo in cui la Chiesa suscita ed orienta la cultura, l’arte, la riflessione, la politica, i divertimenti. La Chiesa prende il monopolio dell’umano, tanto che niente di umano ha diritto all’esistenza, se non in quanto lo riceve dalle istituzioni cristiane o ecclesiastiche. E’ il periodo in cui il cristianesimo rischia terribilmente didivenire una «ideologia» – fino a pretendere di doversi pronunciare su tutto – limitando il libero svolgimento dell’esistenza umana nella sua dimensione profana, per sacralizzarlo con riti, istituzioni e interdetti.

I buoni risultati raggiunti, in questo periodo, non possono far dimenticare il prezzo pagato in termini di confusione di metodi, talvolta, addirittura sospetti. Non mancano comunque in questo periodo tentativi seri,anche se limitati, di incontri col mondo, basta ricordare San Tommaso D’Aquino

* Frutto di evidenti disagi (siamo alla fine del XV secolo) sorti in questo periodo, il mondo moderno rivendica la sua autonomia nei confronti del mondo della «cristianità». A quest’ultimo vengono mossi due rimproveri: l’insufficiente rispetto per l’uomo e per il progetto umanistico ed una scarsa coerenza, malgrado le apparenze, col messaggio evangelico. Ma quello che più conta è che, grazie alle nuove scoperte, si va costituendo progressivamente un nuovo universo di valori. Le nuove idee che guidano questa sorta di riscatto del mondo dalla Chiesa si cristallizzano in altrettanti valori che si fanno strada nella coscienza del mondo moderno: si pensa sempre di più in termini di libertà, progresso, evoluzione, critica, ragione, indipendenza, laicità, libero pensiero, coscienza, fraternità ecc….

Con il crescere del consenso intorno a questo nuovo universo di valori, si fa anche strada un drammatico malinteso: mentre il mondo si presenta come fautore di questi valori, la Chiesa appare sempre più impegnata a metter in rilievo i limiti di queste prospettive, quando non si trova addirittura a denunziarne la negativa pericolosità.

Il malinteso cominciato agli inizi del mondo moderno dura così da più di tre secoli ormai; e c’è da dire che non ne siamo ancora totalmente liberi. Da quello stesso malinteso nacque uno strano comportamento, che può essere così descritto: a misura che il mondo moderno acquistava sicurezza, la Chiesa si aggrappava alla difesa del mondo di ieri e lo faceva difendendo i cristiani contro le nuove correnti e condannando le idee moderne. Se in alcuni casi, questo voleva realmente dire difesa della Rivelazione, in altri casi risultava più difficile cogliere il senso di certe preoccupazioni. L’opposizione si sviluppò soprattutto nei confronti del razionalismo scientifico e filosofico, delle idee nate con la Rivoluzione francese, del socialismo, della democrazia e delle libertà sociali. Col risultato che più ci si opponeva, più la modernità conquistava il mondo e si affermava al di fuori di ogni legame con la Chiesa.

Sintomatico di questo malinteso e dei risultati negativi cui esso condusse è, per quanto riguarda la Chiesa, l’ultima proposizione del Sillabo (1864), nella quale si condannano i cattolici i quali sostengono che: «il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna». C’è da notare comunque che contemporaneamente, nella Chiesa, esistono voci meno negative, anzi orientate nella giusta direzione. Dopo la pubblicazione del Sillabo e dell’enciclica Quanta cura, l’arcivescovo di Parigi, mons. Darboy, scrive a Pio IX: «Voi avete segnalato e condannato i principali errori della nostra epoca. Volgete ora gli occhi a ciò che in essa può esservi di onorevole e buono, e sostenetela nei suoi sforzi generosi… sta a voi riconciliare la ragione con la fede, la libertà con l’autorità» .

In estrema sintesi, si può dire che in questo periodo, a una Chiesa che si dà da fare per svalorizzare il mondo e frenarne il movimento, risponde un mondo impegnato a svalutare e a delegittimare la Chiesa, soprattutto sul piano culturale.

Nunzio Galantino

Segretario generale della CEI

Vescovo emerito di Cassano all’Jonio

Caiazzo: da Matera un messaggio di riscatto civile e spirituale

Pubblichiamo l’introduzione dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo alla prima giornata della Festa di Avvenire, promossa dall’arcidiocesi.

IL PROGRAMMA

Da Lerici a Matera. Dal luglio del 1976 al giugno 2017. Son passati 41 anni, otto feste di Avvenire. Tocca alla nostra città di Matera ospitare questa festa dal più alto e squisito timbro culturale attraverso una serie di incontri e numerosi eventi, con l’apporto di importanti personalità del mondo politico, religioso, sociale e dell’imprenditoria. Mi piace riprendere una frase di San Giovanni Paolo II che definisce la cultura in questi termini: «Cultura è ciò per cui l’uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo».

Vorrei anche ricordare le parole di papa Francesco, intervenendo al Convegno ecclesiale di Firenze, che disse: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, sidisorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».

Diamo inizio a questi nostri incontri, con la presenza del Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, che interverrà sul tema “Chiesa e mondo” e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato. Da Matera, patrimonio Unesco che si proietta verso il 2019 quale Capitale europea della cultura, come Chiesa Cattolica focalizziamo l’umanità intera. È quanto indefinitiva, fin dalle prime battute, dice il Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Sembra di sentire la voce di papa Francesco eppure è stato detto il 7 dicembre del 1965 dai Padri Conciliari. Questa è stata la missione della Chiesa da sempre, la stessa che oggi guida papa Francesco e che ci ricorda: «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente».

È alla luce di queste considerazioni che sento di ringraziare il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, con il quale abbiamo iniziato a parlare di questo evento nel maggio dello scorso anno (dopo poco più di un mese dal mio arrivo nella città dei Sassi) con la collaborazione indispensabile del fondatore di Auxilium, Angelo Chiorazzo e l’apporto del giornalista materano Vito Salinaro.

I primi di dicembre, nelle redazione di Avvenire a Milano, abbiamo concretizzato il programma tematico con il direttore generale del nostro quotidiano cattolico, Paolo Nusiner che ringrazio e saluto insieme a tutti i giornalisti di Avvenire qui convenuti.

Auguro che da questo scenario meraviglioso e unico di Matera possa arrivare a tutti un messaggio di riscatto civile e sociale, culturale e umano, spirituale e mariano: non a caso quest’evento ho voluto che si celebrasse all’interno della festa della Madonna della Bruna. Matera, tra le tante belle definizioni attribuitele, ne ha una in particolare, della quale andiamo orgogliosi: è la città di Maria. Sotto il suo sguardo materno e la sua protezione diamo inizio a queste cinque serate.

* Arcivescovo di Matera – Irsina

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Caiazzo: da Matera un messaggio di riscatto civile e spirituale

Pubblichiamo l’introduzione dell’arcivescovo di Matera-Irsina Antonio Giuseppe Caiazzo alla prima giornata della Festa di Avvenire, promossa dall’arcidiocesi.

IL PROGRAMMA

Da Lerici a Matera. Dal luglio del 1976 al giugno 2017. Son passati 41 anni, otto feste di Avvenire. Tocca alla nostra città di Matera ospitare questa festa dal più alto e squisito timbro culturale attraverso una serie di incontri e numerosi eventi, con l’apporto di importanti personalità del mondo politico, religioso, sociale e dell’imprenditoria. Mi piace riprendere una frase di San Giovanni Paolo II che definisce la cultura in questi termini: «Cultura è ciò per cui l’uomo, in quanto uomo, diviene maggiormente uomo».

Vorrei anche ricordare le parole di papa Francesco, intervenendo al Convegno ecclesiale di Firenze, che disse: «Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, sidisorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente».

Diamo inizio a questi nostri incontri, con la presenza del Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, che interverrà sul tema “Chiesa e mondo” e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato. Da Matera, patrimonio Unesco che si proietta verso il 2019 quale Capitale europea della cultura, come Chiesa Cattolica focalizziamo l’umanità intera. È quanto indefinitiva, fin dalle prime battute, dice il Concilio Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Sembra di sentire la voce di papa Francesco eppure è stato detto il 7 dicembre del 1965 dai Padri Conciliari. Questa è stata la missione della Chiesa da sempre, la stessa che oggi guida papa Francesco e che ci ricorda: «Una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente».

È alla luce di queste considerazioni che sento di ringraziare il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, con il quale abbiamo iniziato a parlare di questo evento nel maggio dello scorso anno (dopo poco più di un mese dal mio arrivo nella città dei Sassi) con la collaborazione indispensabile del fondatore di Auxilium, Angelo Chiorazzo e l’apporto del giornalista materano Vito Salinaro.

I primi di dicembre, nelle redazione di Avvenire a Milano, abbiamo concretizzato il programma tematico con il direttore generale del nostro quotidiano cattolico, Paolo Nusiner che ringrazio e saluto insieme a tutti i giornalisti di Avvenire qui convenuti.

Auguro che da questo scenario meraviglioso e unico di Matera possa arrivare a tutti un messaggio di riscatto civile e sociale, culturale e umano, spirituale e mariano: non a caso quest’evento ho voluto che si celebrasse all’interno della festa della Madonna della Bruna. Matera, tra le tante belle definizioni attribuitele, ne ha una in particolare, della quale andiamo orgogliosi: è la città di Maria. Sotto il suo sguardo materno e la sua protezione diamo inizio a queste cinque serate.

* Arcivescovo di Matera – Irsina

Al via a Matera con Galantino: la diretta su Avvenire.it

Prende il via questa sera alle 20.45 a Matera con l’intervento del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino (diretta streaming sul sito di Avvenire dalle 20.45) la prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Matera-Irsina.

Nella cornice di piazza Duomo, e sullo sfondo della Città dei Sassi che tra due anni sarà capitale europea della cultura, sarà il tema «Chiesa e mondo» a prendere la scena della serata inaugurale di un’edizione che, sebbene sia un esordio assoluto, già si segnala per l’alto livello dei partecipanti alle cinque serate lungo le quali è articolato il ricco programma. Gli incontri (che sarà sempre possibile seguire in diretta streaming sul sito di Avvenire) si sviluppano attorno a cinque temi, con l’intento di riflettere sulle grandi questioni sociali, antropologiche ed ecclesiali di oggi.

Dopo la serata che vede protagonista monsignor Galantino, e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato, martedì 27 giugno si parlerà di Mezzogiorno e sviluppo con Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno, Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Mercoledì 28 giugno a tema il Mediterraneo e il fenomeno migratorio con Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo, presidente della Comunità Sant’Egidio. Su famiglia, giovani e lavoro la serata di giovedì 29 giugno con le voci del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Vito De Filippo, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, Pasquale Lorusso, presidente di Confindustria Basilicata, Rosario Altieri, presidente dell’Associazione generale cooperative italiane, e Gabriela Buffa, responsabile internazionale giovani dell’Intenational Cooperative Alliance. Gran finale venerdì 30 con una serata dedicata al Papa “visto da vicino” con il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale Sinodo vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, e padre Mauro Gambetti, Custode Sacro Convento Assisi.

Tutte le serate saranno introdotte dall’arcivescovo di Matera-Irsina monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, con una sintesi conclusiva del vescovo di una delle diocesi della Basilicata (la serata inaugurale Orofino di Tursi-Lagonegro, il 27 Todisco amministratore di Melfi-Rapolla-Venosa, il 28 Intini di Tricario, il 29 Sirufo di Acerenza e il 30 Ligorio di Potenza).

Le altre 7 feste di Avvenire: ecco quali sono le date

La Festa di Matera è solo l’ultima nata Il primato cronologico spetta a Lerici, che nel luglio del 1976 – meno di 8 anni dopo la nascita del giornale – dava vita alla prima Festa di Avvenire, anche se gli iniziatori raccontano di essersi ispirati a una precedente iniziativa popolare nel Reggiano. Quarantuno anni dopo, le feste di Avvenire sono diventate ben otto, tutte nate – ed è questa la loro ineguagliabile peculiarità – dalla spontanea iniziativa delle comunità cristiane locali, parrocchie e diocesi, al cui impegno Avvenire si è sempre affiancato consolidando nel tempo un forte vincolo di amicizia. Oltre a Matera, un altro esordio è quello di Jesolo, il 5 luglio, protagonista la parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice, con una serata su «Giovani, Web e fede». E se la Festa di Bibione – che di fatto copre tutta l’estate, ma con il cuore tra 16 e 23 luglio, a tema la gioia – è ormai una certezza con le sue 11 edizioni, si confermano quest’anno le iniziative della diocesi di Belluno-Feltre a Cortina il 19 e 20 luglio su «La Bibbia e il lavoro dell’uomo» e di quella di Trento a Vigo di Fassa il 27 e 28 luglio su «I frutti di Amoris laetitia». Lerici dal 27 luglio al 6 agosto apre la vela della sua 42esima edizione su «Comunicare la speranza» (con il premio Narducci a Susanna Tamaro), seguita da Ventimiglia-Sanremo dal 18 al 20 agosto, altra prima assoluta. Chiude il cartellone estivo Terrasini, in diocesi di Monreale, con la sua Festa dal 14 al 17 settembre, dedicata alle virtù. Eventi tutti, come ricorda il direttore Marco Tarquinio al Sir, che saranno «l’incontro tra il giornale e i territori, le nostre diocesi, le realtà vive che abitano l’Italia».

Al via a Matera con Galantino: la diretta su Avvenire.it

Prende il via questa sera alle 20.45 a Matera con l’intervento del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino (diretta streaming sul sito di Avvenire dalle 20.45) la prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Matera-Irsina.

Nella cornice di piazza Duomo, e sullo sfondo della Città dei Sassi che tra due anni sarà capitale europea della cultura, sarà il tema «Chiesa e mondo» a prendere la scena della serata inaugurale di un’edizione che, sebbene sia un esordio assoluto, già si segnala per l’alto livello dei partecipanti alle cinque serate lungo le quali è articolato il ricco programma. Gli incontri (che sarà sempre possibile seguire in diretta streaming sul sito di Avvenire) si sviluppano attorno a cinque temi, con l’intento di riflettere sulle grandi questioni sociali, antropologiche ed ecclesiali di oggi.

Dopo la serata che vede protagonista monsignor Galantino, e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato, martedì 27 giugno si parlerà di Mezzogiorno e sviluppo con Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno, Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Mercoledì 28 giugno a tema il Mediterraneo e il fenomeno migratorio con Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo, presidente della Comunità Sant’Egidio. Su famiglia, giovani e lavoro la serata di giovedì 29 giugno con le voci del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Vito De Filippo, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, Pasquale Lorusso, presidente di Confindustria Basilicata, Rosario Altieri, presidente dell’Associazione generale cooperative italiane, e Gabriela Buffa, responsabile internazionale giovani dell’Intenational Cooperative Alliance. Gran finale venerdì 30 con una serata dedicata al Papa “visto da vicino” con il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale Sinodo vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, e padre Mauro Gambetti, Custode Sacro Convento Assisi.

Tutte le serate saranno introdotte dall’arcivescovo di Matera-Irsina monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, con una sintesi conclusiva del vescovo di una delle diocesi della Basilicata (la serata inaugurale Orofino di Tursi-Lagonegro, il 27 Todisco amministratore di Melfi-Rapolla-Venosa, il 28 Intini di Tricario, il 29 Sirufo di Acerenza e il 30 Ligorio di Potenza).

Le altre 7 feste di Avvenire: ecco quali sono le date

La Festa di Matera è solo l’ultima nata Il primato cronologico spetta a Lerici, che nel luglio del 1976 – meno di 8 anni dopo la nascita del giornale – dava vita alla prima Festa di Avvenire, anche se gli iniziatori raccontano di essersi ispirati a una precedente iniziativa popolare nel Reggiano. Quarantuno anni dopo, le feste di Avvenire sono diventate ben otto, tutte nate – ed è questa la loro ineguagliabile peculiarità – dalla spontanea iniziativa delle comunità cristiane locali, parrocchie e diocesi, al cui impegno Avvenire si è sempre affiancato consolidando nel tempo un forte vincolo di amicizia. Oltre a Matera, un altro esordio è quello di Jesolo, il 5 luglio, protagonista la parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice, con una serata su «Giovani, Web e fede». E se la Festa di Bibione – che di fatto copre tutta l’estate, ma con il cuore tra 16 e 23 luglio, a tema la gioia – è ormai una certezza con le sue 11 edizioni, si confermano quest’anno le iniziative della diocesi di Belluno-Feltre a Cortina il 19 e 20 luglio su «La Bibbia e il lavoro dell’uomo» e di quella di Trento a Vigo di Fassa il 27 e 28 luglio su «I frutti di Amoris laetitia». Lerici dal 27 luglio al 6 agosto apre la vela della sua 42esima edizione su «Comunicare la speranza» (con il premio Narducci a Susanna Tamaro), seguita da Ventimiglia-Sanremo dal 18 al 20 agosto, altra prima assoluta. Chiude il cartellone estivo Terrasini, in diocesi di Monreale, con la sua Festa dal 14 al 17 settembre, dedicata alle virtù. Eventi tutti, come ricorda il direttore Marco Tarquinio al Sir, che saranno «l’incontro tra il giornale e i territori, le nostre diocesi, le realtà vive che abitano l’Italia».

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Al via a Matera con Galantino: la diretta su Avvenire.it

Prende il via questa sera alle 20.45 a Matera con l’intervento del segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino (diretta streaming sul sito di Avvenire dalle 20.45) la prima Festa di Avvenire organizzata dalla diocesi di Matera-Irsina.

Nella cornice di piazza Duomo, e sullo sfondo della Città dei Sassi che tra due anni sarà capitale europea della cultura, sarà il tema «Chiesa e mondo» a prendere la scena della serata inaugurale di un’edizione che, sebbene sia un esordio assoluto, già si segnala per l’alto livello dei partecipanti alle cinque serate lungo le quali è articolato il ricco programma. Gli incontri (che sarà sempre possibile seguire in diretta streaming sul sito di Avvenire) si sviluppano attorno a cinque temi, con l’intento di riflettere sulle grandi questioni sociali, antropologiche ed ecclesiali di oggi.

Dopo la serata che vede protagonista monsignor Galantino, e con lui il direttore delle testate giornalistiche Tv2000 e RadioInblu Lucio Brunelli e il responsabile della Sala stampa del Sacro Convento padre Enzo Fortunato, martedì 27 giugno si parlerà di Mezzogiorno e sviluppo con Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno, Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Mercoledì 28 giugno a tema il Mediterraneo e il fenomeno migratorio con Enrico Letta, Giulio Tremonti e Marco Impagliazzo, presidente della Comunità Sant’Egidio. Su famiglia, giovani e lavoro la serata di giovedì 29 giugno con le voci del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Vito De Filippo, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente Anci, Pasquale Lorusso, presidente di Confindustria Basilicata, Rosario Altieri, presidente dell’Associazione generale cooperative italiane, e Gabriela Buffa, responsabile internazionale giovani dell’Intenational Cooperative Alliance. Gran finale venerdì 30 con una serata dedicata al Papa “visto da vicino” con il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale Sinodo vescovi, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, e padre Mauro Gambetti, Custode Sacro Convento Assisi.

Tutte le serate saranno introdotte dall’arcivescovo di Matera-Irsina monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, con una sintesi conclusiva del vescovo di una delle diocesi della Basilicata (la serata inaugurale Orofino di Tursi-Lagonegro, il 27 Todisco amministratore di Melfi-Rapolla-Venosa, il 28 Intini di Tricario, il 29 Sirufo di Acerenza e il 30 Ligorio di Potenza).

Le altre 7 feste di Avvenire: ecco quali sono le date

La Festa di Matera è solo l’ultima nata Il primato cronologico spetta a Lerici, che nel luglio del 1976 – meno di 8 anni dopo la nascita del giornale – dava vita alla prima Festa di Avvenire, anche se gli iniziatori raccontano di essersi ispirati a una precedente iniziativa popolare nel Reggiano. Quarantuno anni dopo, le feste di Avvenire sono diventate ben otto, tutte nate – ed è questa la loro ineguagliabile peculiarità – dalla spontanea iniziativa delle comunità cristiane locali, parrocchie e diocesi, al cui impegno Avvenire si è sempre affiancato consolidando nel tempo un forte vincolo di amicizia. Oltre a Matera, un altro esordio è quello di Jesolo, il 5 luglio, protagonista la parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice, con una serata su «Giovani, Web e fede». E se la Festa di Bibione – che di fatto copre tutta l’estate, ma con il cuore tra 16 e 23 luglio, a tema la gioia – è ormai una certezza con le sue 11 edizioni, si confermano quest’anno le iniziative della diocesi di Belluno-Feltre a Cortina il 19 e 20 luglio su «La Bibbia e il lavoro dell’uomo» e di quella di Trento a Vigo di Fassa il 27 e 28 luglio su «I frutti di Amoris laetitia». Lerici dal 27 luglio al 6 agosto apre la vela della sua 42esima edizione su «Comunicare la speranza» (con il premio Narducci a Susanna Tamaro), seguita da Ventimiglia-Sanremo dal 18 al 20 agosto, altra prima assoluta. Chiude il cartellone estivo Terrasini, in diocesi di Monreale, con la sua Festa dal 14 al 17 settembre, dedicata alle virtù. Eventi tutti, come ricorda il direttore Marco Tarquinio al Sir, che saranno «l’incontro tra il giornale e i territori, le nostre diocesi, le realtà vive che abitano l’Italia».

Bassetti: sosteniamo la legge della nuova cittadinanza

Spiega con voce ferma che si tratta di un «provvedimento da sostenere e favorire ». E, mentre ne parla fra pacatezza e decisione, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, si riferisce al dibattito sullo Ius soli temperato e sullo Ius culturae che infiamma la politica e che si riverbera sull’opinione pubblica. In mezzo a prese di posizione più o meno arroventate e a tratti demagogiche, «l’unico vero sommo bene da difendere è la persona umana», sottolinea Bassetti. Su questo e molto altro si confronterà alla Festa di Avvenire che si apre lunedì a Matera e che lo vedrà ospite giovedì.

La legge sulla cittadinanza in discussione in Parlamento non può finire su un binario morto. «Perché la Chiesa è in prima linea da molto tempo, non certo da oggi, senza bisogno di riflettori e di prime pagine, per favorire una politica di integrazione che vada nell’interesse di tutti: dei migranti e di chi accoglie. Nell’interesse di tutti, lo voglio sottolineare con forza», afferma il cardinale. Ciò che sta a cuore alla comunità ecclesiale e deve essere riferimento per l’intera società è l’«uomo integrale che si manifesta in ogni istante della vita: nel concepimento e nella nascita, nella scuola e nel lavoro, nelle migrazioni e nella morte», osserva il presidente della Cei. «E potremmo andare avanti facendo mille esempi – aggiunge – per dire solo un’affermazione banale che oggi, però, merita di essere urlata a squarciagola: la cultura della vita va difesa sempre». Cultura della vita che va declinata anche guardando ai migranti. «Essa si fa carne nella parabola del Samaritano in questo frangente – chiarisce Bassetti –. L’ospite che chiede un tetto dove sostare ci ricorda l’antica condizione di Israele “straniero fatto schiavo”. Un ospite che ha bisogno di essere accolto e di essere curato. Al centro di tutto si colloca la carità, che può essere sviluppata in due modi. Una carità cristiana che ha come unica destinazione la persona umana sofferente. E una carità politica, come diceva Paolo VI, che è sinonimo di sviluppo, di integrazione e di accrescimento del Paese che accoglie». Verrebbe da dire: a ciascuno il suo. Alla Chiesa la carità cristiana e alla politica il compito di legiferare.«La Chiesa – sostiene l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – si impegna da sempre a sostenere uno sviluppo sinfonico della società. Uno sviluppo che adesso passa anche da una legge sullo Ius soli che possa favorire integrazione e partecipazione, ospitalità e promozione della persona umana. Ovviamente le leggi sono il frutto dell’incontro tra gli uomini e quindi possono essere migliorate. Alla “Politica” con la P maiuscola, che guarda veramente al bene comune, il compito di trovare la soluzione migliore che riesca a coniugare responsabilità e accoglienza, e a salvaguardare tradizioni culturali e nuove sensibilità».

Eppure c’è chi solleva obiezioni sul tema e sul disegno di legge, in particolare «A loro rispondo – dice il porporato – che il fenomeno dei migranti riguarda la più intima dignità delle persona umana e le basi costitutive della società moderna. Una società che è sempre più complessa e soprattutto sempre più plurale a cui non bisogna rivolgersi con paura e terrore ma, all’opposto, con grande realismo e concretezza. Due esempi di questa concretezza: il primo è la campagna della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” che prevede di intervenire proprio nei Paesi di origine e nei Paesi di transito dei flussi migratori; il secondo è rappresentato dai corridoi umanitari che sono necessari a salvaguardare le vite umane dallo sfruttamento dei trafficanti di uomini e a rimanere nella legalità. Ecco penso che la concretezza della carità si deve opporre a chi cavalca le paure insite nella fragilità dell’animo umano. Anche perché, e questo è cruciale, bisogna evitare, in tutti i modi possibili, che si scateni una sorta di “guerra tra poveri” cioè tra coloro che occupano l’ultimo posto della società e tra chi ne sta fuori».

L’emergenza Mezzogiorno

La Festa del quotidiano dei cattolici nella città dei sassi avrà uno sguardo particolare sul Mezzogiorno. «Ritengo – spiega il presidente della Cei – che esista una questione determinante e non più rinviabile per l’Italia: occorre riportare la questione meridionale al centro del discorso pubblico nazionale. Non è evangelicamente accettabile l’idea che si possa convivere con la mafia o la camorra, così come non è minimamente accettabile che il futuro dei giovani del Sud sia nel segno della rassegnazione o dell’emigrazione. A mio avviso è decisivo partire da due temi: il lavoro e i giovani. Due pilastri per riconquistare il territorio e combattere le pratiche criminali della malavita».

La povertà in Italia tra famiglia e lavoro

E poi c’è il dramma della povertà che nella Penisola si allarga e che vede la Chiesa italiana in prima linea. «I poveri sono parecchi milioni di italiani – riflette il cardinale –: l’Istat li quantifica in 8 milioni e più della metà di questi non ha il minimo indispensabile per vivere. I poveri sono essenzialmente i giovani, le donne e le famiglie. Oggi mettere su famiglia in una grande città italiana, senza avere l’aiuto dei nonni e con un lavoro precario, è un atto di eroismo paragonabile alla scalata in solitaria del Monte Bianco». E Bassetti si accalora. «La questione principale – insiste – è sempre il lavoro e poi l’assoluta necessità di autentiche politiche per la famiglia. Le famiglie non possono più essere lasciate sole. Sono decenni che lo ribadiamo con forza: le famiglie vanno sostenute e aiutate con convinzione, e non solo a parole, perché rappresentano il futuro della dell’Italia. Sia da un punto di vista sociale che anche da un’ottica economica. Bisogna credere e investire di più sulla famiglia». Un compito che attende la politica, forse troppo latitante su questo terreno. «La politica – avverte – può aiutare in molti modi. Partendo da una nuova cultura dello stato sociale.

Penso per esempio alla questione della natalità: avere un figlio non può essere considerato un peso per la società ma deve essere visto come una ricchezza da valorizzare. La natalità ovviamente si lega al rapporto importantissimo tra maternità e lavoro per le donne. Un rapporto che forse va ripensato. Oppure penso anche a quelle donne che, come dicono a Perugia, svolgono la “professione mamma”, cioè non lavorano in un’azienda ma si occupano tutti i giorni dell’economia familiare e dei figli: questo è un ruolo che deve essere socialmente riconosciuto ed economicamente incentivato. E infine penso anche alle scelte educative nella scuola. In queste scelte devono valere due principi fondamentali: la libertà educativa delle famiglie e l’irrinunciabile difesa dei diritti del bambino».

Il ruolo dei mezzi di informazione

A Matera saranno al centro anche i mezzi di comunicazione espressione della comunità ecclesiale. «Il loro ruolo – conclude Bassetti – è quello di essere sale della terra. Che giornalisticamente tradurrei con quattro espressioni: stare nel mondo da credenti e raccontare il mondo con coraggio e senza timori reverenziali; confrontarsi con tutti sapendo che il dialogo è sempre un arricchimento; dare spazio agli ultimi, anche a quelle notizie che possono sembrare ininfluenti che invece per un credente sono importanti; e poi valorizzare il rapporto tra il centro e la periferie: l’Italia è il Paese delle cento città, dei borghi medievali, delle pievi di campagna, delle località di mare e di montagna. Luoghi diversissimi e ricchissimi cui va dato voce e che non possono essere lasciati ai margini».

Bassetti: sosteniamo la legge della nuova cittadinanza

Spiega con voce ferma che si tratta di un «provvedimento da sostenere e favorire ». E, mentre ne parla fra pacatezza e decisione, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, si riferisce al dibattito sullo Ius soli temperato e sullo Ius culturae che infiamma la politica e che si riverbera sull’opinione pubblica. In mezzo a prese di posizione più o meno arroventate e a tratti demagogiche, «l’unico vero sommo bene da difendere è la persona umana», sottolinea Bassetti. Su questo e molto altro si confronterà alla Festa di Avvenire che si apre lunedì a Matera e che lo vedrà ospite giovedì.

La legge sulla cittadinanza in discussione in Parlamento non può finire su un binario morto. «Perché la Chiesa è in prima linea da molto tempo, non certo da oggi, senza bisogno di riflettori e di prime pagine, per favorire una politica di integrazione che vada nell’interesse di tutti: dei migranti e di chi accoglie. Nell’interesse di tutti, lo voglio sottolineare con forza», afferma il cardinale. Ciò che sta a cuore alla comunità ecclesiale e deve essere riferimento per l’intera società è l’«uomo integrale che si manifesta in ogni istante della vita: nel concepimento e nella nascita, nella scuola e nel lavoro, nelle migrazioni e nella morte», osserva il presidente della Cei. «E potremmo andare avanti facendo mille esempi – aggiunge – per dire solo un’affermazione banale che oggi, però, merita di essere urlata a squarciagola: la cultura della vita va difesa sempre». Cultura della vita che va declinata anche guardando ai migranti. «Essa si fa carne nella parabola del Samaritano in questo frangente – chiarisce Bassetti –. L’ospite che chiede un tetto dove sostare ci ricorda l’antica condizione di Israele “straniero fatto schiavo”. Un ospite che ha bisogno di essere accolto e di essere curato. Al centro di tutto si colloca la carità, che può essere sviluppata in due modi. Una carità cristiana che ha come unica destinazione la persona umana sofferente. E una carità politica, come diceva Paolo VI, che è sinonimo di sviluppo, di integrazione e di accrescimento del Paese che accoglie». Verrebbe da dire: a ciascuno il suo. Alla Chiesa la carità cristiana e alla politica il compito di legiferare.«La Chiesa – sostiene l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – si impegna da sempre a sostenere uno sviluppo sinfonico della società. Uno sviluppo che adesso passa anche da una legge sullo Ius soli che possa favorire integrazione e partecipazione, ospitalità e promozione della persona umana. Ovviamente le leggi sono il frutto dell’incontro tra gli uomini e quindi possono essere migliorate. Alla “Politica” con la P maiuscola, che guarda veramente al bene comune, il compito di trovare la soluzione migliore che riesca a coniugare responsabilità e accoglienza, e a salvaguardare tradizioni culturali e nuove sensibilità».

Eppure c’è chi solleva obiezioni sul tema e sul disegno di legge, in particolare «A loro rispondo – dice il porporato – che il fenomeno dei migranti riguarda la più intima dignità delle persona umana e le basi costitutive della società moderna. Una società che è sempre più complessa e soprattutto sempre più plurale a cui non bisogna rivolgersi con paura e terrore ma, all’opposto, con grande realismo e concretezza. Due esempi di questa concretezza: il primo è la campagna della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” che prevede di intervenire proprio nei Paesi di origine e nei Paesi di transito dei flussi migratori; il secondo è rappresentato dai corridoi umanitari che sono necessari a salvaguardare le vite umane dallo sfruttamento dei trafficanti di uomini e a rimanere nella legalità. Ecco penso che la concretezza della carità si deve opporre a chi cavalca le paure insite nella fragilità dell’animo umano. Anche perché, e questo è cruciale, bisogna evitare, in tutti i modi possibili, che si scateni una sorta di “guerra tra poveri” cioè tra coloro che occupano l’ultimo posto della società e tra chi ne sta fuori».

L’emergenza Mezzogiorno

La Festa del quotidiano dei cattolici nella città dei sassi avrà uno sguardo particolare sul Mezzogiorno. «Ritengo – spiega il presidente della Cei – che esista una questione determinante e non più rinviabile per l’Italia: occorre riportare la questione meridionale al centro del discorso pubblico nazionale. Non è evangelicamente accettabile l’idea che si possa convivere con la mafia o la camorra, così come non è minimamente accettabile che il futuro dei giovani del Sud sia nel segno della rassegnazione o dell’emigrazione. A mio avviso è decisivo partire da due temi: il lavoro e i giovani. Due pilastri per riconquistare il territorio e combattere le pratiche criminali della malavita».

La povertà in Italia tra famiglia e lavoro

E poi c’è il dramma della povertà che nella Penisola si allarga e che vede la Chiesa italiana in prima linea. «I poveri sono parecchi milioni di italiani – riflette il cardinale –: l’Istat li quantifica in 8 milioni e più della metà di questi non ha il minimo indispensabile per vivere. I poveri sono essenzialmente i giovani, le donne e le famiglie. Oggi mettere su famiglia in una grande città italiana, senza avere l’aiuto dei nonni e con un lavoro precario, è un atto di eroismo paragonabile alla scalata in solitaria del Monte Bianco». E Bassetti si accalora. «La questione principale – insiste – è sempre il lavoro e poi l’assoluta necessità di autentiche politiche per la famiglia. Le famiglie non possono più essere lasciate sole. Sono decenni che lo ribadiamo con forza: le famiglie vanno sostenute e aiutate con convinzione, e non solo a parole, perché rappresentano il futuro della dell’Italia. Sia da un punto di vista sociale che anche da un’ottica economica. Bisogna credere e investire di più sulla famiglia». Un compito che attende la politica, forse troppo latitante su questo terreno. «La politica – avverte – può aiutare in molti modi. Partendo da una nuova cultura dello stato sociale.

Penso per esempio alla questione della natalità: avere un figlio non può essere considerato un peso per la società ma deve essere visto come una ricchezza da valorizzare. La natalità ovviamente si lega al rapporto importantissimo tra maternità e lavoro per le donne. Un rapporto che forse va ripensato. Oppure penso anche a quelle donne che, come dicono a Perugia, svolgono la “professione mamma”, cioè non lavorano in un’azienda ma si occupano tutti i giorni dell’economia familiare e dei figli: questo è un ruolo che deve essere socialmente riconosciuto ed economicamente incentivato. E infine penso anche alle scelte educative nella scuola. In queste scelte devono valere due principi fondamentali: la libertà educativa delle famiglie e l’irrinunciabile difesa dei diritti del bambino».

Il ruolo dei mezzi di informazione

A Matera saranno al centro anche i mezzi di comunicazione espressione della comunità ecclesiale. «Il loro ruolo – conclude Bassetti – è quello di essere sale della terra. Che giornalisticamente tradurrei con quattro espressioni: stare nel mondo da credenti e raccontare il mondo con coraggio e senza timori reverenziali; confrontarsi con tutti sapendo che il dialogo è sempre un arricchimento; dare spazio agli ultimi, anche a quelle notizie che possono sembrare ininfluenti che invece per un credente sono importanti; e poi valorizzare il rapporto tra il centro e la periferie: l’Italia è il Paese delle cento città, dei borghi medievali, delle pievi di campagna, delle località di mare e di montagna. Luoghi diversissimi e ricchissimi cui va dato voce e che non possono essere lasciati ai margini».

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Bassetti: sosteniamo la legge della nuova cittadinanza

Spiega con voce ferma che si tratta di un «provvedimento da sostenere e favorire ». E, mentre ne parla fra pacatezza e decisione, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, si riferisce al dibattito sullo Ius soli temperato e sullo Ius culturae che infiamma la politica e che si riverbera sull’opinione pubblica. In mezzo a prese di posizione più o meno arroventate e a tratti demagogiche, «l’unico vero sommo bene da difendere è la persona umana», sottolinea Bassetti. Su questo e molto altro si confronterà alla Festa di Avvenire che si apre lunedì a Matera e che lo vedrà ospite giovedì.

La legge sulla cittadinanza in discussione in Parlamento non può finire su un binario morto. «Perché la Chiesa è in prima linea da molto tempo, non certo da oggi, senza bisogno di riflettori e di prime pagine, per favorire una politica di integrazione che vada nell’interesse di tutti: dei migranti e di chi accoglie. Nell’interesse di tutti, lo voglio sottolineare con forza», afferma il cardinale. Ciò che sta a cuore alla comunità ecclesiale e deve essere riferimento per l’intera società è l’«uomo integrale che si manifesta in ogni istante della vita: nel concepimento e nella nascita, nella scuola e nel lavoro, nelle migrazioni e nella morte», osserva il presidente della Cei. «E potremmo andare avanti facendo mille esempi – aggiunge – per dire solo un’affermazione banale che oggi, però, merita di essere urlata a squarciagola: la cultura della vita va difesa sempre». Cultura della vita che va declinata anche guardando ai migranti. «Essa si fa carne nella parabola del Samaritano in questo frangente – chiarisce Bassetti –. L’ospite che chiede un tetto dove sostare ci ricorda l’antica condizione di Israele “straniero fatto schiavoâ€. Un ospite che ha bisogno di essere accolto e di essere curato. Al centro di tutto si colloca la carità, che può essere sviluppata in due modi. Una carità cristiana che ha come unica destinazione la persona umana sofferente. E una carità politica, come diceva Paolo VI, che è sinonimo di sviluppo, di integrazione e di accrescimento del Paese che accoglie». Verrebbe da dire: a ciascuno il suo. Alla Chiesa la carità cristiana e alla politica il compito di legiferare.«La Chiesa – sostiene l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – si impegna da sempre a sostenere uno sviluppo sinfonico della società. Uno sviluppo che adesso passa anche da una legge sullo Ius soli che possa favorire integrazione e partecipazione, ospitalità e promozione della persona umana. Ovviamente le leggi sono il frutto dell’incontro tra gli uomini e quindi possono essere migliorate. Alla “Politica†con la P maiuscola, che guarda veramente al bene comune, il compito di trovare la soluzione migliore che riesca a coniugare responsabilità e accoglienza, e a salvaguardare tradizioni culturali e nuove sensibilità».

Eppure c’è chi solleva obiezioni sul tema e sul disegno di legge, in particolare «A loro rispondo – dice il porporato – che il fenomeno dei migranti riguarda la più intima dignità delle persona umana e le basi costitutive della società moderna. Una società che è sempre più complessa e soprattutto sempre più plurale a cui non bisogna rivolgersi con paura e terrore ma, all’opposto, con grande realismo e concretezza. Due esempi di questa concretezza: il primo è la campagna della Cei “Liberi di partire, liberi di restare†che prevede di intervenire proprio nei Paesi di origine e nei Paesi di transito dei flussi migratori; il secondo è rappresentato dai corridoi umanitari che sono necessari a salvaguardare le vite umane dallo sfruttamento dei trafficanti di uomini e a rimanere nella legalità. Ecco penso che la concretezza della carità si deve opporre a chi cavalca le paure insite nella fragilità dell’animo umano. Anche perché, e questo è cruciale, bisogna evitare, in tutti i modi possibili, che si scateni una sorta di “guerra tra poveri†cioè tra coloro che occupano l’ultimo posto della società e tra chi ne sta fuori».

L’emergenza Mezzogiorno

La Festa del quotidiano dei cattolici nella città dei sassi avrà uno sguardo particolare sul Mezzogiorno. «Ritengo – spiega il presidente della Cei – che esista una questione determinante e non più rinviabile per l’Italia: occorre riportare la questione meridionale al centro del discorso pubblico nazionale. Non è evangelicamente accettabile l’idea che si possa convivere con la mafia o la camorra, così come non è minimamente accettabile che il futuro dei giovani del Sud sia nel segno della rassegnazione o dell’emigrazione. A mio avviso è decisivo partire da due temi: il lavoro e i giovani. Due pilastri per riconquistare il territorio e combattere le pratiche criminali della malavita».

La povertà in Italia tra famiglia e lavoro

E poi c’è il dramma della povertà che nella Penisola si allarga e che vede la Chiesa italiana in prima linea. «I poveri sono parecchi milioni di italiani – riflette il cardinale –: l’Istat li quantifica in 8 milioni e più della metà di questi non ha il minimo indispensabile per vivere. I poveri sono essenzialmente i giovani, le donne e le famiglie. Oggi mettere su famiglia in una grande città italiana, senza avere l’aiuto dei nonni e con un lavoro precario, è un atto di eroismo paragonabile alla scalata in solitaria del Monte Bianco». E Bassetti si accalora. «La questione principale – insiste – è sempre il lavoro e poi l’assoluta necessità di autentiche politiche per la famiglia. Le famiglie non possono più essere lasciate sole. Sono decenni che lo ribadiamo con forza: le famiglie vanno sostenute e aiutate con convinzione, e non solo a parole, perché rappresentano il futuro della dell’Italia. Sia da un punto di vista sociale che anche da un’ottica economica. Bisogna credere e investire di più sulla famiglia». Un compito che attende la politica, forse troppo latitante su questo terreno. «La politica – avverte – può aiutare in molti modi. Partendo da una nuova cultura dello stato sociale.

Penso per esempio alla questione della natalità: avere un figlio non può essere considerato un peso per la società ma deve essere visto come una ricchezza da valorizzare. La natalità ovviamente si lega al rapporto importantissimo tra maternità e lavoro per le donne. Un rapporto che forse va ripensato. Oppure penso anche a quelle donne che, come dicono a Perugia, svolgono la “professione mammaâ€, cioè non lavorano in un’azienda ma si occupano tutti i giorni dell’economia familiare e dei figli: questo è un ruolo che deve essere socialmente riconosciuto ed economicamente incentivato. E infine penso anche alle scelte educative nella scuola. In queste scelte devono valere due principi fondamentali: la libertà educativa delle famiglie e l’irrinunciabile difesa dei diritti del bambino».

Il ruolo dei mezzi di informazione

A Matera saranno al centro anche i mezzi di comunicazione espressione della comunità ecclesiale. «Il loro ruolo – conclude Bassetti – è quello di essere sale della terra. Che giornalisticamente tradurrei con quattro espressioni: stare nel mondo da credenti e raccontare il mondo con coraggio e senza timori reverenziali; confrontarsi con tutti sapendo che il dialogo è sempre un arricchimento; dare spazio agli ultimi, anche a quelle notizie che possono sembrare ininfluenti che invece per un credente sono importanti; e poi valorizzare il rapporto tra il centro e la periferie: l’Italia è il Paese delle cento città, dei borghi medievali, delle pievi di campagna, delle località di mare e di montagna. Luoghi diversissimi e ricchissimi cui va dato voce e che non possono essere lasciati ai margini».

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Da Matera a Bibione, le 8 feste estive di Avvenire

Mi appresto a vivere la mia 14esima stagione turistica estiva, ma potrei anche definirlo «anno pastorale estivo». Alla luce di questa esperienza e dei convegni sulla pastorale del turismo ai quali ho partecipato, vorrei descriverne alcuni tratti ispirati dall’angolatura di Bibione, definita “spiaggia per le famiglie” anche da uno studio dell’Università di Klagenfurt Alpen-Adria.

Non c’è dubbio che per molti la vacanza è il momento per staccare dalla frenetica vita dei nostri giorni e riallacciare un sereno rapporto con se stessi, la famiglia e l’ambiente. È all’interno di questo orizzonte e consapevole di questa realtà che la parrocchia si mette a servizio di quanti giungono qui in vacanza e offre al turista prima di tutto l’opportunità di sentirsi a casa, di poter riunirsi agli amici e alle gioie vissute l’anno precedente, in un clima di serenità. Proprio questa tranquillità segnata dal tempo liberato dagli affanni permette di accogliere e gustare meglio le proposte che vengono offerte: le Messe, sacerdoti disponibili per le confessioni (quanti ormai dicono che si confessano una volta all’anno proprio a Bibione…), le conferenze, i concerti… occasioni tutte che non vengono strozzate nell’inesorabile ingranaggio di un orologio che obbliga a scappare a casa perché è tardi e domani devi andare a lavorare o portare i bambini a scuola. La vacanza libera anche da questo, e permette di vivere le occasioni offerte.

La parrocchia si trasforma così in una sorta di santuario dove i turisti-pellegrini possono sperimentare la proposta di una semplice e genuina spiritualità, la stessa che hanno in parrocchia a casa propria ma vissuta con quella serenità che solo il ritmo della vacanza può offrire. Da anni tocco con mano quanto la chiesa e lo spazio parrocchiale diventino luoghi di sosta e di incontro, di silenzio e di preghiera, un rifugio per riscoprire se stessi che fa sorgere in molti la nostalgia di Dio. La parrocchia in contesto turistico può veramente trasformarsi in una bella opportunità di nuova evangelizzazione, confidando che, rientrato a casa, ciascuno torni nella propria parrocchia per portare la freschezza dell’incontro e dell’esperienza. Vari parroci mi scrivono o mi chiamano per confermarmi e rincuorarmi.

Questa convinzione mi ha portato a valorizzare e proporre quanto la Chiesa consiglia e la nostra gente molto spesso cerca, affinché ciascuno trovi “casa” anche nella vita spirituale: le devozioni popolari, l’adorazione eucaristica e la lectio divina, confessioni e colloqui personali, concerti d’organo e conferenze su temi d’attualità, semplici incontri che vivo passeggiando per la città e portando il saluto a commercianti e operatori turistici (il cartellone 2017, partito a maggio, si chiuderà in setembre). È in questo panorama che s’inserisce l’iniziativa culturale dell’estate «Bibione guarda all’Avvenire», giunta alla sua XI edizione, con la premessa di un anno “0” che fu la cartina di tornasole: 12 anni fa, infatti, tentammo di proporre una serata culturale in parrocchia e vista la risposta capimmo subito che la gente cercava anche altro dalla vacanza. E per noi nacque uno splendido sodalizio con Avvenire e la sua squadra, arrivando a proporre a turisti e operatori turistici il quotidiano stesso.

Da qui si sviluppò e si arricchì di anno in anno l’intera programmazione estiva ( www.parrocchiabibione.org ), offrendo ai turisti occasioni d’incontro, di intrattenimento, di riflessione, e avendo sempre come riferimento Avvenire: dalla lettura del quotidiano infatti scegliamo molte delle firme per le serate culturali, spunti per gli spettacoli teatrali, la musica, i libri, a dimostrazione che il quotidiano mette in pagina storie vere che meritano di essere raccontate a loro volta dal vivo perché fanno bene. È quanto cerchiamo proponendo il quotidiano ogni domenica e facendolo trovare in tutti e 95 gli alberghi della città. Tutto questo senza perdere di vista la vita quotidiana: gli anziani che ti aspettano, i malati che attendono una visita, i ragazzi del Grest in oratorio tutta l’estate…

*parroco di Bibione, diocesi di Concordia-Pordenone

Ecco tutte le tappe delle feste di Avvenire

Matera 26/30 giugno

Iesolo 5 luglio

Bibione 16/23 luglio

Cortina 20/21 luglio

Vigo di Fassa 27/28 luglio

Lerici 29 luglio/6 agosto

Sanremo 18/20 agosto

Terrasini 14/17 settembre

 

Da Matera a Bibione, le 8 feste estive di Avvenire

Mi appresto a vivere la mia 14esima stagione turistica estiva, ma potrei anche definirlo «anno pastorale estivo». Alla luce di questa esperienza e dei convegni sulla pastorale del turismo ai quali ho partecipato, vorrei descriverne alcuni tratti ispirati dall’angolatura di Bibione, definita “spiaggia per le famiglie” anche da uno studio dell’Università di Klagenfurt Alpen-Adria.

Non c’è dubbio che per molti la vacanza è il momento per staccare dalla frenetica vita dei nostri giorni e riallacciare un sereno rapporto con se stessi, la famiglia e l’ambiente. È all’interno di questo orizzonte e consapevole di questa realtà che la parrocchia si mette a servizio di quanti giungono qui in vacanza e offre al turista prima di tutto l’opportunità di sentirsi a casa, di poter riunirsi agli amici e alle gioie vissute l’anno precedente, in un clima di serenità. Proprio questa tranquillità segnata dal tempo liberato dagli affanni permette di accogliere e gustare meglio le proposte che vengono offerte: le Messe, sacerdoti disponibili per le confessioni (quanti ormai dicono che si confessano una volta all’anno proprio a Bibione…), le conferenze, i concerti… occasioni tutte che non vengono strozzate nell’inesorabile ingranaggio di un orologio che obbliga a scappare a casa perché è tardi e domani devi andare a lavorare o portare i bambini a scuola. La vacanza libera anche da questo, e permette di vivere le occasioni offerte.

La parrocchia si trasforma così in una sorta di santuario dove i turisti-pellegrini possono sperimentare la proposta di una semplice e genuina spiritualità, la stessa che hanno in parrocchia a casa propria ma vissuta con quella serenità che solo il ritmo della vacanza può offrire. Da anni tocco con mano quanto la chiesa e lo spazio parrocchiale diventino luoghi di sosta e di incontro, di silenzio e di preghiera, un rifugio per riscoprire se stessi che fa sorgere in molti la nostalgia di Dio. La parrocchia in contesto turistico può veramente trasformarsi in una bella opportunità di nuova evangelizzazione, confidando che, rientrato a casa, ciascuno torni nella propria parrocchia per portare la freschezza dell’incontro e dell’esperienza. Vari parroci mi scrivono o mi chiamano per confermarmi e rincuorarmi.

Questa convinzione mi ha portato a valorizzare e proporre quanto la Chiesa consiglia e la nostra gente molto spesso cerca, affinché ciascuno trovi “casa” anche nella vita spirituale: le devozioni popolari, l’adorazione eucaristica e la lectio divina, confessioni e colloqui personali, concerti d’organo e conferenze su temi d’attualità, semplici incontri che vivo passeggiando per la città e portando il saluto a commercianti e operatori turistici (il cartellone 2017, partito a maggio, si chiuderà in setembre). È in questo panorama che s’inserisce l’iniziativa culturale dell’estate «Bibione guarda all’Avvenire», giunta alla sua XI edizione, con la premessa di un anno “0” che fu la cartina di tornasole: 12 anni fa, infatti, tentammo di proporre una serata culturale in parrocchia e vista la risposta capimmo subito che la gente cercava anche altro dalla vacanza. E per noi nacque uno splendido sodalizio con Avvenire e la sua squadra, arrivando a proporre a turisti e operatori turistici il quotidiano stesso.

Da qui si sviluppò e si arricchì di anno in anno l’intera programmazione estiva ( www.parrocchiabibione.org ), offrendo ai turisti occasioni d’incontro, di intrattenimento, di riflessione, e avendo sempre come riferimento Avvenire: dalla lettura del quotidiano infatti scegliamo molte delle firme per le serate culturali, spunti per gli spettacoli teatrali, la musica, i libri, a dimostrazione che il quotidiano mette in pagina storie vere che meritano di essere raccontate a loro volta dal vivo perché fanno bene. È quanto cerchiamo proponendo il quotidiano ogni domenica e facendolo trovare in tutti e 95 gli alberghi della città. Tutto questo senza perdere di vista la vita quotidiana: gli anziani che ti aspettano, i malati che attendono una visita, i ragazzi del Grest in oratorio tutta l’estate…

*parroco di Bibione, diocesi di Concordia-Pordenone

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Matera 26/30 giugno

Iesolo 5 luglio

Bibione 16/23 luglio

Cortina 20/21 luglio

Vigo di Fassa 27/28 luglio

Lerici 29 luglio/6 agosto

Sanremo 18/20 agosto

Terrasini 14/17 settembre

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Da Matera a Bibione, le 8 feste estive di Avvenire

Mi appresto a vivere la mia 14esima stagione turistica estiva, ma potrei anche definirlo «anno pastorale estivo». Alla luce di questa esperienza e dei convegni sulla pastorale del turismo ai quali ho partecipato, vorrei descriverne alcuni tratti ispirati dall’angolatura di Bibione, definita “spiaggia per le famiglie” anche da uno studio dell’Università di Klagenfurt Alpen-Adria.

Non c’è dubbio che per molti la vacanza è il momento per staccare dalla frenetica vita dei nostri giorni e riallacciare un sereno rapporto con se stessi, la famiglia e l’ambiente. È all’interno di questo orizzonte e consapevole di questa realtà che la parrocchia si mette a servizio di quanti giungono qui in vacanza e offre al turista prima di tutto l’opportunità di sentirsi a casa, di poter riunirsi agli amici e alle gioie vissute l’anno precedente, in un clima di serenità. Proprio questa tranquillità segnata dal tempo liberato dagli affanni permette di accogliere e gustare meglio le proposte che vengono offerte: le Messe, sacerdoti disponibili per le confessioni (quanti ormai dicono che si confessano una volta all’anno proprio a Bibione…), le conferenze, i concerti… occasioni tutte che non vengono strozzate nell’inesorabile ingranaggio di un orologio che obbliga a scappare a casa perché è tardi e domani devi andare a lavorare o portare i bambini a scuola. La vacanza libera anche da questo, e permette di vivere le occasioni offerte.

La parrocchia si trasforma così in una sorta di santuario dove i turisti-pellegrini possono sperimentare la proposta di una semplice e genuina spiritualità, la stessa che hanno in parrocchia a casa propria ma vissuta con quella serenità che solo il ritmo della vacanza può offrire. Da anni tocco con mano quanto la chiesa e lo spazio parrocchiale diventino luoghi di sosta e di incontro, di silenzio e di preghiera, un rifugio per riscoprire se stessi che fa sorgere in molti la nostalgia di Dio. La parrocchia in contesto turistico può veramente trasformarsi in una bella opportunità di nuova evangelizzazione, confidando che, rientrato a casa, ciascuno torni nella propria parrocchia per portare la freschezza dell’incontro e dell’esperienza. Vari parroci mi scrivono o mi chiamano per confermarmi e rincuorarmi.

Questa convinzione mi ha portato a valorizzare e proporre quanto la Chiesa consiglia e la nostra gente molto spesso cerca, affinché ciascuno trovi “casa” anche nella vita spirituale: le devozioni popolari, l’adorazione eucaristica e la lectio divina, confessioni e colloqui personali, concerti d’organo e conferenze su temi d’attualità, semplici incontri che vivo passeggiando per la città e portando il saluto a commercianti e operatori turistici (il cartellone 2017, partito a maggio, si chiuderà in setembre). È in questo panorama che s’inserisce l’iniziativa culturale dell’estate «Bibione guarda all’Avvenire», giunta alla sua XI edizione, con la premessa di un anno “0” che fu la cartina di tornasole: 12 anni fa, infatti, tentammo di proporre una serata culturale in parrocchia e vista la risposta capimmo subito che la gente cercava anche altro dalla vacanza. E per noi nacque uno splendido sodalizio con Avvenire e la sua squadra, arrivando a proporre a turisti e operatori turistici il quotidiano stesso.

Da qui si sviluppò e si arricchì di anno in anno l’intera programmazione estiva ( www.parrocchiabibione.org ), offrendo ai turisti occasioni d’incontro, di intrattenimento, di riflessione, e avendo sempre come riferimento Avvenire: dalla lettura del quotidiano infatti scegliamo molte delle firme per le serate culturali, spunti per gli spettacoli teatrali, la musica, i libri, a dimostrazione che il quotidiano mette in pagina storie vere che meritano di essere raccontate a loro volta dal vivo perché fanno bene. È quanto cerchiamo proponendo il quotidiano ogni domenica e facendolo trovare in tutti e 95 gli alberghi della città. Tutto questo senza perdere di vista la vita quotidiana: gli anziani che ti aspettano, i malati che attendono una visita, i ragazzi del Grest in oratorio tutta l’estate…

*parroco di Bibione, diocesi di Concordia-Pordenone

Ecco tutte le tappe delle feste di Avvenire

Matera 26/30 giugno

Iesolo 5 luglio

Bibione 16/23 luglio

Cortina 20/21 luglio

Vigo di Fassa 27/28 luglio

Lerici 29 luglio/6 agosto

Sanremo 18/20 agosto

Terrasini 14/17 settembre

Presentata la festa di Avvenire: 5 serate sui temi forti dell’attualità

«Qui ci sono energie civili ed ecclesiali prorompenti; per quanto ci riguarda, risponderemo alla nostra missione se saremo in grado di aiutare questi luoghi a costruire un protagonismo permanente, ad accompagnare un processo di sviluppo che è già partito». Così ieri a Matera il direttore di ‘Avvenire’, Marco Tarquinio, ha evidenziato le finalità alla base della scelta di svolgere nella Capitale europea della cultura 2019 una Festa nazionale del quotidiano cattolico.

L’evento è stato voluto dall’arcidiocesi guidata da poco più di un anno da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo. Nel solco delle otto feste di ‘Avvenire’ sparse per il Paese, quella materana, che si svolgerà nei rioni Sassi dal 26 al 30 giugno, avrà un programma particolarmente ricco. La giornata inaugurale – ‘Chiesa e mondo’ – sarà aperta dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino; il 27 giugno – ‘Lo sviluppo del Mezzogiorno’ – interverranno, tra gli altri, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, i presidenti delle Regioni Basilicata e Puglia, Marcello Pittella e Michele Emiliano, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Enrico Letta, Giulio Tremonti e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo daranno vita alla serata sul ‘Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio’. Di ‘Famiglia, giovani e lavoro’ si parlerà il 29 anche con il sottosegretario del Miur Vito De Filippo e il presidente dell’Anci Antonio De Caro.

Suggestiva l’ultima sera: il tema ‘Il Papa visto da vicino’ sarà sviluppato dai cardinali Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei vescovi, dal vescovo di Albano, Marcello Semeraro, e da padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi.

Lo stesso giorno sarà ospite il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. «La Festa unirà sforzi e idee di tutti i vescovi lucani – ha sottolineato Caiazzo, riferendosi alla presenza nelle cinque serate dei confratelli di Potenza, Acerenza, Tursi, Tricarico e Melfi –. E diventa occasione per riflettere e sentirci parte attiva di processi, come quello migratorio, che ‘Avvenire’ ogni giorno racconta con coraggio». L’evento è sostenuto da Cooperativa Auxilium, Bcc di Alberobello e Sammichele di Bari e Bawer.

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Presentata la festa di Avvenire: 5 serate sui temi forti dell’attualità

«Qui ci sono energie civili ed ecclesiali prorompenti; per quanto ci riguarda, risponderemo alla nostra missione se saremo in grado di aiutare questi luoghi a costruire un protagonismo permanente, ad accompagnare un processo di sviluppo che è già partito». Così ieri a Matera il direttore di ‘Avvenire’, Marco Tarquinio, ha evidenziato le finalità alla base della scelta di svolgere nella Capitale europea della cultura 2019 una Festa nazionale del quotidiano cattolico.

L’evento è stato voluto dall’arcidiocesi guidata da poco più di un anno da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo. Nel solco delle otto feste di ‘Avvenire’ sparse per il Paese, quella materana, che si svolgerà nei rioni Sassi dal 26 al 30 giugno, avrà un programma particolarmente ricco. La giornata inaugurale – ‘Chiesa e mondo’ – sarà aperta dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino; il 27 giugno – ‘Lo sviluppo del Mezzogiorno’ – interverranno, tra gli altri, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, i presidenti delle Regioni Basilicata e Puglia, Marcello Pittella e Michele Emiliano, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Enrico Letta, Giulio Tremonti e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo daranno vita alla serata sul ‘Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio’. Di ‘Famiglia, giovani e lavoro’ si parlerà il 29 anche con il sottosegretario del Miur Vito De Filippo e il presidente dell’Anci Antonio De Caro.

Suggestiva l’ultima sera: il tema ‘Il Papa visto da vicino’ sarà sviluppato dai cardinali Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei vescovi, dal vescovo di Albano, Marcello Semeraro, e da padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi.

Lo stesso giorno sarà ospite il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. «La Festa unirà sforzi e idee di tutti i vescovi lucani – ha sottolineato Caiazzo, riferendosi alla presenza nelle cinque serate dei confratelli di Potenza, Acerenza, Tursi, Tricarico e Melfi –. E diventa occasione per riflettere e sentirci parte attiva di processi, come quello migratorio, che ‘Avvenire’ ogni giorno racconta con coraggio». L’evento è sostenuto da Cooperativa Auxilium, Bcc di Alberobello e Sammichele di Bari e Bawer.

Presentata la festa di Avvenire: 5 serate sui temi forti dell’attualità

«Qui ci sono energie civili ed ecclesiali prorompenti; per quanto ci riguarda, risponderemo alla nostra missione se saremo in grado di aiutare questi luoghi a costruire un protagonismo permanente, ad accompagnare un processo di sviluppo che è già partito». Così ieri a Matera il direttore di ‘Avvenire’, Marco Tarquinio, ha evidenziato le finalità alla base della scelta di svolgere nella Capitale europea della cultura 2019 una Festa nazionale del quotidiano cattolico.

L’evento è stato voluto dall’arcidiocesi guidata da poco più di un anno da monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo. Nel solco delle otto feste di ‘Avvenire’ sparse per il Paese, quella materana, che si svolgerà nei rioni Sassi dal 26 al 30 giugno, avrà un programma particolarmente ricco. La giornata inaugurale – ‘Chiesa e mondo’ – sarà aperta dal segretario generale della Cei, Nunzio Galantino; il 27 giugno – ‘Lo sviluppo del Mezzogiorno’ – interverranno, tra gli altri, il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, i presidenti delle Regioni Basilicata e Puglia, Marcello Pittella e Michele Emiliano, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Enrico Letta, Giulio Tremonti e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo daranno vita alla serata sul ‘Mediterraneo e il mondo che cambia: il fenomeno migratorio’. Di ‘Famiglia, giovani e lavoro’ si parlerà il 29 anche con il sottosegretario del Miur Vito De Filippo e il presidente dell’Anci Antonio De Caro.

Suggestiva l’ultima sera: il tema ‘Il Papa visto da vicino’ sarà sviluppato dai cardinali Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei vescovi, dal vescovo di Albano, Marcello Semeraro, e da padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi.

Lo stesso giorno sarà ospite il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani. «La Festa unirà sforzi e idee di tutti i vescovi lucani – ha sottolineato Caiazzo, riferendosi alla presenza nelle cinque serate dei confratelli di Potenza, Acerenza, Tursi, Tricarico e Melfi –. E diventa occasione per riflettere e sentirci parte attiva di processi, come quello migratorio, che ‘Avvenire’ ogni giorno racconta con coraggio». L’evento è sostenuto da Cooperativa Auxilium, Bcc di Alberobello e Sammichele di Bari e Bawer.

Giornata 1: lunedì 26 giugno

GIORNATA 1 – Lunedì 26 Giugno 2017

Chiesa e Mondo

Saluti

Raffaello De Ruggieri, Sindaco di Matera
Dario De Luca, Sindaco di Potenza

Intervengono

  1. Mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana
  2. Lucio Brunelli, Direttore delle testate giornalistiche delle emittenti Cei TV2000 e Radio InBlu
  3. Padre Enzo Fortunato, Direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi

Conclude

Mons. Vincenzo Carmine Orofino, Vescovo di Tursi-Lagonegro

Modera

Mimmo Muolo

 

Tutti gli appuntamenti saranno introdotti dall’Arcivescovo di Matera-Irsina, Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio.

 

Bibione avrà la sua Perdonanza

Anche quest’estate la spiaggia di Bibione (Venezia), sfidando la crisi, riuscirà a superare i sei milioni di presenze. Con le famiglie a garantire questo primato. Famiglie che, in gran numero, hanno respirato a due polmoni: l’aria salutare del litorale, ma anche quella spirituale, della misericordia. Il parroco don Andrea Vena, con i suoi collaboratori, e il vescovo di Concordia-Pordenone Giuseppe Pellegrini hanno trasformato una delle “capitali” italiane del benessere fisico (garantito anche dalla presenza delle terme) in cittadella giubilare con l’apertura della Porta Santa (dal 27 maggio al 7 ottobre) e avendo tra i momenti più solenni il Perdono d’Assisi, appuntamento particolarmente sentito in parrocchia, tanto da registrare un’enorme partecipazione ai momenti di preghiera e alle confessioni. Presupposti – questi ed altri – che hanno convinto la penitenzieria apostolica a concedere la “Perdonanza di Bibione” dall’1 al 16 agosto di ogni anno, con l’apertura della Porta Santa e l’indulgenza plenaria alle consuete condizioni della confessione sacramentale, della comunione eucaristica e dell’orazione secondo le intenzioni del Papa. Indulgenza che nelle scorse settimane hanno ottenuto migliaia di fedeli, italiani e stranieri, in particolare da Germania, Austria e Paesi dell’Est Europa, che hanno visitato come pellegrini la chiesa parrocchiale di Bibione, dedicata a Santa Maria Assunta, e con devozione hanno partecipato ad una delle tante celebrazioni o hanno sostato in preghiera. Un’indulgenza di cui si sono potuti avvalere anche i bibionesi trattenuti a casa o in ospedale, ma che si sono uniti spiritualmen- te alle celebrazioni. «Come suggerito da papa Francesco era mio desiderio – spiega il vescovo Pellegrini – lasciare un’opera-segno di misericordia corporale, che bene viene rappresentata dall’apertura della nuova missione diocesana in Mozambico, avviata nel febbraio scorso, dopo quelle già presenti in Kenya ed Ecuador. Ma custodivo anche il sogno di lasciare un’opera spirituale che restasse come segno di questo Giubileo: ed ecco l’idea, che ora è diventata realtà, di istituire una Festa annuale del Perdono lì dove si trova normalmente un’alta concentrazione di persone, Bibione appunto ». Questa estate ne è stata una felice riprova: la chiesa stessa di Bibione è diventata un confessionale. Solo nella veglia del Perdono di Assisi si sono presentati in 500 a pregare, riflettere, avvicinarsi al sacramento della Riconciliazione. Ben dieci i preti che hanno assicurato il sacramento della Confessione, non solo in lingua italiana, ma anche tedesca, polacca, slovacca. C’è dunque un contesto già consolidato che bene potrà rispondere a questa “intuizione giubilare”. Basti pensare che il giorno dell’Assunta hanno partecipato alle Messe circa 4mila fedeli al mattino e 4mila alla Messa internazionale della sera con il vescovo, con la processione-fiaccolata verso il mare mentre il Luna Park e i locali pubblici spengono le musica in segno di rispetto. La chiesa di Bibione, particolarmente accogliente, si trova al centro di un parco a poche centinaia di metri dalla spiaggia e i villeggianti hanno imparato a frequentarla per una sosta ristoratrice, in qualsiasi ora della giornata. Bibione rappresenta insomma una sorta di “cortile dei gentili” dove, pur nella diversità delle provenienze e di fedi, la città è capace di parlare a tutti. Bibione, fa l’altro, è tappa consueta dei gruppi di pellegrini da Slovacchia, Polonia e altri Paesi durante il rientro dai loro viaggi a San Giovanni Rotondo, Roma o Lourdes: celebrano al mattino in chiesa, vanno al mare e alla sera ripartono verso casa, certi di trovare in parrocchia disponibilità di accoglienza e di servizio.